Politica

Consiglio Grande e Generale: report dell’ultima seduta pomeridiana. Confronto acceso sulla riforma IGR

Consiglio Grande e Generale, sessione 29, 30, 31 ottobre; 3, 4, 5, 6, 7 novembre 2025

Venerdì 31 ottobre 2025, pomeriggio
Nel pomeriggio venerdì 31 ottobre prosegue, in Consiglio Grande e Generale, il confronto sul progetto di legge sull’Imposta Generale sui Redditi (IGR). All’esame dell’aula anche il progetto di legge “Disposizioni in materia di emissioni di Titoli del debito pubblico della Repubblica di San Marino”.
Sara Conti (RF) parla di “totale mistificazione della realtà” da parte della maggioranza. Ricorda che “10mila tra sammarinesi e frontalieri sono scesi in piazza per dire no a quello scempio” e accusa il governo di dimenticare che “8mila cittadini europei ogni giorno varcano il confine per venire a lavorare nelle nostre aziende” e che “una riforma uscita così avrebbe esacerbato lo scontro sociale”. Conclude duramente: “in un Paese normale, un Segretario di Stato che ha portato avanti una riforma in questo modo, si sarebbe già dimesso”. Critiche al Segretario di Stato Gatti arrivano anche da Matteo Zeppa (Rete). Zeppa definisce Gatti “il vero sconfitto”, accusandolo di aver presentato “una riforma iniqua, discriminatoria”. Sostiene che Gatti “ha umiliato il suo stesso governo” e “ha tagliato la faccia al suo collega Beccari”, mettendo “in bilico anni di lavoro diplomatico”. Aggiunge che la riforma “va a ledere libertà che in Europa sono veri e propri capisaldi”. Marino Albani (PDCS) invece difende la riforma sottolineando il ruolo decisivo del Segretario Gatti, “riuscito nell’impresa di trovare la quadra nella trattativa tra le richieste dei sindacati e le esigenze di bilancio e di equità”. Parla di “emendamenti indispensabili per portare a casa anche questa manovra”, che “va in generale a favore delle famiglie e dei redditi medio-bassi” e rafforza “i controlli fiscali con l’incrocio dei dati”. Chiude auspicando “un apporto più positivo e costruttivo dell’opposizione”. Iro Belluzzi (Libera) sottolinea che “oggi siamo potuti entrare nel Palazzo in un clima tranquillo”, segno di “pacificazione sociale dopo due scioperi sicuramente importanti”. Ringrazia sindacati e imprese, “ossatura dell’economia della Repubblica di San Marino” e invita governo e maggioranza a rafforzare il “tavolo tripartito” tra datori, lavoratori e istituzioni. Belluzzi mette infine l’accento su “la scommessa del sistema dei controlli”. Tommaso Rossini (PSD) parla di una riforma “necessaria”, che la maggioranza ha portato avanti “con responsabilità”. “Tutti i consiglieri di maggioranza – aggiunge – hanno chiesto che queste entrate siano ridistribuite per ridurre il debito pubblico, diminuire la pressione fiscale, e soprattutto per investire in infrastrutture, crescita e sviluppo”.
Carlotta Andruccioli (Domani – Motus Liberi) dichiara che “la nostra posizione è contraria sotto tutti i punti di vista: nei contenuti, negli obiettivi, nel metodo utilizzato”. Ricorda che la riforma è arrivata con “una quantità considerevole di emendamenti che stravolgevano il testo senza alcun preventivo confronto”. Definisce la riforma “iniqua e vessatoria”, perché “l’onesto continua a pagare anche per il furbo”. Michela Pelliccioni (indipendente) sostiene che “una riforma fiscale che si voglia chiamare riforma e non riformina” avrebbe dovuto prima “valutare lo sviluppo e ridurre la spesa pubblica”. Tuttavia conferma di aver “sottoscritto gli emendamenti condivisi con i sindacati”, spiegando che “questa è l’opposizione che intendo fare: criticare ciò che serve criticare e sostenere ciò che ha merito di essere sostenuto”. Per Gemma Cesarini (Libera) “la presenza in piazza di migliaia di persone ci deve far riflettere: oltre queste mura, conta ciò che la gente sente e percepisce”. “Abbiamo preso la direzione giusta: ora dobbiamo decidere come utilizzare al meglio le risorse e raccoglierne i frutti” afferma la consigliera di Libera. Gian Carlo Venturini (PDCS) bacchetta le opposizioni che “si affannano a raccontare la loro verità, forse per giustificare il fatto che, nonostante si sia trovato un accordo importante con le organizzazioni sindacali e le categorie, hanno perso un’opportunità politica”. Si dice “curioso di vedere quale posizione prenderanno i consiglieri di opposizione” sugli emendamenti concordati con i sindacati. Emendamenti che “vanno nell’interesse dei lavoratori e dell’equità, soprattutto delle fasce più deboli”, mentre “l’opposizione avrebbe preferito andare a uno scontro”. Conclude “ribadendo la soddisfazione per il risultato ottenuto, forse l’unico possibile e il migliore in questo momento” e richiama la necessità di “mettere in atto un piano di sviluppo per il Paese e una seria spending review per ridurre la spesa corrente”. Luca Gasperoni (PDCS) chiarisce che le modifiche al testo “hanno ridotto l’impatto sui redditi più bassi e annullato l’effetto sulle fasce più deboli”, introducendo “una maggiore gradualità nelle transazioni SMAC”. Precisa che “il gettito sarà inferiore ai 20 milioni, ma la differenza sarà recuperata con controlli e spending review”, e ribadisce che “questa riforma non è un aumento delle imposte, ma una revisione complessiva dell’architettura fiscale”. “Pagare poco ma pagare tutti, per far sì che si possano mantenere le ricchezze che oggi abbiamo nel Paese: una sanità pubblica e un’istruzione pubblica – è il principio evidenziato da Paolo Crescentini (PSD) -. Siccome noi vogliamo mantenere questo status d’eccellenza, dobbiamo fare tutti un piccolo sacrificio, perché i diritti costano”. Dunque “i proventi della riforma devono essere destinati agli investimenti e al ripianamento del debito pubblico”. Matteo Casali (RF) parla di “mostro metodologico-istituzionale” e accusa la maggioranza di incoerenza: “bilancio a gonfie vele, banche a gonfie vele, debito in caduta libera; però mettiamo le mani in tasca ai sammarinesi. C’è qualcosa che non va”. Secondo Casali “prima di mettere le mani in tasca ai cittadini, bisogna ricercare il pareggio di bilancio diminuendo consulenze, viaggi, delegazioni, spese insensate”, e solo dopo “identificare gli obiettivi, gli investimenti e le modalità di riduzione del debito” dice il consigliere di Rf. E chiude: “Dopo una débâcle così bisognerebbe prendere l’IGR, le deleghe, mettersele sotto braccio e andare a casa”. Vladimiro Selva (Libera) sottolinea che “nel corso della definizione degli emendamenti c’è stata massima disponibilità da parte della Segreteria alle Finanze a discutere le proposte di Libera”, per arrivare “a una versione più equa e più giusta della riforma”. Riconosce “il rischio reale di uno scontro sociale, che per Libera era da evitare”, ma anche “la vitalità e la forza dimostrate dai sindacati”. Conclude affermando che “bisogna far tornare San Marino un luogo attrattivo non solo per chi ci vive e lavora, ma anche per chi viene da fuori”, perché “il consumo in territorio significa maggior gettito, più lavoro e più occupazione”.
“Il Segretario di Stato Marco Gatti è stato di fatto commissariato su questa vicenda dalle altre forze di maggioranza, in particolare da Libera – è l’analisi di Enrico Carattoni (RF) -. Ritengo che le concessioni fatte siano frutto del combinato disposto tra la foltissima partecipazione agli scioperi e la vicenda di Banca di San Marino”. “Con questo progetto di legge abbiamo centrato uno degli obiettivi previsti dal programma di governo: la necessità di rafforzare i conti pubblici attraverso una riforma dell’IGR improntata all’efficacia dei controlli contro l’evasione fiscale – è il parere di Guerrino Zanotti (Libera) -. È un elemento positivo che il governo e la maggioranza sappiano ascoltare le rivendicazioni e trovare il modo giusto per confrontarsi, arrivando a una definizione dei provvedimenti più equa e giusta”. Dure critiche arrivano da Giovanni Zonzini (Rete). “Sappiamo perfettamente che questa riforma è stata fatta per cercare una qualche forma di equilibrio di bilancio, che è evidentemente perduto. Noi venivamo derisi e tacciati come analfabeti perché dicevamo che il bilancio era messo male, e i fatti si sono incaricati di darci ragione Come si fa una spending review se, nel vostro programma, si registra un aumento di 166 dipendenti pubblici in un anno e mezzo?”
Alle 19.20 i lavori vengono sospesi. Riprenderanno lunedì.
Di seguito una sintesi degli interventi
Comma 20
a) Progetto di legge “Modifiche alla Legge 16 dicembre 2013 n.166 Imposta Generale sui Redditi e successive modifiche” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio) (II lettura)
b) Ratifica Decreto Delegato 15/10/2025 n.125 – Emissione di titoli del debito pubblico – Repubblica di San Marino, tasso fisso 2,00%, 23 dicembre 2026 (Errata corrige in data 16 ottobre 2025)
c) Progetto di legge “Disposizioni in materia di emissioni di Titoli del debito pubblico della Repubblica di San Marino” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio) (II lettura)
Sara Conti (RF): Ho sentito pochi interventi da parte della maggioranza e cose che non sono reali: c’è una totale mistificazione della realtà. Non so se sia voluta, perché c’è un sostegno ad oltranza per il Segretario di Stato Gatti, oppure se realmente pensano di aver vissuto una realtà che è parallela rispetto a come sono andate le cose negli ultimi mesi, e quindi ci tengo a ripercorrerle. Partiamo quindi dalla riforma IGR numero 1. Agli albori della riforma non c’è stato alcun confronto con le parti, con le minoranze specialmente. Siamo stati convocati in una giornata di agosto alla Segreteria di Stato, dove il Segretario candidamente ci ha detto che gli servivano 20 milioni e che quella era la sua proposta di riforma. Questo è stato il quadro che ci ha portati alla convocazione di quel settembre, il primo giorno di Commissione Finanze. Primo giorno di Commissione Finanze: quel testo inqualificabile e inemendabile, che noi avevamo chiesto più volte di ritirare per metterci a un tavolo, seriamente, a confrontarci su una riforma sensata e accettabile, che non andasse a colpire indiscriminatamente alcune categorie rispetto ad altre, cosa che non è stata fatta. Quella mattina c’è stato un imprevisto, la famosa variabile esogena che governo e maggioranza forse non si aspettavano: 10.000 tra sammarinesi e frontalieri sono scesi in piazza per dire no a quello scempio. A quel punto noi, dentro l’aula, abbiamo fatto l’unica cosa da fare: abbiamo chiesto di fermarci; abbiamo chiesto a voi di maggioranza e al Segretario: fermatevi, valutiamo, confrontiamoci e tiriamo fuori un testo che non sia così iniquo e discriminatorio; tiriamo fuori un testo che nasca da un confronto reale. Finalmente, forse qualche consigliere, commissario di Libera, ha avuto la lungimiranza politica di dire al microfono che sarebbe stato il caso di fermarsi per un confronto. Il Segretario, forte di una maggioranza che non ha detto nulla, ha approvato tutti gli articoletti uno dopo l’altro, nonostante su alcuni ci fosse anche apparentemente un’unione di idee. Tutto ciò che veniva messo sul tavolo durante la Commissione non poteva essere accettato, e ci siamo trovati un testo discriminatorio che, uscito così, avrebbe esacerbato lo scontro sociale tra le categorie e nel tessuto economico del Paese. Avrebbe avuto un peso preoccupante sui frontalieri. Io non posso sentire da un consigliere di maggioranza che avete avuto grande attenzione per l’importanza dei frontalieri, che sono una risorsa per il nostro Paese. Parlate tanto di accordo di associazione, però vi eravate dimenticati che 8.000 cittadini europei ogni giorno varcano il confine per venire a lavorare nelle nostre aziende e industrie, costituendo una risorsa preziosissima. Quando vi siete ricordati che proprio questi 8.000 frontalieri sono stati una carta determinante al nostro tavolo negoziale con l’Unione Europea, ve ne siete ricordati tardi. Una riforma, quella uscita dalla Commissione, in cui non si parlava di controlli: qui si dice che volete fare una grande lotta all’evasione fiscale, e poi viene fuori che ci sono 24 milioni di monofase non pagata da recuperare, però nessuno fa niente; c’era già una Commissione di controllo per l’evasione, prevista dalla legge, mai convocata. Noi li vogliamo vedere, questi controlli: staremo attentissimi, perché non vediamo l’ora di recuperare tutti questi milioni di euro che gli evasori devono allo Stato. Ditemi voi se questa può essere l’idea del governo per tenere i giovani in Repubblica e non farli scappare via gambe levate per aprire startup all’estero. Abbiamo eliminato la possibilità, e questo è rimasto, di dedurre dalle tasse le donazioni per enti benefici che non fossero di San Marino. Vi pare normale? Avete eliminato le spese veterinarie, però avete detto: grande sostegno alle famiglie e alla natalità con il bonus babysitter. Ma quali fasce di reddito si possono permettere una babysitter assunta a cui pagano i contributi? Il risultato di oggi, della riforma numero 4, non ci sarebbe stato senza un secondo sciopero generale, grazie alla tenacia delle organizzazioni sindacali, delle associazioni di categoria, delle opposizioni, ognuno per la propria parte. Noi certo non avremo contato molto, ma tutte quelle persone che si sono mobilitate fuori hanno fatto la differenza, io le voglio ringraziare. Queste persone hanno rinunciato al salario di due giorni: il sacrificio lo hanno fatto. Non veniteci a raccontare favole, perché noi l’abbiamo vissuta la stessa storia: non eravamo in due realtà parallele. In un Paese normale, un Segretario di Stato che ha portato avanti una riforma in questo modo, sovvertendo l’ordine democratico delle cose, si sarebbe già dimesso. Se i miei colleghi italiani mi chiedono di raccontare com’è andata la nostra riforma IGR, io non dirò niente, perché mi vergogno di dire che i miei colleghi sono qui e non dicono una parola: dicono che il governo e la maggioranza hanno ottenuto un risultato bellissimo. Qui si vuole far passare l’idea che valga tutto il contrario di tutto e che si possa fare qualunque cosa, perché poi si può mettere a posto. Invece no: la forma, in certi contesti, è anche sostanza, e questo è uno di quei contesti. Non si può venire qui dentro a sovvertire l’ordine delle cose e a inventarsi un iter normativo che ogni volta viene inventato, sovvertito, modificato a piacimento di qualche Segretario di Stato e di qualche consigliere commissario compiacente di maggioranza. Noi non ci stiamo e continueremo a dirlo ogni volta che ci troviamo di fronte a uno di questi casi. Vi rendete conto del corto circuito che avete creato? Per avere cocciutamente voluto continuare a portare quella legge e non ritirarla, avete creato un corto circuito pericolosissimo e inqualificabile. Nessuna presentazione alle opposizioni di dati, di proiezioni, di quale sarà il gettito. Si dice che il gettito sarà usato per investimenti in infrastrutture. Ma quali? Si può scrivere in un articolo di legge una roba così vaga e poi tirare fuori sempre il jolly buono per tutte le stagioni: l’ospedale. Rifacciamo l’ospedale, perché quando non si sa cosa dire diciamo che rifacciamo l’ospedale. Questo non può essere il modo, colleghi: siamo veramente contrariati.
