In Consiglio Grande e Generale via libera alla riforma dell’IGR: ecco le principali novità
Consiglio Grande e Generale, sessione 29, 30, 31 ottobre; 3, 4, 5, 6, 7 novembre 2025
Mercoledì 5 novembre 2025, sera
Via libera, nel corso della seduta serale del Consiglio Grande e Generale, al progetto di legge di riforma dell’Imposta Generale sui Redditi, approvato con 39 voti favorevoli, 13 contrari e un astenuto. Ratificato inoltre il Decreto Delegato 15/10/2025 n.125 “Emissione di titoli del debito pubblico – Repubblica di San Marino, tasso fisso 2,00%, 23 dicembre 2026”.
Alla ripresa dei lavori, vengono esaminati e approvati gli articoli 55 e 56 e, successivamente l’allegato A congiuntamente agli emendamenti riguardanti l’Allegato E della Legge 166/2013 (Spese effettuate in territorio sammarinese per l’acquisto di beni e servizi, spese effettuate con la SMaC Card, modalità di calcolo e limiti della detrazione di imposta).
Spazio quindi alle dichiarazioni di voto. Emanuele Santi (Rete) ribadisce che “questa riforma così come presentata in prima lettura non doveva neanche essere presentata. Era una riforma completamente sbagliata, iniqua”. Ricorda che la sua forza politica l’aveva definita “da ritirare”, perché “andava a colpire le fasce più deboli e a proteggere le fasce più alte”. Una riforma che “andava a colpire i frontalieri e creava una discriminazione fra lavoratori sugli stessi luoghi di lavoro”, imponendo inoltre “di spendere una cifra esorbitante nella cosiddetta SMAC, che sui redditi bassi nessuno avrebbe potuto smaccare”. Nonostante le critiche, aggiunge, “noi abbiamo cercato in questi mesi di essere anche costruttivi”, ma lamenta che “nessun dato” sia stato fornito dal Segretario Gatti. Per il consigliere, il Governo ha “sfidato la piazza”, scegliendo di votare il primo articolo “per dare una dimostrazione di forza”. Spiega che “il sindacato vi ha portato un altro testo”, ma che “l’impostazione di Gatti non sarebbe cambiata” e che probabilmente “noi in questi giorni avremmo avuto altre diecimila persone in piazza”. Santi collega la svolta del confronto al “18 ottobre”, precisando che “il 17 sono stati fatti degli arresti” legati alla vicenda dell’acquisizione di Banca di San Marino. Conclude dichiarando che, per il suo gruppo, “questa rimane una riforma problematica, per le deleghe in bianco, per i problemi non risolti, per i controlli che non ci sono”, e annuncia il voto contrario: “è sicuramente una riforma che dichiara una sconfitta politica sonora del Segretario Gatti”.
Sara Conti (Repubblica Futura) spiega che il suo gruppo ha mantenuto “un atteggiamento molto duro e molto critico rispetto a questo provvedimento di legge”, distinguendo “da un lato quello che è stato il metodo e dall’altro invece il contenuto della norma”. Denuncia che la legge “andava a creare una distorsione molto pericolosa e una frattura sociale rispetto alle discriminazioni tra lavoratori residenti e lavoratori frontalieri”. Ricorda che “ci sono voluti due scioperi generali, con 10.000 persone la prima volta e più di 8.000 la seconda”. Conti respinge la narrazione della maggioranza: “non venite a dire che questo è stato un successo della comunicazione e del confronto, perché così non è stato”. Per Conti, “questo è stato il successo di quelle quasi 20.000 persone che sono venute a gridare in piazza e che hanno costretto il Segretario a sedersi al tavolo con i sindacati”. Riconosce che “nel testo 4.0 non esistono più” le discriminazioni tra frontalieri e residenti e che “le nuove tabelle SMAC sono state riformulate secondo un criterio molto meno penalizzante”. Rimangono tuttavia, afferma, “delle criticità”: “i controlli restano deboli se la politica continua a interferire nel lavoro dei tecnici; alcune scelte restano discutibili, come la moto bene strumentale, la delega in bianco sui decreti, l’eliminazione degli incentivi”. Ricorda infine che “anche il Segretario Gatti dovrebbe ricordarsi quando ha detto che ai lavoratori sarebbe costato di più un giorno di sciopero piuttosto che l’imposizione fiscale di quel primo testo di legge”.
Fabio Righi (Domani – Motus Liberi) precisa subito la posizione del suo gruppo: “la mia forza politica si trova non d’accordo con questa norma, quindi non sarà in grado di sostenerla”, spiegando che “per come l’avremmo gestita noi, non sarebbe stato necessario un intervento come questo.” Righi attribuisce l’origine del problema alla cattiva gestione del debito: “se il debito che il Paese è stato costretto a fare fosse stato destinato ad investimenti strutturali per questo Paese, probabilmente oggi non avremmo avuto la necessità di fare un provvedimento che mira a mettere le mani in tasca ai nostri cittadini.” Denuncia una gestione improvvisata che ha portato “prima a votare con grande imbarazzo una certa impostazione, e poi venire in quest’aula a depositare ulteriori emendamenti con 39 firme per votare una legge completamente diversa.” Per Righi, questa è “la certificazione del totale fallimento della gestione politica e del governo di questo Paese”. Ritiene che “i sindacati sono quelli che hanno vinto e stravinto questa battaglia”, mentre “le categorie economiche sono le grandi escluse.” Definisce la riforma “la conseguenza di un provvedimento raffazzonato che denota la totale mancanza di una visione.” A suo avviso, l’obiettivo reale è “raccimolare dei soldi per rimpinguare i conti pubblici per fare ulteriore debito.” Conclude esortando la maggioranza a fermarsi: “dedicate del tempo a una profonda riflessione e rimettetevi nei binari, perché così è oggettivo che non si possa andare avanti.” E chiude con un monito: “Ricordatevi che un Paese non fallisce per le difficoltà che affronta, ma per l’incapacità di chi lo guida di immaginare un futuro migliore.”
Massimo Andrea Ugolini (PDCS) difende invece il lavoro svolto dal Governo e la coesione della maggioranza: “sicuramente, in maggioranza, siamo tutti d’accordo sul testo approvato in questa sessione consiliare”. Bacchetta l’opposizione a cui “non è mai piaciuta né la versione 1, né la versione 2, né la versione 3, e neanche la versione 4”. “Probabilmente all’opposizione – osserva – avrebbe fatto più gioco rivedere una piazza piena.” Critica i metodi dell’opposizione, che a suo dire “si è nascosta dietro al metodo, dietro al fatto che gli emendamenti sono stati presentati in maniera tardiva.” Ugolini ammette che “intervenire sulla legge di modifica dell’imposta generale sui redditi non è mai un esercizio semplice”, ma sostiene che “questo provvedimento va a raccogliere queste istanze nell’interesse del Paese.” Nel merito, sottolinea che la legge “va a sistemare anche criticità che erano emerse, distorsioni nella precedente legge, la 166/2013.” Spiega che “si è modificato il sistema delle deduzioni, passando al sistema delle detrazioni” e che “c’è stata una maggiore attenzione all’aspetto dei controlli.” Evidenzia anche il ruolo della SMaC Card come “elemento di emersione del reddito”. Pur riconoscendo che “sull’aspetto del metodo… si può sempre fare meglio”, ribadisce che “l’importante è trovare un bilanciamento corretto nella formulazione finale.” Aggiunge che, dopo gli emendamenti, “l’impatto del gettito è inferiore rispetto alle stime preventivate dal Segretario di Stato alle Finanze”, e invita quindi a “intervenire sulla spesa pubblica, cominciando a rivedere veramente tutti i capitoli di bilancio.” Ringrazia “la Segreteria alle Finanze e tutti i tecnici che hanno lavorato in questi lunghi mesi” per aver portato avanti un provvedimento capace di “incrementare il gettito, eliminare distorsioni e cominciare a sistemare anche certi elementi” della normativa fiscale.
