Resoconto della seduta della Commissione Consiliare Speciale per le riforme istituzionali
Nel pomeriggio è proseguito il dibattito sulla bozza di regolamento interno della Commissione, a partire dal programma di lavoro.
In tanti hanno sollevato la necessità di procedere prioritariamente con l’analisi del Consiglio Grande e Generale e del ruolo del consigliere. Dai vari interventi è emersa una forte condivisione sul fatto che il Consiglio abbia perso centralità rispetto agli altri poteri dello Stato, in particolare al Congresso di Stato, con preoccupazioni circa l’eccessivo ricorso ai decreti delegati. “Il Consiglio deve tornare a fare quello per cui è preposto”, ha affermato Massimo Andrea Ugolini (Pdcs). Anche Emanuele Santi (Rete) ha denunciato “un evidente vulnus nell’utilizzo delle fonti normative” e ha chiesto un ritorno alla centralità legislativa dell’aula.
Sul piano operativo, si è concordato di iniziare i lavori partendo proprio da un’analisi approfondita sul funzionamento del Consiglio, sullo status del consigliere e sulle risorse a disposizione. “I consiglieri oggi fanno politica a tempo perso”, ha evidenziato Fabio Righi (DML), mentre Milena Gasperoni (Psd) ha parlato di un’organizzazione “vecchia” del Consiglio: “La vita delle persone viene sospesa, è difficile conciliare tutto con lavori consiliari notturni e serrati”.
Numerosi interventi hanno sostenuto l’opportunità di rafforzare il ruolo del consigliere senza trasformarlo in un professionista a tempo pieno, ma con un maggiore supporto strutturale e organizzativo. “Non si tratta di creare una casta – ha spiegato Manuel Ciavatta (Pdcs) – ma di immaginare un impegno strutturato, anche part-time, che consenta a tutti di svolgere al meglio il proprio mandato”.
Sul fronte metodologico, la Commissione ha scelto di procedere con l’approfondimento dei singoli temi, partendo dal Consiglio Grande e Generale, e di organizzare una serie di audizioni con esperti sammarinesi e internazionali. A questo proposito è stato accolto l’invito della Consulta dei sammarinesi all’estero, che sarà ascoltata in una futura seduta.
Il prossimo passo sarà la calendarizzazione delle audizioni e l’elaborazione di un documento dettagliato, destinato a tracciare le linee guida per i lavori della Commissione.
Di seguito una sintesi dei lavori
Comma 3 – Esame del programma di lavoro della Commissione
Nicola Renzi (RF): Chiaramente questo schema non vuole essere minimamente esaustivo. Vi spiego brevemente la sua storia: è stato preparato dalla Segreteria Istituzionale quando è stata presentata la legge. Si pensava potesse andare nella relazione, ma si è deciso di non includerlo neppure lì, riservando la sua analisi a noi in commissione. Quindi, questo è ciò che abbiamo. Voglio sia chiaro che non è minimamente vincolante. Detto questo, a noi sta poi decidere quali temi sviluppare in base a quei titoli e in che ordine svilupparli. L’ordine che scegliamo influenzerà la calendarizzazione delle audizioni. Per i prossimi passi, dobbiamo valutare, e io non ho una preferenza, se impostare una scaletta che copra tutto dall’alfa all’omega subito, o se preferiamo partire con 3-4 argomenti che consideriamo prioritari. Fatta questa premessa, direi di prenderci 5 minuti per approfondire il documento, e poi iniziamo gli interventi di ciascuno per definire insieme i temi.
Iro Belluzzi (Libera): Parlo anche come rappresentante della Commissione Affari di Giustizia, dove abbiamo iniziato a riflettere, alla luce della riforma che ha eliminato i filtri per la nomina dei dirigenti, su ulteriori interventi come la revisione del Consiglio giudiziario. Serve rivedere composizione e modalità di nomina dei nuovi membri del Consiglio giudiziario, con piccoli aggiustamenti normativi. È urgente farlo entro l’anno prossimo. Potremmo cominciare a ragionare anche all’interno e congiuntamente con la Commissione Giustizia per portare modifiche all’aula. Suggerisco che la Commissione stessa possa promuovere un percorso formativo nel Consiglio Grande Generale, prerogativa dei consiglieri senza passare dalle Segreterie di Stato. È una suggestione nata parlando. Altri temi importanti sono la revisione delle norme sul Collegio Garante e l’adeguamento del nostro ordinamento all’ordinamento europeo. L’autonomia del consigliere e il ruolo del Congresso di Stato sono temi emersi. Alcune riforme, come quella sullo Statuto delle opposizioni, richiedono tempo e approfondimento. Infine, chiedo se è possibile cominciare a interfacciarci tra Commissione Affari di Giustizia e la Commissione presieduta dal Presidente, per portare avanti proposte comuni. Grazie.
Emanuele Santi (Rete): Innanzitutto ringrazio i presidenti per averci fornito questi documenti che ci permettono di approfondire. Questo schema riprende quanto già discusso nella legge istitutiva e ribadisce priorità di cui avevamo parlato nelle riunioni precedenti. Il documento implementa e dettaglia i ragionamenti già avviati, ma l’ambito è talmente ampio che dobbiamo necessariamente darci delle priorità operative. Tra le questioni più urgenti, evidenzio quella delle fonti normative. Abbiamo un vulnus evidente sull’entrata in vigore immediata dei decreti delegati, spesso emanati senza una delega chiara, temporale o ben delimitata, che restano in vigore per mesi o anni senza nemmeno essere ratificati. Questo ha causato distorsioni, come nel caso del decreto alberghi, che ha prodotto effetti contestati anche dal Parlamento. Serve un intervento chiaro: il Consiglio Grande Generale deve riappropriarsi del proprio potere legislativo. Inoltre, non è accettabile che una circolare interpreti o modifichi il significato di una legge. La gerarchia delle fonti deve essere rispettata. Altro nodo centrale è lo status del consigliere: oggi siamo tutti impegnati, non abbiamo strumenti e tempo per svolgere al meglio il nostro ruolo. Il Congresso di Stato, invece, ha mezzi e strutture. C’è uno squilibrio evidente. Iniziamo subito, con pragmatismo, ad agire su ciò che è già sotto i nostri occhi.