Giovanni Francesco Ugolini (PDCS): Osservando con attenzione quanto succede nella vita politica, economica, sociale del nostro Paese, mi sono accorto che da tempo non si viveva un momento così denso di avvenimenti: un susseguirsi di errori, polemiche, attacchi e contrattacchi tra la politica, maggioranza e opposizione, o addirittura all’interno della stessa maggioranza, o paradosso massimo, all’interno della stessa opposizione. Questo stato d’animo di un orizzonte pieno di nubi oscure lo percepisce ovviamente la politica, ma soprattutto la gente. Chi vive oggi tra la gente del nostro Paese non può non sentire bruciare sulla propria pelle il fuoco della sfiducia, del disagio, della delusione. Diverse situazioni in questi anni sono state ricondotte sul giusto binario. Mi riferisco al buco di bilancio, mi riferisco alla strada intrapresa per l’accordo di associazione, mi riferisco, tra virgolette, alla ristrutturazione del tribunale e dello stesso impianto legislativo. In questo contesto di crisi internazionale, situazioni economiche e sociali interne da ricondurre, viene necessariamente proposto sul tavolo di lavoro la nuova legge IGR. Penso che nessuna maggioranza sana di mente abbia il piacere o il desiderio di tassare o modificare le leggi riguardanti le tasse, se non vi sono necessità di spesa e di un equilibrio migliore fra i contribuenti. Ed è in questo contesto che arriva questa nuova legge sull’IGR, che va riassunta in pochi fondamentali punti. Dialogo e confronto hanno messo in evidenza la forza di questo Paese e la necessità di equilibri giusti. Non possiamo nascondere che si è svolto un confronto difficile ed emotivamente molto forte, ma la prima considerazione che appare evidente e che va sottolineata è che il dialogo e il confronto hanno messo in evidenza la forza di questo Paese nel ricercare tra le parti equilibri giusti. Quante volte ho sentito riecheggiare la considerazione che il nostro Paese fosse addormentato, supino alle decisioni altrui, quasi rassegnato e colto da abulia di fronte alle decisioni. Non mi pare che sia stato proprio così. C’è stata una reazione veemente della gente che non ha esitato a richiedere un confronto che portasse a soluzioni condivise. Di pari passo va riconosciuta la disponibilità del Segretario alle Finanze, del Governo, della maggioranza tutta, che con il confronto è arrivata a una soluzione. Dialogare, confrontarsi e anche limare delle posizioni non lo considero un atto di debolezza, ma bensì di forza. Di sicuro il punto di accordo che riguarda la questione dell’equilibrio della tassazione tra tutti i lavoratori è di per sé l’atto più significativo di tutta questa vicenda. Un punto fondamentale, oserei dire elemento cardine, di una compattezza sociale con chi, in una reale e concreta misura, contribuisce alla crescita e allo sviluppo del Paese. Il lavoro fatto in questi ultimi anni dalla Segreteria alle Finanze è stato encomiabile. Mai dimenticare da dove siamo partiti. Oggi sia il Fondo Monetario che la Società di Rating ci riconoscono e premiano la nostra ritrovata serietà e la nostra decisione a non farci intimorire dalla paura di perdere consenso o di nascondere le questioni sotto il tappeto. I problemi vanno affrontati e risolti, e devo dire che questa scelta è quella vincente. Il Governo e la maggioranza tutta hanno fatto la loro parte, e le forze sindacali la loro. Non si sono prestati a comunicati che definirei inopportuni, messi in campo da forze politiche per accattivare la piazza, trarre un effimero vantaggio politico, lasciando però di fatto sul campo niente di concreto. Si è trovata una soluzione equilibrata. Basta polemiche. Ora guardiamo il risultato e concentriamoci sulle cose da fare. Non sono certo il primo a dirlo, ma anche questa manovra, se non sarà accompagnata da un concreto piano di sviluppo in prospettiva, risulterà solo una manovra temporanea. Dobbiamo portare la classe politica del Paese a scelte coraggiose. Lo dico da sempre: San Marino non ha pozzi di petrolio o miniere da cui attingere risorse. Ha una sola risorsa: le persone che lo vivono, lo difendono e lo amano. Questa è la risorsa più grande: le persone. Tiriamo fuori progetti e idee, sfruttiamo le nostre peculiarità di essere uno Stato, ma soprattutto cerchiamo, nel possibile, di stare uniti. Seppur nel rispetto dei ruoli, sapremo rispettarci e non avremo nulla da temere.
Matteo Zeppa (Rete): Parto dall’affermazione che il segretario Gatti ha rilasciato alla TV di Stato un paio di giorni prima del primo sciopero. Molto tranquillamente, quasi a sbeffeggiare quello che sarebbe poi capitato, ha detto: “Lo sciopero vi costerà molto di più del prelievo fiscale di un anno”. Voglio cominciare questo mio intervento, caro segretario Gatti, riferendomi direttamente a lei, dicendole una verità evidente che qualcuno tenterà di mascherare anche oggi con paroloni e comodi slogan. Il vero sconfitto, caro segretario Gatti, in tutta questa storia non è la gente che scende in piazza, non sono i lavoratori, non sono i pensionati, non sono i frontalieri. Il vero sconfitto è lei, Marco Gatti. Lei è come il re nudo, e si vede anche da come ha parlato questa mattina. Nel momento in cui uno scrive un progetto di legge, sa già che quello avrà un impatto, e l’impatto è stato devastante. Caro segretario, questa è la cruda realtà dei fatti. Senza mezzi termini, questa riforma non è stata una proposta disinteressata per il bene collettivo. È stata una riforma iniqua, discriminatoria, costruita con le sue sforbiciate, che colpisce i redditi da lavoro dipendente e le pensioni, costringendo i meno abbienti a pagare di più, mentre chi ha gli strumenti per evadere viene tutelato. Questo è il testo in prima lettura del Segretario alle Finanze che voi, cara maggioranza, avete votato. C’è un altro dettaglio che non possiamo sottovalutare e riguarda la dignità istituzionale. Lei, caro Marco Gatti, non ha solo perso la scommessa politica. Lei ha umiliato il suo stesso governo e, cosa ancora più grave, ha tagliato la faccia al suo collega che da anni tratta il negoziato con l’Europa, il Segretario di Stato agli Esteri Beccari. Perché anni di lavoro diplomatico, di negoziati incardinati nel diritto internazionale e negli impegni europei conseguenti, di cui ci riempiamo continuamente la bocca, sono stati messi in bilico da un’iniziativa fatta da lei in solitudine, con il piglio di chi decide prima e ascolta poi. E non è un dettaglio. È scandaloso che voi cerchiate di indorare la pillola, perché questa riforma che lei ha impostato e su cui ha fatto un dietrofront incredibile – un vero tuffo carpiato all’indietro – non è un semplice aggiustamento fiscale, come voleva far credere. Infatti, va a ledere libertà che in Europa sono veri e propri capisaldi: la libertà di stabilimento delle persone, la libertà di circolazione dei lavoratori, la libertà di prestazione dei servizi. Quel testo, il progetto di legge che lei ha depositato, andava a mettere in discussione tre dei quattro principi fondamentali. Caro segretario, quasi 18.000 persone sono scese in piazza a distanza di dieci giorni per protestare. Hanno protestato in modo talmente composto e dignitoso che nella mia vita non avevo mai visto nulla di simile. La cittadinanza vi ha tolto anche la possibilità di recriminare sul loro comportamento: è segno di maturità e della bravura delle sigle sindacali nel non fomentare lo scontro. Le assemblee zonali, la determinazione annunciata e ribadita dai sindacati non sono stati teatrini, come lo è oggi il teatro che state facendo voi sostenendo questa riforma. Tutte le iniziative sindacali sono state la risposta di chi non vuole essere spremuto oltre il lecito, senza capire nemmeno dove quell’ulteriore sacrificio sarebbe stato destinato. Segretario Gatti, parlo di persone che ogni giorno si alzano per portare avanti questo Paese, che non chiedono regali ma giustizia contributiva. Se qualcuno, come lei, vuole giocare con la vita di queste persone per dimostrare di essere forte, sta costruendo il suo fallimento politico. I corpi intermedi, tra cui i sindacati, hanno ripreso consapevolezza e autorevolezza. Lei, Gatti, l’ha persa, barattandola con il suo autoritarismo. I sindacati non hanno alzato la voce per piacere, ma perché hanno coinvolto in un percorso democratico le varie confederazioni. Un percorso di democrazia a cascata che lei, Gatti, può solo sognare. I sindacati hanno organizzato assemblee, provato a dialogare, preparato proposte alternative e portato in piazza quasi 18.000 persone in una lezione di democrazia. Lo hanno fatto per difendere il potere d’acquisto di chi lavora, mentre lei colpiva quei ceti sociali sorridendo a chi non dichiara nulla. E cosa ha fatto il governo? Ha risposto con supponenza, pensando di avere una bacchetta magica. Senza ulteriori giri di parole, caro Marco Gatti, lei è il vero sconfitto. La sua supponenza, la sua boria, la sua tracotanza nell’ignorare 18.000 persone che sono venute qui, la sua arroganza nel far sospendere la commissione quando avevate emendamenti su emendamenti, tutto questo mostra il fallimento di una riforma che punisce chi lavora, discrimina, mette in discussione i principi fondamentali, ignora i numeri, sottovaluta le persone e mette a rischio anni di credibilità istituzionale, compresa la reputazione del suo collega Beccari. Lei ha perso su tutta la linea. Le sue parole, i suoi calcoli e il suo atteggiamento, compreso il suo sbeffeggiare due giorni prima dello sciopero generale dicendo che sarebbe costato di più del prelievo fiscale, sono irrispettosi nei confronti della cittadinanza. E ci vuole coraggio e faccia tosta nel dire, alla fine della scorsa legislatura, dopo aver già mandato lettere agli uffici per impostare la riforma fiscale, che “le riforme sono impopolari”. Peccato che due suoi colleghi di maggioranza abbiano fatto la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro, mentre lei se n’è guardato bene, sapendo che, essendo impopolari, avrebbe avuto un riscontro politico negativo. Bene, segretario: lei non ha coraggio. Il suo modo di operare in questi mesi rappresenta la sua linea politica, una linea autoritaria che finalmente si è scontrata con una cittadinanza viva. E voi non ve l’aspettavate. Non se l’aspettava nessuno.
Marino Albani (PDCS): Prendo la parola per esprimere alcune mie personali considerazioni, anche quelle che avevo già esternato durante l’esame del PDL in Commissione Finanze, aggiornate alla luce del percorso fatto fino a questo momento per la riforma IGR. Un percorso vissuto da vicino, per quanto mi riguarda, per fasi successive, che attraverso il lungo e anche difficile confronto con le parti sociali e le categorie, ma anche all’interno della maggioranza, ci ha portato a questa odierna seconda lettura del PDL, in cui vedremo principalmente gli ultimi emendamenti condivisi con le controparti sociali che andranno a modificare il testo licenziato dalla Commissione Finanze. Emendamenti che, come noto, segnano la fine del percorso in termini veramente positivi. Dopo una prima fase di gruppi di lavoro di partito, il confronto si è trasferito nei gruppi consiliari e tra i gruppi consiliari. Il resto lo sappiamo tutti fin troppo bene. Ricordiamo bene, dopo i lavori della Commissione Finanze, anche la forte veemenza sindacale con due scioperi generali e non solo. Dobbiamo però ricordare che il percorso si sta ora concludendo grazie all’opera decisiva del nostro Segretario alle Finanze che, nei giorni scorsi, è riuscito nell’impresa piuttosto complicata di trovare la quadra nella trattativa tra le richieste dei sindacati e le esigenze di bilancio e di equità che hanno motivato questa riforma fiscale. L’accordo sul punto di equilibrio definitivamente raggiunto nei giorni scorsi è stato tradotto rapidamente dall’efficiente e competente staff della Segreteria delle Finanze in emendamenti sottoscritti da almeno 39 consiglieri di maggioranza e depositati per la loro approvazione, sempre col quorum di 39 voti a favore. Anch’io ho sottoscritto di buon grado la presentazione di questi emendamenti indispensabili per portare a casa anche questa manovra, che porterà significativi ed equilibrati cambiamenti sulla legge dell’IGR a partire dal 2026, e voterò convintamente in seconda lettura tutto l’articolato che il Segretario alle Finanze ci propone. Permettetemi di accennare al raggiungimento di un buon equilibrio in termini di equità su lavoratori dipendenti e pensionati, agendo su detrazioni SMAC e detrazione forfettaria in funzione del reddito. Questa manovra va in generale a favore delle famiglie e dei redditi medio-bassi e dei consumi interni, mentre cresce la pressione sulle rendite finanziarie, sui redditi esteri e sul comparto immobiliare; agendo su ammortamenti e contratti di leasing, prevede un limitato aumento dell’aliquota sul reddito d’impresa per 5 anni, destinato però a finanziare infrastrutture e a ridurre il debito pubblico. Cosa molto importante: con questa manovra si dà un nuovo forte impulso all’accertamento fiscale, per far emergere i redditi coperti dall’evasione e dall’elusione, potenziando le attività di controllo che partono in automatico anche con l’utilizzo di moderni software e con l’incrocio con le banche dati disponibili nel Paese e non solo di natura bancaria. A mio giudizio, per dare più ampio respiro all’emersione di imponibile sommerso, si sarebbe potuto, con un pizzico di coraggio in più, prevedere l’inserimento nella manovra di un istituto come quello del concordato preventivo che in Italia ha un buon riscontro. Il concordato preventivo ha una sua base negli studi di settore e quindi il reddito non può attestarsi a livelli bassi o comunque più bassi del reale. In ogni caso, questo istituto non potrebbe essere calato “tout court” a San Marino, ma andrebbe personalizzato, adattato alle nostre dimensioni e caratteristiche, agli studi di settore e ai controlli da fare. Per onestà intellettuale, devo accennare almeno due situazioni. La prima è che, durante gli scioperi generali, ci sono stati diversi momenti in cui la violenza è andata oltre il limite dell’accettabile e del rispetto verso il nostro ruolo istituzionale; però, per fortuna, si è ristabilita una sorta di pacificazione, come testimoniato dal comunicato stampa di oggi dei tre sindacati, e questo mi fa enormemente piacere. L’altra riguarda invece l’opposizione, che in Commissione ha depositato solo emendamenti abrogativi, dichiarando che il PDL in prima lettura non era emendabile, anzi era da buttare nel cestino. Questa non mi sembra, a priori, una disponibilità al confronto; però abbiamo già dimostrato nei fatti il contrario con l’accordo con parti sociali e categorie e il deposito di emendamenti correttivi di iniziativa della maggioranza. Sono solo un po’ curioso di vedere quale atteggiamento, anche se già si vede, in concreto terrà l’opposizione in seconda lettura davanti a una versione del PDL condivisa da quei sindacati che l’opposizione ha appoggiato senza riserve. Mi si permetta di chiedermi se questa opposizione, sempre più spesso impietosa continuerà a tenere gli ormai consueti comportamenti strumentali. Io sono un tollerante, un costruttore da sempre e allora voglio invece auspicare per il futuro un apporto più positivo e costruttivo dell’opposizione, recependo l’appello della Reggenza a un rinnovato tempo dei costruttori. Concludo con un’esortazione a tutta l’Aula, ma in particolare alla maggioranza, affinché, approvata questa legge, si vada decisi verso provvedimenti importanti e ineludibili per il Paese che ci attendono: come una “spending review”, soprattutto alla luce delle minori entrate previste con la nuova formulazione della riforma fiscale rispetto agli obiettivi iniziali; verso progetti per lo sviluppo in termini di investimenti per la crescita, sostegno alle imprese, occupazione e innovazione; verso programmi concreti di avvicinamento all’Accordo di associazione, per affrontare al meglio le sfide e le opportunità in un mondo competitivo e interdipendente.