Guerrino Zanotti (Libera) sottolinea che si tratta di “un progetto che ha attraversato un percorso complesso, intenso e anche profondamente politico”, e che “questo percorso si chiude con un risultato importante, di cui essere soddisfatti.” Definisce la riforma “un importante obiettivo del programma di legislatura”, che punta a “un sistema fiscale più equo, ad accertamenti più puntuali e a controlli più efficaci.” Ma, aggiunge, ciò che conta davvero è che la legge arrivi “in un clima di ritrovata pace sociale, frutto del dialogo che le organizzazioni sindacali, dopo settimane di confronto anche aspro ma sempre costruttivo, hanno garantito.” Richiama il principio secondo cui “chi ha di più contribuisce di più, e chi ha di meno deve essere protetto.” Evidenzia “la possibilità di utilizzare le detrazioni SMAC sul reddito da lavoro autonomo”, un vantaggio “soprattutto per le giovani generazioni.” Ricorda anche l’obiettivo di “fare accertamenti con tempi più stringenti” Sottolinea che la vera differenza “l’ha fatta il metodo”: “la capacità di dialogo della maggioranza e del governo, unita alla determinazione e al senso di responsabilità delle organizzazioni sindacali e delle associazioni datoriali.” Questo, per Zanotti, “è un segno di maturità che spero possa contraddistinguere anche le azioni del governo e della maggioranza d’ora in poi.” Rivendica che Libera “ha scelto di lavorare per unire e non per dividere”, contribuendo “alla scrittura degli emendamenti, insieme alla maggioranza, alla Segreteria e ai tecnici del Dipartimento.” Conclude affermando che “questa riforma non è perfetta, perché probabilmente nessuna lo è, ma è un passo avanti nella direzione giusta.” Michela Pelliccioni (Indipendente) sottolinea “un cambiamento rispetto all’atteggiamento iniziale di totale chiusura e di inutile arroganza.” Chiarisce di aver “firmato gli emendamenti condivisi e sostenuto gli articoli approvati anche dai sindacati”. Tuttavia, rimprovera al governo di non aver tagliato le spese interne: “Un buon padre di famiglia, prima di chiedere i soldi fuori casa, deve prima fare i conti dentro casa.” Giovanna Cecchetti (indipendente) parla di “un provvedimento necessario, che questa maggioranza con grande senso di responsabilità verso il proprio Paese è riuscita a portare a termine.” Ritiene che il risultato sia “un provvedimento equo ed uguale per tutti”, che “va a tutelare le fasce di reddito basse” Maria Luisa Berti (Alleanza Riformista) sottolinea che “non ci sono sicuramente dei vincitori”, ma “una partecipazione e una volontà di far emergere un testo che potesse essere il più efficace, il più condiviso.” Aggiunge che “è sicuramente questo un punto di partenza, non un punto d’arrivo.” Indica le priorità future: “un lavoro puntuale di revisione della spesa pubblica”, “una politica rigorosa dei controlli”, e “una politica degli investimenti.” Ringrazia “tutti coloro che, da ruoli diversi, hanno cercato di lavorare insieme per condividere questo testo”, compresi “i tecnici della Segreteria di Stato e tutti i membri della Commissione Finanze.” Paolo Crescentini (Partito dei Socialisti e dei Democratici) evidenzia che “tutti eravamo consapevoli, sia in maggioranza che in opposizione, che fosse necessaria” una riforma dell’IGR, “che serviva al Paese per essere più credibile.” Sottolinea che con questo intervento “abbiamo ricreato la pace nel settore produttivo” e reso “il sistema più equo e moderno.” Precisa che “per i redditi sotto i 35.000 euro le tasse saranno più leggere, mentre chi li supera contribuirà un po’ più degli altri”, perché “chi più ha più deve fare la sua parte: anche questa è una forma di equità.” Rivendica il miglioramento dei controlli “con il confronto dei dati e dei flussi bancari”, ricordando che l’obiettivo resta “pagare poco ma pagare tutti.” Crescentini ribadisce che “il fisco da solo non basta” e che ora serve “un’agenda di sviluppo che proietterà la Repubblica di San Marino, già dal 2026, verso una crescita concreta.” Conclude affermando che “questa è una riforma equa… frutto di un lungo e articolato dibattito e di un intenso confronto”, perciò “il gruppo consiliare del Partito dei Socialisti e dei Democratici esprimerà il proprio voto favorevole al provvedimento.”
I lavori riprenderanno domani alle 14.00.
Di seguito una sintesi degli interventi
Comma 20
a) Progetto di legge “Modifiche alla Legge 16 dicembre 2013 n.166 Imposta Generale sui Redditi e successive modifiche” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio) (II lettura)
b) Ratifica Decreto Delegato 15/10/2025 n.125 – Emissione di titoli del debito pubblico – Repubblica di San Marino, tasso fisso 2,00%, 23 dicembre 2026 (Errata corrige in data 16 ottobre 2025)
c) Progetto di legge “Disposizioni in materia di emissioni di Titoli del debito pubblico della Repubblica di San Marino” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio) (II lettura)
Articolo 55 – Abrogazioni
Approvato con 37 voti favorevoli e 14 contrari
Nicola Renzi (RF): Se non vado errato, vengono abrogati alcuni provvedimenti che erano dedicati ai corsi professionalizzanti. Il Segretario Gatti ci rispose che aveva avuto dagli uffici il feedback che questi strumenti erano di difficile applicazione. Se questo fosse confermato, noi avevamo fatto presente come il fatto che uno strumento non funzioni non di per sé rende sufficiente la semplice abrogazione. Cioè, forse dobbiamo chiederci come potremmo migliorarlo, piuttosto che fargli un tratto di penna sopra e via, soprattutto se sono tematiche legate alla formazione, all’avvio delle imprese. Questo, tra l’altro, è un altro dei grandi temi che non abbiamo toccato in questa riforma. Noi avevamo presentato nell’ultima finanziaria, quindi un anno fa oramai, oltre al pacchetto famiglia, un pacchetto PMI. L’avevamo chiamato proprio PMI, per cercare di aiutare le piccole e medie imprese nella loro nascita e soprattutto nel loro mantenimento una volta terminato il periodo iniziale degli incentivi. In un anno non abbiamo visto realizzata nemmeno una di quelle proposte. E qua, se ben ricordo, andiamo di nuovo a limare altri strumenti che invece erano previsti proprio nel campo della formazione del personale e che potevano essere utili per reimmettere nel mondo del lavoro.
Emanuele Santi (Rete): In un momento come questo, dove le nostre imprese devono cercare di investire in sviluppo, in crescita, in formazione e soprattutto in innovazione tecnologica, andare ad abrogare questo comma, solo perché è un incentivo che non funziona, mi sembra molto riduttivo. Però bisognerà chiedersi per quale ragione non viene richiesto o non viene utilizzato. E quindi, a nostro avviso, questa scelta è stata un po’ affrettata. Detto questo, noi sicuramente siamo per cercare di fare una revisione completa e totale di tutti quelli che sono gli incentivi. Effettivamente ci sono degli aspetti che andrebbero messi tutti insieme, capire quanti sono questi incentivi, se funzionano, se i piani vengono rispettati; da una parte non controlliamo, ad esempio, il credito agevolato, e dall’altra si va ad abrogare magari un credito d’imposta su quello che può essere la formazione per programmi di formazione del personale per l’innovazione e la tecnologia. Bisognerebbe fare una ricognizione di tutti questi incentivi in maniera chiara, capire dove spendiamo e come spendiamo, se funzionano, e magari rivedere qualcosina. Io credo che, sul credito agevolato qualcosina da rivedere ci sarebbe.
