Politica

Progetto di legge sull’ICEE, prosegue il confronto in Commissione

Dopo la pausa, i lavori della Commissione Consiliare riprendono con l’esame dell’articolato e degli emendamenti del progetto di legge “Indicatore della Condizione Economica per l’Equità – ICEE”.

All’articolo 1 (“Finalità”), via libera ad un emendamento aggiuntivo di un comma 2 proposto da Rete che afferma quanto segue: “Le disposizioni contenute nella presente legge e nei relativi Decreti Delegati costituiscono attuazione dei principi costituzionali contenuti nella Dichiarazione dei Diritti, che obbligano ogni persona a concorrere alle spese pubbliche in proporzione alla propria capacità contributiva. In tale ambito, le dichiarazioni rese e le informazioni fornite o detenute dall’Amministrazione, ma da questa non generate, sono soggette all’attività di controllo da parte degli Organi Preposti, anche mediante lo scambio di informazioni, comprese quelle di natura finanziaria, con le autorità competenti di altri Stati, secondo le disposizioni normative vigenti”.

All’articolo 2 (“Ambito di applicazione”) viene respinto un emendamento modificativo proposto da Rete.

All’articolo 3 (“Definizioni”) sono presenti diversi emendamenti. Focus in particolar modo sulla lettera B del comma 1 (“Scala di equivalenza”), rispetto alla quale – dopo un breve momento di confronto – viene raggiunta una sintesi su un emendamento modificativo condiviso da maggioranza e opposizione. Il nuovo emendamento recita quanto segue: “Le disposizioni riguardanti i parametri corrispondenti al numero di componenti in nucleo familiare disciplinate mediante decreto delegato. Tali parametri devono necessariamente tenere conto del numero dei componenti in nucleo familiare con coefficienti maggiorati in presenza di figli minori e persone con disabilità media e grave”. Esso viene approvato all’unanimità con 14 voti favorevoli. Approvati anche due emendamenti modificativi delle lettere N ed M del comma 1 proposti dal Governo. Vengono successivamente esaminati – e respinti – due emendamenti aggiuntivi di Rete che propongono l’esclusione dalle agevolazioni delle persone beneficiarie di trust o che rivestano qualifica di amministratori o siano soci di società immobiliari.

All’articolo 4 (“Nucleo familiare”) viene approvato un emendamento modificativo del comma 1 proposto da Rete. Ritirati due emendamenti modificativi del comma 6 proposti da D-ML e Rete. Al comma 7 arrivano due emendamenti: uno del Governo, approvato senza particolari discussioni; e uno di Rete, che invece è stato respinto. Quest’ultimo punta a evitare che il figlio maggiorenne, nel caso di genitori separati, possa scegliere a quale nucleo familiare appartenere. L’obiezione è che questa facoltà consentirebbe di aggirare i criteri economici scegliendo il genitore con il reddito più basso. La maggioranza, però, difende la formulazione attuale, sostenendo che la scelta del figlio non costituisce una reale elusione e che, per coerenza con il concetto di nucleo familiare come unità unica, non è opportuno intervenire. Il secondo fronte di discussione è il comma 8. Qui Rete propone di includere nel nucleo familiare anche i conviventi che non siano parenti o affini, eliminando un “non” dal testo. Anche in questo caso, però, l’emendamento viene respinto.

Dibattito serrato sull’articolo 6 (“Indicatore della Condizione Economica”). Si apre un confronto sul peso da attribuire rispettivamente al reddito e al patrimonio nel calcolo dell’ICEE. Il Governo propone di modificare il rapporto attuale, spostando la percentuale dal 20/80 al 25/75: una correzione tecnica che aumenta leggermente l’incidenza del patrimonio e che viene approvata. Rete, invece, spinge per un cambiamento più radicale e propone una ripartizione paritaria 50/50, sostenendo che l’attuale sistema finisce per favorire chi ha redditi bassi ma patrimoni elevati. L’emendamento viene respinto, ma il dibattito che ne nasce evidenzia una forte sensibilità sul tema.

Dopo il dibattito sul comma 1 dell’articolo 7 (“Indicatore della condizione reddituale”), i lavori vengono sospesi per tentare una mediazione su un emendamento condiviso da tutti i gruppi. Viene trovata una sintesi che porta all’approvazione di un emendamento modificativo condiviso. Nel testo riformulato si stabilisce che l’indicatore della condizione reddituale è determinato sulla base di tutti i redditi ovunque prodotti, anche per interposta persona, delle spese e delle deduzioni individuate tramite decreto delegato, riferite a ciascun componente o all’intero nucleo familiare, con l’esplicita indicazione che ciò deve avvenire senza generare discriminazioni tra i diversi nuclei familiari. Viene inoltre confermata la sostituzione del regolamento con il decreto delegato e mantenuto il richiamo all’anno solare precedente per la determinazione dei dati. Questa mediazione viene approvata con 12 voti favorevoli, e l’articolo 7, così riformulato, viene infine votato e approvato.