Iro Belluzzi (Libera): Probabilmente dà enorme fastidio il fatto che oggi siamo potuti entrare nel Palazzo in un clima tranquillo: non c’erano scioperanti, non c’era la contestazione giusta della popolazione e dei lavoratori. Questo lo considero un grosso elemento che va valorizzato. L’abbiamo detto molte volte: il metodo probabilmente non era quello perfetto, però l’obiettivo che raggiungiamo è la pacificazione sociale dopo due scioperi sicuramente importanti. Se non ci fosse stato questo passaggio, probabilmente, in maniera bipartisan, non avremmo vissuto questo momento nel percorso di approvazione della norma. Ringrazio le forze sindacali per non aver perso fiducia nel percorso che stava maturando all’interno della maggioranza. Le ringrazio per aver contribuito a rendere il testo quanto più equo, rispondente alle esigenze dello Stato e del bilancio dello Stato. L’impegno anche da parte del mondo imprenditoriale — per me punto di riferimento sempre estremamente importante — è stato significativo: il mondo imprenditoriale sano è l’ossatura dell’economia della Repubblica di San Marino. Richiamo la maggioranza e il governo su quanto sia fondamentale, in passaggi come questo avviare i confronti all’interno del tavolo tripartito, dove forze datoriali, corpi intermedi e governo, con la maggioranza che sostiene il governo, si incontrino e si confrontino in maniera fattiva. Altro elemento importante, da affrontare prossimamente e spero molto velocemente, è il percorso dell’associazione europea. Importante è il confronto all’interno dell’Aula, ma fondamentale è il rapporto con chi rappresenta la collettività: datori, lavoratori, maggioranza e governo. Queste devono essere le traiettorie da perseguire. Noi non abbiamo mai favorito tasse “etniche”. Nel 2008, l’ultima volta che probabilmente qualche rappresentanza della sinistra non era al governo, fu emanata una norma, un decreto, che era una tassa “etnica”. Per me è molto importante che le norme vengano poi tradotte e realizzate secondo la visione, l’idea, la comprensione di come si muove il Paese. Do un valore particolare allo sciopero e al fatto che la popolazione sia scesa in piazza: non è soltanto qualcosa contro un determinato provvedimento ma esprime un malessere verso un futuro difficile. Non parlo soltanto di San Marino. I punti di riferimento stanno cambiando: dobbiamo ripristinarli. Significa welfare, famiglia, cultura, giusta collocazione del Paese all’interno della collettività internazionale. Occorre la capacità di vedere gli elementi essenziali per ridare speranza e fiducia. Dobbiamo lavorare insieme: il welfare non funziona più come doveva, probabilmente è uno degli elementi che ha portato la gente a protestare in piazza. Altri elementi non danno quella garanzia di cui andavamo fieri: dobbiamo ragionarci. Per quanto riguarda la riforma voglio sottolineare in maniera estremamente importante che dovremo fare attenzione, noi come maggioranza e i corpi intermedi, e soprattutto la Segreteria di Stato alle Finanze, al buon funzionamento di quella che è la scommessa di questa riforma IGR: il sistema dei controlli. Non è vero, come ho sentito dire, che il Paese non cresce e che è in difficoltà: il Paese cresce e la base imponibile, se i controlli avessero funzionato, probabilmente si sarebbe già ampliata. La base imponibile si allarga quando i controlli funzionano e ognuno paga in funzione di ciò che percepisce, come deve essere in un Paese democratico. Il sistema dei controlli permetterà di continuare a erogare determinati servizi, andando a verificare i processi all’interno dell’amministrazione per eliminare gli sprechi, che molto spesso sono frutto di processi e sistemi che non funzionano. Si costruisce nella pace, ma la pace va coltivata e va valorizzato il credito che ci è stato dato da chi è fuori dall’Aula e da chi ci ha portato dentro l’Aula. Maggioranza e governo devono lavorare in maniera sincrona. Voglio sottolineare anche il progetto di legge sulle emissioni e i titoli: cammina tutto di pari passo. La legge per l’emissione dei titoli di debito pubblico ha senso in funzione degli impegni scritti in quella norma e di ciò che potrà essere un maggior gettito derivante dai controlli, dalla partecipazione, dall’impegno dei dipendenti e di questa piccola comunità. Quelle fatidiche 39 firme che tutti dicevano non sarebbero mai state raggiunte: avevate scommesso; abbiamo raggiunto 43 firme. Un ringraziamento va alla collega Michela Pelliccioni per aver sottoscritto gli emendamenti, perché, quando c’è stato il punto di incontro fra datori, lavoratori, sindacati e politica, probabilmente ha compreso l’importanza di ciò che andiamo a fare. Non si può essere sempre contrari a prescindere perché si occupano posizioni: si può essere fattivamente positivi quando ciò che approviamo è condiviso.
Tommaso Rossini (PSD): Devo dire che sviluppare ed emendare una legge IGR, non è una cosa semplice né per la maggioranza né per l’opposizione. Credo però che per la maggioranza sia ancora più difficile, perché la maggioranza sceglie di essere lì, di essere responsabile e di portare avanti un percorso anche contro, a volte, un’opinione pubblica che parte da sentimenti di pancia, subendo attacchi sia dall’opposizione che dalla piazza. La difficoltà è palese anche per noi consiglieri e commissari di maggioranza, ma quando si entra in un governo, si decide di stare in maggioranza e si approva un programma di governo, ci si assume delle responsabilità. Una di queste era quella di portare a casa la riforma IGR, che era necessaria. Perché è necessaria la riforma IGR in questo momento? Innanzitutto perché sono dieci, dodici anni che non veniva toccato questo argomento. Era il momento di farlo. Serviva a dare stabilità economica al Paese, per arrivare a un punto in cui San Marino possa dirsi stabile e forte a livello economico. Questa riforma porterà delle entrate che dovranno essere reinvestite nel Paese. Tutti i consiglieri di maggioranza hanno chiesto e continueranno a chiedere che queste entrate siano ridistribuite per ridurre il debito pubblico, diminuire la pressione fiscale e quella sugli interessi, e soprattutto per investire in infrastrutture, crescita e sviluppo. Se il Paese necessita di un parcheggio in più, che serve ai residenti ma anche al turismo, mi aspetto che l’avanzo di bilancio venga reinvestito in infrastrutture che creino sviluppo e migliorino la qualità della vita dei cittadini. La stabilità economica del Paese influisce anche sul debito pubblico. Poco prima dell’inizio della Commissione abbiamo avuto la visita del Fondo Monetario Internazionale, che ci ha ricordato come il nostro debito sarà rimesso nei mercati. Le entrate dovranno essere riversate in infrastrutture, ma anche nella manutenzione e nell’ammodernamento delle strutture esistenti. Da tempo si parla di quanto i nostri plessi scolastici siano vecchi e abbiano bisogno di manutenzione. Noi chiediamo ai cittadini di fare uno sforzo: ai dipendenti, ai pensionati, ai lavoratori autonomi, alle aziende. È importante che anche noi, qui dentro, e soprattutto i Segretari di Stato, facciano uno sforzo contro gli sprechi, contro i buchi che poi si chiede di risanare con un assestamento di bilancio. Ci aspettiamo che si eliminino gli sprechi, che non sono accettabili né nella gestione del governo, né del Consiglio, né della pubblica amministrazione. A breve ci sarà una relazione del Segretario agli Affari Interni sulla situazione attuale e sulle possibili aree d’intervento per limitare al massimo gli sprechi. La legge che oggi presentiamo in Aula in seconda lettura è frutto di un confronto con tutte le forze e i soggetti attivi della Repubblica, esclusa purtroppo l’opposizione, che si è limitata a chiedere l’eliminazione della legge senza partecipare alla sua costruzione. È un peccato, perché il parere dell’opposizione è sempre un segno di democrazia. Questa legge è equa: tutti pagano qualcosa, chi ha di meno paga di meno, chi ha di più paga di più. È arrivata anche la proposta dei controlli automatici, fondamentale per verificare le società che dichiarano da zero a 15.000 euro. Questi controlli automatici, incrociando i dati fiscali e bancari, permetteranno di verificare eventuali evasioni e recuperare credito. Dal confronto è emersa anche la decisione di lasciare invariata la tassazione del TFR, dopo una prima proposta di aumento. Inoltre, per venire incontro alle fasce più deboli e ai frontalieri, è stato ampliato il paniere della Smac, includendo benzina, assicurazioni e bollette. Nonostante gli scioperi, i tavoli sono rimasti aperti, per volontà di tutta la maggioranza e del Segretario di Stato. La riforma IGR doveva essere chiusa in questa sessione consiliare, entro la fine dell’anno, e la possibilità di mantenere aperto il confronto ci ha portato oggi qui, con una serie di emendamenti non numerosi, che cambiano alcuni aspetti ma non in modo drastico. Sono emendamenti concordati con le forze sindacali, le associazioni di categoria, i consiglieri di maggioranza e la consigliera Michela Pelliccioni, che ringraziamo per il suo senso di responsabilità. Guardando al futuro, San Marino deve puntare su molti progetti, primo fra tutti l’indipendenza energetica. Si fanno progetti, ci si affida ai tecnici e si sceglie, ad esempio, di investire in un impianto fotovoltaico a Brescia, che rappresenta un investimento per il futuro. Concludo dicendo che portare avanti la riforma IGR è una scelta di responsabilità. Cercare il dialogo, anche ricevendo insulti, fa parte di questo percorso. Sono stanco di sentirmi dire che mi devo vergognare perché faccio parte della maggioranza, ma pazienza: accettiamo il gioco per com’è. Concludere la riforma IGR, per come la vediamo noi del PSD, è un atto di responsabilità con una visione di crescita per il Paese. Ribadisco ancora una volta che le entrate che arriveranno dovranno essere investite per la crescita e lo sviluppo del Paese, non per coprire sprechi.
Dalibor Riccardi (Libera): Credo che portare un provvedimento di questo tipo, per come è stato maturato, è sintomo di una capacità della maggioranza e di un governo di porsi verso un approccio di ascolto. Non è un passaggio così scontato. È un provvedimento che viene maturato dopo un percorso, un percorso che però alla fine rappresenta il raggiungimento di un risultato sicuramente delle forze politiche di maggioranza, sicuramente del governo, sicuramente delle categorie sindacali ed economiche, ma in primis del Paese. Perché credo che, quando si raggiungono dei risultati dove di fronte a un provvedimento del genere si riesce a ottenere anche una riappacificazione di carattere sociale, è sicuramente un risultato del Paese. Io non voglio rispondere agli attacchi o ad alcune considerazioni che sono arrivate dai banchi dell’opposizione. Mi limito a dire che però effettivamente quello che diceva il mio Segretario questa mattina, il fatto di essersi voluti autoescludere nel dibattito, un po’ sinceramente mi lascia dispiaciuto, perché io credo che i contributi, dentro un’aula, devono essere portati da tutti in maniera democratica. Io credo che siano stati inseriti all’interno di questo progetto di legge una serie di componenti che, ad esempio, una volta non c’erano: il poter dare la possibilità di detrarre anche le bollette, le assicurazioni che riguardano il ramo personale, sono tutta una serie di cose che tengono conto anche di un Paese che è cambiato rispetto all’ultima riforma, che purtroppo deve far fronte a un’inflazione incalzante e che oggi tiene conto anche di queste cose, assolutamente prioritarie e fondamentali quando si è al governo in un Paese; cioè riuscire, nel limite del possibile, ad andare incontro e ad ascoltare quello che non solo la piazza, ma la gente ci fa presente ogni giorno, perché è innegabile che purtroppo il costo dell’inflazione oggi si va a scontrare con la capacità redituale di tante famiglie. Credo veramente che, a dispetto del percorso e di quello che si è successo in questo mese e mezzo, grazie a un lavoro congiunto di pace sociale, di ascolto e di dialogo, si è raggiunta una riforma fiscale che oggi, lo dimostrano i fatti, sia la più equa e sostenibile possibile. E lo dico perché è frutto di una maturazione che anche questo governo, questa maggioranza, ha voluto dare alla nostra cittadinanza e a una classe politica che probabilmente erano anni che non faceva questo sforzo così importante. Ma lo ha fatto e oggi le prove lo dimostrano. Io credo che ogni provvedimento, soprattutto quando sia di carattere strutturale, debba avere questo grado di ascolto e questo grado di sintesi fra chi rappresenta le istituzioni, chi rappresenta le categorie economiche o sindacali in questo caso e chi sostiene noi, perché è fondamentale questo dialogo fra la cittadinanza e le istituzioni. Poi, ovviamente, non è finito il lavoro di questo governo e di questa maggioranza con questo provvedimento; anzi, è l’inizio di un percorso, un percorso che ci deve vedere, come abbiamo scritto anche nel programma, cercare di ridurre il debito contratto. Si passa da qui, si passa da questi concetti per arrivare a ottenere i risultati che la cittadinanza si aspetta da noi come singoli rappresentanti di ogni forza politica che compone, e qui lo dico, maggioranza e opposizione. Ed è per questo che ho un po’ il rammarico che l’opposizione non abbia voluto contribuire dicendo che il Pdl era “inemendabile” dal primo giorno. Non molto tempo fa abbiamo dibattuto di una situazione non bellissima nei confronti degli animali d’affezione. Io credo che forse su questo avremmo potuto mantenere quel tipo di percorso. Si è fatta una scelta diversa. Personalmente io reputavo necessario un ragionamento rispetto a quelli che possono essere i costi per sostenere questi animali d’affezione che diventano parte di una famiglia e quindi sono un po’ rammaricato del fatto che, purtroppo per una serie di situazioni, siamo tornati indietro su questa posizione. La proposta normativa è nero su bianco e quindi tutti i cittadini di questo Paese, a dispetto di quello che ci diremo, potranno giudicare il lavoro che è stato fatto, e il lavoro è il risultato finale. L’ultimo pensiero lo lascio nel rimarcare che questo risultato non va visto come un punto d’arrivo ma come un punto di partenza per continuare a proseguire nel lavoro di ristrutturazione generale che comunque ci siamo già portati a fare, nel continuo e instancabile dialogo che le istituzioni devono assolutamente avere con le categorie economiche, sindacali, ma con tutto il Paese.