Fabio Righi (D-ML): Anche da parte nostra, come gruppo, sottolineiamo questo aspetto che riteniamo importante: il fatto di riportare l’eliminazione di un incentivo come quello riportato alla lettera F. Ci troviamo in disaccordo con questa scelta perché, come sempre, le cose vengono fatte un po’ così, un po’ alla volta, senza una visione, senza un’idea. Il tema degli incentivi è un tema di cui si è parlato spesso e tanto anche nella precedente legislatura. Era, tra l’altro, un punto del precedente programma che si stava portando avanti nella semplificazione. L’ulteriore step, che poi non si riuscì a fare, era quello del riordino di tutti gli incentivi economici. C’è un dispendio di risorse importante, spalmato a 360 gradi, che è evidente e palese essere figlio di una politica puramente clientelare. Io credo che si debba sviluppare un contesto in cui l’impresa non fa impresa perché c’è l’incentivo, ma fa impresa perché c’è un contesto favorevole per fare impresa. L’incentivo è uno strumento differente, non è la leva di attrazione dell’investimento, ma è lo strumento di messa a terra e di applicazione delle politiche nazionali. Non è l’incentivo a pioggia, in base a chi lo chiede o a chi tira di più la giacchetta in funzione di una manciata di voti. Proprio per questo motivo, andarlo a togliere in questo momento, senza avere un’idea precisa, è la cosa più sbagliata che si possa fare. Ci permettiamo di fare una domanda: c’è sul tavolo l’idea di riordinare tutti gli incentivi con una visione di prospettiva per questo Paese?.
Sara Conti (RF): Se la visione deve essere quella di incentivare gli investimenti delle imprese nel nostro territorio e fare in modo che i giovani vogliano rimanere qua e magari investire, avviare loro stessi delle nuove imprese, forse il miglior biglietto da visita non è quello di abrogare alcune parti dell’articolato dove sono previsti incentivi alla formazione del personale e alla ricerca e allo sviluppo tecnologico. Questo noi l’abbiamo rilevato anche in Commissione. Magari avreste sperato che fossimo un pochino più distratti, e invece ci siamo accorti di questo articolo e, effettivamente, abbiamo mostrato e tuttora vogliamo rimarcare la nostra contrarietà. Contrarietà per il fatto che ci sembra proprio che il lavoro che avete fatto sia tutt’altro che organico e di visione. Piuttosto, sembra proprio che abbiate tagliato qua, tagliuzzato da una parte, per mettere insieme una riformina. Dall’altro lato, è chiaro che da qualche parte dovevate tagliuzzare e avete così deciso, forse in modo anche casuale,di togliere un po’ qua e un po’ là. Questo, secondo noi, non è la modalità seria di guardare a una riforma IGR. Noi, per questa ragione, continuiamo ad essere molto critici.
Segretario di Stato Marco Gatti: Si tratta di dare un riordino anche a quelli che sono gli incentivi. Questo punto non è mai stato utilizzato, perché l’articolo 73 crea, se male utilizzato, degli effetti distorsivi, tant’è che siamo intervenuti per mettere qualche paletto in più. Per quanto riguarda la formazione e l’innovazione, viene utilizzato in maniera molto più significativa quanto previsto dalle startup. Quindi è inutile avere dei provvedimenti che danno degli incentivi similari. Abbiamo deciso che, per quanto riguarda questa tipologia, nel 73, gli incentivi che ci sono per l’avvio delle piccole attività, delle nuove attività, sono legati all’abbattimento del 50% dell’imposta generale sui redditi, e l’altro è il fatto che non si paga la tassa iniziale di licenza e, per i tre anni successivi, sempre la tassa di licenza. Il terzo l’abbiamo tolto proprio perché non utilizzato e perché, invece, quelle aziende che hanno bisogno di formazione e di innovazione utilizzano quanto previsto dalla normativa sulle startup.
Articolo 56 – Entrata in vigore finale
Approvato con 37 voti favorevoli e 14 contrari
ALLEGATO A – Approvato con 38 voti favorevoli
Emendamento della maggioranza modificativo dell’articolo E1 dell’Allegato E della Legge 166/2013
Approvato con 35 voti favorevoli e 7 contrari
Emendamento della maggioranza modificativo dell’articolo E2 dell’Allegato E della Legge 166/2013
Approvato con 38 voti favorevoli e 4 contrari
Emendamento della maggioranza aggiuntivo di un articolo E2-bis dell’Allegato E della Legge 166/2013
Approvato con 38 voti favorevoli
Segretario di Stato Marco Gatti: Sostanzialmente si sono inserite tutte le modalità di riconoscimento di spesa effettuate in territorio con la SMAC e anche le regole per la determinazione di quella che è la detrazione d’imposta. Rispetto alla situazione precedente, è stato in maniera particolare elevato il carburante, che ad oggi era 750 euro all’anno, a 1500 euro. È stata introdotta la possibilità anche di far rientrare nelle spese SMAC le utenze domestiche, telefoniche e anche le assicurazioni del ramo danni, queste fino a un massimo di 1000 euro fino a 15.000 euro. Poi, da 15.000 euro di base imponibile, inizia una formula decrescente dove i 1000 euro vanno man mano diminuendo fino a 50.000 euro. Abbiamo introdotto e chiarito il fatto che, essendo i servizi bancari e finanziari — compresi quelli delle assicurazioni — esclusi dalla smaccatura in maniera ordinaria, nel caso in cui fossero richiesti per usufruire in particolare della detrazione per quanto riguarda le spese sostenute per il ramo danni, vi sia l’obbligo di registrazione tramite la SMAC card ai fini di dare diritto al contribuente di avere riconosciuta la detrazione. Poi siamo intervenuti per quanto riguarda la possibilità, all’interno della famiglia, di suddividere il carico SMAC anche tra vari soggetti. Sino ad oggi era possibile per i figli a carico e tra coniugi. Abbiamo esteso la possibilità anche ai conviventi, in particolare ai figli che non sono più a carico, proprio per, nell’ambito della detrazione SMAC, fare sempre una considerazione di nucleo familiare. Abbiamo escluso chiaramente soltanto i soggetti che sono invalidi permanenti, per i quali abbiamo previsto la completa esenzione dall’obbligo di certificazione. Poi c’è tutta la formula sostanzialmente per il calcolo dell’imposta, che prevede questa parte di no tax area fino ai 10.000 euro di reddito lordo. Poi, dai 10.000 euro di reddito lordo, inizia a diminuire questa area di no tax fino ai 20.000 euro di reddito lordo, dopodiché parte tutta invece la formula con la SMAC, che parte da 3.000 euro e sale fino a 10.000 euro ai 50.000 euro di reddito lordo.
