Consiglio Grande e Generale: resoconto della seduta serale del 3 novembre. In corso l’esame dell’articolato del progetto di riforma IGR
Consiglio Grande e Generale, sessione 29, 30, 31 ottobre; 3, 4, 5, 6, 7 novembre 2025
Lunedì 3 novembre, sera
Durante la seduta serale di lunedì 3 novembre del Consiglio Grande e Generale, prosegue l’esame dell’articolato del progetto di legge di riforma dell’IGR. Vengono approvati gli articoli dall’1 all’8.
Dalle opposizioni arrivano osservazioni tecniche e politiche. Fabio Righi di Domani Motus Liberi parla di una riforma che, in realtà, non riequilibra le differenze tra le varie categorie di reddito. Emanuele Santi (Rete) solleva perplessità sull’impatto della ritenuta sugli interessi passivi pagati a non residenti, temendo che possa aumentare i costi di finanziamento per le imprese sammarinesi e apparire come una misura protezionistica nel momento in cui San Marino si appresta a siglare l’accordo con l’Unione Europea. Enrico Carattoni (Repubblica Futura) invita il Governo a rafforzare i controlli sui lavoratori autonomi stranieri che operano in territorio senza adeguata vigilanza, mentre Nicola Renzi, dello stesso gruppo, mette in guardia contro la logica dei pregiudizi fra categorie di lavoratori e lamenta l’esclusione degli ordini professionali dal confronto nella fase finale della riforma.
Il dibattito si fa più acceso sull’articolo 4, relativo al trattamento fiscale del TFR. Emanuele Santi rivendica il risultato come una vittoria delle forze sociali e politiche che si sono opposte a una misura giudicata “iniqua e antipatica”, ricordando che anche alcuni commissari di maggioranza avevano espresso dubbi. Nicola Renzi sottolinea come i cittadini abbiano dovuto “guadagnarsi il dialogo” con lo sciopero e con il sacrificio economico, mentre Gaetano Troina (Domani Motus Liberi) rimarca il valore simbolico di quelle giornate di protesta, spiegando che molte famiglie hanno rinunciato a più giornate di stipendio pur di far sentire la propria voce. Dal fronte di Governo, il Segretario di Stato Gatti ammette che l’aumento del TFR avrebbe garantito circa 1,4 milioni di euro di gettito e spiega che la rinuncia è stata parte della trattativa con i sindacati. Ricorda che, in Italia, il TFR è tassato in modo progressivo con aliquote molto più alte, ma riconosce la necessità di un compromesso politico. Quanto al resto della manovra, spiega che non tutte le voci di gettito possono essere stimate con precisione, soprattutto quelle legate a variazioni di ammortamento o a cambi strutturali della base imponibile.
Sull’articolo 5, il Governo chiarisce che la norma si muove in tandem con l’articolo 7: alcuni oneri deducibili diventano detrazioni, le elencazioni vengono ricondotte agli allegati A e B, e si introduce la tracciabilità obbligatoria dei pagamenti in luogo del vincolo di spesa sul solo territorio sammarinese; le opposizioni chiedono però come l’Ufficio Tributario possa reggere i nuovi carichi tra carenze di personale, pensionamenti e prepensionamenti. Il Segretario Gatti spiega che il problema degli organici all’interno della PA è aggravato dal fatto che ai concorsi pubblici si presentano sempre meno candidati. Gatti sottolinea che il Governo e i dirigenti dell’Amministrazione hanno formalizzato tutte le richieste di copertura dei posti mancanti, ma che la carenza di risorse umane è ormai un limite diffuso anche nella Pubblica Amministrazione, non solo nel settore privato. In parallelo, annuncia l’intenzione di potenziare l’automazione dei controlli fiscali: un sistema informatico più evoluto, spiega, potrà in futuro alleggerire il carico di lavoro manuale.
Confronto serrato sull’articolo 7, che modifica l’articolo 16 della Legge n.166/2013, ridefinendo il sistema delle detrazioni fiscali legate alle spese tracciate, alle protesi dentarie e sanitarie e ai canoni di locazione. Il Segretario di Stato Marco Gatti illustra le principali modifiche: la detrazione per le protesi passa dal 15% al 18%, mentre per i canoni di locazione viene introdotto un tetto massimo di 6.000 euro, misura volta a prevenire abusi e autolocazioni fittizie. Sul fronte delle spese tracciate tramite SMAC, Gatti spiega che il nuovo modello supera la discriminazione tra residenti e non residenti, introducendo un sistema progressivo che lega la detrazione all’uso effettivo della card e al livello di reddito. Ma è proprio su questo articolo che si concentra la pioggia di critiche dell’opposizione, che lo definisce “l’articolo della discordia”. Secondo Emanuele Santi (Rete), la prima versione del testo era “un disastro”, poiché discriminava i lavoratori frontalieri. Nicola Renzi (Repubblica Futura) parla di una riforma che è stata riscritta interamente dalle sigle sindacali. Anche Fabio Righi (Domani Motus Liberi) critica la gestione del percorso legislativo, accusando il Governo di aver evitato il confronto preventivo con opposizioni e categorie, salvo poi modificare tutto all’ultimo momento. Sara Conti (RF) sottolinea che l’articolo, nella sua prima versione, avrebbe potuto compromettere i rapporti economici con l’Italia e creare fratture sociali nel Paese. Matteo Zeppa e Giovanni Zonzini (Rete) parlano apertamente di un testo “discriminatorio e immorale”, accusando il Segretario e la maggioranza di aver tentato di colpire i lavoratori frontalieri, categoria priva di rappresentanza politica ma essenziale per l’economia del Paese. Il Segretario di Stato Marco Gatti, nelle sue repliche, respinge le accuse di pressioni esterne, chiarisce che la fiscalità non è materia del negoziato con l’Unione Europea, e ribadisce che nessuna ingerenza è arrivata dal governo italiano. Il Segretario rivendica infine che la nuova versione dell’articolo, nata da un confronto serrato con le organizzazioni sindacali, rappresenta un punto di equilibrio tra le esigenze di tutela dei redditi più bassi, la necessità di garantire equità fiscale e l’obiettivo di promuovere la tracciabilità dei pagamenti. Una mediazione politica complessa, ammette, ma che considera un risultato positivo dopo settimane di confronto.
Alle 24.00 i lavori vengono sospesi. Riprenderanno domani alle 14.00.