Carlotta Andruccioli (D-ML): Parto dall’IGR, sulla quale la nostra posizione è contraria sotto tutti i punti di vista: nei contenuti, negli obiettivi, nel metodo utilizzato. Faccio una breve cronistoria del testo: è arrivato in prima lettura a luglio senza alcun tipo di confronto con le forze di opposizione, con un confronto poco approfondito e poco produttivo anche con i sindacati. Non sfugge a nessuno che è un provvedimento delicato, anche impopolare se vogliamo, che va a mettere le mani nelle tasche delle persone; quindi sarebbe servito dall’inizio un atteggiamento incline alla condivisione. Atto secondo: si arriva in Commissione. I commissari di opposizione hanno assistito, la mattina stessa dell’inizio dei lavori, al deposito di una quantità considerevole di emendamenti che stravolgevano il testo senza alcun preventivo confronto. Prima domanda: vi sembra serio non consentire uno studio approfondito di quanto proposto su una legge così tecnica? Contestualmente ai lavori dell’Aula, sulla piazza si teneva la prima contestazione, molto partecipata. Di fronte a questo, da riferimenti di chi era presente in Commissione, il Segretario voleva comunque tirare dritto, ma in maggioranza hanno cominciato a esserci mal di pancia. Avete cominciato a dire che il problema era comunicativo, che non vi eravate spiegati con la gente. Io penso che le persone, cari consiglieri di maggioranza, non sono affatto stupide. Viene sospesa la Commissione e cominciano una serie di incontri fiume con i sindacati: confronto tardivo che ancora una volta non contempla l’opposizione.Se oggi parlate di risultati, forse quello è il grande risultato politico della Segreteria di Stato alle Finanze, del governo e della maggioranza, perché una partecipazione simile, in due momenti così ravvicinati, non si vedeva da tempo: forse è l’unico successo. Atto quarto della tragedia: la svolta. Si fa il confronto con i sindacati, non con l’opposizione, dopo che il testo è già stato approvato. Voi parlate di riappacificazione sociale, di grande risultato, di grande confronto, quando era già stato approvato il testo. Oggi si parla di successo politico della maggioranza su questo testo: forse in chi voleva commissariare il Segretario il successo politico, diversamente non lo vedo. Dal punto di vista dei contenuti: siamo in un momento storico in cui l’inflazione galoppa, il potere d’acquisto diminuisce. Ci sono diversi casi di fragilità e bisogno confermati recentemente dalla Caritas, che dice che sempre più famiglie si rivolgono a loro per sopravvivere. Di fronte a tutto ciò, quali sono le misure di sostegno che si mettono in campo? L’obbligo di smaccare e quindi l’obbligo di spendere, anche se uno i soldi li vorrebbe mettere da parte.. Noi crediamo che non si possa entrare a gamba tesa sul sacrosanto diritto di una persona e di una famiglia di programmare spese e risparmi. Questo è un aspetto che non condividiamo, per quanto poi siano stati modificati e allargati i contesti in cui è possibile detrarre. Altro aspetto: riteniamo che la proposta approvata sia iniqua e vessatoria nei confronti di categorie dai redditi certi come i lavoratori dipendenti e i pensionati, e che poco si faccia per scovare i soliti furbi che eludono. Questa è una questione non solo di raccolta economica, ma di giustizia sociale. L’avete detto tutti e spero non siano solo parole. L’onesto continua a pagare anche per il furbo e, con queste norme, pagherà di più per colpa del furbo: è inevitabile che si arrabbi sempre di più. Altro aspetto preoccupante che abbiamo criticato è il clima di scontro che questo provvedimento porta tra i lavoratori stessi. Prima si parlava delle diversità di trattamento tra lavoratori residenti e frontalieri: si mettono in difficoltà le imprese perché molti frontalieri potrebbero tornare in Italia. Oppure, anche se non tornano in Italia, le perdite le richiederà la ditta stessa. L’altra tensione che si crea è tra lavoratori dipendenti e pensionati da una parte e lavoratori autonomi, liberi professionisti, artigiani, imprese individuali dall’altra. Non si può far passare che sono tutti furbetti e tutti eludono il fisco. Su questo vi invito a riflettere: non si ottengono risultati creando una guerra tra lavoratori o generalizzando. Ultimo aspetto: gli obiettivi della riforma. Il Segretario ha detto che era tutto a posto, i conti pubblici sono in ordine, però servono con urgenza 20 milioni, obiettivo di raccolta della norma. Ora che viene modificata, chiediamo quale sia la raccolta: si è parlato di 17 milioni. Sull’effettiva raccolta chiediamo chiarimenti al governo. Non sarà che servono a ripagare il debito e gli interessi sul debito? Mettere le mani in tasca alle persone senza sapere che fine faranno i soldi fa ancora più rabbia. Alla luce dell’arroganza tenuta, che onestamente continuate a tenere anche oggi dicendo che siamo irresponsabili se vi chiediamo di ritirare questa legge; alla luce di misure che in questo momento storico gravano sempre sui soliti; alla luce del fatto che non avete un’idea di come utilizzare al meglio queste risorse, esprimiamo con convinzione la nostra contrarietà. Non possiamo continuare a spremere chi già paga per finanziare quello che sta diventando un circolo vizioso di indebitamento. Siamo preoccupati perché il Paese non cresce se ci si limita a rifinanziare il debito, tassando lavoratori ed economia. Chiediamo: quali sono i progetti su cui il governo intende puntare per generare nuovo sviluppo e gettito? C’è un’idea di come iniziare a razionalizzare la spesa pubblica, senza tagliare i servizi essenziali, o lasciate tutto com’è? Avevate fatto un ordine del giorno per salvarvi la faccia, per parlare di sviluppo. Dov’è finito quell’ordine del giorno? Non ne avete idea. È inutile parlare di successo politico, è inutile parlare di responsabilità.
William Casali (PDCS): Abbiamo dovuto affrontare questa riforma perché lo imponevano i numeri: oltre un miliardo di euro di debito pubblico, un peso che grava sulle spalle di tutti noi e dei nostri figli e che non può essere ignorato. Questo debito non è piovuto dal cielo, è il frutto di una pessima gestione del sistema finanziario che in passato ha prodotto disastri, oggi oggetto anche di procedimenti giudiziari ancora in corso. Questa maggioranza ha deciso di non voltarsi dall’altra parte. Abbiamo scelto la strada della responsabilità: dopo aver scritto nei programmi elettorali ci siamo fatti carico di questo intervento perché non si poteva più attendere, assumendoci anche l’onere di forzare i tempi per una riforma che per sua natura non è gradita. Non farlo oggi avrebbe significato scaricare il peso del debito sulle generazioni future. Nella precedente legislatura non lo facemmo per una ragione precisa: dovevamo stabilizzare il debito portando con successo i titoli pubblici sul mercato, mettendo ordine nei bilanci, raggiungendo l’obiettivo di equilibrio dei conti pubblici. Oggi quel percorso ha dato i suoi frutti. Il miglioramento del rating nazionale è la prova che San Marino ha ripreso fiducia agli occhi del mondo, nonostante la pandemia, le guerre e l’inflazione globale. Questa legge, alla fine dei confronti, non è una manovra punitiva, ma un intervento di riequilibrio e di equità, per utilizzare il maggior gettito per abbassare in modo sistemico il debito pubblico e programmare nuovi investimenti per lo sviluppo. Abbiamo voluto agire con un principio chiaro: chi ha meno deve essere tutelato, chi ha di più deve contribuire proporzionalmente. Lo abbiamo fatto introducendo un sistema progressivo e tracciabile che premia i comportamenti virtuosi e penalizza chi evade. Per essere chiari, con alcuni esempi concreti: alleggerimento per i redditi più bassi e detrazioni familiari più mirate; trasparenza nelle deduzioni, conoscendo solo per spese tracciabili; sostegno all’economia reale con incentivi a chi investe in innovazione e al contempo crea occupazione stabile; riduzione di agevolazioni e privilegi non più giustificabili; efficienza amministrativa grazie alla digitalizzazione dei controlli assieme alla trasformazione digitale dei libri e registri contabili; giustizia fiscale per garantire che tutti contribuiscono in modo equo al futuro del Paese. Questa riforma non nasce per tassare di più, ma per tassare meglio, con equità e trasparenza, dove chi contribuisce onestamente non si senta mai un ingenuo. Non è una legge che spreme i cittadini, come ho sentito dire, ma una riforma che premia la concretezza e rilancia l’economia reale. Portare avanti i lavori mentre si svolgevano trattative complesse e scioperi generali non è stato facile. Comprendo le critiche sul metodo e ne abbiamo sentito il peso, ma lo si è fatto per raggiungere un importante obiettivo e con un forte senso di responsabilità verso il Paese. Mi stupisce l’atteggiamento delle opposizioni che hanno scelto di non contribuire in modo costruttivo. Durante l’esame in Commissione non sono stati presentati emendamenti, ma richieste di ritiro del provvedimento. Nessuna assunzione di responsabilità. Questo non è un modo serio di fare politica. La politica non può limitarsi a dire no: deve costruire, migliorare, proporre. E qui voglio essere chiaro: non con le urla e con i comunicati si risano un bilancio, ma con la serietà e il coraggio delle decisioni, associati a un sincero desiderio di ascolto del Paese. Non posso non ricordare l’atteggiamento del movimento Rete, che uscì dal precedente governo proprio perché questa riforma non era stata presentata. Ho già spiegato perché lo abbiamo fatto ora, ma oggi la stessa forza politica che allora chiedeva di intervenire si schiera contro la riforma con un livore che forse si spiega con il fallimento di un’azione politica. È una contraddizione evidente che dimostra quanto a volte si preferisce l’opposizione per convenienza piuttosto che la responsabilità per coerenza. Abbiamo costruito le basi per un futuro più stabile e sostenibile. Questo per me è più importante. Credo infine che, con l’approvazione di questa legge, sia giunto il momento di riprendere in aula il ragionamento sulla possibilità di una nuova commissione di inchiesta. Non per spirito di rivalsa, ma per dare piena consapevolezza sulle origini di quel debito pubblico che ha costretto il Paese a questo passaggio così complesso. Solo conoscendo le responsabilità potremo evitare che errori simili si ripetano e costruire un sistema economico e politico più solido e trasparente.
Michela Pelliccioni (indipendente): È evidente che questa maggioranza, per quanto riguarda la riforma IGR e non solo, abbia tenuto dall’inizio della legislatura comportamenti che non sono andati verso la cultura del confronto che anche l’Eccellentissima Reggenza ha auspicato. Purtroppo, lo avete visto nei fatti: non hanno portato finora i risultati sperati. Nella prima variazione di bilancio dello scorso settembre il vostro atteggiamento non ha pagato. Avete voluto fare i “duri e puri”, il confronto non c’è stato e quella variazione, se ricordate, non l’avete portata a casa in quella sessione consiliare. Con l’IGR questo atteggiamento si è inizialmente ripetuto: abbiamo visto riproporsi lo stesso film. Questo ha portato a uno scontro sociale molto forte, che si è determinato in due scioperi, due mobilitazioni con numeri forse mai visti in questo Paese. Credo che questo, anche per voi, sia stato un enorme segnale. Sulla riforma IGR la mia posizione l’ho espressa pubblicamente con un comunicato stampa, che confermo anche in questa sede. La mia posizione era indirizzata alla richiesta di fermarsi, per ritrovare un dialogo democratico non solo con le opposizioni ma anche con le parti sociali. Penso non possiate, e parlo alla maggioranza, non riconoscere l’evidenza di questo ritorno al dialogo. È stato fondamentale per molte ragioni. Credo che qualcuno di voi, me lo potrà confermare, abbia riscoperto il bello di fare politica con questo nuovo metodo. Ha portato risultati e soluzioni che prima sembravano non applicabili. Vengo al merito del testo e delle soluzioni positive: è stata trovata finalmente una maggiore equità e la fine della discriminazione tra residenti e frontalieri; una Smac progressiva anche per le detrazioni; un passaggio importante è stata l’adesione parziale alla Smac, che permette soluzioni di maggiore equilibrio; l’eliminazione della percentuale raddoppiata di trattenute sul TFR fino almeno a 50.000 euro; la possibilità di “smaccare” le bollette. C’è una nota negativa che vorrei rimarcare: avete eliminato la deduzione delle spese veterinarie. Ricordo, e mi rivolgo al Segretario Gatti, che su questo c’era un impegno preciso e un ordine del giorno approvato da quest’Aula. In questo confronto, dal quale sono emerse soluzioni anche con l’aiuto dei sindacati che ringrazio, avete mostrato ai cittadini che c’è un modo diverso di fare politica. Questa è la motivazione che mi ha portato a sostenere questa impostazione frutto di un confronto finalmente sincero. Per questa ragione ho sottoscritto gli emendamenti che avete condiviso con i sindacati, e l’ho fatto in maniera convinta. Piaccia o meno, è questo il mio sentire ed è questa l’opposizione che intendo fare: criticare ciò che serve criticare e sostenere ciò che ha merito di essere sostenuto. A mio avviso, questo confronto doveva essere sostenuto. Se questo lavoro fosse stato fatto prima, avreste tolto dall’imbarazzo i membri della Commissione Finanze, non solo quelli dell’opposizione ma anche quelli di maggioranza. Perché dico quelli di maggioranza? Avendo un mandato di partito si sono trovati a difendere una linea che, nei fatti, poteva e doveva essere modificata. Emendamenti a parte, è il metodo complessivo che non posso condividere per le motivazioni che ho già espresso pubblicamente. Una riforma fiscale che si voglia chiamare riforma, e non riformina, avrebbe dovuto prima valutare gli indirizzi di sviluppo anche alla luce dei delicati passaggi del percorso di associazione all’Europa; avrebbe poi dovuto preventivamente valutare una riduzione della spesa e approdare a una riforma. Faccio un esempio: le pensioni di reversibilità. Non credo debbano venire meno; sono un sostegno importante per i giovani che si trovano a perdere precocemente un genitore e per il coniuge che rimane solo, soprattutto con figli. Questo è un esempio di spesa che dovrà e potrà essere rivista. In assenza di queste direttrici fondamentali, ciò che è venuto fuori è un lavoro che, pur nei correttivi messi in atto con i sindacati, probabilmente non risponde come avrebbe dovuto alle reali esigenze economiche dello Stato. Non sono mai stata d’accordo con la scelta di dirottare sul Congresso di Stato la scelta di come, dove, quando investire il nostro debito pubblico. So che questa scelta non è caduta dall’alto ed è in linea con scelte operate da diversi Paesi europei, tra cui la vicina Italia. La ragione del mio dubbio è che non sempre parametrare ed equiparare le scelte fatte dagli altri Paesi è sovrapponibile. Il punto è che abbiamo organi istituzionali con caratteristiche specifiche. Se pensiamo di rendere più veloci e funzionali le emissioni dei titoli, forse dimentichiamo che il nostro Congresso è un organo collegiale che deve prevedere la totalità dei partecipanti e la condivisione del voto. Non so fino a che punto questa scelta sia conveniente rispetto a un dibattito consiliare in Aula che vede una maggioranza con numeri importanti e che forse permetterebbe una ponderazione maggiore senza pregiudicare la funzionalità che ricercavate, considerando che abbiamo numeri parlamentari e iter ridotti rispetto ad altre realtà.
