Paolo Bandini Callegari – “Le osterie fuori porta”
SONO ANCORA APERTE COME UN TEMPO LE OSTERIE DI FUORI PORTA… quelle che han fatto la storia della cucina povera e della musica cantautorale, un mandolino una chitarra e un certo numero di bicchieri di quel vino sincero, a volte un po’ asprigno ma sempre grosso e non filtrato, due sottaceti bruschi come il diavolo e una pagnotta di casereccio e se proprio si era in lira un’intera spianata sale grosso e rosmarino…. così si beve di più e si sta in allegria. Pieve del Pino un’osteria piccola piccola con la chiesa vicino che non si sa mai…era la residenza estiva per quelle giornate in cui a Bologna non si muoveva una foglia e l’afa ti faceva sudare la lingua in bocca. Oppure l’osteria di Badolo dove la brezza saliva lieve trai colli ma l’oste non gradiva si facesse “troppo casino” lo stesso rumore che solo qualche anno dopo avrebbe riempito gli stadi. Ma per andar sui colli ci volevano i motori che all’epoca erano catorci immondi che la salita la tolleravano il giusto poi spingevi, oppure ci voleva la Macchina come dire in 6 su una 500 Fiat primo modello, quella con la capotta in tela sempre rigorosamente rappezzata col mastice e dove l’acqua non bolliva mai ma la ventola frullava con orrendo sferragliare e le portiere controvento erano ancora un progetto in la da venire. In fin dei conti ragazzi era meglio stare a BOLOGNA così i problemi “ come si dice oggi Logistici” si superavano alla grande e c’eravamo tutti… MA LA GENTE CHE CI ANDAVA A BERE FUORI E DENTRO E TUTTA MORTA… mica vero io c’ero e anche Moschetto è il Colonnello è il Prichettino e il Moretto e anche la Farello e Paolo di Vito e il Maestrone insomma eravamo quasi tutti li sudati ma sul pezzo, duri alla meta ma insieme e ció che più ci univa tutti senza una lira . Il Maestrone al secolo Francesco GUCCINI aveva una sua parola di veritas “ragazzi se c’abbiamo mezzo pacchetto di MS un fiasco di vino e una chitarra si fa festa tutta notte. Moschetto al secolo Umbertone Faedi giornalista alle primissime armi nonché road manager “ per amicizia del Maestrone “ storico della storia del costume e del mal costume sempre pronto ad una partitella . Il Colonnello che un pacchetto di quelle buonie lo rimediava sempre ma appariva solo dopo la mezzanotte. Il Prichettino al secolo Giulio Predieri giovanissimo capo redattore del Carlino che ci raggiungeva sempre con “ al zurnel ” fresco di rotativa. Insomma se alla mezza non eri da VITO voleva dire che c’era da preoccuparsi. Insomma se si era in grana la sera si portava la ragazza al cinemino “ dal prete” poi dopo uno sconclusionato quanto accalorato petting la si accompagnava sotto casa e viaaa di corsa da VITO dove i ragazzi erano già al tavolo per il tressette spareggio briscola 31 . E dove la trattoria si stava lentamente svuotando visto che il grido di guerra era già stato lanciato “ SIGNORI SI CHIUDEEE !!”dal vecchio VITO papà di Paolo che biassando la dentiera si aggirava tra gli ultimi avventori con l’occhio attento puntato sui possibili portoghesi “ non già clienti ispanici “ ma quei giovani lesti di gamba che avrebbero volontieri pagato il conto allora popolare,con una fuga modello Livio Berruti.
CHI SE N’È ANDATO PER ETÁ CHI PERCHÉ GIÀ DOTTORE O INSEGUE UNA MATURITÀ E FA CARRIERA CHE È UNA MORTE UN PÓ PEGGIORE.. di maturità se ne erano saltate parecchie, erano gli anni della contestazione, della liberazione sessuale “ anche se solo il giusto!!“ delle infinite discussioni sociali e politiche del femminismo e dei soli 2 diversi tipi di vino, il bianco e il rosso insomma o quasi Albana o forse San Giovese così non ti confondevi con le etichette, peraltro totalmente inesistenti . Così come all’osteria della Balla dell’Oca qualche gradino sotto la strada, un odore di mosto e di toscano che se anche non avevi da fumare certo non andavi in astinenza ma quella era un ripiego perché era appunto il nido dell’omologa Balla Universitaria notoriamente non troppo social popolare e dove l’eskimo non era abito gradito. Ma noi c’avevamo anche un portabbandiera paspartout e blasonato, il Conte MOMI DE ZORZI che per sua ammissione era nato “ col culo nel ragù” proprio lui che lasciata dopo il fatidico, quanto involontario, SI la sposa sui gradini della chiesa scomparve con noi amici per una settimana di impegni improrogabili quanto nobili; il torneo di Tarocchino Bolognese del quale era maestro incontrastato. Persino il buon GUCCINI gli arrancava con difficoltà alle calcagna nelle partite più serie. Hai sbagliato a calare porca P…… io c’ho in mano tre figure e ora dove me le metto coglione. Ma era sempre la chitarra a placare gli animi su quello strumento da poche lire è nata la Locomotiva che come un MOSTRO D’ACCIAIO DIVORAVA LA PIANURA E ANCORA. corre, corre, corre quella locomotiva
e sibila e il vapore la fa sembrare quasi cosa viva
di Paolo Bandini Callegari