Di seguito una sintesi degli interventi
Comma 20
a) Progetto di legge “Modifiche alla Legge 16 dicembre 2013 n.166 Imposta Generale sui Redditi e successive modifiche” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio) (II lettura)
b) Ratifica Decreto Delegato 15/10/2025 n.125 – Emissione di titoli del debito pubblico – Repubblica di San Marino, tasso fisso 2,00%, 23 dicembre 2026 (Errata corrige in data 16 ottobre 2025)
c) Progetto di legge “Disposizioni in materia di emissioni di Titoli del debito pubblico della Repubblica di San Marino” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio) (II lettura)
Art 1 – Finalità – Approvato con 36 voti favorevoli, 15 contrari, 1 astenuto
Fabio Righi (D-ML): Mi sentirei di consigliare l’abrogazione della parte del comma 1 laddove si dice che l’obiettivo è riequilibrare il sistema impositivo tra le diverse categorie di redditi in conformità alle disposizioni e agli accordi internazionali. Credo che questo sia un provvedimento che tutto fa, tranne che riequilibrare le categorie. Lo dico perché ci saremmo aspettati un provvedimento che si potesse definire una riforma dell’imposta, mirata a colmare le grosse differenze che ancora oggi esistono tra le varie categorie di reddito. Questo è un Paese che è figlio, dal punto di vista fiscale, di una San Marino che non esiste più. E questa riforma non adegua le norme fiscali alle nuove e mutate esigenze che oggi ci sono, esistendo una profonda differenza tra la tassazione che colpisce i lavoratori autonomi e le imprese, rispetto a quella che colpisce i lavoratori dipendenti. Ogni volta che si parla di fiscalità in questo Paese, i liberi professionisti, i lavoratori autonomi e le imprese passano come i “delinquenti di turno”. Con questo non voglio dire che non ci siano dei delinquenti che vanno fermati. Però non può passare il concetto che, se sei un libero professionista, tutto sia possibile. Perché se andiamo a vedere, tra imposta fiscale e contribuzione, i professionisti e i lavoratori autonomi arrivano a pagare una quota pari al 40-45% di tasse su quanto guadagnano, mentre il lavoratore dipendente arriva attorno al 7%, più o meno, perché l’altra parte la mette il datore di lavoro, che viene gravato per un totale di circa il 33%, gran parte del quale viene sostenuto dall’impresa, che voi oggi andate a gravare con un ulteriore 1%. Una riforma o una norma che mira a riequilibrare le categorie di reddito, avrebbe dovuto trovare dei meccanismi capaci di garantire una minore distanza tra queste posizioni.
Segretario di Stato Marco Gatti: Quando si parla di trovare base imponibile all’esterno, non si faceva riferimento soltanto alla tematica dei frontalieri, ma a tutta una serie di categorie di reddito che riguardano attività economiche svolte da non residenti che operano sul territorio e che non pagano una lira di imposte, pur avendo, attraverso l’accordo contro le doppie imposizioni, la possibilità di recuperare le imposte pagate in territorio, dal momento che esiste un diritto impositivo da parte dello Stato di San Marino. Anche il discorso dei lavoratori dipendenti ha un suo effetto, perché è stato rivisto l’impianto, che è completamente cambiato rispetto a quello attuale. Oggi, infatti, non si parla più di deduzioni della base imponibile attraverso le spese effettuate in territorio, ma si è passati alle detrazioni. Inoltre, è stato dato un ruolo molto più significativo al consumo interno, e anche questo cambia l’imposizione rispetto ai soggetti non residenti, laddove prima esisteva una tax area molto rilevante fino a 40.000 euro. Quindi le finalità previste da questo articolo sono assolutamente rispettate.
Articolo 2 – Modifiche all’articolo 5 della Legge n.166/2013 – Approvato con 36 voti favorevoli, 12 contrari, 1 astenuto
Segretario di Stato Marco Gatti: Si introduce la possibilità per lo Stato di esercitare una pressione fiscale nei confronti di quei soggetti che operano sul territorio, siano essi soggetti finanziari oppure soggetti che prestano servizi — come ad esempio i noleggiatori — che sono soggetti esteri ma operano all’interno del territorio dello Stato, offrendo i propri servizi a operatori economici oppure a persone fisiche sammarinesi. Quando si tratta di operatori economici, viene effettuata la ritenuta a titolo d’imposta, così come previsto dalla convenzione. Se invece si tratta di persone fisiche, queste devono presentare la dichiarazione dei redditi, al pari di ciò che accade ai nostri operatori quando lavorano in territorio estero.
Emanuele Santi (Rete): In Commissione avevamo già segnalato una criticità che questo articolo potrebbe rappresentare rispetto alle ritenute sugli interessi passivi pagati a non residenti. Le nostre aziende, poiché i tassi di interesse a San Marino sono un po’ più alti, tendono a rivolgersi alle banche italiane per finanziarsi, scontare le proprie fatture o richiedere prestiti. Il problema quale potrebbe essere? L’introduzione di una ritenuta d’acconto sugli interessi che queste aziende pagano alle banche italiane potrebbe tradursi in un aumento dei costi a carico dell’azienda stessa. Il secondo tema è legato alla questione europea. Di fatto, si introduce una misura che ha un carattere protezionistico. È vero che anche altri Stati possono applicare una ritenuta d’acconto su queste prestazioni ai soggetti che si finanziano all’estero. Tuttavia, in un momento in cui dovremmo finalmente siglare il tanto atteso accordo con l’Unione Europea, questa misura potrebbe apparire come una forma di protezionismo. Sembra, infatti, che si vogliano favorire le banche sammarinesi a discapito di quelle italiane. Tradotto, oltre al possibile aggravio di costi per l’azienda stessa, l’applicazione di una ritenuta d’acconto potrebbe complicare la gestione fiscale, perché non tutte le banche sarebbero in grado di creare una posizione presso il nostro Ufficio Tributario o di presentare una dichiarazione dei redditi.
Enrico Carattoni (RF): Rispetto a questo articolo vorrei concentrarmi più sulla parte che non viene modificata della legge n. 166 del 2013, perché erano previste una serie di categorie di soggetti passivi, quindi soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione e al versamento dell’imposta. Tra questi figuravano lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti e, in particolare, i soggetti con redditi da lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato per conto di soggetti residenti aventi stabile organizzazione nello Stato. Questa parte della norma, rispetto alla 166 e a tutte le modifiche successive, è rimasta invariata. Io le chiedo, Segretario, visto che mi risulta che la norma funzioni, cioè che i sammarinesi che prestano la propria attività professionale — artigianale o autonoma — all’estero siano sottoposti a controlli e verifiche molto più incisive rispetto a quelle cui sono sottoposti i lavoratori autonomi o gli artigiani che vengono nella Repubblica di San Marino, le chiedo se non ritenga opportuno un rafforzamento dei controlli su questi soggetti. Faccio questo appello perché oggi esiste un numero cospicuo di lavoratori autonomi, in particolare liberi professionisti che operano a San Marino, producono redditi sul territorio. Tante volte si fanno giustamente battaglie contro chi evade, e i controlli sono doverosi. Tuttavia, io le chiedo se si sia pensato ad attivare un rafforzamento dei controlli verso tutti quei soggetti che rischiano di non pagare le tasse né da una parte né dall’altra. Io le chiederei maggiore attenzione, perché, se lei presume di ottenere 2 milioni e mezzo di gettito con questa norma, io credo che, attivando quei controlli, si potrebbe arrivare a recuperare forse un altro milione di euro.
Nicola Renzi (RF): La mia intenzione è di contribuire a un discorso complessivo e coerente. C’è un’altra questione che questo articolo richiama e che, purtroppo, non ho avuto modo di sviluppare nell’intervento generale. È una delle cose, a mio avviso, più ingiuste e che andrebbero eliminate sin dall’inizio ogni volta che si affronta una riforma fiscale: la contrapposizione basata su preconcetti e pregiudizi. Mi riferisco a quelle frasi che purtroppo si sentono spesso: “il dipendente pubblico è un fannullone”, “l’autonomo evade completamente ed è una persona poco seria”. Questo è il peggior modo con cui si possa affrontare una riforma fiscale. Bisognerebbe, al contrario, riconoscere che in tutte le categorie ci sono persone serie, capaci, che lavorano correttamente e contribuiscono secondo quanto devono. Nel grande elogio che avete fatto al lavoro svolto per questa riforma fiscale, forse vi siete persi qualche comunicato stampa di alcuni ordini professionali. Penso, ad esempio, a quello dei commercialisti, che hanno sentito il bisogno di prendere carta e penna per dire chiaramente che, nella fase finale sono stati completamente estromessi dal confronto. Anche questo è un segnale che non tutto è andato come doveva. Per quanto riguarda, infine, l’articolo che stiamo analizzando, al di là del gettito che porterà, credo anch’io che si possano valutare ulteriori forme di accertamento e strumenti che favoriscano la dichiarazione e l’emersione dei redditi.