Emanuele Santi (Rete): E’ l’articolo che manifesta il fallimento totale dell’impostazione iniziale del Segretario Gatti, che si è dovuto rimangiare la sua impostazione, e il sindacato gli ha portato le tabelle che sono state poi esplicitate in questo testo. Qui, fra scaglioni, tabelle e detrazioni, spese limite, è difficile districarsi. Credo che, per un professionista, non si potrà più fare una dichiarazione in casa. E mi auguro che i conti siano giusti, che chi ha fatto i conti li abbia fatti giusti, che queste tabelle alla fine portino il risultato sperato dal sindacato. Mancano gli impatti. Questa nuova formulazione nella stesura iniziale prevedeva una smaccatura di 6.000 euro per tutti, anche a partire dai redditi da 15.000 euro. Adesso, sicuramente, è bene che la SMAC sia diventata progressiva, sia diventata uno strumento che possono utilizzare tutti. È scomparsa la discriminazione per i frontalieri. Alla luce di queste nuove tabelle, quanto impatta sui lavoratori dipendenti questa nuova riforma che di fatto è stata stracciata e riscritta da capo? Questo rimane un mistero, un mistero vero. Su un articolo di questo genere io mi sarei aspettato che il Segretario ci avesse portato delle tabelle. Quindi, bene che siete tornati indietro, ma politicamente resta una sconfitta totale su tutta la linea.
Sara Conti (RF): È chiaro che qui ci troviamo di fronte all’emblema di quella che è stata la trasformazione finale di questa riforma IGR, che è arrivata alla numero 4, riscritta totalmente dai sindacati. La cosa che dispiace è che, nonostante ci siano stati questi aspetti certamente migliorativi, rimangono delle criticità e non si può naturalmente non dire qualcosa sul metodo. È chiaro che qui è evidente quanto abbiamo cercato di trasmettere anche attraverso i nostri interventi, e questo allegato è la prova provata che tutto quello che era l’impianto iniziale di questa riforma è stato totalmente stravolto. Non c’è molto altro da aggiungere, se non che, a questo punto, direi che nessuno della maggioranza potrà alzarsi e dire che questo è stato un grande successo, perché è evidente che così non è.
Nicola Renzi (RF): Questo è stato probabilmente l’emendamento che ha concorso a sbloccare la situazione ed evitare l’ennesimo sciopero generale, consentendo di fare l’accordo con le organizzazioni sindacali. Sono stati nuovamente equiparati, anche nella possibilità dell’utilizzo della SMAC, i lavoratori residenti in territorio e i lavoratori frontalieri. Sono state articolate delle diverse fasi di scaglioni SMAC, e secondo me anche secondo un principio giusto, cioè quello che i redditi più alti potessero avere delle quote SMAC più alte mentre i redditi più bassi avessero delle quote SMAC ridotte rispetto a quello che era previsto. Mettere la quota massima a 6.000 euro voleva dire togliere dai redditi più alti, che prima potevano smaccare fino a 9.000, 3.000 euro di interesse a smaccare. E questo chiaramente andava a indebolire il sistema della SMAC. Questa è la famosa tabella dei sindacati: sono arrivati, l’hanno consegnata nelle mani del Governo, la maggioranza ha detto al Governo “questa la dovete accettare”. Non so chi della maggioranza, probabilmente tutti, e il Governo l’ha dovuta accettare. Quindi ci verrebbe quasi da chiederci: i soldi che sono stati spesi nella consulenza, per scrivere la riforma IGR, forse si potevano risparmiare e si poteva appaltare direttamente magari alle organizzazioni sindacali la stesura della riforma IGR. Questo è il vero e proprio emblema della resa incondizionata causata da due imponenti manifestazioni della popolazione.
Matteo Zeppa (Rete): Io credo che questa tabella, l’allegato E, sia sostanzialmente l’epigrafe del “Gatti pensiero”. Qui giace l’autoritarismo di Marco Gatti. Questa è l’evidenza del fallimento politico e dell’autoritarismo del Segretario. Ha fatto una campagna denigratoria contro lo sciopero, una campagna denigratoria contro i dati che palesavano i sindacati, una campagna denigratoria contro chi manifestava il diritto allo sciopero per difendere i propri diritti. E quindi credo che questo non sia altro che l’epitaffio politico di Marco Gatti e di quello che lascerà alla comunità, ossia l’essenza del nulla. Ricordiamo che c’è stato il fronte aperto sulla Banca di San Marino, perché altrimenti si sarebbe stati di fronte probabilmente a un terzo sciopero. Questo è il grandissimo difetto di Marco Gatti come Segretario: non aver mai condiviso alcun percorso formativo con le opposizioni, indipendentemente che si apprezzino o meno le persone che fanno parte dell’opposizione di allora come di quella di oggi. Lui è sempre andato avanti a sportellate. La sportellata l’ha ricevuta dalla cittadinanza. Mi auguro che ne abbia tratto giovamento, soprattutto a livello umano, il Segretario, e che in qualche maniera questo lo ponga in modo differente rispetto all’autoritarismo che lo ha contraddistinto in questi oltre cinque anni da Segretario di Stato.
Enrico Carattoni (RF): Di fatto, il vero scontro era qua, perché è evidente che andando a ritoccare il sistema delle detrazioni d’imposta con lo strumento della SMAC si sperava di andare a recuperare tanto, e soprattutto andando a impedire ai lavoratori frontalieri, nella primissima versione, di poter detrarre la quota SMAC, è chiaro che si andava a far cassa aumentando la base imponibile di tutta una serie di soggetti che, in qualche modo, non avrebbero potuto beneficiare di questo tipo di detrazione, nonostante spendessero magari delle somme nel territorio della Repubblica. Nessuno ha pensato che andare a creare questo genere di discriminazione avrebbe inciso notevolmente rispetto alla forza lavoro, tema che oggi è dirimente. Parlate con chiunque abbia un bar, un ristorante, una lavanderia: non trova il personale. E se il personale che trova è un personale che oltretutto viene a San Marino evidentemente lo fa anche perché ha una convenienza. Se questa convenienza, dall’oggi al domani, viene tagliata fuori così tout court, io credo che sia un fatto non accettabile. Ma non era una questione difficile da capire: era una questione banale. Tanto più che noi, a maggior ragione come sammarinesi, dovremmo sapere e conoscere ancora di più qual è il peso delle discriminazioni. Vi faccio un esempio facile: vi ricordate, a parti inverse, una questione forse anche meno grave ma che ha inciso per tanti di noi, quando ci fu il tema dell’impossibilità per tanti sammarinesi di poter guidare una macchina del proprio convivente sul territorio italiano? Era evidente che questo a noi ha pesato, ha inciso fortemente a livello di discriminazione.