Gemma Cesarini (Libera): Siamo partiti da un progetto di legge che aveva un’impostazione che partiva da un assunto, ovvero che dovessimo andare a colpire i redditi certi differenziando i residenti dai frontalieri, ovvero il reddito da lavoro poteva essere colpito in maniera diversa, passando attraverso una riforma che andava a cambiare il metodo di calcolo della SMAC e poi tutta una serie di interventi secondari che, in termini di gettito, erano secondari. Abbiamo avuto una serie di confronti successivi, anche interni alla maggioranza, poi ognuno negli organi dei rispettivi partiti, e già da quei primi confronti emergevano le prime perplessità. Durante i nostri interventi del nostro gruppo consiliare avevamo sostenuto fin dall’inizio che, se l’avessimo portata noi, questa riforma l’avremmo impostata probabilmente diversamente. Dopo il deposito in prima lettura è partito un confronto serratissimo all’interno della maggioranza che non si è manifestato immediatamente con le medesime modalità in un confronto con le forze sociali e le opposizioni. Probabilmente i tempi strettissimi e una legge complessa e molto articolata hanno inciso, considerando che il tutto si è svolto nel giro di un paio di mesi e stiamo parlando di un impatto notevole. Non è una scusante, è una constatazione oggettiva delle tempistiche. Oggi ci troviamo con un progetto di legge completamente capovolto. Ripercorrendo i punti salienti: oggi prevediamo che la SMAC venga convertita in una detrazione utilizzabile in egual modo tra frontalieri e residenti e in misura crescente per quanto riguarda la quota da documentare, con possibilità di adesione anche parziale. Non abbiamo più alcun intervento sul TFR. Abbiamo agito su altre deduzioni convertendole in detrazioni. Abbiamo il riconoscimento della detrazione SMAC, misurata sulla base delle fasce di reddito, anche per gli autonomi, non più sugli altri redditi ma sul reddito d’impresa. In questa categoria rientrano anche i piccoli e giovani imprenditori e imprenditrici, una categoria sempre più rara. Interventi sulle imprese e sulle società: introduzione di maggiori limiti a determinate tipologie di costi, limiti ad alcuni incentivi come quello occupazionale; l’occupazione c’è, il tasso di disoccupazione è a minimi storici; aumento dell’aliquota al 18% per cinque anni per le imprese e per le società, con vincolo di destinazione a investimenti e progetti del Paese. Siamo partiti da un progetto di legge che prevedeva un intervento che pesava prevalentemente sul reddito da lavoro e siamo oggi in aula con un progetto di legge dove il grande vincitore è proprio il reddito certo che viene colpito in misura crescente all’aumentare del reddito: chi ha di più contribuisce di più. Il nostro appello all’equità è stato più che ascoltato, non solo per questo aspetto ma perché viene redistribuita parte del gettito fra le diverse categorie. Non possiamo che esserne entusiasti. L’unica nota dolente è che, per poco, non si è arrivati alla perfezione: mancavano le opposizioni. Sarebbe stato un enorme successo il loro coinvolgimento. L’insegnamento che dobbiamo trarre da tutta la vicenda: non dobbiamo perdere il nostro punto di riferimento in quest’aula, la nostra bussola. La presenza in piazza di migliaia di persone di tutte le categorie è un dato importante che ci dovrebbe far riflettere: oltre queste mura, ciò che conta è quello che le persone sentono, vedono e percepiscono. A volte queste mura rendono la vista un po’ offuscata. Abbiamo deciso, ed eravamo d’accordo fin dall’inizio, che tutto questo servirà a mettere in ordine e a migliorare i conti pubblici, in primis per far fronte al debito. Da domani dobbiamo lavorare e definire i progetti da mettere in atto con le risorse che andremo a raccogliere, perché abbiamo deciso di destinarle a investimenti: strutture sanitarie, PRG, o un “defibrillatore” per il mercato immobiliare che è KO da tempo; interventi per le famiglie, per le fasce più deboli e più povere della popolazione. Abbiamo preso la direzione giusta. Riusciremo ad avere le risorse che ci servono. Da domani dobbiamo decidere dove utilizzarle e come, nel miglior modo possibile, raccogliendone tutti i frutti.
Antonella Mularoni (RF): Ascoltando gli interventi in quest’aula da parte delle forze di maggioranza e ascoltando invece quello che nel Paese la gente dice o le categorie economiche o sindacali esprimono, sembra di vivere una realtà che si trova su due bolle parallele. Questa riforma è nata perché il Segretario Gatti ci ha detto: “Io ho bisogno di trovare 20 milioni.” Invece di coinvolgere tutti gli attori che a San Marino avrebbero potuto dargli una mano, ha pensato bene di coinvolgere un consulente straniero. Dopodiché è venuto in prima lettura con un progetto che evidentemente andava bene solo a lui, che tutti avremmo dovuto ingoiare. La maggioranza, timidamente, ha fatto presente che forse non era il caso di andare fino in fondo. Abbiamo avuto la riforma IGR versione 1, la versione 2.0, la versione 3.0 e oggi, per la prima volta nella storia della Repubblica, abbiamo la versione 4.0. Altro elemento sul piano politico: oggi arriva in quest’aula la capitolazione del Segretario di Stato alle Finanze e della maggioranza che lo sosteneva. Ricordiamo che la riforma IGR 3.0 è stata votata con grande soddisfazione dai consiglieri di maggioranza che, alla fine della Commissione, hanno detto che quella riforma era equa, equilibrata, un punto d’arrivo. Ciò nonostante, anche quel giorno il Segretario alle Finanze, per far vedere che è forte, ha imposto l’approvazione dei primi articoli di quella legge. Probabilmente, a un certo punto, anche dal suo partito qualcuno gli avrà detto che era il caso di fare diversamente, altrimenti si andava a sbattere la testa nel portone. Oggi ci dice il Segretario Gatti che, grazie alle tabelle del sindacato, si è capito che c’era un problema di iniquità. Prima non l’aveva capito, e neppure la maggioranza. Vorremmo capire se, dalle sue proiezioni, i 20 milioni riesce a recuperarli oppure no. Gli unici attori coinvolti in questa fase di capitolazione sono stati i sindacati, perché le altre categorie hanno numeri meno importanti e non sono state coinvolte, come emerge dal comunicato dell’Ordine dei Commercialisti pubblicato poco fa. L’opposizione non capisce niente; e, a quanto pare, neppure i commercialisti capiscono nulla, visto che non li ha coinvolti, se non per illustrare il frutto della mediazione che oggi ci propone. In un Paese normale, la maggioranza parlerebbe di Caporetto e il ministro delle Finanze darebbe le dimissioni. Noi no: viviamo in un mondo parallelo e diciamo di aver fatto la cosa più bella del mondo, che la maggioranza è stata bravissima, che il Segretario alle Finanze è un fenomeno e che grazie a lui abbiamo la riforma IGR migliore possibile. Ci tengo, anche perché sono libero professionista, a contestare la narrazione per cui qui ci sono solo i lavoratori che contribuiscono al bene del Paese e tutte le altre categorie sono evasori. È doveroso fare i controlli su tutti: lavoratori e liberi professionisti, tutte le categorie, per vedere chi ha il doppio lavoro, chi evade. Che cosa è stato tirato fuori dal cappello alla fine, che non c’era all’inizio? L’1% in più di imposta a carico delle imprese e dei liberi professionisti e di tutti quelli che pagano il 17%. Mentre l’Italia va in una direzione diversa e molti giovani sammarinesi hanno aperto partite IVA in Italia perché pagano meno, noi andiamo “a spanne”. Ora abbiamo inventato anche delibere che rimangono segrete finché il Congresso di Stato non ha fatto ciò che vuole, in spregio della legge, perché non è previsto da nessuna parte. Avete cominciato dalla parte opposta. Il Paese vi chiede di contenere le spese. Chi era in piazza ve lo ha detto. La vostra narrazione, Segretario Gatti, è stata per anni che tutto andava benissimo, che con la Democrazia Cristiana al governo è tornato il paradiso terrestre. Avete assunto 500 dipendenti pubblici in più, fate trasferte con numeri di partecipanti mai visti. Gli oneri deducibili sono 1.500 euro, l’equivalente dei tre milioni di lire di anni fa: rimasti quelli. E come vi è venuto in mente, in un momento come questo, di dire che anche la moto, il motorino dei liberi professionisti, possa essere bene strumentale? Voi aggiungete balzelli perché non sapete più dove prendere i soldi e vi inventate cose che non si capisce a cosa servano. Per fortuna i tassi d’interesse stanno diminuendo, anche in Europa: pagheremo un po’ meno, ma non per merito vostro, perché non avete fatto un minimo di sacrificio. Non si vede da nessuna parte. Oggi cosa proponete di alternativo? La continuazione del debito pubblico, che gestirà esclusivamente il Segretario alle Finanze. A fine anno il Consiglio Grande e Generale stabilirà l’importo, e tutto il resto lo farà il Segretario come riterrà più opportuno. È una modalità di gestione del Paese che non possiamo accettare. A questo si aggiunge la favoletta che i 20 milioni li utilizzeremo per opere infrastrutturali. Chiunque in quest’aula sa che con 20 milioni ormai si fanno poche opere. Non ci sono prospettive a brevissimo di contenimento e miglioramento. Solo con 500 assunzioni in più: quanto costano ogni anno? E ci avete detto che con l’Accordo di associazione con l’Unione Europea ne serviranno altre. Non si fanno più discorsi basati sulle risorse: si fanno sulla base di ciò che porta voti, poi si aumentano le tasse e si diminuiscono i contributi a famiglie che ne hanno bisogno perché non ci sono più soldi. Io spero che il Paese non vada a sbattere la testa contro il muro e che abbia un futuro.
Gian Carlo Venturini (PDCS): Anche io voglio fare alcune considerazioni su questo dibattito, alla luce di diversi interventi accalorati di alcuni colleghi di opposizione che si affannano a raccontare la loro verità, forse per giustificare il fatto che, nonostante si sia trovato un accordo importante con le organizzazioni sindacali e le categorie, hanno perso, a mio avviso, un’opportunità anche politica. Mi riferisco al fatto di non aver aderito all’invito del Segretario delle Finanze ed eventualmente sottoscrivere emendamenti che sono stati concordati con le organizzazioni sindacali, come ha fatto invece la collega Michela Pelliccioni. Firmare quegli emendamenti poteva essere un segnale di rispetto per la battaglia portata avanti dalle organizzazioni sindacali e dai lavoratori che hanno creduto fino in fondo di poter ottenere gli aspetti che volevano portare avanti. Sono curioso di vedere, nella fase di discussione dell’articolato, quale posizione prenderanno i consiglieri di opposizione su quegli emendamenti. Se voteranno contro, voteranno contro a un miglioramento concordato grazie al lavoro di vari soggetti, in particolare le organizzazioni sindacali sostenute dai lavoratori. Se voteranno a favore, forse valeva la pena ascoltare il risultato ottenuto e, se condividevano alcuni di questi, anche sottoscriverli. Questi emendamenti vanno, a mio avviso, nell’interesse dei lavoratori e dell’equità, soprattutto delle fasce più deboli. Evidentemente l’opposizione avrebbe preferito andare a uno scontro per ricercare un ruolo politico, perché l’unica cosa che abbiamo ascoltato è: ritirare il provvedimento perché era inemendabile. Voglio ricordare ai colleghi che una riforma fiscale è sempre oggetto di discussione e di scontro. La riforma del 2013 l’ho vissuta in Consiglio: i toni erano notevoli, la piazza aveva tirato uova al palazzo, ricordo un lavoratore che girava con un cappio da mettere all’allora Segretario alle Finanze. Ogni volta che si è messo mano a queste cose c’è stato uno scontro acceso. Questa volta passerà alla storia perché, al di là dei due scioperi partecipati e sollecitati, il risultato finale è che, all’approvazione di questa legge, c’è una condivisione delle parti sociali. Questo è l’elemento vero di novità, al di là del percorso: oggi c’è una condivisione di questo provvedimento anche delle parti sociali. Gli emendamenti scaturiti dal confronto confermano una progressività della SMAC e delle relative detrazioni per le diverse fasce di reddito. In questo ambito sono contenuti i provvedimenti sull’incremento dei controlli, degli automatismi che prima non c’erano: poi potranno essere criticati fino a 15, ma intanto c’è uno strumento e c’è un automatismo; in futuro si valuterà se è sufficiente o se necessita di perfezionamenti. C’è la possibilità, in particolar modo per i residenti, di inserire nel computo della SMAC la detrazione, con quote in base al reddito, sia delle bollette sia dell’assicurazione dell’auto. Con questa norma si supera il sistema a deduzione in favore della detrazione, con l’eliminazione della no tax area. Per i redditi sotto i 20.000 euro sono previsti meccanismi di tutela; è prevista una progressività per i redditi fino a 40.000 euro, dove l’incremento di tassazione è di qualche euro al mese per alcune fasce; altri non pagano nulla di più, anzi qualcuno paga di meno. Il passaggio da deduzione a detrazione rende più equa la norma, perché evita di avvantaggiare, in alcuni casi, i redditi più alti a scapito di quelli più bassi. Questo elemento è stato condiviso anche con le organizzazioni sindacali per un sistema più equo di tassazione dei redditi. In conclusione, va dato atto del notevole lavoro svolto dalle organizzazioni sindacali, con il sostegno massiccio dei lavoratori, dal governo per tramite del Segretario delle Finanze, e dalle forze politiche di maggioranza che hanno partecipato agli incontri per migliorare l’intervento. Voglio dare un ringraziamento e un sostegno anche ai consiglieri, che non hanno avuto un compito facile in questo dibattito. Ribadisco la soddisfazione per il risultato ottenuto, forse l’unico possibile e il migliore in questo momento, al netto del percorso svolto per arrivarci. Dall’altro lato, come detto da alcuni colleghi, le imprese risultano i soggetti più toccati da questa riforma. Ora è urgente mettere in atto quanto indicato in un ordine del giorno approvato dal Consiglio nel luglio scorso: la messa in atto concreta di un piano di sviluppo per il Paese, con la realizzazione di infrastrutture strategiche sulla base del programma di governo approvato, e un serio intervento di spending review per ridurre la spesa corrente. Abbiamo l’occasione del bilancio di previsione per il 2026. Bisogna prevedere, anche con una legge specifica se non rientra nella legge di bilancio, la riduzione delle spese correnti e di quelle superflue. Solo così potremo dire di aver reso fino in fondo un buon servizio al Paese e alla collettività.