Fabio Righi (D-ML): Condividiamo pienamente la preoccupazione che è stata sollevata, considerato che l’attuale contesto prevede una situazione tale per cui molte realtà economiche della Repubblica si trovano oggi in posizione debitoria nei confronti di istituti anche esteri. Vorrei però concentrarmi su un altro aspetto, che riguarda l’ultimo punto dell’articolo che stiamo discutendo, quello relativo alla presunzione dell’utilizzo in territorio dello Stato dei mezzi di trasporto, quando l’utilizzatore è un soggetto fiscalmente residente. Se non vado errato, questo è un intervento che mira a riequilibrare la situazione dei noleggi auto, che sempre più spesso vengono effettuati dalle nostre imprese o dai nostri cittadini fuori territorio. Su questo punto è necessario soffermarsi, perché la modalità di intervento non appare del tutto condivisibile. Oggi si va a colpire un settore – quello dei noleggi – con un approccio che guarda ancora al passato. Oggi si continua a insistere su quella logica, andando però a colpire chi utilizza semplicemente un metodo diverso di gestione dei parchi auto, come accade per molte imprese, dove il noleggio a lungo termine è una modalità moderna, più conveniente. Tuttavia, questo oggi non è possibile perché, nella precedente legislatura, nonostante fosse stato presentato un progetto di legge allineato alle normative europee e italiane, non si è riusciti, pur dopo aver completato tutto l’iter fino alla commissione competente, a portare avanti un testo che consentisse, nel 2025, di noleggiare un’auto o un mezzo come accade ovunque nel mondo. Quel progetto di legge fu trattato come se autorizzasse chissà quale attività pericolosa, quando in realtà si trattava semplicemente di introdurre una norma sul noleggio auto conforme alle regole europee. Anche in questo caso, se c’è la necessità di fare un riequilibrio, va bene; la legge può riequilibrare alcuni aspetti tra le dinamiche italiane, europee e sammarinesi. Ma andare a toccare questo punto senza prima introdurre lo strumento che permetta di svolgere quell’attività all’interno dei confini – e costringendo quindi chi la vuole praticare ad andare all’estero – non ci pare un’impostazione corretta.
Segretario di Stato Marco Gatti: Sì. È vero che ci sono attività che vengono a svolgere il proprio lavoro in territorio e devono essere autorizzate: in questo c’è l’Ufficio Attività Economiche, che è preposto a tale compito. È anche vero che, se non esiste una norma che determini un diritto impositivo da parte dello Stato, possiamo fare tutti i controlli che vogliamo, ma le imposte non vengono comunque pagate. Questa, infatti, è una legge fiscale che introduce il diritto dello Stato a ricevere le imposte su questo tipo di reddito prodotto in territorio. Peraltro, se torniamo indietro di qualche anno ricordiamo bene che le nostre banche furono oggetto in Italia di una serie di azioni, anche a livello fiscale, proprio per servizi prestati nell’altro Stato, per i quali era richiesta la presentazione della dichiarazione dei redditi. Hanno fatto prestiti a privati, e non vedo per quale ragione noi non possiamo introdurre la stessa norma qui, riconoscendo allo Stato il diritto di ricevere un’entrata fiscale analoga. Per quanto riguarda le attività di noleggio, non solo auto ma anche attrezzature, il soggetto assoggettato all’imposta non è l’operatore economico sammarinese, bensì l’operatore estero, che deve pagare l’imposta. Dopodiché, tale imposta va a credito nel suo Paese. Inoltre, parliamo di un’imposta del 10%, mentre in Italia le imposte sono molto più alte, quindi quella quota viene recuperata integralmente. In sostanza, si tratta di un acconto che viene versato e poi recuperato in sede di dichiarazione dei redditi.
Articolo 3 – Modifiche all’articolo 7 della Legge n.166/2013 e successive modifiche – Approvato con 35 voti favorevoli, 6 contrari, 1 astenuto
Articolo 4 – Modifica dell’articolo 13 della Legge n.166/2013 e successive modifiche – Approvato con 38 voti favorevoli
Segretario di Stato Marco Gatti: Siamo intervenuti innanzitutto consolidando la fiscalità per i redditi di lavoro autonomo, che nella legge attuale prevedeva l’imposizione a scaglioni, e poi un periodo transitorio in cui si applicava l’aliquota proporzionale del 17%. La scelta fatta è quella di rendere definitiva l’imposizione proporzionale, che dal 2014 a oggi è sempre stata applicata. L’altro intervento riguarda il ripristino del trattamento del TFR, per il quale si era chiesto il raddoppio. Con l’emendamento presentato e approvato con i 39 voti della maggioranza dei consiglieri, si è ripristinata l’aliquota del 2,5% al posto del 5 e del 10%. Altri interventi riguardano alcuni correttivi. Ad esempio, nella lettera L – emolumenti per trattamento di fine mandato degli amministratori – è stato chiarito che essi sono corrisposti a soggetti fiscalmente residenti. È stato tolto il riferimento al 60% dei compensi previsti dall’articolo 67, relativi a prestazioni continuative effettuate per un periodo d’imposta dei tre anni anteriori: non c’è più una tassazione parziale su quei redditi, ma vengono tassati per intero. Sono stati introdotti i compensi a titolo di sponsorizzazione per i redditi conseguiti dagli atleti di interesse nazionale, che prima non erano previsti. Sono state inoltre modificate alcune aliquote. Sostanzialmente, siamo intervenuti sui redditi di capitale, per i quali complessivamente si prevede un incremento di imposizione fiscale di circa 1 milione e mezzo di euro. Alcuni di questi importi non sono ancora determinabili, ma la stima complessiva di incremento sulle rendite di capitale è appunto di circa 1,5 milioni di euro.
Emanuele Santi (Rete): Questo articolo è uno degli articoli più discussi e controversi di questa legge. È l’articolo 4, che modifica l’articolo 13, e che andava a inasprire la tassazione sul TFR, portandola dal 2,5% attuale al 5%. Constatiamo che Governo e maggioranza siano tornati indietro rispetto a questa scelta che definirei scellerata. In Commissione, su questo articolo, abbiamo condotto una vera battaglia, perché può sembrare poca cosa, ma tradotta in numeri significava un aumento di 25 euro di trattenuta ogni 1.000 euro di TFR. Andare a togliere 50 euro dalla busta paga può sembrare poco, ma in realtà era uno degli interventi più antipatici di questa legge, e per noi toccare quella busta paga rappresentava una scelta completamente sbagliata. È dunque un bene che siate tornati indietro. È uno dei tanti articoli su cui avete fatto retromarcia, e ne siamo molto contenti. Tolto questo punto relativo al TFR, abbiamo anche sottolineato un aspetto positivo di questo articolo, cioè un lieve incremento della tassazione sulle rendite finanziarie da capitale. Su questo, credo che il piccolo aumento sia un passo nella giusta direzione. Andare a colpire con una piccola percentuale in più le grandi rendite finanziarie è, a nostro avviso, un intervento equo. L’abbiamo fatto notare anche in Commissione, e perfino alcuni commissari della maggioranza lo avevano riconosciuto: un piccolo aumento su rendite di capitale che in certi casi ammontano a milioni di euro non sposta nulla per chi li percepisce, ma ha un valore simbolico e redistributivo importante. Diversamente, l’incremento di 2,5 punti sull’imposta del TFR era davvero odioso, e se ci aveste ascoltato già in Commissione, questa questione si poteva risolvere subito, senza che fosse necessario l’intervento dei sindacati. Quindi, bene che sia stata ripristinata la ritenuta precedente.