Fabio Righi (D-ML): Credo che dobbiamo dare una strutturazione chiara ai lavori di questa seduta e della Commissione per evitare il pericolo di aprire troppi tavoli e non chiudere neanche una questione. Dobbiamo approcciare questa tematica con un metodo abbastanza scientifico, trattando temi strutturali e non rincorrere solo quelle che riteniamo urgenze. La prima riflessione è cominciare ad avere un’idea di come è fatto il nostro ordinamento, quasi come un’attività di due diligence. I poteri dello Stato sono tre: legislativo, esecutivo e giudiziario. Il potere legislativo è il primo che ha bisogno di un intervento e quindi nell’ordine di priorità ci metterei prima questo. All’interno del potere legislativo, il nucleo principale sono le forze politiche, i consiglieri e i gruppi consiliari. I primi interventi sono perché la struttura funzioni; oggi c’è una questione legata alle risorse e agli strumenti per i gruppi consiliari, che sono a se stessi, mentre il governo ha uno staff. I consiglieri fanno politica a tempo perso quasi. Ci sono distorsioni dovute ai contributi alle forze politiche che portano alcuni politici a farlo per professione ed altri no. Dobbiamo dare una struttura che permetta di avere dei consiglieri che possono dedicarsi, toccando anche le commissioni. Dopo questo, chiaramente a cascata, ci sono il tema partiti, tema Consiglio, tema consiglieri, tema gruppi consiliari e poi gli strumenti, quindi il regolamento consiliare, quindi il tema dei decreti delegati. Io farei step by step, un provvedimento sulla dignità del consigliere, poi uno sul regolamento, poi uno sulle commissioni in modo che diamo delle soluzioni concrete. Questo ci dà la possibilità di vedere man mano i ritocchi che devi eventualmente fare su un’applicazione concreta delle riforme che fai, perché il diritto è un qualcosa di vivo. Questo mi sembra un approccio ragionevole.
Massimo Andrea Ugolini (Pdcs): Io credo che quello che ci siamo dati nel programma di governo all’atto dell’insediamento, sia chiaro. Si parla proprio di una commissione consiliare speciale per cercare di superare lo squilibrio tra il potere legislativo e gli altri poteri. Sarà importante una riflessione approfondita sul ruolo dei membri del Consiglio Grande Generale e dei meccanismi di funzionamento. Credo che uno dei temi prioritari principali che dovremmo portare all’attenzione di questa commissione sia proprio come ridare centralità al ruolo del Consiglio Grande Generale. Dobbiamo rafforzare il suo ruolo nell’esercizio del potere legislativo e nell’azione di controllo sul Congresso di Stato. Il Consiglio Grande Generale deve tornare a fare quello per cui è preposto. Occorre ragionare anche sulle fonti normative e sulle deleghe al Congresso di Stato, perché se poi alla fine si riunisce solo per ratificare decreti, non riesce a discutere altre tematiche. Credo sia corretto identificare delle priorità. Il ruolo del Consiglio Grande Generale, il tema dei consiglieri e come metterli in condizione di lavorare, insieme all’aspetto delle fonti normative, possono essere le tematiche su cui iniziare. C’è anche il tema del regolamento consiliare; dovremmo cercare di eliminare le duplicazioni di attività, come la discussione replicata dalla Commissione al Consiglio, magari responsabilizzando di più i membri delle commissioni. Se si eliminano le duplicazioni, andiamo a efficientare le istituzioni e i lavori consiliari e magari concentriamo l’attività su tematiche che non riusciamo a trattare per mancanza di tempo.
Enrico Carattoni (Rf): Io parto da una considerazione più generale. Questa Commissione nasce da incontri informali tra le forze politiche per definire l’impostazione minima dei lavori. Per accordo comune, gli argomenti sono stati adottati dalla commissione per gestire la priorità e non escludere nulla. Credo sia stata una scelta saggia. L’elaborato delinea le aree più importanti. Questa commissione nasce per le riforme, ma prioritariamente per valorizzare il Consiglio Grande e Generale e i consiglieri. Anche organismi internazionali parlano dello status dei consiglieri che mancano di supporto tecnico e accesso ai documenti per i lavori. Questo deve essere il focus. Per l’agenda propongo di avviare una serie di audizioni per capire idee e criticità da vari soggetti, collegando a una visione complessiva. Poi ragionare su temi e proposte. È necessaria una riflessione più profonda. Ringrazio la Segreteria per il materiale. Non avendo un limite temporale preciso, dobbiamo favorire la riflessione per riforme che durino nel tempo. Per questo penso che la fase più importante sia quella della riflessione per una stesura omogenea. Condivido l’osservazione sul rapporto del consigliere e dei membri del Consiglio rispetto agli altri poteri, previsto dalla legge, tema che merita approfondimento.