Luca Gasperoni (PDCS): È una riforma che tocca da vicino la vita dei cittadini, delle imprese, dei lavoratori e delle famiglie. Una riforma che non nasce da un capriccio politico, ma da una necessità strutturale: rendere il nostro sistema tributario più equo, sostenibile e moderno. Per quanto riguarda il metodo, non possiamo negarlo: il percorso che ci ha condotti a questo testo non è stato dei più semplici né dei più lineari. Sono stati presentati numerosi emendamenti il giorno stesso dell’inizio dei lavori in Commissione e questo non ci ha permesso di illustrarli e spiegarli come avremmo voluto alla cittadinanza, perché in sostanza non c’è stato il tempo. Il primo sciopero, avvenuto in concomitanza del primo giorno di lavoro della Commissione, ha portato numerosi cittadini in piazza con elaborazioni e proiezioni effettuate dai sindacati che di fatto non erano più reali. Questo però più per demerito nostro che per il gioco forza con le parti sindacali. Tuttavia, va ricordato che, nonostante la chiusura dei lavori della Commissione con il testo predisposto da questa maggioranza, il dialogo coi sindacati non è mai venuto meno. Passando al merito della riforma, desidero innanzitutto sottolineare una cosa che in questa fase conclusiva va riconosciuta all’opposizione: effettivamente non c’è stato ostruzionismo, almeno in Commissione; questo va riconosciuto. Però non c’è neanche stato un intento costruttivo. Infatti ci si è limitati alla presentazione di emendamenti soppressivi sull’articolato proposto. In questo contesto ci tengo a dire che le parti sindacali, nonostante i due scioperi indetti, si sono sempre sedute al tavolo in maniera proattiva, portando modifiche e suggerimenti alla modifica del testo, dimostrando che, al contrario di quanto detto dall’opposizione, il testo non era in fondo così inemendabile. Le ultime modifiche introdotte hanno permesso di conferire maggiore equilibrio e proporzionalità al sistema, garantendo una distribuzione più equa degli oneri. In particolare è stato ridotto l’impatto sui redditi più bassi e annullato l’effetto della riforma sulle fasce più deboli, confermando un principio fondamentale: chi ha meno deve essere tutelato con maggiore attenzione. Un punto qualificante riguarda le transazioni SMAC, oggetto di un importante intervento di revisione: abbiamo introdotto una maggiore gradualità, stabilendo che per i redditi inferiori ai 10.000 euro la transazione non si applichi. È stato inoltre ampliato l’elenco delle spese smaccabili, includendo bollette e assicurazioni. Il gettito stimato in fase iniziale era di circa 20 milioni di euro, ma, con le modifiche apportate, sarà inevitabilmente inferiore. La differenza sarà recuperata attraverso controlli più incisivi, sanzioni rafforzate e una spending review mirata che ridurrà le inefficienze della spesa pubblica. Vorrei sottolineare che questa riforma non può essere interpretata semplicemente come un aumento delle imposte: costituisce una revisione complessiva dell’architettura fiscale del Paese. Per la prima volta, il legislatore ha deciso di vincolare l’utilizzo delle nuove entrate provenienti dall’addizionale, destinandole a investimenti e alla riduzione del debito pubblico. È un segnale politico-istituzionale forte: parte delle risorse generate da questa riforma non serviranno a finanziare spesa corrente, ma a rafforzare la solidità finanziaria della Repubblica e a garantire prospettive di crescita futura. Un altro elemento innovativo riguarda i controlli fiscali, che saranno stabiliti annualmente entro il 31 marzo e condotti mediante software di incrocio automatico dei dati, in modo da garantire maggiore efficienza e oggettività. Desidero aggiungere, in via di riflessione, un punto che merita attenzione in prospettiva futura: i rimborsi spesa non documentati riservati ai lavoratori dipendenti. Oggi, in taluni contesti, questi strumenti vengono utilizzati in maniera impropria, diventando di fatto una componente non tassata e non soggetta ad alcuna contribuzione. In sintesi, la riforma che oggi presentiamo è più equilibrata, più attenta e più strutturata di quanto fosse nella sua prima versione: è frutto di un percorso complesso, ma anche di un dialogo costante e di un ascolto reale delle esigenze del Paese. Vengo ora all’ultima direttrice, che rappresenta la condizione necessaria per la piena riuscita della riforma: la spending review. Una riforma dell’IGR non può essere efficace se non viene accompagnata da una revisione seria e profonda della spesa pubblica. Non possiamo chiedere ai cittadini di fare la loro parte senza che lo Stato, contemporaneamente, dimostri di voler ridurre i propri costi improduttivi. È dunque indispensabile avviare un processo di revisione della spesa che individui e tagli gli sprechi, migliori l’efficienza dei servizi e valorizzi ogni euro di risorsa pubblica. Non si tratta di un esercizio contabile, ma di un atto di responsabilità politica. Abbiamo chiesto alla cittadinanza uno sforzo significativo; ora spetta alla politica dimostrare coerenza. Serve coraggio, senso istituzionale, visione di lungo periodo. Per questo rivolgo un appello a tutte le forze di maggioranza: portiamo a termine insieme questo percorso. Abbiamo l’occasione di dimostrare maturità politica e capacità di governo. Una riforma fiscale equilibrata, accompagnata da una spending review vera e da controlli efficaci, può rappresentare una delle eredità più importanti di questa legislatura. A conclusione vorrei ringraziare il Segretario di Stato per il lavoro svolto, la maggioranza per aver partecipato e portato avanti i confronti con le associazioni sindacali, e credo che un plauso vada fatto anche ai tecnici della Segreteria, ai quali è toccato l’onere di mettere a terra le desiderata della politica e le relative proiezioni di impatto della riforma. Questa riforma fiscale è frutto di un percorso complesso, ma anche di un ascolto vero, di una volontà sincera di migliorare il Paese. Non sarà perfetta, ma è un passo avanti: un passo verso una Repubblica più giusta, più solida e più responsabile. Per quanto riguarda il PDL titoli, vorrei fare alcune considerazioni. Questo PDL ha cercato di dare un perimetro legislativo soprattutto all’emissione di titoli di debito estero che in questo momento venivano fatti tramite decretazione. Con questo PDL si cerca di dare un perimetro chiaro e garantista. Abbiamo inserito un fondo di ammortamento che sarà direttamente in gestione in Banca Centrale. Abbiamo inserito l’utilizzo delle risorse, indicando come possono essere spese. Abbiamo parlato di derivati solo per copertura dei rischi di tasso e nient’altro. Abbiamo previsto un passaggio importante in Commissione Finanze: non verrà emesso un titolo senza un passaggio prima in Commissione Finanze.
Paolo Crescentini (PSD): Inizio dicendo che oggi ho sentito dire che questo dibattito si svolge in un clima surreale. È vero, è un clima surreale perché quando si affronta una riforma tributaria, il clima, io l’ho vissuto nel 2013, era diverso: c’era un clima molto infuocato all’esterno. Oggi è surreale proprio per questo motivo, perché c’è calma, serenità, tranquillità. Capisco che per le forze di opposizione sia difficile accettare questo clima, perché erano già pronte a intonare a questo governo e alla maggioranza il De profundis. Noi oggi, come forze di maggioranza e come governo, abbiamo dimostrato serietà, rispettando quello che era un impegno preso con gli elettori nel programma di governo: rivedere la legge del 2013, la numero 166. C’è stato un confronto, o meglio più confronti, anche all’interno della maggioranza e alla fine, grazie anche all’intervento delle categorie sociali, c’è stata la condivisione di un provvedimento che finalmente dà risposte in maniera equa al mondo del lavoro e alla cittadinanza sammarinese e non solo. Questo è un provvedimento equo che non crea disparità. Noi lo abbiamo sempre chiesto: non si possono fare differenze tra lavoratori frontalieri e lavoratori residenti, perché i frontalieri sono una risorsa importante per il nostro Paese, soprattutto in un momento in cui stiamo facendo i conti con la denatalità. C’è stato un confronto importante e abbiamo anche rispettato una raccomandazione del Fondo Monetario Internazionale. È vero che le raccomandazioni del Fondo arrivano da anni e non devono essere dei diktat per i governi di turno o per le maggioranze, ma devono essere delle indicazioni. Abbiamo un debito bloccato con titoli di Stato e abbiamo la necessità di ripianarlo. Per farlo, è necessario anche rispondere alle richieste del Paese e fare investimenti importanti. Come forze di maggioranza abbiamo sempre detto che va bene una riforma, ma se chiediamo sacrifici a tutti, dobbiamo farlo in modo equo. Pagare poco ma pagare tutti, come sosteniamo noi del PSD, per far sì che si possano mantenere le ricchezze che oggi abbiamo nel Paese: una sanità pubblica e un’istruzione pubblica. Noi oggi abbiamo la fortuna di avere scuole gratuite: elementari, medie, libri gratuiti, trasporto gratuito. Mi chiedo: vogliamo continuare ad avere questi benefit, queste agevolazioni, oppure vogliamo andare verso forme private? Perché se vogliamo cominciare a far pagare le famiglie, non ci resta che dirlo. Siccome noi non vogliamo questo e vogliamo mantenere questo status d’eccellenza, dobbiamo fare tutti un piccolo sacrificio, perché i diritti costano. I soldi che verranno incassati dalla riforma, compreso l’1% che verrà tassato alle imprese, devono essere destinati non alla spesa pubblica, ma agli investimenti e, in parte, al ripianamento del debito pubblico. Saremo vigili per far sì che questi introiti vengano realmente investiti nel nostro Paese e non spesi in spesa corrente. La spesa pubblica deve rientrare davvero in quell’ottica di spending review di cui si parla da anni. Questa è una riforma che non crea distinzioni tra frontalieri e residenti, quindi è una riforma equa. Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato per arrivare alla stesura di questo testo che, con gli emendamenti depositati oggi, ha trovato una larga maggioranza, perché sono arrivate tante firme. C’è stato un confronto che ha portato a questo clima, che qualcuno ha definito “surreale”. Sì, è un clima surreale, ma in senso positivo: un clima sereno nel quale stiamo affrontando questa riforma tributaria. Ho sentito anche oggi parlare di mancato confronto tra maggioranza e opposizione. Spesso questa parola “mancato confronto”, dal mio punto di vista, è abusata dalle forze di opposizione. Il 9 giugno dello scorso anno i cittadini sammarinesi si sono pronunciati con il voto, dicendo da chi vogliono essere governati. Oggi c’è un governo forte e una maggioranza forte che intende dare risposte al Paese, e lo sta facendo. Noi ci assumiamo le nostre responsabilità, l’opposizione faccia il suo ruolo di controllo, come è giusto e legittimo che sia, utilizzando gli strumenti previsti: interpellanze e interrogazioni. Il confronto ci deve essere, ma confronto non significa dettare la legge al governo e alla maggioranza.
Oscar Mina (PDCS): Questa mattina, dopo aver ascoltato i relatori della Commissione su questo progetto di legge, di maggioranza e di opposizione, che ringrazio per il lavoro svolto, devo dire che tutte le considerazioni espresse da una parte e dall’altra, di fronte all’opinione pubblica, tenderebbero ad annullarsi in un’aspra contrapposizione, producendo solo confusione rispetto ai risultati conseguiti recentemente. Capisco altresì la posizione espressa dai consiglieri di minoranza, orientata, a mio avviso, a considerazioni personali, sterili e demagogiche. Da parte del governo e della maggioranza credo abbia prevalso la nostra responsabilità politica, senza rivendicare alcunché di fenomenale o roboante, ma semplicemente esercitando il nostro ruolo nel cercare soluzioni sostenibili nel merito, al di là di chi ha vinto o perso, di ripensamenti o capitolazioni, che ho sentito finora. Questo progetto di riforma dell’imposta generale sui redditi ha visto un’evoluzione impositiva a seguito del passaggio in Commissione e del successivo lavoro della Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio, in sinergia con la maggioranza e con le organizzazioni sindacali e datoriali, attraverso un confronto serrato, dimostrando la volontà di integrare in modo inequivocabile le istanze emerse per definire un assetto strutturale normativo equilibrato e sostenibile. Il recente confronto costruttivo ha prodotto risultati tangibili, intervenendo sui punti di maggiore interesse e contestazione emersi in prima istanza. Ritengo che queste risposte, concrete, siano frutto della proattività nel negoziato che ha coinvolto tutti gli attori e abbiano rappresentato la volontà di arrivare a una condizione soddisfacente nel merito. La principale questione evidenziata dalle organizzazioni sindacali riguardava la disparità di trattamento dei lavoratori frontalieri. A questo proposito, governo e maggioranza hanno esteso l’accesso alle nuove detrazioni d’imposta legate alla tracciabilità della SMAC a tutti i lavoratori, inclusi i non residenti. Questi aggiustamenti moduleranno l’impianto originario per intercettare le reali esigenze di spesa. Questa impostazione riflette la volontà del governo e della maggioranza di valorizzare la piena partecipazione di tutti gli attori della comunità economica e sociale sammarinese, come volontà non discriminatoria sull’imposizione generale: credo sia uno degli aspetti principali. Questi sono risultati ottenuti da tutti, dimostrando che i cambiamenti sono possibili attraverso il dialogo, evitando contrapposizioni sociali, con un impianto riformatore profondamente emendato e migliorato grazie ai contributi ricevuti. Auspico di guardare con fiducia a questa seconda lettura, che potrà portare ulteriori miglioramenti attraverso gli emendamenti concordati, nati dall’ascolto e dal dialogo con tutte le parti sociali ed economiche del Paese, e che rappresenti la volontà politica della maggioranza, ma anche dell’aula, di perseverare nel confronto su tematiche di estrema rilevanza, per mantenere il nostro futuro welfare e la nostra economia.
Matteo Casali (RF): Direi che una delle tante perplessità, non certamente la prima, è legata all’ordine del giorno. Mi sono detto: abbiamo in un unico comma l’IGR, quindi la riforma dell’IGR, il decreto che mette 50 milioni di debito e la nuova disciplina per l’emissione del debito. Che ci azzecca? Ieri notte ho capito: questo è il “pacchetto di sviluppo”. Questo è come intendiamo fare lo sviluppo. Andiamo all’IGR. Di fronte a tutte le cose magnifiche che sono state dette vorremmo dire che, davanti al “mostro” metodologico-istituzionale che è stato usato, la situazione è sfuggita di mano. È per quello che la narrazione non è né vera né verosimile. Perché la riforma ha avuto almeno quattro versioni: quella in prima lettura; quella arrivata carica di emendamenti in Commissione pre-sospensione; poi uno sciopero, un maxi sciopero che non si vedeva da decenni; la ripresa con un’altra versione della riforma; un altro maxi sciopero; e poi arriviamo in seconda lettura con la necessità di 39 firme. Interessa poco il fatto che, ancora una volta, c’è un totale spregio del Consiglio. Nel merito: la posizione della minoranza è sempre stata chiara. Vi abbiamo sempre chiesto su quali presupposti, a fronte della narrazione che portate avanti, proponete questa riforma tributaria. Perché stride con la propaganda: bilancio a gonfie vele, banche a gonfie vele, debito in caduta libera; però mettiamo le mani in tasca ai sammarinesi. C’è qualcosa che non va. Si dice: lo dobbiamo fare per l’ospedale, salvo poi dire che l’ospedale si fa con la finanza di progetto. C’è molta confusione. La realtà è che non va tutto bene. Occorre colmare un disavanzo strutturale di 30 milioni ogni anno. A questo servono i 20 milioni che chiedete con la riforma. Noi siamo stati chiari: prima di mettere le mani in tasca ai cittadini, bisogna ricercare il pareggio di bilancio a parità di gettito, diminuendo consulenze, viaggi, delegazioni, spese insensate. Dopodiché si identificano gli obiettivi; identificato anche un gettito, si dice quali investimenti vogliamo fare, come vogliamo ridurre il debito e quali provvedimenti per lo sviluppo. Solo a questo punto si chiedono i soldi ai cittadini. Niente di tutto questo. Siamo stati convocati durante l’estate in due fugaci incontri. A occhio e croce, anche gli incontri coi sindacati non vi devono essere andati molto bene. Noi cosa abbiamo fatto? Siamo tornati a casa e abbiamo fatto quello che non ha fatto il governo: simulazioni. In prima lettura vi abbiamo detto: guardate che, per come l’avete strutturata, questa cosa impatta sulle fasce medio-basse. Vi siete messi a ridere: “non avete capito bene”. Ve l’hanno spiegato ventimila persone che avevamo capito bene noi. Si parlava di pressione fiscale sulle fasce medio-basse e di disparità fra lavoratori frontalieri e residenti, per una tensione sociale che ora dite di aver risolto, ma che avete creato. Prima create i problemi, poi vi vantate di averli risolti. Anche questo è uno strano modo di attribuirsi i meriti. Noi continuiamo a sostenere che quella riforma andava ritirata, non solo per il “mostro” istituzionale delle 39 firme, ma perché c’è un altro tema: questa questione si innesta su un altro provvedimento che sta andando avanti, l’ICEE. Abbiamo sostenuto che l’ICEE doveva essere propedeutico alla riforma fiscale: uno strumento di equità che identifica chi deve dare di più e chi di meno. L’ICEE doveva venire prima. Mi rivolgo alle parti di maggioranza sedicenti di sinistra. Vi avevamo detto queste cose. Un partito di sinistra ha bisogno di due scioperi per capirle? Noi ci siamo messi giù, abbiamo fatto schematizzazioni: le fasce di reddito più colpite sono queste. Risate in faccia. Avete avuto bisogno di due scioperi per rendervi conto di quanti frontalieri ci siano e che quella tassazione incideva sulle fasce medio-basse. Se non c’era lo sciopero andava bene così? La votavate così? Qui ci sono stati segni di maturità da parte di tutti, tranne che del governo e della maggioranza. C’è stata maturità da parte dei cittadini manifestanti; da parte del sindacato, che ci ha coinvolto. Anche le opposizioni hanno mantenuto una linea coerente e non hanno soffiato sul fuoco. Tutti hanno dimostrato maturità, tranne chi doveva governare. Governare significa contemperare le varie esigenze e portare la nave attraverso le onde. Politicamente, c’è stata una prova di forza fra il Segretario di Stato alle Finanze e il sindacato. Questa prova di forza il Segretario l’ha persa. Sono state accettate le proposte del sindacato, che vi ha detto: queste sono le tabelle; scrivete la norma in modo che le tabelle vengano fuori; la pressione fiscale che siamo disposti ad accettare è questa; il punto di rottura rispetto all’aumento è questo. È il loro lavoro e hanno fatto un ottimo lavoro. Altro che condivisione descritta: la norma ve l’hanno scritta loro, perché hanno fatto un buon lavoro. Altro che legge di sviluppo: una legge che, per le magnifiche sorti progressive del sistema economico sammarinese, porta a casa l’1% in più sulle imprese. Tutto questo quanto “cuba”? Non si sa. Non si sa qual è il gettito. Non lo sapevamo all’inizio, non lo sappiamo alla fine. Abbiamo un Segretario di Stato che dà i numeri senza dare i numeri, perché non abbiamo visto un numero. Si sente dire, tramite i media, che tutto questo ridurrà l’attesa dei famosi 20 milioni a 17 milioni. Bastava tirare un po’ le redini al Segretario al Turismo, ridurre le consulenze, e forse ci arrivavamo. Credo che questa sia una delle débâcle più grosse degli ultimi anni. Non me ne voglia, Segretario, ma dopo una débâcle così bisognerebbe prendere l’IGR, le deleghe, mettersele sotto braccio e andare a casa.