DICHIARAZIONI DI VOTO
Emanuele Santi (RETE): Immagino che nel primo periodo, il Segretario magari aveva assicurato i consiglieri di maggioranza sugli impatti, però non ha fornito i numeri. E in maggioranza succede il fatto di fidarsi, però poi, quando certe affermazioni vengono smentite dai dati, a quel punto qualche domanda bisogna iniziarsela a fare. Io ho apprezzato quando, in quest’aula, ci sono stati consiglieri che di fatto hanno ammesso che questa riforma così come presentata in prima lettura non doveva neanche essere presentata. Era una riforma completamente sbagliata, iniqua. Noi l’abbiamo definita “da ritirare”, perché andava a colpire le fasce più deboli e a proteggere le fasce più alte. Andava a colpire i frontalieri e creava una discriminazione fra lavoratori sugli stessi luoghi di lavoro. Andava soprattutto a imporre di spendere una cifra esorbitante nella cosiddetta SMAC, che sui redditi bassi nessuno avrebbe potuto smaccare. Nonostante questo, noi abbiamo cercato in questi mesi di essere anche costruttivi, perché quando siamo andati ai primi incontri col Segretario Gatti gli abbiamo chiesto — almeno noi come gruppo — di darci qualche dato. Nessun dato: né i dati attuali di come pesa oggi l’IGR, né i vari impatti sul bilancio, né gli impatti della riforma così com’era. Il fatto che anche stasera voterete una riforma di cui non conoscete gli impatti, è grave. Un minimo di conoscenza degli impatti sarebbe dovuto. Siamo arrivati in aula a settembre, e non ricordo una piazza così gremita. Nonostante questo, nonostante diecimila persone in piazza, due volte, il 23 e il 7 ottobre, siete voluti andare avanti, nonostante tutte queste persone vi dicessero “fermatevi”. Noi, in quest’aula, ve l’abbiamo detto: fermatevi, non andate avanti, fermatevi, perché questa impostazione non va bene. Non va bene non perché non andava fatta la riforma dell’IGR, ma perché non andava fatta così, andava fatta in un’altra maniera. Siete andati avanti, anzi avete sfidato la piazza, e questo è stato gravissimo, perché avete voluto votare poi il primo articolo della legge proprio per dare una dimostrazione di forza. Mi dispiace che molti consiglieri della maggioranza abbiano detto al microfono: “Con gli emendamenti che abbiamo fatto questa legge è sostenibile”. Anche qui siete stati smentiti, perché oggi ci ritroviamo con un testo stracciato. Il sindacato vi ha portato un altro testo e ve lo siete dovuti votare così com’è. Io penso però che l’impostazione di Gatti non sarebbe cambiata, e probabilmente noi in questi giorni avremmo avuto altre diecimila persone in piazza. Forse lo scontro si sarebbe anche acuito se in quei giorni l’incontro decisivo non fosse stato fatto il 18 ottobre. Il 18 ottobre era un sabato. Il 17, sono stati fatti degli arresti. Sappiamo che sono girate probabilmente delle tangenti per l’operazione di acquisizione di Banca di San Marino, e però questo elemento credo che abbia giocato un ruolo determinante, perché la Democrazia Cristiana, che ha difeso — in buona parte, non tutti — la caldeggiato la vendita della Banca di San Marino ai bulgari, una volta smontato il giochino e trovato probabilmente l’inganno, non poteva tenere due fronti così pesanti aperti. Da una parte la vergogna di aver sostenuto questa operazione in maniera spudorata, e dall’altra parte non si sarebbe potuta permettere altre diecimila persone in sciopero sul Pianello. Per questo, io non voglio sminuire il lavoro del sindacato, credo che abbia fatto un lavoro enorme, ma probabilmente, senza questo fatto, oggi forse parleremmo di un’altra storia. Purtroppo, Segretario, le è andata male, perché quella che adesso avete cercato di ammucchiare, di spacciare come una vittoria del dialogo, è una acclarata sconfitta politica. Il dialogo non lo volevate, e lo avete ammesso anche: alcuni membri della maggioranza non lo volevano. Non volevate scendere a compromessi, volevate tirare dritto con questa riforma. Io penso che, in un Paese normale, quando si è sconfessati da una piazza così importante, così numerosa e così decisa, dei pensieri anche di fare un passo indietro bisognerebbe farli. Detto questo, non tolgo altro tempo all’aula. Questa rimane, per noi, una riforma problematica, per le deleghe in bianco, per i problemi non risolti, per i controlli che non ci sono, e per tutta una serie di motivi che non sto qui più a elencare: li abbiamo detti nel dibattito. Per questi motivi, noi non voteremo favorevolmente, anzi voteremo contrari a questa riforma, anche perché, come è stata gestita e portata avanti, è sicuramente una riforma che dichiara una sconfitta politica sonora del Segretario Gatti.
Sara Conti (RF): Cercherò di riepilogare un po’ tutte le motivazioni che hanno portato Repubblica Futura ad avere un atteggiamento molto duro e molto critico rispetto a questo provvedimento di legge. Intanto bisognerebbe fare due distinzioni: da un lato quello che è stato il metodo portato avanti e dall’altro invece analizzare nel merito il contenuto della norma. Per quel che riguarda il metodo, è chiaro che noi ci siamo posti fin dall’inizio in maniera tranciante, perché abbiamo detto: questo provvedimento per noi è inemendabile, lo dovete ritirare. Ebbene, fin dall’inizio vi avevamo segnalato le criticità, che poi si sono rivelate essere proprio quelle che sono state modificate. In definitiva, fin dall’inizio vi abbiamo chiesto di riflettere. Ma gli stessi consiglieri di maggioranza, poi, quando ci siamo trovati in commissione, hanno dimostrato invece di far quadrato attorno al Segretario Gatti e hanno continuato a sostenere e votare articolo dopo articolo, emendamento dopo emendamento, quel progetto di legge così com’era stato depositato inizialmente. Un progetto totalmente iniquo, che andava a penalizzare pesantemente le fasce medio-basse di reddito e i redditi certi. Un progetto di legge che andava a creare una distorsione molto pericolosa e una frattura sociale rispetto alle discriminazioni tra lavoratori residenti e lavoratori frontalieri. Un progetto di legge che andava a togliere, con una specie di metodo “taglia e cuci”, senza che fosse ben chiara la ratio, alcuni tipi di deducibilità rispetto ad altri. Un progetto di legge che, in molte sue parti, gridava vendetta, e noi dentro quest’aula e in commissione abbiamo tentato di farlo capire. Non è stato sufficiente il nostro lavoro, la nostra opera di critica. E allora ci sono voluti due scioperi generali, con 10.000 persone la prima volta e più di 8.000 la seconda. C’è voluto un risveglio di coscienza da parte della cittadinanza, che vi ha detto essa stessa quanto fosse inqualificabile quel progetto di legge depositato in prima lettura, che nel frattempo stava subendo le prime modifiche con i primi emendamenti. Signori colleghi della maggioranza, voi quel testo e quegli emendamenti che oggi non esistono più li avete già votati, li avete sostenuti e li avete difesi a spada tratta in sede di commissione. Oggi, per cortesia, non venite a dire che questo è stato un successo della comunicazione e del confronto della maggioranza, perché così non è stato. Questo è stato il successo di quelle quasi 20.000 persone che sono venute a gridare in piazza e che hanno costretto il Segretario a sedersi al tavolo con i sindacati per non avere un terzo sciopero generale. Il Segretario è stato costretto a stravolgere quegli emendamenti. Mi riferisco in particolare a quello che concerne le discriminazioni tra frontalieri e residenti, che per fortuna nel testo 4.0 che oggi ci troveremo a votare non esistono più. Mi riferisco alle nuove tabelle SMAC che sono state riformulate secondo un criterio molto meno penalizzante per le fasce medio-basse. Permangono, nonostante questo, delle criticità che non possiamo non rimarcare. Lo abbiamo già fatto durante l’esame dell’articolato: i controlli restano deboli se la politica continua a interferire nel lavoro dei tecnici; alcune scelte restano discutibili, come la moto bene strumentale, la delega in bianco sui decreti, l’eliminazione degli incentivi, quell’1% di maggiorazione dell’aliquota per le imprese che è una penalizzazione che resta su una determinata tipologia. Noi siamo molto amareggiati, siamo demoralizzati. Questa legge, continuiamo a sostenere, doveva essere ritirata già a luglio, e oggi sarebbe il caso anche che quelli che hanno fatto ironia al microfono chiedano scusa. E anche il Segretario Gatti dovrebbe ricordarsi quando ha detto che ai lavoratori sarebbe costato di più un giorno di sciopero piuttosto che l’imposizione fiscale di quel primo testo di legge. Forse oggi è così, ma solo dopo che ha dovuto sbattere il naso contro la forza dei cittadini che non hanno mollato di un centimetro, delle organizzazioni sindacali e anche delle forze di opposizione, che dentro l’aula hanno esercitato il proprio ruolo per tutto quel che potevano.