Mirko Dolcini (Dml): Non voglio mettere altra carne sul fuoco, penso che se adesso parliamo di un tema specifico non ne veniamo a capo sinceramente. È stato sollevato il problema dei decreti delegati che sembrano sostituire il potere legislativo del Consiglio Grande e Generale. È vero, ma il problema va affrontato a 360°. Se volessimo evitare che i decreti delegati sostituiscano l’attività del legislatore, lo possiamo fare, ma non saremmo pronti dal mio punto di vista. Togliendo il potere di legiferare al Congresso, rischiamo di non essere pronti come consiglieri, perché spesso non riescono a svolgere appieno la loro funzione per mancanza di tempo e risorse economiche. Pochi si possono permettere di studiare e redigere una legge. Prima bisogna risolvere il problema di ridare centralità e strumenti ai consiglieri. Questo è un problema sociale e culturale che va affrontato, altrimenti rischiamo di modificare le leggi ma tornare sempre allo stesso problema, dove il sistema consiliare non riesce a stare dietro ai tempi e alle competenze. Non possiamo permetterci di analizzare tutti gli organismi e poi tirare le somme perché rischiamo di fare un gran lavoro e perderlo. Siamo qui per fare un lavoro organico. Non possiamo cambiare un organismo senza preoccuparci di cambiare gli altri in modo che si incastrino. Cercherei prima di fare un lavoro organico affrontando tutte le istituzioni e gli organismi. Ciò non toglie che il Consiglio Grande Generale può portare avanti iniziative legislative sui singoli temi quando il tema è sviscerato, ma deve essere un lavoro assolutamente organico. Sul Consiglio dei XII, anche se ha funzioni amministrative che incidono sull’attività economica, non è possibile che quando cade il governo si sospenda la sua attività. Non possiamo legare l’attività amministrativa a quella politica, perché il sistema economico si ferma. Le audizioni: non sono d’accordo nel farle tutte insieme per poi affrontare i temi. Non possiamo studiare per poi entrare nei temi, ma con ciò che abbiamo già. È più giusto di volta in volta, sulla base del singolo tema o organismo, all’occorrenza, quando è necessario un approfondimento, valuteremo audizioni per entrare direttamente sul tema e non rischiare di perdere tempo su audizioni inutili.
Giuseppe Maria Morganti (Libera): Io penso che la documentazione consegnata sia una buona impostazione, nel senso che l’esigenza dell’istituzione di questa commissione nasce in via prioritaria dalla necessità di ridare spazio, forza e ruolo al Consiglio Grande Generale. Io credo sia questo uno degli elementi cruciali. Per la Repubblica di San Marino il ruolo sociale del Consiglio è particolarmente rilevante. Come dice Zagrebelsky, quando si affronta una riforma costituzionale si lavora per dare più potere a qualcuno e toglierlo a qualcun altro. Mi sento inorgoglito di essere in questa commissione nella Repubblica di San Marino perché stiamo partendo da un punto di vista diverso rispetto ad altri stati, questo è un elemento di grande afflato democratico. Dobbiamo trovare la modalità perché tutta la società sia rappresentata da questo Consiglio Grande e Generale. C’è senz’altro una problematica relativa alle modalità, alle fonti normative, l’abuso dei decreti delegati lo abbiamo verificato purtroppo anche nei fatti. C’è anche il problema dell’autorevolezza dei lavori del Consiglio Grande e Generale causato da questi dibattiti fiume. Qui dovremmo focalizzare l’attenzione intorno ai grandi temi e svolgere il lavoro di preparazione legislativa all’interno delle commissioni, dove abbiamo visto che è particolarmente produttivo. C’è un ultimo grande tema della intermediazione sociale che i partiti oggi svolgono molto meno rispetto al passato. Non credo la soluzione sia professionalizzare l’attività del consigliere, quanto aumentare le risorse per i gruppi consiliari, magari con una finalità specifica ad esempio di formazione politica. Se vogliamo dare centralità al lavoro del Consiglio Grande Generale, questa pluralità di temi va tenuta in considerazione con criteri selettivi molto precisi.
Gian Nicola Berti (Ar): Ho letto l’ordine del giorno e francamente mi sono un po’ interrogato sull’utilità dell’approfondimento. La legge istitutiva già individua i campi di applicazione, dandoci risposte sulle attività. È evidente che il tema del Consiglio Grande Generale sia forse quello più attenzionato. Però funziona molto peggio il Congresso di Stato, la legge su di esso è completamente sbagliata, con una confusione incredibile delle competenze. Forse dovremmo cominciare a fare incontri e riflessioni nostre su tutti i vari temi. Riguardo alle fonti normative, abbiamo avuto distorsioni nel tempo. L’idea originaria del decreto delegato poteva essere molto intelligente, uno strumento per materie tecniche, risolvendo problemi e presentandosi al parlamento ultimato per una ratifica finale. Invece, abbiamo finito per usarlo con distorsioni. Il tema della Reggenza mostra depauperamenti dei poteri, ma potrebbe essere molto utile alla risoluzione dei problemi, magari conferendogli la potestà sui tempi di dibattito o ragionando sulla sua collocazione. Il Consiglio dei XII era un organismo meraviglioso, ma negli ultimi 50-60 anni è stato sfogliato delle sue competenze, e adesso ci chiediamo cosa stia a fare, restando solo la competenza sulle testazioni delle proprietà. Possiamo valorizzarlo. Il Collegio Garante si è preso parte di quelle competenze. Dobbiamo ascoltare gli altri organismi e poteri, come il Presidente del Collegio Garante o il potere giudiziario. Dal punto di vista metodologico, suggerirei di affrontare un tema per seduta, come il Consiglio Grande Generale, per uscire con linee guida condivise. Se parliamo tutti di cose diverse, non siamo produttivi. Dobbiamo fare incontri con tematiche precise, portando contributo di idee e criticità per restringere il campo e magari uscire con linee guida per interventi istituzionali, affrontando così l’elenco delle competenze attribuite alla commissione.