Maddalena Muccioli (PDCS): Innanzitutto ci tengo a ribadire che mi risulta sempre più insopportabile la distinzione tra redditi certi e altre tipologie di redditi, identificando certe tipologie di reddito come “certe” e quindi meno soggette a rischi di evasione o elusione. Personalmente ho sempre pensato che i fenomeni di evasione di imposta siano fenomeni che potenzialmente interessano trasversalmente tutte le tipologie reddituali. Non è vero che certe categorie di reddito automaticamente siano più soggette a fenomeni di evasione o elusione di base imponibile e di imposta. Ritengo che anche nell’attuazione della normativa, si debba tenere presente questo aspetto, cioè il fatto che la lotta a questi fenomeni distorsivi deve essere una lotta trasversale e non può riguardare solo ed esclusivamente certe tipologie di redditi. In secondo luogo, ci tengo a evidenziare come sempre più spesso facciamo l’errore di usare impropriamente il termine “equità”. Anche da questo punto di vista penso che delle riflessioni debbano essere fatte trasversalmente, valutando quale può essere l’equità sostanziale, che significa la capacità contributiva di un contribuente. Per me non può prescindere dal collegamento con la Dichiarazione dei Diritti, cioè dal fatto che un contribuente deve contribuire sulla base della propria capacità contributiva, e questa capacità è sempre più complessa da definire. Oggi voglio parlare di una riforma che arriva in seconda lettura e che definisco maggiormente equilibrata rispetto a quella in prima lettura. Io personalmente ringrazio gli scioperanti non solo per il comportamento positivo che hanno avuto nel manifestare il loro disappunto per i contenuti presenti nel progetto di legge, ma anche perché hanno rappresentato un punto di discontinuità che ha amplificato valutazioni che erano già in atto all’interno della maggioranza. Mi sento di dire una cosa: non serve che sia io a difendere le forze socialiste di maggioranza, ma sia le forze socialiste che quelle più centriste hanno sempre cercato di dare ascolto a tutte le istanze provenienti da più parti sociali. La partecipazione agli scioperi ha creato una discontinuità che ha amplificato queste valutazioni. Da questo punto di vista mi sento anch’io, come fatto da altre forze politiche sia di maggioranza che di opposizione, di ringraziare le organizzazioni sindacali e tutti gli aderenti agli scioperi perché hanno amplificato questo tipo di riflessioni. Non mi sento di criticare le opposizioni per aver presentato solo emendamenti abrogativi al progetto di legge, perché personalmente ho trovato coerente quella posizione che hanno sempre manifestato all’interno dell’Aula. Oggi mi sento di dire di essere soddisfatta del fatto di essere arrivati ad avere un progetto di legge più equilibrato rispetto a quello da cui eravamo partiti e che può dare, da un lato, una risposta all’esigenza della maggioranza e del governo, perché era inserito nel programma di governo, di realizzare una riforma fiscale capace di mettere in sicurezza il bilancio statale; e dall’altro, una risposta alle sfide che San Marino dovrà affrontare nei prossimi mesi e anni, rafforzando il sistema economico e sociale. Per quanto riguarda la tematica che è stata un po’ il simbolo di questo processo legislativo — la disparità tra lavoratori dipendenti residenti e frontalieri — voglio tornare su questo punto. Voglio evidenziare che la maggioranza non ha mai affrontato con leggerezza questo argomento. Se in una prima fase si valutava l’impatto sui lavoratori frontalieri in maniera diversa, le riforme fiscali fatte in Italia su quei redditi avevano di fatto creato un meccanismo che penalizzava i redditi più bassi rispetto a quelli più alti. Mi sento anche di dire che è sbagliato far passare il messaggio che, da un lato, l’Italia stia abbassando la pressione fiscale e dall’altro San Marino l’abbia aumentata. In Italia si parte da un’aliquota minima di imposizione dei redditi da lavoro dipendente che è molto più alta dell’aliquota media che c’è a San Marino sulle stesse tipologie di redditi. È quindi più facile per lo Stato italiano intervenire in riduzione del carico fiscale. San Marino ha una forbice molto inferiore per poter fare politiche di riduzione del carico fiscale, parallelamente all’esigenza di rafforzare il proprio bilancio. Non vorrei che passasse il messaggio che il confronto tra i due percorsi sia realmente possibile. In conclusione, ci tengo a ribadire che San Marino deve interrogarsi sulle motivazioni per cui, pur partendo da una tassazione media più bassa, il potere d’acquisto non risulta così tanto più alto rispetto alla vicina Italia. Tornando ai discorsi iniziali, su questi aspetti è sempre più rilevante fare ragionamenti trasversali che tengano conto della situazione reddituale, patrimoniale e sociale dei contribuenti. Concludo dicendo che mi accodo a quanto detto dai colleghi di maggioranza in merito ai progetti di sviluppo e al processo di revisione della spesa pubblica.
Vladimiro Selva (Libera): Dopo circa dodici anni quest’aula torna a discutere di un provvedimento che è un provvedimento cruciale per quanto riguarda quella che definiamo l’equità e il modo con cui lo Stato chiede ai propri cittadini di contribuire. Ovviamente qui non è il momento in cui si discute di come poi questi soldi vengono spesi, perché questa è l’altra faccia della medaglia. Il termine “equità fiscale” è un concetto discusso, ma se riflettiamo bene, ognuno di noi probabilmente ha una visione, un sentimento, una percezione diversa di quella che è l’equità. Il nostro sistema, che non andiamo sostanzialmente a cambiare, è un sistema progressivo dell’imposta: più guadagno, più aumenta la percentuale di questo guadagno che devo versare allo Stato per contribuire alle spese. Cosa vuol dire? Che quando, ad esempio, come con il sistema della SMAC, ci sono spese riconosciute come detraibili o deducibili, io vado a ridurre la quota imponibile. Quindi, il reddito che ho prodotto lo abbatto, e abbattendolo pago meno tasse legate alla fascia di reddito che ho. Io credo che nel provvedimento portato dal Segretario Gatti inizialmente, un elemento qualificante sia la trasformazione delle spese attestate con la SMAC da deduzione a detrazione. Questo è un elemento formidabile di equità, per come la intendiamo noi. Poi è chiaro, su alcuni temi potevamo avere sensibilità diverse, idee diverse, valutazioni differenti, ma nel corso della definizione e del dettaglio degli emendamenti portati in Commissione c’è stata una massima disponibilità da parte della Segreteria a discutere tutte le proposte provenienti da Libera, come dagli altri partiti di maggioranza, per portare la riforma verso la versione che ognuno riteneva più equa, più giusta, più logica. In tutto ciò c’è stato un elemento molto positivo: al di là del rischio, per un momento reale, di portare il Paese verso uno scontro sociale — che per Libera era assolutamente da evitare — la vitalità e la forza dimostrate dai sindacati, capaci di mobilitare i propri iscritti. Al di là del fatto che lo sciopero fosse contro la maggioranza o il governo, è vero che questo Paese è vivo, è vero che le persone sono disponibili anche a lottare per qualcosa che non ritengono giusto. Devo dire che l’atteggiamento della Segreteria alle Finanze è stato molto collaborativo, perché non è facile, ogni volta che vengono avanti proposte, rifare i calcoli su temi così difficili. Abbiamo lavorato per cercare di arrivare a una soluzione capace di leggere il momento storico del Paese. Un momento storico in cui stiamo vivendo un passaggio fondamentale, quello dell’avvicinamento all’Europa, che richiederebbe un Paese unito. Andare verso uno scontro, per quanto ragionato o motivato, sarebbe stato un problema che abbiamo voluto evitare in tutti i modi. La maggioranza ha continuato a confrontarsi e, dopo una serie di riunioni e impegni, si è arrivati ad avere qualcosa che il Paese credo, e mi auguro, condivida nella sua completezza. Capisco l’opposizione, che magari si aspettava di arrivare in aula sull’IGR potendo incalzare la maggioranza e il governo sull’onda di un dissenso o di uno scontro, ma noi crediamo che questo non avrebbe fatto bene al Paese. Devo dire che ringrazio in questo caso la giovane dirigenza del mio partito, perché con intelligenza, pazienza, determinazione, studio e fatica ha lavorato insieme alla maggioranza per arrivare a un risultato politico assolutamente positivo. Noi giustamente crediamo nell’incentivare i consumi interni attraverso forme di vantaggio fiscale. Lo siamo ancora oggi, ma è un tema che dovrà essere affrontato: bisogna domandarsi perché oggi alcune situazioni sono talmente paradossali da portare persone in piazza perché non vogliono spendere a San Marino. Perché se siamo in una situazione in cui c’è chi manifesta perché si sente costretto a spendere a San Marino, vuol dire che il nostro Paese non ha quell’attrattiva e quella competitività che invece dovrebbe avere, proprio grazie a una fiscalità più leggera e a norme più semplici. Un tempo San Marino era visto come il luogo dove conveniva venire a comprare, dove c’era chi partiva apposta per fare spesa qui. Oggi abbiamo assistito, per certi versi, a uno sciopero perché chi già lavora qui non vuole spendere a San Marino. Questo è un tema che probabilmente non c’entra molto con l’IGR, ma di cui credo che questo governo, questa maggioranza, e tutta l’aula si debbano far carico, per capire dov’è il problema e trovare il modo di risolverlo. Bisogna far tornare San Marino un luogo attrattivo, non solo per chi ci lavora e vive, ma anche per chi viene da fuori. Il consumo in territorio significa maggior gettito per lo Stato, più lavoro per le imprese, più occupazione nel commercio, e questo è un treno che non possiamo perdere.
Enrico Carattoni (RF): Segretario Gatti e maggioranza, la prima domanda che mi pongo rispetto a questa riforma fiscale è “perché?”. È una domanda seria, non retorica, alla quale non ho risposta. Perché avete dovuto fare una riforma che, negli intenti, doveva essere una manovra lacrime e sangue e che poi si è ridotta a un nulla di fatto? Avevate l’ambizione di recuperare con questa riforma 20 milioni di euro. Oggi, dopo i tumultuosi cambiamenti in Commissione Finanze e dopo l’ultimo pacchetto di emendamenti siamo arrivati, dopo un percorso politico difficilissimo, a una riforma fiscale molto più scialba dal punto di vista delle entrate. La prima domanda è: quanto pensate di recuperare in termini di gettito da questa riforma fiscale? Siete rimasti sui 20 milioni? Siete scesi a 15? Li avete alzati a 18? Qual è l’aspettativa? Non piace a nessuno chiedere le tasse, ma lo fai per tenere un bilancio in piedi e recuperare somme. Quanto avete recuperato? Non voglio credere che non abbiate fatto i conti a due mesi dall’approvazione del bilancio, che deve essere anche previsionale. Alla fine, al netto delle detrazioni, il dato politico qual è? Che si è aumentata dell’1% la pressione fiscale sulle aziende: dal 17 si passa al 18%. Abbiamo cambiato il tema delle detrazioni e delle deduzioni, ma serviva fare tutto questo baccano per arrivare a un simile risultato? Se l’aveste proposto così, penso che nessuno, nemmeno le associazioni di categoria, si sarebbe stracciato le vesti per un +1% alle imprese. Eppure questo è stato fatto: un autogol politico che non mi spiego, in contrasto con la narrazione portata avanti da almeno tre anni del “va tutto bene”. Arriviamo al metodo. C’è stato un susseguirsi di “innovazioni” tecniche spettacolari. A luglio viene presentato un progetto di legge dal Segretario Gatti: un progetto mostruoso, con discriminazioni evidenti. Eppure l’ha depositata, nello sgomento di alcune forze di maggioranza che non sapevano quasi nulla. Poi lo si stravolge completamente: prima in Commissione; poi, una volta stravolto in Commissione, lo si stravolge ulteriormente in Consiglio raccogliendo le firme di 39 consiglieri e votando un testo diverso da quello presentato. Si dirà: è stato il confronto, com’è giusto nelle democrazie parlamentari. Sì, ma quel progetto non è stato modificato di una virgola per il confronto in Commissione o in Consiglio: è stato modificato scavalcando il confronto con le opposizioni, convocate svogliatamente d’estate. In Commissione si è interrotto e ripreso il lavoro, rinviandolo tre o quattro volte per incontrare — giustamente — i sindacati, ma non le opposizioni. Questo è un ulteriore tassello tipico di questo governo, in particolare del Segretario Gatti: un fastidio verso le regole democratiche e verso il confronto, considerato una perdita di tempo. Qui non si considera il Consiglio un’aula parlamentare, ma quasi un bivacco: sterile, inutile. Gli emendamenti il Consiglio li ha ricevuti poco fa: ci troviamo a esaminare emendamenti mai visti prima, e lunedì verosimilmente inizieremo a votare sull’articolato e sugli emendamenti arrivati adesso. Questo non è solo sintomo di disorganizzazione: è sintomo della considerazione che si ha del ruolo del Consiglio. Prima delle riforme istituzionali, serve una riforma culturale. La riforma fiscale non è neutra politicamente. Il precipitato politico, a mio avviso, è chiaro: il Segretario di Stato Marco Gatti è stato di fatto commissariato su questa vicenda dalle altre forze di maggioranza, in particolare da Libera, e forse anche dal PSD. Ritengo però che le “concessioni” fatte siano frutto del combinato disposto tra, da un lato, la foltissima partecipazione agli scioperi e, dall’altro, la vicenda di Banca di San Marino. Se il Segretario Gatti ha dovuto recedere dai suoi intenti bellicosi, è perché è esplosa la vicenda Banca di San Marino. Questo ha dato forza alle componenti “antagoniste” della maggioranza per portare a casa il provvedimento. Il precipitato politico di tutta la vicenda risiede in questa fortunata, per la riforma IGR, coincidenza: una serie di eventi mai visti in Repubblica che hanno messo all’angolo il Segretario alle Finanze. Ora approverete il progetto di legge e si andrà avanti, ma restano altre sfide, in particolare il debito. Nel medesimo comma siamo chiamati ad approvare due progetti di legge sull’emissione di nuovo debito pubblico. Se l’imposizione fiscale si percepisce subito, la malagestione del debito sarà sintomo di futura pressione fiscale ancora più forte. Preoccupa che, sulla gestione del debito, il Segretario Gatti e il governo abbiano voluto le mani libere, scavalcando pesi e contrappesi democratici.