Fabio Righi (D-ML): Siamo giunti al termine di questo dibattito, di questo teatrino. Parto dal fatto che la mia forza politica si trova non d’accordo con questa norma, quindi non sarà in grado di sostenerla per il semplice fatto che, per come l’avremmo gestita noi, non sarebbe stato necessario un intervento come questo. Perché dico questo? Perché, se il debito che il Paese è stato costretto a fare, che nasce nella scorsa legislatura, fosse stato destinato ad investimenti strutturali per questo Paese, probabilmente oggi non avremmo avuto la necessità di fare un provvedimento che mira a mettere le mani in tasca ai nostri cittadini. Arriviamo al metodo: non condividiamo l’impostazione e non abbiamo condiviso e non condividiamo nemmeno il metodo che viene utilizzato, perché oggi si fa passare come un grande risultato quello ottenuto, quando la verità è che non ravvediamo nemmeno una tecnica di negoziazione, perché una tecnica di negoziazione presuppone il fatto che ci sia una negoziazione e un confronto. Laddove ci fosse stato un confronto con tutte le parti in causa, l’opposizione, le varie parti sociali ed economiche, allora potrei dire che ci sarebbe stato un grande risultato per questa maggioranza nell’aver trovato la quadra con tutte queste parti. Ma noi oggi ci ritroviamo nella situazione tale per cui nemmeno i membri della stessa maggioranza sapevano del deposito di questa normativa che è arrivata tra la sera e la mattina. E’ partita una dinamica in cui c’è stato uno scontro frontale con alcune parti, si è arrivati agli scioperi che hanno caratterizzato questo periodo, unici nel suo genere, e solo lì, e anzi nemmeno con quelli, si è venuti a miti consigli, perché si è continuato ad andare avanti con la Commissione. Salvo, in fondo, con una dinamica rocambolesca che vi ha portato prima a votare con grande imbarazzo una certa impostazione, e poi venire in quest’aula a depositare ulteriori emendamenti con 39 firme per votare una legge completamente diversa. Questa dinamica è la certificazione del totale fallimento della gestione politica e del governo di questo Paese: ci si è arrovellati disastro dopo disastro e poi alla fine si è cercata una pezza portando un provvedimento che accoglie l’esigenza di una parte del Paese, quella guidata dai sindacati, che sono quelli che hanno vinto e stravinto questa battaglia. Le categorie economiche sono le grandi escluse, al punto che siete stati in grado di metterle nelle condizioni di non dire niente nell’aumentargli un punto percentuale in più. E voi dite: “Non hanno detto niente, vuol dire che gli andava bene”. No: non è che gli andava bene, è che sull’altro piatto della bilancia c’era il disastro fatto nella sperequazione dell’intervento sui frontalieri, che era molto peggio rispetto all’1%. Pensate per gli imprenditori, perché probabilmente sarebbero dovuti intervenire in altro modo per cercare di tenersi qui la forza lavoro che in territorio non trovano e che è fondamentale per poter portare avanti la nostra produttività. Senza contare che questo è stato fatto in un momento storico in cui stiamo cercando una maggiore integrazione, un addendum all’accordo sull’Unione Europea, proprio perché l’Italia si è imputata su determinate cose. Noi cosa facciamo? Andiamo a puntare proprio su questo, creando ulteriore imbarazzo. Quel che è venuto fuori è la conseguenza di un provvedimento raffazzonato che denota un’altra cosa: la totale mancanza di una visione. Noi avremmo prediletto una politica diversa di rilancio, di sviluppo, di innovazione del Paese e non di recessione come quella che invece state cercando di portare avanti. Avete cercato di raccontarcela ulteriormente: “Questo serve per gli investimenti, l’ospedale, le infrastrutture”. Cioè, 17 milioni si punta a raccogliere; con quei 17 milioni si vuole investire su questi settori. Impossibile. Con questa narrazione non si prende in giro nessuno. La verità è un’altra: raccimolare dei soldi per rimpinguare i conti pubblici per fare ulteriore debito. Questa manovra serve unicamente per indebitare ulteriormente il Paese rispetto a una pianificazione che non avete. Voi non sapete in che cosa volete investire, perché c’è un progetto di agenda di crescita per cui vi eravate dati un termine al 30 settembre che non avete rispettato e non sapete nemmeno dove allocare le risorse. Per fortuna qualcuno ha anche detto che forse tutto bene non è andato e ha anche lanciato, in modo più o meno velato, il fatto che forse sia necessaria una profonda riflessione. Una volta si chiamava verifica di maggioranza; profonda riflessione ci va bene lo stesso, basta che riflettiamo su quello che è successo. Io non vi auguro di cadere domani ma vi dico: dedicate del tempo a una profonda riflessione e rimettetevi nei binari, perché così è oggettivo che non si possa andare avanti. Ricordatevi che un Paese non fallisce per le difficoltà che affronta, ma per l’incapacità di chi lo guida di immaginare un futuro migliore.
Massimo Andrea Ugolini (PDCS): Per rispondere anche al consigliere che mi ha preceduto: sicuramente, in maggioranza, siamo tutti d’accordo sul testo approvato in questa sessione consiliare a riguardo dell’IGR. Certamente all’opposizione, riguardo all’IGR, non è mai piaciuta né la versione 1, né la versione 2, né la versione 3, e neanche la versione 4, che ha visto gli emendamenti concordati col dialogo con le forze sindacali e alcune istanze portate avanti dalle associazioni sindacali datoriali. Da questo punto di vista, io credo che probabilmente all’opposizione avrebbe fatto più gioco rivedere una piazza piena, perché se invece la volontà era quella di trovare una condivisione su elementi di criticità, l’opposizione avrebbe certamente avuto la possibilità di dare il suo contributo anche a fronte di quegli emendamenti che recepivano le istanze presentate all’interno della piazza in quei due scioperi generali. Invece, come al solito, ci si è nascosti dietro al metodo, dietro al fatto che gli emendamenti sono stati presentati in maniera tardiva, eccetera. Quindi io credo solo questo: intervenire sulla legge di modifica dell’imposta generale sui redditi non è mai un esercizio semplice; anzi, quando si va a toccare questo tipo di provvedimenti, è molto facile avere reazioni di dissenso o, appunto, come è capitato, scioperi generali, perché non è mai facile contemperare tutte le esigenze che possono arrivare da sensibilità diverse all’interno del tessuto sociale ed economico sammarinese. Credo che l’esercizio che si è fatto abbia prevalso, e che questo provvedimento vada a raccogliere queste istanze nell’interesse del Paese. Una modifica alla legge IGR che, come abbiamo detto in tantissimi interventi all’interno di quest’Aula in questa sessione consiliare, va a sistemare anche criticità che erano emerse, distorsioni nella precedente legge, la 166/2013. In questi anni si è modificato il sistema delle deduzioni, passando al sistema delle detrazioni, eliminando la fascia di non tassazione. C’è stata una maggiore attenzione all’aspetto dei controlli. Pensiamo alla SMaC Card come elemento di emersione del reddito che, da un certo punto di vista, mette in correlazione più interessi: l’interesse di portare consumi in territorio e, da parte di chi spende, di portare detrazioni all’interno della propria dichiarazione, quindi sulla propria base imponibile. Quindi il bonus SMAC è stato esteso a tutti coloro che lavorano all’interno del nostro tessuto economico, residenti e frontalieri, e si è intervenuti anche su questioni su cui in passato era stato difficile metter mano. C’è ancora il tema del rimborso spese delle spese non documentate: pur riducendolo, è un aspetto da monitorare correttamente, perché, se diventa uno strumento abusato, credo vada verificato, in quanto oggettivamente sono sacche di reddito che prima o poi vanno fatte emergere. Sull’aspetto del metodo — lo abbiamo riconosciuto, ed è arrivato anche da diversi interventi della maggioranza — si può sempre fare meglio. Ma, come ho detto in apertura, intervenire su una legge che va a chiedere qualcosa di più a tutti non è mai semplice: l’importante è trovare un bilanciamento corretto nella formulazione finale. Chiaramente, con questi interventi concordati anche col tessuto economico e sociale, l’impatto del gettito è inferiore rispetto alle stime preventivate dal Segretario di Stato alle Finanze. Da questo punto di vista, credo dovremo essere molto bravi a intervenire sulla spesa pubblica, cominciando a rivedere veramente tutti i capitoli di bilancio e comprendere come certe spese possano essere eliminate. Il tema dello sviluppo è un tema a noi caro e, da questo punto di vista, l’aumento della tassazione dal 17 al 18% rappresenta sacche di nuovo reddito che vengono destinate o a sviluppo o al rimborso del debito pubblico: infrastrutture, ammodernamento del nostro Paese; risorse dedicate per cercare di far crescere la nostra economia. Concludo ringraziando la Segreteria alle Finanze e tutti i tecnici che hanno lavorato in questi lunghi mesi per portare un provvedimento che potesse incrementare il gettito, eliminare distorsioni e cominciare a sistemare anche certi elementi, come il passaggio dalle deduzioni alle detrazioni per una maggiore effettività della base della tassazione. E ringrazio tutti coloro che hanno dato un contributo fattivo per migliorare questo provvedimento di legge: dialogo costante con le associazioni sindacali e con le associazioni datoriali.