Manuel Ciavatta (Pdcs): Dico che in linea complessiva condivido il testo sulle attività proposte, faccio solo un paio di osservazioni. Per l’articolo riguardante il Congresso di Stato toglierei il definire il ruolo della Reggenza perché in realtà nell’articolo sulla Reggenza si parla di valorizzare le funzioni istituzionali e di garanzia, per cui secondo me anche quella rientra nell’articolo riguardante la Reggenza. Al posto dei puntini nell’articolo “settore di competenza” metterei “altri settori decisi a maggioranza da questa commissione” in modo tale così fissiamo tutti gli elementi che mi sembra che più o meno siano condivisi. L’idea secondo me più utile sarebbe quella di cercare di armonizzare i poteri il più possibile, spogliandosi anche un po’ dai ruoli, questo sarà la cosa più difficile per ognuno di noi. È evidente che riscontriamo quale prima difficoltà il fatto del nostro svolgere la funzione consiliare con queste modalità. La questione dello status, insieme alle tempistiche e alle questioni riguardanti la modalità con cui legiferiamo, credo siano uno dei nuclei più rilevanti perché il Consiglio Grande Generale possa riprendere in mano il suo ruolo di indirizzo politico. Non vuol dire professionalizzare i consiglieri per creare una casta. Ho sempre parlato di semiprofessionalizzazione, pensando a un part-time pomeridiano in modo tale che ognuno abbia la propria professione ma abbia un tempo ben definito per dedicarsi al Consiglio, in maniera un po’ più strutturata. Questo consentirebbe probabilmente, senza costare molto di più razionalizzando i tempi, di razionalizzare anche i costi. Ragiono su questo perché credo sia uno dei nodi molto più rilevanti: o manteniamo questa modalità riformando molto fortemente i tempi e le modalità interne di lavoro perché oggi è sempre più difficile a chiunque svolgere il ruolo di consigliere. La nostra esperienza e quella di qualcun altro, se utile audire, credo possa essere un patrimonio per dare linee di indirizzo. Su altre tematiche, dove la nostra funzione non è direttamente interessata, avere il feedback di chi c’è dentro penso possa essere di grosso aiuto. Chiaramente sarà interessante il raccordo con gli organismi amministrativi e il supporto ai consiglieri. Credo che oggi sia necessario sprovincializzare il consiglio, uscire dalla dimensione del consiglio comunale del piccolo paese, essere sempre più anche competenti per non essere improvvisati.
Milena Gasperoni (Psd): Parto dalle considerazioni dei colleghi che condividiamo in linea complessiva e ci sentiamo di sostenere. Credo sia opportuno focalizzarci su un argomento: l’organismo istituzionale che necessita di maggiore attenzione è il Consiglio Grande Generale. Diciamo che è un Consiglio che ancora risente di una organizzazione antica, vecchia, dove la vita era molto meno complessa. Quello che tutti stiamo riscontrando in questi ultimi tempi è un’enorme complessità, un’iperproduzione legislativa. Stiamo tutti ragionando per capire come lavorare bene. Abbiamo un’organizzazione che comprende una settimana intensissima di lavori, mattina, pomeriggio, notte, al di là di ogni umana possibilità di mantenere l’attenzione. La vita delle persone viene sostanzialmente sospesa, è difficile conciliare il lavoro, la famiglia, lo studio dei documenti. I partiti, perlomeno il nostro, organizzano gruppi di lavoro, dibatte su vari temi, ma è difficile riuscire a coprire tutto. Condividiamo una come dire un primo passo per cercare di strutturare il lavoro, di dare un’organizzazione ai lavori del Consiglio e anche la semi professionalizzazione. Sappiamo che non è possibile ed è molto difficile passare da 0 a 100. Un primo passo potrebbe quello di stabilire delle giornate, non fare ovviamente tutte queste notti. Dovremo necessariamente interrogarci su come strutturare i lavori per recepire tutte le norme che riguarderanno l’acquis comunitario. Mi concentrerei su questo perché secondo me se lavoriamo bene noi saremo in grado di riappropriarci del ruolo non solo legislativo ma di indirizzo politico che, a mio avviso, negli ultimi tempi un po’ questo si stava perdendo. Collegato a questo c’è il regolamento consiliare. Secondo me assume particolare rilevanza proprio perché deve essere uno strumento all’atter del lavoro che dovremo fare di riforma, un atto interna corporis. Un’altra cosa che a noi preme è eliminare da organismi istituzionali delle competenze amministrative. È una commistione tra politica e amministrazione che non ha più ragione di essere. Abbiamo parlato del Consiglio dei XII; credo sia nato per verificare la non concentrazione di proprietà immobiliari, e se proprio lo vogliamo dire l’unica cosa che non si analizza è proprio questo. Diventa un esercizio ormai secondo me un po’ che lascia il tempo che trova.
Gian Matteo Zeppa (Rete): Io credo sia importante ricercare quell’organicità che diceva un collega. In questo documento ci sono tante aspirazioni, ma bisogna dare priorità. Sono qui dal 2012 e ho chiesto diverse volte ad organismi dello Stato, anche consiliari, come la Commissione Esteri con il Consiglio dei XII e il Congresso di Stato, di dialogare. Cito questi esempi perché credo sia evidente anche l’ignoranza del Congresso di Stato di fronte a una richiesta del Consiglio dei XII o l’attesa di nove anni della Commissione Esteri per verificare i requisiti di residenza concessi in base a business plan. Questa distruzione dei rapporti tra organismi dovrebbe essere valutata per prima. Non valutare la dignità, la semiprofessionalizzazione del lavoro consiliare, che sono buffonate, passatemi il termine. A fronte delle delibere del Congresso di Stato sulla residenza, l’acquisto dell’immobile passa spesso in Consiglio dei XII, ma non c’è volontà di permettere agli organismi di collaborare. Si fanno le maronate, passatemi il termine, e si creano precedenti pericolosi. Dobbiamo iniziare dalle basi, dal fatto che si possa parlare fra organismi senza risentire della propria dignità. Abbiamo il dovere di essere preparati su tutto quello che ci capita e non creare problematiche allo Stato. Se si istituiscono commissioni per parlare dell’universo mondo e poi si riduce a dire diamo il gettone più alto, non l’accetto. Non è la monetizzazione del lavoro consiliare la panacea. Dobbiamo rafforzare chi fa l’attività consiliare, non per un posto di lavoro ma per rappresentare la gente. La nostra esperienza può essere utile per dare linee di indirizzo.