Nicola Renzi (Rf): La questione qui è una di quelle nodali, e credo che sia uno di quei punti che spiegano bene come è andato l’iter di presentazione e di approvazione di questa legge. Di fronte al fatto che migliaia di lavoratori hanno visto nero su bianco che la vostra prima proposta era quella di portare la tassazione sul TFR al 10%, quei lavoratori hanno detto: andiamo in piazza e gli urliamo che si devono vergognare. No, signori, il dialogo i cittadini sammarinesi, i residenti e i frontalieri se lo sono dovuti guadagnare con voi, mettendo la mano al portafogli e lasciando ore e giornate di paga per concedersi il lusso di fare giornate di sciopero. Un altro conto è la rendita finanziaria per gli inoccupati, perché lì entrano in gioco altre dinamiche: a quel punto la rendita diventa anche reddito. Se una persona non è occupata, magari non per scelta, il discorso cambia. Ma il tema vero è questo: voi siete arrivati con una legge in prima lettura che raddoppiava la tassazione sul TFR. Noi, su questo articolo, abbiamo fatto le barricate per difendere il TFR. Forse ci avreste potuto ascoltare. Non abbiamo invece detto una parola sull’aumento della tassazione sulla rendita, perché, se una cosa bisogna farla, capiamo anche che sia necessario rendere praticabile qualcosa che magari non ci appassiona, ma che deve essere, in qualche modo, accettata.
Gaetano Troina (D-ML): Condivido in particolare la riflessione del collega Renzi riguardo al sacrificio che molti nostri concittadini hanno fatto per cercare di far capire al Governo e alla maggioranza quanto ingiuste fossero determinate previsioni della prima lettura di questa legge. A rafforzativo di ciò, sottolineo che non soltanto molte persone hanno rinunciato a una, ma a due giornate di lavoro; in alcuni casi si è trattato di famiglie intere, con entrambi i genitori lavoratori dipendenti, che quindi hanno rinunciato complessivamente a quattro giornate di stipendio in un’unica mensilità. In molti casi l’hanno fatto soltanto per far capire quanto fosse ingiusta questa previsione, ma anche altre contenute in questa legge. Rendetevi conto, oggi, con la situazione economica delle nostre famiglie, cosa significa rinunciare a quattro giornate lavorative su due buste paga. Per quanto riguarda invece alcune previsioni positive, condivido quanto detto dai colleghi. Innanzitutto prendiamo atto favorevolmente dell’aver cristallizzato al 17% i redditi di quelle lettere A e L: finalmente si ha una definizione chiara e non più provvisoria di quella che è la situazione attuale. Condividiamo l’impostazione secondo cui si debbano tassare prima le rendite piuttosto che il frutto del lavoro delle persone, proprio perché la rendita, per quanto giustamente vada tutelata e protetta, è comunque qualcosa di accessorio rispetto al lavoro quotidiano dei dipendenti, dei lavoratori autonomi e di tutti coloro che producono. È sicuramente più equo, considerata la situazione di tanti nostri concittadini, intervenire in maniera più incisiva su questo tipo di rendite piuttosto che sullo stipendio e su ciò che rappresenta la percezione di compensi da lavoro o di impresa autonoma.
Matteo Casali (RF): Vorrei fare un rilievo e una domanda. Il rilievo è questo: è già il secondo articolo nel quale abbiamo sentito il Segretario dire che questo provvedimento ha un gettito più una determinata parte che non è stimabile. Dover fare l’elenco della spesa, non è propriamente consono alla presentazione di un provvedimento come questo. Capisco anche che il Segretario, in così pochi minuti, non possa circostanziare nel dettaglio conti che evidentemente lui e il suo staff hanno fatto. Ma, se alla fine tutta questa manovra deve sommare dai 17 ai 20 milioni di euro, mi viene da dire che anche l’imponderabile è stato in una qualche maniera ponderato. Ora, la domanda. Siccome è stato detto che le rendite da capitale, su questo articolo, produrranno un gettito di 1,5 milioni di euro al netto di quanto non stimabile, e siccome la tassazione sul TFR è stata un simbolo che ha portato le diecimila persone in piazza, sarei curioso di sapere quanto sposta quel 2,5% che prima era stato introdotto e poi ritirato. Perché, se dovessimo renderci conto che, in termini di gettito complessivo, tutta la mobilitazione ha ridotto il gettito da 20 a 17 milioni di euro, questa variazione ne rappresenta solo una frazione. Se dovessimo renderci conto che tutto questo muoveva cifre che, pur essendo importanti perché accumulate di anno in anno, non erano così catastrofiche dal punto di vista del gettito annuo, allora potremmo anche capire che questa mobilitazione è stata provocata, tutto sommato, per poco.
Sara Conti (RF): Finalmente ci troviamo di fronte al primo degli emendamenti depositati con le trentanove firme, e guarda caso ci troviamo anche di fronte a un fatto compiuto: i commissari presenti in Commissione Finanze avevano approvato questo articolo nella stesura della versione “riforma 2”, quindi con il TFR e con un raddoppio secco. E invece ora va benissimo così: anzi, ci diamo le famose pacche sulle spalle per dire che siete stati bravi e avete portato finalmente un nuovo testo, un nuovo emendamento che fa esattamente un passo indietro e riporta le cifre a quelle preesistenti, quindi nessun aumento sulla tassazione del TFR. E allora mi vien da dire: come lo commentate questo vostro grande successo? Perché finora vedo che la maggioranza è silente. Però che non si venga poi a dire che l’opposizione, in Commissione, ha avuto un atteggiamento di chiusura totale, perché era evidente che noi non avremmo potuto fare nulla in quel momento: non avreste accettato proposte diverse, questa è la verità. L’unica possibilità che avevamo è stata quella di svolgere il nostro ruolo di opposizione in modo serio e critico, cercando di far ragionare i presenti su questo articolo e su altri. Ma dall’altra parte abbiamo trovato un muro di gomma: non c’era alcuna apertura per ragionare su questo articolo e su quelli successivi.
Matteo Zeppa (Rete): A settembre il Congresso di Stato fece dei post, prima dello sciopero, sui social, utilizzando gli account ufficiali. Non si sa bene chi li gestisse, ma di certo non si poteva commentare: i commenti sono ancora bloccati. Lei, Segretario, ricordando il totale disprezzo verso chi aveva annunciato lo sciopero, diceva che si sarebbe perso di più con la giornata di sciopero che con le trattenute sullo stipendio, con questa splendida opera bucolica che può essere definita il suo progetto di legge: annacquato, completamente distrutto dagli eventi. Questo è il primo articolo che viene concordato dopo la sua débâcle con il sindacato. Lei è partito ipotizzando il raddoppio al 5% e al 10%, e poi è tornato indietro sui suoi passi. Resta il fatto che lei quei dati li ha fatti; ha pubblicato un post dove parlava chiaramente di numeri e dove, non proprio in maniera democraticissima, non si poteva commentare. Allora, Segretario, ha avuto paura? O ci spiega seriamente perché è tornato indietro sui suoi passi? Perché non è possibile minimizzare così la questione. A parte il fatto che è davvero di cattivo gusto andare a tassare il TFR: si vede che chi ha proposto questa cosa ha lavorato poco e non sa neanche quale sia la fatica per maturare un TFR, soprattutto in certi ambienti.