Guerrino Zanotti (Libera): E’ un progetto che ha attraversato un percorso complesso, intenso e, lasciatemelo dire, anche profondamente politico, e diciamo con convinzione che questo percorso si chiude con un risultato importante, di cui essere soddisfatti. Una riforma che centra un importante obiettivo del programma di legislatura, puntando a un sistema fiscale più equo, ad accertamenti più puntuali e a controlli più efficaci. Ma soprattutto una riforma che arriva alla sua approvazione in un clima di ritrovata pace sociale, frutto del dialogo che le organizzazioni sindacali, dopo settimane di confronto anche aspro ma sempre costruttivo, hanno garantito. Date le premesse, tutto questo non era per niente scontato. Sappiamo che, pur in un periodo di crescita economica e di occupazione quasi record per il nostro Paese, il rischio poteva essere quello di andare a colpire proprio le fasce più deboli, quelle che più avrebbero sofferto anche di un piccolo ritocco della pressione fiscale. Quel rischio c’era, era ben presente, e lo abbiamo sentito forte anche nelle piazze che si sono riempite di lavoratori, nelle parole dei sindacati e nelle preoccupazioni legittime espresse in quelle occasioni. Quel rischio però oggi non c’è più. Il risultato oggi è un progetto di legge che garantisce equità e responsabilità. Voglio sottolineare alcuni punti chiave che caratterizzano questo progetto. Innanzitutto, la trasformazione della SMAC Card in detrazione d’imposta anziché deduzione o passività deducibile, che era uno strumento distorto e andava a premiare le fasce di reddito più alte. Oggi sappiamo che il discorso si è ribaltato: con l’equità, la gradualità e la proporzionalità introdotte attraverso la SMAC Card vengono salvaguardati i redditi più bassi. Questo significa rispettare un principio richiamato in Aula da quasi tutti gli interventi: chi ha di più contribuisce di più, e chi ha di meno deve essere protetto. Un altro elemento è la parità di trattamento, quella che aveva acceso gli animi all’indomani del deposito della legge in prima lettura. Si chiude una discriminazione che, con il testo in prima lettura, avrebbe pesato sui lavoratori frontalieri, che sono una risorsa per la Repubblica. Un altro punto qualificante, è quello del sostegno alle attività di lavoro autonomo e alle imprese individuali, con la possibilità di utilizzare le detrazioni SMAC sul reddito da lavoro autonomo. Rappresentano un vantaggio importantissimo, soprattutto per le giovani generazioni che intraprendono un’attività lavorativa autonoma e che hanno un peso contributivo difficilmente sostenibile. Abbiamo chiesto e ottenuto che la riforma non fosse solo un aggiustamento del gettito, ma un salto di qualità nella capacità di fare accertamenti, con tempi più stringenti per la Commissione, con nuovi strumenti informatici per l’Ufficio Tributario e con l’invio automatico dei flussi finanziari. Crediamo che sarà possibile, con più efficacia, colpire l’evasione con rigore e precisione, senza gravare sui contribuenti onesti. Il testo presentato in prima lettura presentava più di qualche problema. Aveva delle criticità che abbiamo evidenziato da subito: le differenze di trattamento tra lavoratori, i rischi di impatti troppo pesanti sulle fasce di popolazione più deboli economicamente. Ma la differenza, questa volta, l’ha fatta il metodo: la capacità di dialogo della maggioranza e del governo, unita alla determinazione e al senso di responsabilità delle organizzazioni sindacali e delle associazioni datoriali, hanno portato a un risultato che oggi possiamo definire largamente condiviso. E questo, in politica, è un segno di maturità che spero possa contraddistinguere anche le azioni del governo e della maggioranza d’ora in poi. Libera, fin dall’inizio, ha scelto di lavorare per unire e non per dividere. Abbiamo contribuito in modo fattivo alla scrittura degli emendamenti, insieme alla maggioranza, alla Segreteria e ai tecnici del Dipartimento, con un approccio costruttivo, pragmatico e coerente con i valori che intendiamo proporre: giustizia sociale, equità, responsabilità e trasparenza. Oggi possiamo dire che quei principi, dentro questo progetto di legge, si trovano, e per questo motivo il nostro voto sarà assolutamente e convintamente favorevole. Chiudo con una riflessione: le riforme fiscali non sono mai neutre, non parlano solo di numeri e di bilanci, ma di visione del Paese, di fiducia e del contratto sociale che si fa con la cittadinanza. Questa riforma non è perfetta, perché probabilmente nessuna lo è, ma è un passo avanti nella direzione giusta. Crediamo che ogni volta che la politica riesce a costruire consenso anziché divisione, vince il Paese.