Guerrino Zanotti (Libera): Condivido la costituzione di una Commissione speciale per le riforme istituzionali, sperando non riduca il lavoro a un mero aumento dei gettoni dei consiglieri. L’impegno è partecipare per fare un lavoro più organico che riesca davvero a incidere sul funzionamento dei poteri dello Stato, e in particolare credo ci sia la necessità di intervenire sugli equilibri fra il Consiglio Grande Generale e il Congresso di Stato. Questa necessità nasce da un sentimento di frustrazione di chi fa parte di questo organo per l’impossibilità di incidere sui provvedimenti e gli atti che escono dall’aula, rispetto alla possibilità di essere un organo di controllo e di indirizzo più efficace, e di potere verificare concretamente i risultati del proprio lavoro, dato l’impegno molto gravoso. Credo ci sia anche un grado di insoddisfazione della cittadinanza sulla qualità del lavoro che svolge quest’aula, a volte in maniera ridondante, poco produttiva. Nasce da queste insoddisfazioni la necessità di intervenire affinché il ruolo del consigliere, il ruolo dell’aula, possa essere valorizzato. Credo che la commissione sia chiamata prioritariamente a prendere in considerazione interventi di riforme istituzionali proprio rispetto all’organo legislativo. Credo vadano valorizzati il lavoro delle commissioni, affidando per competenze la formazione delle norme, e credo sia giunto il momento di intervenire sullo statuto delle opposizioni. Riguardo al comma Comunicazioni, che occupa molto tempo, potrebbe essere valorizzato focalizzandolo in un question time per avere risposta immediata dai Segretari. Parlando dei rapporti Consiglio-Congresso, non rimane che investire una figura nel Congresso con una sorta di delega dei rapporti con il Consiglio, per maggior coordinamento. Non si può non parlare degli interventi necessari sulle fonti normative e sulla gerarchia delle fonti, anche in vista del lavoro da fare sul recepimento dell’acquis comunitario, su cui dobbiamo interrogarci velocemente sugli strumenti più adatti. Credo sia altrettanto importante e urgente formulare un iter particolare che riguardi la formazione dei testi unici, più immediati dei testi coordinati. Credo sia necessario mettere a disposizione del ruolo del consigliere, divenuto molto complesso, tutti gli strumenti e le strutture necessarie a supporto del lavoro preparatorio e di approfondimento. Il rafforzamento e la valorizzazione del ruolo non dovrà ovviamente ridursi alla revisione del gettone. L’idea di rendere semiprofessionale il ruolo del consigliere, sinceramente, questo mi spaventa un po’. Questa priorità, insomma, credo che tutti l’abbiamo evidenziata come focus principale per la commissione.
Nicola Renzi (Rf): Ho ascoltato tutti e credo che siano venute fuori sensibilità e spunti molto interessanti. Ci tengo a fare alcune specifiche come membro della commissione. La prima è l’organicità dei lavori. È vero che ci possono essere interventi di applicazione immediata ma l’idea è creare un intervento articolato che traguardi i prossimi 20-30 anni, non i prossimi due mesi. Non penso debbano esserci giochini per creare maggioranze. Sarebbe avvilente. Non possiamo permetterci lavori inutili, di vederci per dare colore al tempo, dobbiamo dare organicità, fissare dei punti. Proponiamo di lavorare sul documento, togliere o aggiungere qualcosa. Ad esempio: legge elettorale, e recepimento acquis comunitario sono temi importanti? Sono convinto che dobbiamo definire prima le tematiche e poi approfondirle tema per tema anche se interrelati. Fissiamo questi punti, arriviamo a un documento più definito che vada per punti poi fissiamo un calendario. Credo che tutti vogliamo fare qualcosa di più e per farlo abbiamo bisogno tutti di studiare un po’, di sentire esperienze da altri paesi, da esperti sammarinesi delle nostre istituzioni. Quindi ben venga sentire membri del Collegio Garante, Giudici, membri del Consiglio Giudiziario. Il tempo da qui all’estate cercherei di finalizzarlo per ascoltare esperti sammarinesi ed esterni da altri paesi ritenuti più efficaci per aprirci la mente e immaginare soluzioni che oggi neanche pensiam, come il supporto per i gruppi consiliari. Prima di scendere nello specifico sento questo bisogno: se siamo convinti di mettere in campo riforme per qualche decennio dobbiamo aprire la mente e studiare.
Filippo Tamagnini (Pdcs): Mi sembra importante, come avrete rilevato studiando i documenti, un approfondimento dal punto di vista storico interno, su cosa è successo alle nostre istituzioni. Senza andare troppo lontano, gli anni settanta sono dietro l’angolo. Dobbiamo capire il passaggio dalle istituzioni del tempo che fu, a quelle che adesso riceviamo come normali. Già in passato sono state fatte modifiche decisive che sarebbe bene conoscere per capire i punti di passaggio e gli elementi che li hanno determinati. Sono d’accordo nell’affrontare tema per tema, senza aprire a tutto il dettaglio dei possibili argomenti e sviscerarli uno alla volta. Eccezione fatta per il collega Iro Belluzzi, che ha parlato del rapporto con l’ordinamento giudiziario come Presidente della commissione Affari di giustizia, tutti abbiamo detto della grande necessità della centralità del Consiglio, ragione principale per cui è nata questa commissione. Se posso proporre, il punto da cui partire è esattamente questo. Aggiungo, e non direttamente con l’analisi, ma con un momento di ascolto. Questo potrebbe essere il suggerimento del collega Renzi, sia dal punto di vista comparativo, cosa succede altrove, soprattutto in paesi simili, sia dal punto di vista storico, ascoltando chi ha già affrontato questi temi in passato, più avanti di noi nell’esperienza, nella ricerca e nell’approfondimento storico.