Segretario di Stato Marco Gatti: Per quanto riguarda quello che era il gettito previsto sul TFR, era di circa 1 milione e 400 mila euro. Tecnicamente, un TFR che viene corrisposto annualmente dovrebbe essere tassato in maniera progressiva. Tant’è vero che i frontalieri che lavorano a San Marino, il TFR in Italia lo vedono tassato in modo progressivo: da noi pagano il 2,5%, mentre in Italia partono dal 23% in su, a seconda dello scaglione di reddito in cui si trovano, ma il più basso è comunque il 23%. Quando abbiamo presentato la proposta, abbiamo detto che – siccome il 2,5% è molto basso – proponevamo un adeguamento per arrivare al 5% in tre anni. Poi, nell’ambito della trattativa, è stato uno degli elementi che abbiamo accettato di trattare con il sindacato. Questa è una delle concessioni che abbiamo fatto alla parte sindacale. Per quanto riguarda invece ciò che non è stimabile, ci sono delle cose che sono facili da calcolare: se io aumento di un punto un’aliquota, è semplice fare il confronto con quella dell’anno di riferimento. Se io cambio un ammortamento, mi spiegate come si fa a sapere che gettito dà complessivamente? Vorrebbe dire prendere tutti i bilanci di tutte le società di San Marino, andare a vedere dentro ogni bilancio il conto economico che ha determinato l’ammortamento, modificarlo, ricalcolare l’imposta… È un’operazione impossibile da fare. Quindi ci sono delle poste che non sono determinabili, perché vanno a variare la base imponibile in modo impossibile da calcolare.
Articolo 5 – Modifica dell’articolo 14 della Legge n.166/2013 e successive modifiche – Approvato con 36 voti favorevoli e 1 astenuto
Segretario di Stato Marco Gatti: Questo articolo andrebbe sostanzialmente letto insieme all’articolo 7, perché parte degli oneri deducibili sono stati trasformati in detrazioni. Gli interventi che abbiamo fatto, quindi, sono stati quelli di togliere tutte le elencazioni degli oneri deducibili che erano qui e anche negli allegati A e B, riportando tutti gli oneri deducibili esclusivamente negli allegati A e B. Questi tre oneri deducibili che sono diventati detrazioni li ritroveremo poi successivamente nell’articolo 7. L’altro intervento che è stato fatto riguarda la tracciabilità dei pagamenti: abbiamo previsto che, per questi oneri deducibili, tutti i pagamenti siano riconosciuti solo se tracciabili tramite strumenti elettronici, bonifici, assegni o SMAC card. In sostanza, abbiamo eliminato il vincolo che prevedeva che alcune di queste spese fossero riconosciute esclusivamente se sostenute in territorio sammarinese, ma abbiamo richiesto la tracciabilità come condizione necessaria per poter ottenere la deduzione.
Matteo Zeppa (Rete): Qui chiedo delle informazioni, visto che è uno dei primi articoli in cui si tratta dell’Ufficio Tributario. Durante le riunioni sindacali è emersa molto chiaramente la difficoltà, soprattutto per quanto riguarda l’Ufficio Tributario, dovuta a una mancanza di personale. Questo, unito alla complessità degli strumenti di controllo, comincia a rappresentare un problema, perché il personale è poco. È stato detto più volte, e ribadito durante le assemblee sindacali, che le persone sono poche rispetto all’implementazione che questa riforma di legge dovrebbe comportare. Inoltre, si è evidenziato il fatto che ci sono stati prepensionamenti o pensionamenti. Segretario, le chiedo: qual è la situazione attuale dell’Ufficio Tributario? Perché a quell’Ufficio viene giustamente chiesto molto, dato il lavoro che deve svolgere, ma da più parti si segnalano numerose difficoltà legate alla carenza di personale e alla mancanza di un adeguato ricambio. Inoltre, si parla anche di questo software, di cui ancora non si è capito bene la provenienza. Nel momento in cui si attribuiscono ulteriori compiti all’Ufficio Tributario, bisogna tenere conto che si tratta di una struttura che già ora si trova in difficoltà per mancanza di personale, per assenza di ricambio generazionale e per prepensionamenti non coperti. Le chiedo dunque, Segretario, qual è la situazione reale dell’Ufficio Tributario dal momento che in questo articolo, come in molti altri, esso viene direttamente coinvolto.
Gaetano Troina (D-ML): Anche io chiedo chiarimenti, dal momento che anche a noi risultano informazioni analoghe riguardo alle problematiche dell’Ufficio Tributario. Già in Commissione avevamo sollevato la questione, chiedendo spiegazioni su come si intendesse supplire alla carenza di personale e al fatto che non ci sia stato il tempo di effettuare un passaggio di consegne. Anche qui vorremmo avere dei chiarimenti più approfonditi. Mi collego a questo punto sottolineando un aspetto che ritengo importante, visto che viene costantemente ripetuto che l’opposizione non ha contribuito. Ebbene, il comma 4 del testo presentato in Commissione prevedeva che l’Ufficio Tributario, nell’ambito delle attività di controllo e accertamento, potesse disconoscere l’applicazione degli oneri deducibili quando riscontrasse fenomeni di abuso o indebita deduzione finalizzata esclusivamente al conseguimento del beneficio fiscale. Tengo a sottolineare che questa previsione nasce proprio dal confronto avvenuto in Commissione su questo punto, anche con le opposizioni. Ed è un passaggio che si è concordato insieme, stabilendo che si debba disconoscere l’applicazione degli oneri deducibili quando ci sono fenomeni di abuso. È un principio doveroso, e rappresenta uno dei contributi concreti che il lavoro in Commissione ha prodotto. Un altro tema che voglio affrontare riguarda il fatto che questo è il primo articolo che introduce deleghe nell’ambito del progetto di legge. Questa legislatura è partita con il proclama che non si sarebbero più fatti decreti delegati, o che comunque si sarebbero contenuti al minimo indispensabile. E invece questo progetto di legge ne contiene una quantità innumerevole. Questa contraddizione va sottolineata, perché la legislatura era partita con tutt’altra impostazione e con un intento completamente diverso riguardo al tema delle deleghe. Oggi, invece, constatiamo una totale inversione di tendenza rispetto a quanto dichiarato a inizio legislatura. Ne prendo atto, e me lo ricorderò quando qualcun altro solleverà contestazioni in futuro riguardo all’uso dei decreti delegati.