Michela Pelliccioni (Indipendente): Il governo ha finalmente imparato una parola nuova, che è quel processo di consultazione preventiva tra il governo e le parti sociali. La parola è concertazione. Ecco, io spero che d’ora in poi voi ne riusciate a fare tesoro. Va evidenziato sicuramente un cambiamento rispetto all’atteggiamento iniziale di totale chiusura e, permettetemi, anche di inutile arroganza. lo spaccato sociale di questo Paese ha mostrato una forza che non aveva mai mostrato prima, e il risultato lo avete visto: sono state circa 15.000 persone, in due scioperi. Siete tornati indietro sui vostri passi, questo io ve lo riconosco, e il risultato è stato un esempio di buona politica. Per questa ragione, per questa sintesi finalmente ritrovata, ho firmato gli emendamenti condivisi e sostenuto gli articoli approvati anche dai sindacati. Sindacati che, con il loro “ok”, sono riusciti anche in un altro primato nella storia, perché presenti in Aula hanno assistito all’opposizione che, invece di sparare sulla maggioranza, sparava sull’opposizione. Un buon padre di famiglia, prima di chiedere i soldi fuori casa, deve prima fare i conti dentro casa e deve capire dove tagliare proprio all’interno della propria abitazione. Questo purtroppo, da parte della maggioranza e del governo, non è stato fatto. C’è un percorso verso l’Europa che parimenti ho sostenuto e sostengo, e che non mi pare prosegua con quella dinamica propulsiva che invece dovrebbe avere: è il primo punto del vostro programma di governo. Questo avrebbe dovuto darvi il metro su come, e in che modo, agire per poter arrivare finalmente alla destinazione naturale di quel percorso strutturato, che avrebbe dovuto essere una riforma IGR equilibrata. Ci siete arrivati invece invertendo i passi da fare, il percorso, e questo, a mio avviso, non ha permesso purtroppo di trovare quell’equilibrio necessario che invece un percorso fatto con i passi adeguati avrebbe sicuramente ottenuto. Ed è questo, che purtroppo non potrò votare favorevolmente questo progetto di legge. Io mi auguro veramente che questo sia un esempio e sia da monito per questa maggioranza, per un percorso più equilibrato e soprattutto più aperto al dialogo e al confronto. Credo veramente che quelle 15.000 persone in piazza vadano ringraziate, perché hanno mostrato cosa significa democrazia in questo Paese.
Giovanna Cecchetti (indipendente): Senza fare polemica, due punti vorrei metterli in chiaro. Il primo è che chiunque sia alla guida di un Paese difficilmente porterebbe una modifica all’IGR, perché lo sappiamo: è una manovra impopolare, che non porta consensi, che va a mettere le mani in tasca ai cittadini. Però, dall’altro lato, dobbiamo essere onesti: era un provvedimento necessario, un provvedimento che già doveva essere stato fatto, e che questa maggioranza con grande senso di responsabilità verso il proprio Paese è riuscita a portare a termine. Un provvedimento che è stato frutto di un confronto, o come a qualcuno piace di più dire, di una concertazione, che sicuramente è il termine più adatto e appropriato per quanto è avvenuto per arrivare a questo risultato: un confronto tra tutti, soprattutto prima di tutto in primis tra maggioranza e governo, poi con le associazioni datoriali e sindacali, che ha portato ad avere oggi un provvedimento equo ed uguale per tutti. Un provvedimento che va a tutelare le fasce di reddito basse, a protezione del ceto medio, e che, attraverso un sistema progressivo-regressivo della smaccatura, fa sì che chi ha di più contribuisca di più, insieme a un sistema di rafforzamento dei controlli per il contrasto all’evasione e all’elusione. Adesso bisogna guardare avanti e partire con quell’agenda per lo sviluppo che deve assolutamente affiancare e rafforzare questo provvedimento. Dichiaro quindi il voto favorevole di Elego a questo progetto di legge.
Maria Luisa Berti (AR): A fine di questa maratona, che è stata inizialmente fuori dall’Aula e poi si è conclusa in questa sede, anche Alleanza Riformista intende manifestare la propria soddisfazione e il proprio favore in ordine a questo progetto di legge. Non ci sono sicuramente dei vincitori, a differenza di quello che ha sostenuto o cercato di sostenere qualcuno, soprattutto dai banchi dell’opposizione. C’è stata invece una partecipazione e una volontà di far emergere, dopo un confronto un testo che potesse essere il più efficace, il più condiviso e con ben in rilievo, come obiettivo, la più possibile equità fiscale. È sicuramente questo un punto di partenza, non un punto d’arrivo. Lo abbiamo detto più volte nei nostri interventi: ci dovrà essere un lavoro puntuale di revisione della spesa pubblica, e deve essere concreto. Ci deve essere un lavoro per rendere più efficaci i servizi che l’apparato pubblico deve elargire nell’interesse e a beneficio dell’utenza. Ci deve essere una politica rigorosa dei controlli, perché se non c’è questo si vanifica anche l’obiettivo del raggiungimento dell’equità fiscale. È giusto che si debba percorrere ogni strada per far emergere ciò che attualmente non emerge, e si deve attuare veramente una politica degli investimenti. Questi sono gli ulteriori obiettivi che la maggioranza e il governo si devono prefiggere. Però ci tengo ancora una volta a ringraziare tutti coloro che, da ruoli diversi hanno, con sapienza e pensando agli interessi del Paese, cercato di lavorare insieme per condividere questo testo. A tutti va un ringraziamento particolare, anche ai tecnici della Segreteria di Stato e a tutti i membri della Commissione Finanze. Grazie anche all’opposizione, per certi versi, anche se c’è stata un’occasione persa per poter magari dare un contributo migliore.
Paolo Crescentini (PSD): Come Partito dei Socialisti e dei Democratici, diciamo questo: siamo arrivati alla chiusura di una riforma dell’IGR che — non nascondiamocelo — tutti eravamo consapevoli, sia in maggioranza che in opposizione, fosse necessaria. Una riforma che serviva al Paese per essere più credibile. Lo abbiamo detto più volte: più credibilità significa pagare meno interessi sul debito e liberare risorse per la scuola, la sanità e le politiche sociali. Siamo arrivati inoltre a un punto di equilibrio. Abbiamo ricreato la pace nel settore produttivo, che è la colonna portante della nostra economia, e reso il sistema più equo e moderno. Per i redditi sotto i 35.000 euro le tasse saranno più leggere, mentre chi li supera contribuirà un po’ più degli altri. Come abbiamo sempre detto, chi più ha più deve fare la sua parte: anche questa è una forma di equità. Abbiamo migliorato i controlli con il confronto dei dati e dei flussi bancari, perché l’obiettivo è sempre lo stesso: pagare poco ma pagare tutti. Lo ripetiamo: pagare poco ma pagare tutti. Questa riforma dell’IGR va proprio in questa direzione. Le imprese restano competitive, perché l’aumento dell’1% sarà solo temporaneo e non andrà a creare disfunzioni nel sistema produttivo, che resta solido e centrale per la nostra economia. Ma lo ripetiamo: il fisco da solo non basta. Ora è necessario intervenire — e lo faremo, come maggioranza insieme al governo — per tagliare gli sprechi nella pubblica amministrazione e costruire una vera agenda di sviluppo. Questa riforma dell’IGR dovrà accompagnarsi a un’agenda che proietterà la Repubblica di San Marino, già dal 2026, verso una crescita concreta. Un’agenda di sviluppo che, come PSD e come maggioranza, riteniamo indispensabile venga affiancata alla riforma fiscale. Riteniamo questa una riforma equa, una riforma per la quale è stato necessario lottare e che arriva al termine di un lungo e articolato dibattito e di un intenso confronto, in Aula e fuori da essa. Proprio per questo motivo, il gruppo consiliare del Partito dei Socialisti e dei Democratici esprimerà il proprio voto favorevole al provvedimento che, a breve, sarà posto in votazione e, mi auguro, verrà approvato dall’Aula consiliare.
Progetto di legge “Modifiche alla Legge 16 dicembre 2013 n.166 Imposta Generale sui Redditi e successive modifiche” – APPROVATO con 39 voti favorevoli, 13 contrari e un astenuto
Ratifica Decreto Delegato 15/10/2025 n.125 – Emissione di titoli del debito pubblico – Repubblica di San Marino, tasso fisso 2,00%, 23 dicembre 2026 – RATIFICATO CON 39 voti favorevoli e 12 voti contrari.