Fabio Righi (DML): Condivido l’idea di capire come si intende lavorare da adesso in avanti. È importante sapere se c’è convergenza sul fatto che partiamo dal Consiglio. Il documento che ci è stato proposto è una traccia molto utile. Mi impegno a esplodere i punti dedicati al Consiglio Grande Generale in modo che intanto cominciamo a lavorare a quello. Nel mentre magari si immagina quello che può essere un percorso di audizioni per fare anche un lavoro comparato. Questo è utile perché negli interventi abbiamo toccato punti diversi del documento. Ad esempio, noi ci siamo sulla parte del Congresso di Stato, perché condividiamo che il tema delle deleghe date in pasto alle dinamiche politiche crea confusione e un fuoco incrociato che rende quell’organo inefficace. Nel documento c’è l’introduzione di un coordinamento politico e operativo e chiedo se è già oggetto di approfondimento, anche perché il lavoro di questa commissione deve essere supportato dalle singole forze politiche. Lo chiedo per capire se dobbiamo concentrarci sulla parte del Consiglio, per cominciare a esplodere quei punti, altrimenti il pericolo è che lavoriamo un po’ alla rinfusa. Non so se sono stato chiaro. Per capire come vogliamo fare, perché sugli altri punti non ci siamo espressi. Se ci diamo una regola di ingaggio capiamo. Sul tema delle audizioni nulla in contrario, anzi, condivido quando si dice che siamo per fare una riforma, non solo dare un’aggiustatina alle viti allentate. Per una riforma partiamo dalla ratio delle modifiche, cosa succede negli altri paesi, e poi proviamo a dare soluzioni per le nostre esigenze. Fondamentale la parte di come ci organizziamo: partiamo dal Consiglio esplodendo quei punti oppure rivediamo tutto il documento?
Iro Belluzzi (Libera): Secondo me, valutando l’economicità dei tempi e il raggiungimento degli obiettivi in un modo non accademico ma pragmatico, questo approccio è comprensibile. Partendo dalla revisione legata alla funzionalità, ridando un ruolo preponderante al Consiglio Grande e Generale come detto in aula, occorre andare per comparti, non tenere le materie disgiunte. Le modifiche per migliorare il funzionamento del Consiglio non le vedo disgiunte dalla revisione delle fonti o dalla modalità attraverso cui il Consiglio legifera. Quando si affronta il settore delle riforme, lasciamo spazio per allargare a tutto ciò che è utile per rendere effettiva la riforma. Così come andare a modificare qualcosa all’interno del funzionamento del Congresso di Stato, perché sono materie troppo correlate. Magari l’obiettivo si raggiunge con qualche piccola modifica al funzionamento del Consiglio. Ribadisco quanto diceva il collega Zanotti riguardo maggior supporto, non professionalizzazione, magari in termini di servizi per il Consiglio Grande e Generale, in strutture di elaborazione e supporto ai gruppi consiliari, senza tradurlo in maggior contributi, perché temo quanto investito possa essere disperso. Per il Congresso di Stato, vedo autonomia dei singoli, semicollegialità e responsabilizzazione del singolo segretario. Spesso la cattiva funzionalità dipende anche da chi svolge quella funzione, perché si è persa l’idea di rappresentare la Repubblica e non se stessi. Nel tempo, un certo approccio ha mutato le istituzioni o come si interpreta il ruolo. L’altro tema è quello delle fonti e delle modalità per la produzione normativa da Stato moderno, come ricordava il collega Zanotti, siamo in linea sulla composizione di testi unici senza le modalità legislative attuali. È importante guardare all’esterno, ma mettiamoci fantasia per produrre norme che diano alla Repubblica più antica del mondo un’originalità che ci permetta di essere all’avanguardia.
Nicola Renzi (Rf): Io credo che potremmo ragionare in questo modo: partiamo da questo documento. Ci sono già alcune modifiche che sono state proposte, una ad esempio dal consigliere Ciavatta che riguardava una lettera, la lettera B mi sembra, della parte sul congresso di Stato relativa alla Reggenza. Ci sono da esplodere in maniera più ampia le parti che ha detto il consigliere Belluzzi. Mi sembra che sia emersa una sorta di priorità di trattazione, diciamo così, che è quella del Consiglio Grande Generale. Per la prossima volta noi potremmo darci questo compito: lavorare un attimo su questo documento, andando a stenderlo in maniera più estesa. Lo mandiamo con la prossima convocazione in modo che la prossima volta lo licenziamo e decidiamo sulla base di questo documento poi l’ordine di intervento di discussione dei vari argomenti.
Gian Nicola Berti (Ar): Secondo me, il testo che abbiamo ricalca grosso modo la normativa istitutiva della commissione, non mi pare che ci siano elementi differenti. Forse ci possono essere tante idee in più che possono essere utili agli interventi normativi. Quello che magari possiamo fare è, in esito ad ogni approfondimento che faremo per i vari organi dello Stato, andare a sviluppare le tematiche che abbiamo già nel testo normativo originario, in modo che usciamo con un documento che è già frutto di un’elaborazione. Mentre oggi, alla fine, non mi pare che ci sia stata una condivisione sulle singole tematiche e modalità di intervento. Perché sui limiti del Consiglio Grande Generale o del ruolo dei consiglieri siamo d’accordo tutti, però il problema qual è? È declinare quali, a modo di vedere della maggioranza di questa commissione, sono le modalità di intervento per ovviare il problema.