Nicola Renzi (RF): Non abbiamo mai detto che tutti i contenuti siano negativi o drammatici. Ci sono, seppur poche, anche alcune cose che possono essere considerate un miglioramento. Dall’altro lato, però, c’è l’aspetto della decretazione. C’è infatti una previsione che consente al Governo, con decreti delegati, di modificare l’intera riforma IGR e anche altre leggi. Mi preme sottolinearlo perché è importante riflettere sul metodo con cui facciamo le leggi. Perché spesso si dicono delle cose, e poi si fa esattamente il contrario. C’è poi un secondo aspetto, che davvero mi sta a cuore: il tema dell’amministrazione e del funzionamento degli uffici. Troppo spesso sento dire: “L’amministrazione non funziona”, “gli uffici non funzionano”. Ma bisogna anche guardare cosa fa il Governo, perché a volte sembra quasi che faccia di tutto per non farli funzionare. Se in un ufficio ci sono degli esperti che sai che stanno per andare in pensione e non affianchi a loro qualcuno per il ricambio, è evidente che la responsabilità è del Governo, che decide quando bandire i concorsi. E guarda caso, i concorsi si fanno sempre prima delle campagne elettorali, e molto meno negli altri periodi. E c’è un altro tabù che credo vada affrontato. Non possiamo pretendere che il Direttore dell’Ufficio Tributario, al quale possono essere anche demandati poteri importanti e una certa autonomia gestionale, percepisca uno stipendio inferiore all’ultimo commercialista del Paese.
Segretario di Stato Marco Gatti: Per quanto riguarda il personale, l’Ufficio Tributario ha diverse posizioni da ricoprire. È da diversi anni che esiste una “lista della spesa” in cui si chiede di coprire queste posizioni, ma spesso, quando vengono ricoperte tramite mobilità interna, accade che la persona assegnata poi vada via. C’è, dunque, un problema evidente di gestione all’interno della Pubblica Amministrazione, ma non è un problema recente: ce lo portiamo dietro da anni, probabilmente da più legislature. Inoltre, oggi non è difficile trovare personale solo per le attività economiche private: è diventato complicato anche per la Pubblica Amministrazione. Tant’è vero che, ai bandi di concorso, rispondono candidati, ma in numero non sufficiente a coprire tutti i posti disponibili. Abbiamo quindi un problema effettivamente molto rilevante all’interno della Pubblica Amministrazione. Dobbiamo tenere conto anche di questo: l’implementazione informatica diventa sempre più urgente, perché per alcune attività l’automazione può consentire di operare anche con un numero di persone leggermente inferiore all’attuale. Mi viene in mente, ad esempio, il tema dei controlli. Oggi gran parte dei controlli viene effettuata ancora manualmente dagli operatori. Esistono già alcuni alert, perché nel tempo anche il sistema informatico è stato sviluppato, ma purtroppo non ai livelli di quelli che altre amministrazioni, fuori da qui, sono riuscite a raggiungere. Quindi abbiamo margini di miglioramento, ma non ancora in maniera tale da poter sostituire il lavoro delle persone. Per quanto mi riguarda, l’Amministrazione – e quindi i vari direttori degli uffici, compreso quello dell’Ufficio Tributario – sta facendo le richieste di competenza. Nei prossimi periodi ci saranno anche una serie di pensionamenti che riguardano l’Ufficio Tributario: si tratta di figure storiche, con esperienza consolidata, e rischiamo di trovarci con nuovi assunti che non hanno potuto svolgere un adeguato periodo di affiancamento. Questo è un problema reale. Quello che posso però assicurare è che, da parte dell’Amministrazione, tutte le richieste necessarie sono state fatte. Se si va a verificare, infatti, si vedrà che l’Ufficio Tributario e il Dipartimento hanno formalmente richiesto da tempo la copertura delle posizioni vacanti previste nei fabbisogni, ma purtroppo molte di queste sono ancora scoperte. Quindi sì, il tema è reale: è un problema sentito e presente.
Articolo 6 – Modifica dell’articolo 15 della Legge n.166/2013 – Approvato con 35 voti favorevoli
Articolo 7 – Modifiche all’articolo 16 della Legge n.166/2013 e successive modifiche – Approvato con 35 voti favorevoli
Segretario di Stato Marco Gatti: In Commissione, per quanto riguarda le protesi e i canoni di locazione, si era stabilita una misura del 15% per entrambe. Successivamente, nell’ambito del confronto, abbiamo deciso di portare al 18% la detrazione per le spese relative alle protesi. L’intervento più significativo sui canoni di locazione è stato l’introduzione di un tetto massimo di 6.000 euro, che prima non esisteva. Senza tale limite, si rischiava di favorire situazioni anomale, come quella di un soggetto che, tramite una società immobiliare, affittava a sé stesso un immobile di valore elevato, ottenendo così un vantaggio sul proprio reddito imponibile. Un altro elemento di modifica riguarda le spese sostenute in territorio tramite SMAC card. Nella versione precedente, approvata in Commissione Finanze, era previsto un bonus per i soggetti non residenti, valido per tutte le persone fisiche, indipendentemente dal tipo di reddito, e una detrazione del 15% per chi utilizzava la SMAC. Nell’ambito del confronto con il sindacato abbiamo concordato un nuovo modello volto a superare il limite di quella impostazione, ossia il fatto che la detrazione fosse riconosciuta solo ai soggetti residenti. Il nuovo sistema continua a tutelare i redditi più bassi, prevedendo che fino a 10.000 euro di reddito lordo si possa avere una detrazione tale da azzerare l’imposta, anche senza l’obbligo di “smaccare”. Tra i 10.000 e i 20.000 euro, invece, è stato introdotto un meccanismo progressivo: con l’aumentare del reddito cresce anche la necessità di utilizzo della SMAC card per ottenere la detrazione massima, mentre la detrazione decresce gradualmente al crescere del reddito. A 20.000 euro di reddito, rimane attiva solo la detrazione legata alle spese “smaccate”, che parte da 3.000 euro e cresce progressivamente fino a 50.000 euro. A 50.000 euro, per ottenere la stessa detrazione, occorre “smaccare” 10.000 euro, cioè 1.000 euro in più rispetto alla soglia prevista nella condizione attuale, dove la spesa massima tracciabile era di 9.000 euro per redditi fino a 40.000 euro. Un’altra novità riguarda la possibilità, oggi introdotta, di adesione parziale al sistema di spese tracciate: il contribuente potrà scegliere di aderire solo in parte, indicando una percentuale specifica, mentre in precedenza si poteva soltanto aderire integralmente o non aderire affatto. Infine, per il personale residente che presta servizio nelle sedi internazionali e quindi è raramente presente a San Marino, è prevista la possibilità di una smaccatura parziale, mentre per i soggetti completamente non autosufficienti è stata riconosciuta l’esenzione dall’obbligo di tracciabilità delle spese.
Gaetano Troina (D-ML): Non so esattamente cosa possa significare questa adesione in percentuale al sistema SMAC piuttosto che in forma parziale. Vorrei capire quale sia il vantaggio o il beneficio concreto dell’una rispetto all’altra, perché mi interessa comprendere esattamente di cosa si tratta e quale sia stata la valutazione che ha portato a questa scelta. Poi vorrei sottolineare un paio di passaggi che erano già emersi in Commissione. Il primo riguarda il comma 3. Avevamo già segnalato in quella sede che la lettera A, per come è formulata, rischia di creare confusione al momento dell’applicazione. Avevamo suggerito di modificarne la dicitura, ma non è stato fatto. Lo ribadiamo oggi, perché temo che possa creare problemi interpretativi: nella frase “spese per protesi dentarie sanitarie e quelle per cure ortodontiche e odontoiatriche”, la formulazione è ambigua. Avevamo invece espresso parere favorevole all’introduzione della lettera B, che prevede la possibilità di detrarre il 50% del canone di locazione per gli immobili ad uso di civile abitazione, con il limite di 6.000 euro e con l’elevazione della percentuale all’80% per chi ha meno di 35 anni. Questa era una nostra proposta avanzata già in occasione della Legge Sviluppo, che però era stata respinta con la motivazione che sarebbe stata ripresa nell’ambito della più ampia riforma IGR di cui stiamo discutendo oggi. Quindi registriamo favorevolmente questo recepimento, e riconosciamo che un contributo da parte nostra, in realtà, c’è stato. C’è però un aspetto che non è chiaro: il limite dei 6.000 euro vale anche nel caso in cui la percentuale sia elevata all’80% per chi ha meno di 35 anni? Perché il testo non lo specifica.