Guerrino Zanotti (Libera): Permettetemi di esprimere grande soddisfazione per il risultato che andremo a concretizzare nei prossimi giorni. Credo che con questo progetto di legge abbiamo centrato uno degli obiettivi previsti dal programma di governo: la necessità di rafforzare i conti pubblici attraverso una riforma fiscale, una riforma dell’IGR improntata all’efficacia dei controlli contro l’evasione fiscale. Rispetto a questi due obiettivi che la maggioranza e il governo si erano posti, il progetto di legge, con gli emendamenti che voteremo nei prossimi giorni, li ha pienamente centrati. Possiamo procedere senza una piazza piena, senza manifestazioni contro un provvedimento sul quale invece è stato trovato un accordo. Mi dispiace che da parte delle opposizioni questo elemento sia motivo di contraddizione nei loro interventi. Da una parte si afferma che la piazza ha messo in evidenza tutte le criticità e gli aspetti negativi del progetto di legge presentato in prima lettura, dall’altra ci si stupisce del fatto che la maggioranza e il governo abbiano ascoltato quelle manifestazioni di contrarietà. È normale che da parte di chi governa ci sia ascolto nei confronti della piazza, soprattutto se è così numerosa e determinata nel rivendicare aspetti che sono stati ritenuti negativi nella legge presentata in prima lettura. Abbiamo responsabilità di governo, una delega da parte dei cittadini, ma se si prendono provvedimenti che non vanno nella giusta direzione è corretto che la cittadinanza, e in questo caso anche i lavoratori frontalieri, ci facciano notare che c’è qualcosa da correggere. È un elemento positivo che il governo e la maggioranza sappiano ascoltare le rivendicazioni e trovare il tempo e il modo giusto per confrontarsi, arrivando a una definizione dei provvedimenti più equa e giusta. Ricordo che tutti avevamo sollecitato il Segretario Gatti a portare in aula una legge di riforma dell’IGR per consolidare i conti pubblici e il bilancio dello Stato. È vero che introdurre una riforma fiscale in una fase di difficoltà per alcune categorie è pericoloso. È necessario indagare bene quali siano i motivi per cui sempre più famiglie chiedono aiuto alla Caritas in un momento in cui l’economia del Paese viaggia su binari positivi. Non siamo alla piena occupazione, ma abbiamo un tasso di disoccupazione bassissimo, mai conosciuto finora. Non vorrei che si verificasse la situazione per cui anche chi lavora ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Su questo chiedo al Governo e al Segretario Gatti di fare molta attenzione, perché se la povertà va combattuta in situazioni di disoccupazione è un conto, ma se emerge anche in condizioni di quasi piena occupazione è ancora più preoccupante. E’ pericoloso calare una riforma dell’IGR in una situazione di questo tipo. Tuttavia, credo che il risultato ottenuto sia di massima equità, salvaguardando le fasce di reddito più basse. Con gli emendamenti che verranno discussi e approvati nei prossimi giorni avremo una progressività nell’introduzione dei consumi SMAC, mantenendo salvaguardati i redditi fino a 20.000 euro e aumentando progressivamente per quelli superiori. Abbiamo così raggiunto un obiettivo indicato dalle organizzazioni sindacali e ribadito dalla piazza: salvaguardare le fasce di reddito più basse. Un altro obiettivo, riconosciuto anche dall’opposizione, è il pareggiamento tra lavoratori dipendenti residenti e frontalieri. Non va dimenticato che questa riforma riserva un’attenzione particolare anche al lavoro autonomo, soprattutto alle giovani generazioni che si affacciano ora sul mondo del lavoro indipendente. Capisco che forse ci siano state mancanze nei tempi e nelle modalità, dovute anche al clima che si era creato attorno a questo progetto di legge. Così come il governo e la maggioranza avevano inizialmente assunto una posizione rigida, anche l’opposizione ha alzato un muro rispetto a questo provvedimento. Un aspetto importante riguarda i controlli e gli accertamenti, sui quali la legge concentra una parte significativa del proprio intervento. Con alcuni articoli mirati si è resa più stringente la capacità di effettuare accertamenti e controlli mirati. So che il governo si sta già muovendo per dotarsi degli strumenti necessari a essere operativo nel più breve tempo possibile. L’opposizione ha chiesto più volte quale fosse l’entità del maggior gettito della riforma. Il Segretario è stato chiaro: con gli emendamenti presentati, il maggior gettito si aggira attorno ai 17 milioni. Considerando che, con le nuove modalità, vengono promossi i consumi interni, anche l’economia e il comparto economico sammarinese avranno benefici da questa riforma.
Giovanni Zonzini (Rete): Qualcuno stamattina ha definito questa riforma, così come emendata, un trionfo politico, un grande successo della maggioranza? Forse sì, se per grande successo della maggioranza si intende l’aver esautorato e delegittimato il Segretario Gatti. Questo, sicuramente, è un grande successo. Dopo due scioperi generali ed evidentemente anche la pressione di qualche partito di maggioranza, ha dovuto rimangiarsi tutto, accettando punto per punto ciò che è stato richiesto dai sindacati, annullando così di fatto la propria riforma e gli effetti che sperava di ottenere. Io credo che questa nuova arrendevolezza e docilità del Segretario Gatti siano connesse anche a ciò che accadeva in quel momento relativamente al caso di Cassa di Faitano, che ha posto il governo, e in particolare la componente democristiana, in una posizione di forte debolezza. Dunque, la riforma che ci troviamo oggi, dal punto di vista degli obiettivi che si era posto il governo, è sostanzialmente vuota. Perché dico questo? Perché quando dite che si tireranno su 17 milioni di euro, vorrei sapere come avete fatto questi calcoli. Si possono avere le tabelle? Perché a me sembra che calcoliate col pallottoliere. Prima, quando avete presentato la riforma, avete detto che era per l’ospedale. Con questa riforma, col maggiore introito, ci vorrebbero vent’anni per finanziarlo. Ma sappiamo anche che, in realtà, l’ospedale verrà finanziato con la finanza di progetto. Vorrei sapere cosa ne pensa Libera, che era assolutamente contraria alla costruzione di un nuovo ospedale, dicendo che fosse inutile. In ogni caso, sappiamo perfettamente che non verrà fatto. In realtà, sappiamo tutti che questa riforma non è per imprecisate opere infrastrutturali: sono semplicemente frasi fatte che vi siete inventati da dire al microfono. Sappiamo perfettamente che questa riforma è stata fatta per cercare una qualche forma di equilibrio di bilancio, che è evidentemente perduto. Quando Gatti, prima della campagna elettorale, già dal 2022, diceva che il bilancio dello Stato era in perfetta salute, affermava il falso. Noi venivamo derisi e tacciati come analfabeti perché dicevamo che il bilancio era messo male, e i fatti si sono incaricati di darci ragione. Con questa riforma volevate raccogliere 20 milioni. Io credo che, se ne raccoglierete 10, avrete già raccolto molto. Dico questo perché gli interventi sui redditi da lavoro dipendente sono diventati molto bassi, se non addirittura negativi. Sull’aumento dell’1% dell’imposizione alle imprese: non ho dati aggiornati, anche perché avete smesso di pubblicare l’imponibile per categoria nella programmazione economica presentata a luglio. Mi rifaccio ai dati che avevo richiesto con un’interpellanza riferita all’anno fiscale 2022, quando le società avevano versato circa 59 milioni di monofase. Aumentando dell’1% l’aliquota su quei dati, si sarebbe raccolto circa 3,5 milioni di euro. La domanda che faccio è: come intendete gestire il bilancio? Il Segretario Gatti, se dopo questa débâcle non ha intenzione di fare un passo indietro e lasciare il suo posto, come intende presentarsi agli organismi internazionali a cui aveva promesso questa riforma? Come intendete ridurre da 35 milioni a zero, o a una cifra vicina allo zero, il disavanzo operativo del bilancio dello Stato? Qualcuno ha parlato di spending review, ma quale spending review? Come si fa una spending review se, nel vostro programma, si registra un aumento di 166 dipendenti pubblici in un anno e mezzo? Come si concilia la promessa di spending review con centinaia di assunzioni, in buona parte clientelari, effettuate ogni anno? Sono domande legittime, perché, facendo un rapido conto, dalla relazione economico-statistica al bilancio dello Stato si scopre che nel 2024 il costo medio di un dipendente nel settore pubblico allargato è di circa 34.000 euro. Questo significa che soltanto l’aumento dei dipendenti pubblici avvenuto nell’anno elettorale costa allo Stato circa 2,6 milioni di euro in più ogni anno, per sempre. Solo la campagna elettorale della DC e dei Socialisti è costata circa 3 milioni di euro all’anno. Dovete dirci quanto pensate di incassare. Non basta dire “incasseremo 17 milioni”: su quali basi? Come avete calcolato questo dato? Avete avuto ventimila persone in piazza in due scioperi generali, poi è scoppiato anche il caso Ente Cassa di Faetano e qualcuno ha avuto paura. Poi dovreste spiegarci anche come intendete coprire la differenza fra i 35 milioni di disavanzo e i pochi milioni che raccoglierete con questa riforma. Esiste un piano? Avete un’idea? C’è una proiezione? Non mi pare. Ripeto: la riforma, grazie ai sindacati e alla lotta condotta dai lavoratori sammarinesi e frontalieri, è stata di fatto disinnescata. La riforma di Gatti non esiste più, è stata cancellata non dalla bontà o dal ravvedimento del governo, ma dalla paura della piazza e dalla consapevolezza di non poter gestire due fronti contemporaneamente: la questione Cassa di Faitano e la questione IGR. Siamo di fronte a una débâcle totale, a una Caporetto politica del Segretario Gatti e del partito di maggioranza relativa, senza precedenti recenti. Ribadisco due domande: Primo, dove sono le proiezioni sul gettito? Secondo, sarebbe opportuno che il Segretario Gatti, ammesso che voglia continuare a fare il Segretario, spiegasse alla sua maggioranza la differenza tra i soldi che voleva prendere dai lavoratori e quelli che non prenderà più grazie alla loro lotta.
Filippo Tamagnini (PDCS): Nel merito dico soltanto una cosa brevissima: ringrazio il proponente del progetto di legge, il Segretario Gatti e i consiglieri che con me hanno sottoscritto l’emendamento che rivede la parte decisa in Commissione relativa alla deducibilità delle sole donazioni agli enti residenti, perché credo sia un grande gesto di attenzione verso le famiglie e le persone che fanno questa scelta del tutto personale, normalmente dettata dalla gratitudine che hanno per vari motivi verso questa o quella realtà di benefit. Abbiamo ascoltato poco fa un intervento del collega Muccioli, che ringrazio per i contenuti. Sappiamo la competenza che ha su queste materie, l’abbiamo riascoltata, come sempre accade, prendendo atto della pacatezza che ha nei suoi interventi. La cosa che vorrei farvi notare è che ci ha fatto capire che è possibile un processo di argomentazione sensibile al vero, che è possibile tener conto delle esigenze e delle caratteristiche di tutti i portatori di interessi nella formazione di un buon testo normativo, e che non c’è nulla che non possa contribuire alla formazione di un buon testo. Questo ce lo ha fatto vivere attraverso la sua esperienza in Commissione e poi qui in Consiglio, e per questo lo ringrazio.
Maria Katia Savoretti (RF): Desidero ringraziare entrambi i relatori; mi spiace però, commissario Muccioli e commissario Santi, perché è stata una lettura quasi inutile: le relazioni che avete letto erano relative al progetto di legge uscito dalla Commissione, non certo riferite al nuovo progetto di legge, quindi alla versione 4 che andremo ad affrontare. Entrambe le relazioni sono superate, quindi è superato anche il testo della Commissione. Dopo aver ascoltato alcuni interventi dai banchi della maggioranza sembra di essere al cinema. Dopo tutto quello che è successo in questi mesi riuscite ad applaudirvi e a farvi i complimenti, ma le cose sono andate diversamente. È più comodo accusare l’opposizione di non aver voluto condividere e partecipare ai tavoli di lavoro. Abbiamo fatto proposte, anche in Commissione, ma le nostre proposte, poiché vengono dall’opposizione, a priori non devono essere accolte. Non sono certo le quaranta pagine di emendamenti che avete depositato stamattina a poter essere definite condivisione: con l’opposizione non li avete condivisi, e mi sembra neppure con qualche categoria di professionisti. Invito la maggioranza a smettere di dire che l’opposizione non ha voluto condividere il percorso: l’opposizione è stata messa fuori dai giochi. Avete fatto tutto da soli e, se volete colpevolizzare qualcuno, dovreste farlo verso voi stessi e non verso l’opposizione. Il percorso di questa riforma è stato travagliato. Vi piace mettervi in situazioni imbarazzanti, intervenire a gamba tesa, spesso con un po’ di arroganza, senza ascoltare nessuno: è tipico di chi vuole comandare e non governare un Paese. Non è la strada migliore per governare la nostra Repubblica. Solo oggi vedremo il nuovo progetto e gli emendamenti che apporteranno modifiche sostanziali, che andranno a modificare integralmente il testo rispetto alla formulazione che abbiamo esaminato e su cui abbiamo dibattuto in prima lettura. Eppure questa riforma è costata due giorni di sciopero ai lavoratori di ogni categoria, sammarinesi e frontalieri: non si può dimenticare. Due giorni pesanti a livello economico per i lavoratori, ma lo sciopero era l’unica strada percorribile per far sentire la loro voce nei confronti di chi continuava a essere sordo. Per questo, come opposizione, abbiamo chiesto fin da subito che questo progetto di legge venisse ritirato, perché a nostro avviso non era la riforma giusta per il Paese. L’abbiamo definita una riforma non riforma e lo abbiamo sostenuto in più sedi, purtroppo senza ascolto. Volevate andare avanti senza scrupolo, tutti uniti come una squadra compatta, con l’obiettivo di trovare 20 milioni. Di fronte a un intervento iniquo, con discriminazioni chiare e squilibri nella tassazione, l’unica frase uscita dalla bocca del Segretario di Stato durante le varie dichiarazioni è stata: “La riforma IGR eventualmente sarà cambiata in seconda lettura”. Allora mi chiedo a cosa serva la Commissione Finanze, la Commissione consiliare permanente 3: non serve a nulla, perché per capire quante tasse in più si dovevano pagare era necessario attendere la seconda lettura. Abbiamo dovuto aspettare. Durante le varie disamine del testo le domande che ci ponevamo erano semplici: era chiara la disparità di trattamento che avrebbe comportato questa riforma. Come si può pensare di abbassare l’imposizione sui redditi autonomi da 80.000 euro e aumentarla alle fasce di lavoro dipendente da 30.000 euro? Non era possibile. Come si può pensare di fare una riforma senza fornire un dato, una tabella? Mi fa piacere che oggi in aula il Presidente della Commissione Finanze si sia reso conto che anche i frontalieri sono importanti: lo sono sempre stati, anche quando il progetto è arrivato in prima lettura, non solo oggi con le modifiche. Aggiungo che, in un primo momento, il secondo partito di maggioranza era riuscito a far sospendere la Commissione in cerca di una sintesi, o meglio di un’intesa con sindacati e associazioni di categoria. Ne diamo atto: è stato un tentativo. Ma per continuare a stare al governo sappiamo come va a finire: nonostante la tregua, nessun accordo e nessuna intesa sono stati raggiunti, e il Governo ha continuato la sua strada senza ripensamenti. Come forze di opposizione abbiamo continuato la nostra battaglia: non ci siamo arresi, abbiamo lottato con tutti i mezzi consentiti per opporci a questa riforma iniqua, ingiusta, discriminatoria, e al metodo arrogante e all’incapacità di questo Governo e di questa maggioranza di renderci partecipi. Siamo stati tenuti fuori da ogni interlocuzione sul contenuto del testo di legge. Non abbiamo preso un granchio, come diceva stamattina il consigliere Berti: abbiamo capito bene che siete incapaci di pensare al futuro del Paese e di gestire lo sviluppo. Lo abbiamo visto in questi mesi nell’iter di questo progetto, che potevate evitare, Governo e maggioranza, e lo vediamo ogni giorno con le scelte che il Governo continua a fare.Se i sacrifici servono e li dobbiamo fare tutti perché il Paese ne ha necessità, non possono essere solo i cittadini a dover pagare: chi è al potere deve iniziare a fare la sua parte, altrimenti non è credibile. Non ne avete dato prova: si vedono continue delibere e incarichi attribuiti a pioggia.