Milena Gasperoni (Psd): Abbiamo fatto un discorso di ordine generale, mi pare tutti quanti, prevalentemente concentrato sulla necessità di iniziare dal ruolo del Consiglio Grande Generale. Ce ne sono tante altre di cose, tipo le competenze amministrative che a nostro avviso devono essere eliminate dagli organismi istituzionali perché portano con sé anche delle strutture, sia da un punto di vista del potere discrezionale, ma anche dei successivi controlli, che un organismo politico non può svolgere. Questo è chiaro. Ci sono proprio dei limiti oggettivi. C’è anche il tema dei testi unici: trovare delle modalità di approvare una volta per tutto i testi unici e ogni volta che si approva una modifica di una legge automaticamente prevedere una norma che approvi tutto il testo unico così integrato. Oggi non mi pare che abbiamo sviscerato tutte quante queste possibilità. Forse, cominciare da quello che sembra la cosa più facile, e probabilmente non lo sarà, è quella di stabilire già da oggi che cominciamo a lavorare con il Consiglio Grande Generale e con il ruolo dei consiglieri. Questa è la mia proposta.
Fabio Righi (DML): Oggi abbiamo un documento che ricalca il disposto normativo, quindi più o meno l’ordine era stato impostato nella norma: Consiglio, Congresso, fonti normative eccetera. Rischiamo di fare un lavoro doppio a rimetterci a lavorare sul documento completo perché ritornano i ragionamenti che abbiamo un po’ già fatto. Potrebbe aver senso, visto che oggi unanimemente abbiamo posto tutti al centro il tema del Consiglio Grande Generale, esplodere ognuno come ritiene il tema del Consiglio, facendolo eventualmente di tutti quegli ulteriori elementi che possono essere anche ripresi dagli altri capitoli. Perché è vero che il tema delle fonti normative può essere ripreso parlando del Consiglio Grande Generale, e qui magari gli uffici ci possono anche dare una mano nel darci lo scheletro di tutti i punti che compongono l’impalcatura Consiglio Grande Generale. Teniamo questo come traccia, ma di volta in volta definiamo il documento di lavoro del settore che intendiamo approfondire. Obiettivo per la prossima volta è definire la scaletta e la modalità di lavoro del Consiglio Grande Generale che vuol dire: consigliere, gruppi parlamentari, politica, dignità, fonti normative, decreti delegati sì, decreti delegati no, la modalità di utilizzo delle sedi istituzionali. Cioè il Consiglio resta qui o va da un’altra parte? Come ci si presenta anche nelle sedi istituzionali? Forse ha senso concentrarci su questo in modo che definiamo il documento di lavoro dedicato al Consiglio e poi andiamo ad integrare. Sennò rischiamo di duplicare il lavoro fatto in vista della legge istitutiva e la prossima volta rischia di diventare nuovamente un parlar di ogni cosa.
Enrico Carattoni (Rf): Condivido quello che è stato detto e anche il metodo di lavoro che è stato adottato oggi. È meglio “perdere” un’ora in più, un giorno in più oggi, piuttosto che arrivare a non avere dei chiarimenti domani. Quindi sicuramente vanno bene questi confronti che ci sono sul metodo di lavoro. Il documento che voi ci avete sottoposto, io lo intendo come un documento flessibile. Non deve essere una norma scolpita nella pietra immodificabile, deve essere un metodo di lavoro sostanzialmente che poi potrà essere eventualmente anche modificato se nel corso dei lavori. Credo che la proposta che è stata fatta sia una proposta che vada bene in termini di elementi da sviscerare che poi erano quelli di cui avevamo discorso negli incontri preliminari. Sono d’accordo sull’ampliare, esplodere alcuni punti per cercare di dettagliarli meglio in modo da focalizzare l’attenzione del nostro studio e questo volendo lo si può fare adesso o la prossima volta. Sono d’accordo anche sul partire dal ruolo della valorizzazione dell’approfondimento del Consiglio Grande Generale. Credo però che serva un approfondimento di natura storica, di natura tecnica e di natura politica. Pensare di avere una storicità e anche capire per esempio perché nel tempo sono stati sottratti alcuni poteri del Consiglio piuttosto che ad altri organismi e invece ad altri sono stati affidati, credo che possa essere un elemento utile, almeno per me, non avendo anche quella memoria storica. Individuare anche tre, quattro figure che possano darci una mano rispetto all’approfondire la storicità da un lato, le criticità dall’altro, io credo che possa essere un elemento che ci può dare una mano e che magari ci può anche aiutare ad elaborare meglio quel documento di cui stiamo discutendo adesso. Partire con una serie di audizioni può essere, secondo me, un elemento che ci può far vedere le cose anche sotto un’altra prospettiva, che poi è il compito cui siamo chiamati.
Emanuele Santi (Rete): Se vogliamo fare un ragionamento a tutto tondo, io penso sia importantissimo fare una serie di audizioni – due, tre, quattro – di massimi esperti sammarinesi e non in tema di istituzioni. Anche per avere tutta una serie di delucidazioni nel merito. Su questo baserei l’attività delle prossime sedute. Perché i singoli argomenti non sono uno slegato dall’altro, sono concatenati, è un lavoro di insieme. A mio avviso, presidente, sarebbe importante definire un elenco di audizioni. Poi, alla base di questo documento, possiamo nel frattempo portare implementazioni e renderlo più dettagliato. Però dopo le audizioni. A quel punto il documento probabilmente si scriverà da solo perché a quel punto abbiamo un’indicazione di massima di quelle che possono essere le priorità. Potrebbe essere un modo per chiarirci le idee e avere poi una scaletta di priorità da chi magari vive sul campo, che ci può dare un punto di vista diverso.