Emanuele Santi (Rete): Questo, invece, è proprio l’articolo della discordia. È quello che ha generato gli effetti più negativi, sia nella prima stesura che nelle versioni successive, che la maggioranza e il Governo ci hanno presentato come migliorative, ma che in realtà andavano a peggiorare ulteriormente il testo. Questo articolo, così come è stato riscritto, cambia completamente l’impostazione originaria voluta da Marco Gatti. Con questa versione si fa una vera e propria retromarcia, tornando alla linea voluta dal sindacato, che ha fornito delle tabelle di riferimento sulle quali si è basata la nuova impostazione, poi tradotta in cifre e inserita negli allegati. Cosa conteneva questo articolo originariamente? Conteneva una discriminazione tra lavoratori che svolgono lo stesso lavoro, una discriminazione verso i frontalieri, e mancava una vera progressività: tutti avevano lo stesso limite di 6.000 euro, anche chi guadagnava 15.000 euro l’anno. Inoltre, le detrazioni erano riservate solo ai residenti. Un vero disastro. Oggi, diciamo che questa nuova versione dell’articolo è sicuramente migliorativa rispetto a quella originaria. Altro che dialogo e confronto: qui c’è stata un’imposizione, chiaramente frutto anche della debolezza politica dell’attuale Governo e della sua maggioranza. L’articolo, che era il più problematico dell’intera riforma, è stato completamente riscritto. Rimane però aperta una questione fondamentale: l’impatto economico. Questo articolo, infatti, era quello che generava il maggior gettito dell’intera riforma. Il consigliere Boschi aveva stimato un incremento di circa 8,5 milioni provenienti dai redditi da lavoro dipendente nella prima stesura. Sarebbe interessante capire, dopo le varie modifiche – siamo ormai alla quarta riformulazione – quale sia oggi il reale effetto di questo articolo.
Nicola Renzi (RF): Questa riforma ha avuto la stessa sorte dello Statuto di Banca Centrale: è arrivata con un obiettivo e ha prodotto l’esatto contrario. Lo schema è identico. Capisco anche alcuni consiglieri di maggioranza: in Commissione Finanze hanno sostenuto con convinzione la bontà dell’impostazione che prevedeva una maggiore tassazione sul lavoro dipendente. Da lì si dovevano ricavare otto milioni e mezzo di gettito complessivo. In ogni caso, l’impostazione era chiara: la riforma doveva colpire i dipendenti, che rappresentavano circa un quinto dell’intera base imponibile della riforma IGR. Poi, però, a un certo punto succede qualcosa. Il Governo prova a presentare un’ulteriore proposta in Commissione, sostenendo che le modifiche già introdotte bastassero. Ma arrivano le organizzazioni sindacali e i cittadini sammarinesi che vengono due volte sul Pianello per manifestare. E poi arriva il colpo di scena. I sindacati si presentano e dicono a Gatti: “Guarda, queste sono le nostre tabelle. Fai bene i conti e rivedi le cifre.” E Gatti ringrazia gli esperti degli uffici, che hanno tradotto in numeri l’input politico e sindacale, e riconosce il ruolo di Merlini e delle altre due sigle sindacali, che hanno dettato la linea. Il risultato? Semplice: se i sindacati non fossero venuti sul Pianello, voi avreste votato la riforma così com’era. L’avete già votata così in Commissione, e l’avreste votata così anche in aula. Poi però è arrivato Merlini e vi ha detto: “No, queste sono le nuove tabelle. Scrivetele”.
Fabio Righi (D-ML): Oggi ci troviamo di fronte a un testo che non è più lo stesso approvato in precedenza, un testo che non è frutto di un confronto preventivo, ma di una serie di correzioni e modifiche intervenute in corso d’opera. Questo provvedimento, prima della modifica, era stato già votato nella sua formulazione originaria, quella che conteneva tutte le discriminazioni e le criticità che l’opposizione da tempo segnalava. È stato votato così, senza recepire le osservazioni, e soltanto oggi ci troviamo a esaminare una formulazione completamente diversa, evidentemente frutto della volontà di altri soggetti, che ora viene presentata come accettabile. Il punto non è cambiare idea, né trovare un punto di incontro attraverso il dialogo. Non è sembrato un processo negoziale ordinato, ma piuttosto una debacle politica. È normale che un testo subisca delle variazioni, che venga migliorato, che si sviluppi attraverso il confronto, ma qui è accaduto qualcosa di diverso. Qui si è evitato deliberatamente il confronto, sia con l’opposizione che con le parti sociali, e ci si è trovati all’ultimo momento a dover cambiare tutto perché la situazione nel Paese stava letteralmente esplodendo. Credo che questo sia un dato politico evidente. La verità è che questa maggioranza ha dovuto cambiare completamente rotta solo perché la proposta iniziale è stata bocciata sonoramente dal Paese. E, considerato il numero di persone che ha partecipato alle manifestazioni, il dubbio legittimo è che la contestazione non riguardasse solo questo provvedimento, ma fosse molto più ampia, rivolta all’insieme dell’operato di questo Governo.
Matteo Casali (RF): Questo fu proprio l’articolo sul quale facemmo le famose simulazioni. Alla faccia del confronto, abbiamo avuto molto tardi la possibilità di accedere al progetto di legge in prima lettura. Realizzammo delle simulazioni su varie fasce di reddito, confrontando la situazione di partenza con quella che sarebbe derivata dall’applicazione della proposta di riforma. Fu in quella sede che ci rendemmo conto di ciò che mancava. Al di là dell’evidente discriminazione tra frontalieri e residenti, emergeva una questione anche interna ai soli residenti. Dalle simulazioni risultava che i lavoratori con redditi più bassi sarebbero stati penalizzati, perché per raggiungere lo stesso livello di tassazione avrebbero dovuto “smaccare” molto di più rispetto alla situazione attuale. Questo significava, in termini pratici, che per mantenere invariata la propria pressione fiscale, quei lavoratori avrebbero dovuto consumare di più, ma questo era semplicemente impossibile, perché una quota maggiore di “smaccatura” avrebbe rappresentato una percentuale troppo alta del loro reddito, già modesto e già eroso dai consumi essenziali. È evidente che chi ha un reddito basso non può permettersi consumi più alti solo per ottenere una detrazione equivalente. Noi lo facemmo presente, lo ricordo bene. E io non riesco a togliermi dalla testa la reazione che suscitò quella nostra osservazione: vi metteste a ridere. Evidentemente ride bene chi ride ultimo, anche se qui non c’è proprio nulla da ridere. Sono state infatti le stesse osservazioni mosse successivamente dai sindacati, che vi hanno costretto a fare marcia indietro, a tornare “a Canossa”, a riconoscere che non c’era niente da ridere.
