Attualità

“Riforma IGR: giù le mani da lavoratori dipendenti e pensionati”

La scorsa settimana le tre sigle sindacali hanno incontrato il Segretario di Stato per le Finanze per discutere le proposte di modifica della legge IGR del 2013. Ci si aspettava un passo indietro del Governo rispetto alle ipotesi paventate nel precedente incontro, vista la loro irrazionalità, ma così non è stato.

Si tratta di una vera e propria riforma e non di un aggiustamento, come era stato annunciato, visto che l’impatto prevalente riguarda la totale modifica degli attuali 9.000 euro deducibili, in parte come no tax area che si riduce con il crescere del reddito, in parte da tracciare quali spese SMAC.

La proposta prevede la trasformazione totale di tale importo in detrazione fiscale soggettiva, nella misura del 12% esclusivamente sulle somme tracciate. Sparirebbe pertanto la no tax area. Ciò comporterebbe da un lato la necessità, per i residenti anche con redditi bassi, di tracciare molte più spese in territorio, compromettendo la libertà dei cittadini di rivolgersi a esercizi commerciali spesso più convenienti; dall’altro lato verrebbero esclusi totalmente i lavoratori frontalieri, causando un immediato aggravio a loro carico che può arrivare anche ad una mensilità.

La gran parte della riforma (obiettivo atteso circa 20 milioni di maggiori entrate, anche se lo schema presentato ne prevede di più) peserebbe quindi, ancora una volta, in gran parte sui soliti redditi fissi, con particolare accanimento su chi viene tutti i giorni a lavorare a San Marino da fuori confine, garantendo la sussistenza dell’intero sistema economico e sociale; si pensi al personale sanitario.

Sembra che non ci sia l’intenzione di rivedere il modello fiscale proposto, che finisce per penalizzare chi non ha voce in capitolo e ridurre le entrate fiscali per l’Italia attraverso pratiche formalmente legittime ma discutibili sul piano dell’equità.

Invece di sostenere con determinazione le nostre ragioni – come nel caso della tassazione esclusiva a San Marino delle pensioni degli ex frontalieri – si opta per contromisure che rischiano di essere percepite come ritorsive da parte italiana. Il risultato è che si dà l’impressione che il nostro Paese voglia misurarsi sul piano delle rigidità, nei confronti di chi ha sempre lavorato onestamente.

Peraltro, le ragioni addotte – false – sono le stesse del 2010, quando fu introdotta la prima tassa etnica, abrogata tre anni dopo con la restituzione parziale del maltolto. Le pressioni determinate dal pessimo clima che si venne a creare all’interno delle aziende, per effetto di questo iniquo e differente trattamento tra persone che lavorano fianco a fianco, oltre che dalla diplomazia italiana, che non gradì affatto questa gravissima discriminazione, fecero fare un miserrimo dietro front al Governo dell’epoca.

Come allora, si racconta che per i frontalieri non cambierebbe niente, in quanto pagherebbero un equivalente minor conguaglio con la dichiarazione dei redditi in Italia. Affermazione che non trova riscontro nella realtà: fino a quando la Corte di Cassazione non si esprimerà diversamente, le imposte pagate a San Marino vengono recuperate solo parzialmente, in media nella misura del 65%. Addirittura, i redditi più bassi, anche per effetto di mutui, affitti, spese mediche ed universitarie, ecc., recupererebbero poco o nulla, visto l’esiguo carico fiscale.

Non c’è che dire: si tratta di un altro tentativo di ritorno al passato più buio!

Con i prossimi comunicati torneremo a commentare le proposte del Governo, oltre agli aspetti mancanti da noi attesi riguardo alla tanto agognata giustizia fiscale che manca totalmente.

CSdL – CDLS – USL