Comma 4 – Audizioni
Nicola Renzi (Rf): Ci è pervenuta una richiesta da parte del presidente della Consulta dei sammarinesi residenti all’estero, Otello Pedini, di essere auditi. La legge vigente impone che quando ci sono tematiche che possono toccare anche i residenti all’estero, la Consulta debba essere interpellata. Quindi il mio parere assolutamente personale è che quando inizieremo le nostre audizioni terrei conto anche di questa richiesta.
Manuel Ciavatta (Pdcs): Credo sia importante capire come comportarci qualora venissero altre richieste di audizione, ad esempio da parte di comitati di cittadini, riguardo a temi rilevanti per l’istituzione e lo Stato che toccano un organo di nostro interesse. La mia domanda è in base a quali criteri potremo dire sì o dire no a tali richieste.
Fabio Righi (DML): Mi immagino delle audizioni funzionali all’approfondimento del tema del Consiglio Grande Generale che toccheremo per primo. Oggi abbiamo tra le nostre fila, inteso come sammarinesi, persone di alto spessore più che in passato. Prima avete fatto riferimenti a mostri sacri, a lectio magistralis, però abbiamo sammarinesi che siano i primi che vanno in qualche modo ascoltati. Abbiamo giudici della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, persone che stanno facendo esperienze internazionali. Il pericolo di ascoltare personalità di alto taglio, pur fondamentale, è che magari ti portino un approccio su quello italiano che non sempre è adeguato.
Enrico Carattoni (Rf): “Condivido quanto detto dal commissario Righi, soprattutto sull’importanza di valorizzare le competenze e professionalità che abbiamo a disposizione, spesso sottovalutate. Credo sia opportuno partire proprio da quei soggetti che hanno studiato il nostro sistema, persone che conoscono bene la nostra realtà e che possono aiutarci ad avviare un lavoro concreto. Più che ricevere lectio magistralis, mi piacerebbe che si potessero invitare persone con un approccio già orientato alla concretezza, con proposte e domande strutturate. Faccio un esempio: lo scorso dicembre ho partecipato a un convegno molto interessante organizzato dall’Istituto Giuridico e dal professor Pascucci, con l’avvocato Crescentini e diversi giudici del tribunale, in occasione dei 50 anni della Dichiarazione dei Diritti. Si parlava del rapporto tra gli statuti e la Dichiarazione stessa, ma anche delle riforme istituzionali e dei progressi legislativi, con un occhio alla riforma del 2003. Credo che partire da quei relatori possa essere utile. Così come potrebbe esserlo coinvolgere chi ha scritto sulle istituzioni del nostro Paese, anche se sono pochi, o ex presidenti di organi istituzionali, magari più liberi di parlare rispetto a chi è attualmente in carica. Potremmo anche ascoltare chi può offrirci un punto di vista più storico e aiutarci a capire come siamo arrivati all’attuale assetto. Propongo, se tutti sono d’accordo, di partire proprio dall’avvocato Crescentini, che conosce bene i lavori di questa commissione, magari con una prima disamina delle ultime riforme, per poi proseguire con una calendarizzazione di altre audizioni.
Emanuele Santi (Rete): Io credo sia importante che l’attività di questa commissione parta con una serie di audizioni mirate, non tante, magari 3, 4 o 5, con persone che abbiano le giuste competenze per darci indicazioni utili. Dobbiamo coinvolgere massimi esperti di istituzioni, partendo da una traccia di argomenti da approfondire, con l’obiettivo di implementare il documento su cui stiamo lavorando. La lettera del presidente Pedini, presidente della Consulta dei cittadini sammarinesi all’estero, ci permette di affrontare il tema del voto estero, che ci porta inevitabilmente a parlare anche della legge elettorale. Questo è un tema che abbiamo lasciato un po’ ai margini, ma che io credo vada affrontato in modo laico e serio. All’inizio di questa legislatura tanti, in modo bipartisan, avevano segnalato che questa legge elettorale non risponde più alle esigenze attuali del Paese. Storicamente è stata una legge modulabile, adattata alle esigenze politiche del momento, passando dal proporzionale puro a sistemi più bipolari. Ora, se vogliamo affrontare anche il tema del collegio estero, del numero di seggi e simili, dobbiamo parlare anche della legge in generale. Se ci sono vulnus o distorsioni da sistemare, lo dobbiamo fare prima del voto, non dopo. Le regole del gioco si cambiano prima. Questa commissione deve ascoltare sia le istanze dei cittadini sia le opinioni tecniche, per avere un quadro più chiaro, anche di ciò che si percepisce fuori dalle istituzioni. Le audizioni servono a capire dove possiamo migliorare la nostra architettura istituzionale e devono diventare il focus del nostro lavoro.
Nicola Renzi (Rf): Io penso sia importante tirare le somme. Abbiamo deciso di rispondere al presidente Otello Pedini e c’è un parere favorevole ad udire la Consulta. Sarà nostra premura calendarizzare questa audizione quando sarà opportuno nei prossimi mesi, in base all’andamento dei lavori della commissione. Per quanto riguarda le audizioni in generale, noi come presidenti cercheremo di fare un elenco possibile di tipologie di audizioni in base alle sensibilità emerse, però ciascun consigliere si senta liberissimo di predisporre profili e indicazioni, in modo che la prossima volta calendarizziamo e cerchiamo di uscire con l’elenco delle persone da udire.
I lavori della seduta si concludono.