Lavoratori dipendenti sammarinesi e residenti: stabili nel settore privato e in crescita nel settore pubblico
Continua l’analisi della situazione occupazionale da parte della CSdL e delle ragioni poste alla base delle molteplici proposte in merito alla crisi della natalità. Per quanto concerne i lavoratori dipendenti sammarinesi e residenti, l’incremento che dal periodo pandemico ha portato alla pressoché piena occupazione ha registrato una direzione ben precisa: l’impiego pubblico, con particolare riferimento alle donne.
Nell’ultimo triennio abbiamo assistito ad una sostanziale stabilità di occupati nel settore privato, mentre circa 270 donne e 130 uomini hanno trovato lavoro in quello pubblico. Se allarghiamo l’arco temporale di riferimento, notiamo che dal 2014 al 2021 gli uomini erano scesi in misura consistente, mentre le donne erano rimaste sostanzialmente stabili. Va detto che, in un decennio, la crescita è costituita da circa un centinaio di dipendenti frontalieri, concentrati prevalentemente nella sanità.
L’attrattività dell’impiego pubblico è fondata su varie ragioni: orari di lavoro ridotti e più compatibili con il tempo libero; l’effettivo riconoscimento dei titoli di studio e delle competenze, in termini di inquadramento professionale; la stabilità del lavoro. Chi non conosce persone che, in particolare nei periodi di crisi, hanno perso il posto di lavoro nel settore privato, anche più volte, dovendo spesso ripartire daccapo, sia sul piano professionale che su quello economico?
Chi sostiene che la garanzia di uno stipendio sicuro, ancorché meno appetibile rispetto a 15 anni fa per effetto dei mancati rinnovi contrattuali, sia una variabile indipendente rispetto alla scelta di avere figli o meno, a nostro avviso ha torto, anche se i dati relativi al 2024 sembrano dare loro ragione: 77 madri erano occupate nel settore privato, rispetto alle 35 dipendenti pubbliche, ovvero esattamente proporzionali all’occupazione femminile.
Occorre tenere conto però che le dipendenti pubbliche di età compresa tra 19 e 40 anni erano il 27,8% al 31 dicembre 2024, rispetto al 25,8% di tre anni prima: una differenza impercettibile. Se la decisione di avere figli viene posticipata in attesa di una maggiore stabilità professionale ed economica, come noi crediamo avvenga almeno in parte, l’aspirazione ad un impiego pubblico per le giovani donne non viene soddisfatta in tempi brevi.
Se nel settore pubblico in un decennio le donne di età inferiore a 40 anni sono comunque aumentate, seppure di poco (dal 23,2% al 27,8%), nel settore privato c’è stato un crollo verticale (dal 45% al 37,3%). Lo stesso vale per gli uomini che, nella medesima fascia di età, sono passati dal 41,3% al 36,8%. Ciò significa che, nonostante la liberalizzazione delle assunzioni dei lavoratori frontalieri abbia consentito di attingere ad un bacino potenziale di centinaia di migliaia di persone, le imprese sammarinesi non riescono ad attrarre i giovani.
Vogliamo soffermarci sul tema orari di lavoro, non tanto per gli effetti sulla denatalità, anche se la sperimentazione della settimana corta in alcuni Paesi si pone anche questo obiettivo, ma perché riteniamo che le giovani generazioni stiano imponendo, giustamente, al sindacato, alle imprese ed ai Governi, di mettere in agenda una strategia di progressiva riduzione degli orari di lavoro settimanali.
Varie indagini hanno infatti messo in luce come i giovani orientino le loro scelte professionali non solo in base alla gratificazione economica ma anche tenendo conto della durata e configurazione degli orari di lavoro. Occorre che il sistema delle imprese, sempre più affannato alla ricerca di personale qualificato che non trovano, accetti di sedersi al tavolo tripartito per affrontare seriamente questo tema, che necessita di investimenti tecnologici e programmazione.
A San Marino sono passati quasi 30 anni dall’ultima riduzione dell’orario di lavoro significativa, avvenuta nel settore industriale con le 37,5 ore, mentre in altri comparti siamo ancora a 42,5 ore, peraltro con retribuzioni bassissime. Proponiamo uno scatto in avanti, senza la necessità di fossilizzarsi sul classico modello settimana corta, peraltro impraticabile in settori come la sanità ed il turismo. Vedremo se i prossimi rinnovi contrattuali potranno diventare una occasione utile.
CSdL