Sara Conti (RF): Questo è effettivamente uno degli articoli chiave della riforma, uno di quelli che ha generato maggiore dibattito in Commissione. Fin dall’inizio abbiamo cercato di sottolineare e di richiamare con preoccupazione questo punto, così come hanno continuato a fare le organizzazioni sindacali e, in un momento successivo, anche le associazioni di categoria. Sappiamo bene che anche ANIS si era espressa in maniera molto preoccupata e critica rispetto alla discriminazione tra residenti e frontalieri. Credevamo, e continuiamo a credere, che se non si fosse intervenuti con decisione su questo punto si sarebbero create spaccature profonde e si sarebbero potuti generare effetti negativi di ampia portata, con il rischio non solo di vedere il nostro tessuto economico privarsi di risorse fondamentali, ma anche di provocare ripercussioni nei rapporti con la Repubblica Italiana, considerando che è ancora in corso la fase di definizione dell’Accordo di associazione con l’Unione Europea. Si tratta, dunque, di un tema molto sensibile, al quale non è stata data l’attenzione che meritava fin dall’inizio. La serietà avrebbe richiesto una volontà più forte di modifica già a partire dai lavori in Commissione, senza aspettare il diktat finale delle organizzazioni sindacali, che per fortuna su questo punto non hanno ceduto di un millimetro e sono riuscite a ottenere un risultato concreto. Resta però l’amarezza per come questo tema sia stato gestito durante l’intero percorso in Commissione: con troppa leggerezza, senza il necessario ascolto, e con la presunzione di poter correggere tutto solo all’ultimo momento.
Antonella Mularoni (RF): Abbiamo assistito anche a una tirata d’orecchie pubblica proveniente dall’Italia, da parte della senatrice Spinelli e di altri rappresentanti del Governo italiano. Siamo dovuti arrivare persino a questo punto, prima che il Governo sammarinese si rendesse conto che l’articolo, scritto in quel modo, non era accettabile. Anche ANIS aveva chiaramente fatto capire che molte società di diritto sammarinese avrebbero potuto chiudere i battenti, perché oggi la forza lavoro frontaliera rappresenta una parte preponderante del sistema produttivo, a tutti i livelli. È evidente che questo articolo, nella sua prima formulazione, non teneva in alcun conto le reali esigenze del Paese, ignorando un equilibrio economico e sociale che si è costruito negli anni. Per questo, possiamo dire che tutto è bene quel che finisce bene, ma è comunque molto triste constatare che si sia dovuti arrivare fino a sbattere contro il muro, prendendo anche richiami dall’esterno, prima di capire che quella non era la scelta giusta.
Matteo Zeppa (Rete): Io vorrei capire la ratio che ha ispirato la mente malata che ha scritto e consegnato un articolo del genere. Basterebbe andare a leggere i dati dell’Ufficio di Statistica per rendersi conto di quanto fosse assurdo anche solo pensare una norma simile. A settembre 2025, a San Marino, ci sono 8.680 lavoratori frontalieri, appartenenti a ogni settore e a ogni livello di specializzazione: 2.835 donne e 5.845 uomini. Otto mila seicento ottanta persone che rappresentano una parte fondamentale della forza lavoro del Paese. Eppure, si è detto che, sulle politiche fiscali, sui frontalieri possiamo fare quello che vogliamo. Una frase di una leggerezza sconcertante, che dimostra come chi ha partorito questo emendamento non abbia la minima percezione della realtà economica e sociale in cui viviamo. Lei, Segretario, non si rende conto di cosa possa aver scatenato questa baggianata che ha scritto, a livello di diritto del lavoro e di rispetto tra i lavoratori residenti e i lavoratori frontalieri. Vi rendete conto di quanto incida il frontalierato su San Marino? Ci sono molti lavori per cui la manovalanza sammarinese non vuole impegnarsi, però sono necessari, e quindi sono necessari i frontalieri. E lei cosa si inventa? Appoggiato dalla sua maggioranza, presenta un emendamento altamente discriminatorio, che non tiene conto degli equilibri precari che ci sono all’interno del mondo del lavoro, delle diverse sezioni e categorie professionali. Non avete idea di cosa possa aver scatenato un provvedimento del genere. Lei e la sua maggioranza, non avete capito la discriminazione che avete creato.
Giovanni Zonzini (Rete): L’articolo era forse il più vergognoso, e lascia una macchia morale sulla Segreteria che l’ha depositato e su chi l’ha votato in Commissione. È una cosa vergognosa, perché cercare di tartassare quei lavoratori che vengono qui a lavorare, senza avere i diritti politici, è un atto di vigliaccheria molto rara. Qual è stata la grande pensata che avrà fatto Gatti col suo tecnico da 50.000 euro all’anno? Avranno detto: “Dobbiamo tartassare qualcuno. Chi possiamo tartassare? Tartassiamo i frontalieri, quelli non votano, gli possiamo fare tutto quello che vogliamo. Grande idea: tartassiamo i frontalieri.” Ma questo è un modo di fare politica e di concepire la gestione delle finanze pubbliche, dal mio punto di vista, non solo profondamente immorale ma anche stupido. Il nostro sistema economico e industriale si fonda sul lavoro dei frontalieri. Senza di loro, le nostre aziende essenzialmente non esisterebbero più. Non avremmo più un settore produttivo. La riprova della stupidità di questo ragionamento è che addirittura l’ANIS e le aziende si sono dette disposte a pagare un punto percentuale in più di imposta sui profitti pur di evitare la discriminazione e l’attacco ai loro lavoratori frontalieri. Non per filantropia, ma perché senza lavoratori non c’è profitto. È molto meglio mantenere i lavoratori e pagare l’1% in più sul profitto,. Io penso che questo articolo rappresenti una Segreteria forte coi deboli e debole coi forti. Fortunatamente, i deboli, quando si uniscono, sanno diventare forti. Lo hanno dimostrato due volte sul Pianello, mandando in fumo i vostri disegni.
Segretario di Stato Marco Gatti: Intanto rispondo alla richiesta sul motivo per cui si dovrebbe chiedere l’adesione parziale. Il soggetto che ritiene di non arrivare alla spesa prevista per ottenere la massima detrazione, per evitare di trovarsi in una posizione di debito, può aderire solo parzialmente, in modo da non dover successivamente presentare la dichiarazione dei redditi per rimborsare l’imposta maggiore usufruita. In passato, poiché l’adesione era totale alcuni preferivano non farlo proprio per non incorrere in questa situazione di debito. Riguardo alla polemica sul negoziato con l’Unione Europea, chi ha partecipato ai tavoli anche prima di noi dovrebbe sapere che la parte fiscale non rientra nel negoziato. I Paesi, infatti, attuano la fiscalità che ritengono più opportuna. E quando si parla di discriminazione, vorrei ricordare che ci sono anche 2.000 sammarinesi frontalieri che risultano discriminati rispetto ai colleghi italiani, perché alcune detrazioni non vengono loro applicate. Quindi, il problema della discriminazione esiste anche in senso inverso. Non è vero che abbiamo ricevuto pressioni da parte del governo italiano o dalla senatrice Spinelli. La senatrice Spinelli si è semplicemente interessato a una tematica che riguarda i suoi concittadini. Noi la trattativa non l’abbiamo fatta con la senatrice, ma con il sindacato, e abbiamo cercato di portare a casa una riforma che ci permettesse di raggiungere gli obiettivi prefissati. Anche il sindacato, dal canto suo, ha trovato soddisfazione, perché probabilmente ha raggiunto alcuni dei risultati che si era proposto. Tutti abbiamo lasciato qualcosa sul tavolo, ma alla fine abbiamo portato a casa un risultato che abbiamo ritenuto positivo.
Articolo 8 – Modifica dell’articolo 17 della Legge n.166/2013 – Approvato con 38 voti favorevoli.