Si passa all’articolo 8 (“Indicatore della condizione patrimoniale”). Anche qui, i gruppi consiliari convergono su una formulazione unitaria che porta al ritiro degli emendamenti precedentemente presentati da Rete e da D-ML. Viene quindi messo in votazione un emendamento condiviso al comma 1, che ottiene 13 voti favorevoli. Il nuovo testo stabilisce che l’indicatore patrimoniale è determinato sommando i valori immobiliari e mobiliari posseduti dai componenti del nucleo familiare, includendo anche quelli detenuti per interposta persona, e che tali valori devono essere riferiti all’anno precedente la presentazione della dichiarazione. Viene inoltre eliminato il riferimento allo strumento del regolamento e sostituito con quello del decreto delegato, che dovrà individuare in modo applicativo i criteri di calcolo. Sempre sull’articolo 8, viene esaminato anche il comma 6, per il quale i gruppi consiliari convergono su una nuova formulazione condivisa. L’emendamento unitario viene approvato con 12 voti favorevoli. Il testo riformulato stabilisce che il valore del patrimonio mobiliare è costituito dalle componenti che sono individuate applicativamente mediante decreto delegato, comprendendo anche i valori mobiliari detenuti all’estero, con massima completezza e senza generare discriminazioni tra i diversi nuclei familiari a cui è riferito l’ICEE.

Alle 19.30 i lavori vengono sospesi. Riprenderanno mercoledì 22 ottobre alle ore 9.00

Di seguito una sintesi degli interventi:

  1. Esame in sede referente del progetto di legge “Indicatore della Condizione Economica per l’Equità – ICEE” (presentato dalla Segreteria di Stato per gli Affari Interni)

Art.1 — Finalità (approvato con 14 voti favorevoli)

Emendamento aggiuntivo del comma 2 proposto da Rete (approvato con 13 voti favorevoli)

Emanuele Santi (Rete): A nostro avviso questi due emendamenti sono importanti già da inserire nelle finalità. Sul comma 3 noi lo possiamo lasciare anche in votazione, però ci tengo a rimarcare che è di fatto l’emendamento che ho visto informalmente, e non so se l’ha depositato, segretario. Se lo deposita, è di fatto l’emendamento che va ad accogliere il passaggio al comma 3. Se lei lo deposita, io questo qui lo posso anche ritirare perché viene recepito all’articolo 16 ter, se non ricordo male, ed è l’articolo che andrà a inserire l’osservatorio. Per noi è importante che ci sia, e quando ci sarà l’osservatorio che sia comprensivo di tutti gli attori. Quindi, se l’ha depositato, la ringrazio perché va proprio in questa direzione. A questo punto l’emendamento aggiuntivo del comma 3 articolo 1 lo ritiro, però valutate bene se introdurre il comma 2 che ho presentato perché a mio avviso è meritevole nelle finalità di essere inserito.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Ritengo che l’accoglimento del comma 2 proposto come emendamento sia migliorativo dell’articolo 1. Faccio una premessa, coerente con quello che ho detto nel confronto durante la pausa, e cioè che si può aprire un ragionamento sull’accoglimento di altri emendamenti che introducono i decreti delegati per alcune aree. Il commissario Santi le ha individuate con precisione: sono quelle tre aree che ha precisato lei con il suo intervento. Su queste non si tratterà di accogliere pedissequamente l’emendamento, ma occorrerà confrontarci e trovare una soluzione di sintesi, in quanto ci tengo a ribadire che su alcuni aspetti del progetto di legge la soluzione regolamentativa sia snellente, sia rispetto al progetto di legge sia rispetto a uno degli obiettivi che tutti in quest’aula spesso diciamo, cioè che bisogna ridurre il numero dei decreti e usare la regolamentazione di secondo e di terzo livello. Allora facciamo esercizio già da questo progetto di legge per trovare un punto di equilibrio specifico. Quindi facciamo insieme un atto di miglioramento su quello che è l’articolato. Ricapitolando: per l’accoglimento del comma 2, io chiedo il ritiro del comma 3. In subordine sono per non accogliere il comma 3.

Emendamento aggiuntivo del comma 3 proposto da Rete (ritirato)

Art.2 — Ambito di applicazione (approvato con 11 voti favorevoli)

Emendamento modificativo proposto da Rete (respinto con 11 voti contrari e 2 favorevoli)

Emanuele Santi (Rete): Andiamo a sostituire anziché “possono” con “devono”. Quindi la riformulazione sarebbe: in relazione a tipologie di prestazioni che per loro natura lo rendono necessario, accanto all’ICEE devono essere previsti ulteriori criteri di selezione volti a identificare specifiche platee di beneficiari. C’è il problema in quasi tutte le leggi che quando si scrive “si può”, “possono”, poi queste cose non vengono mai fatte. Nelle leggi questo è proprio un problema che ho riscontrato negli anni. Invece il “devono” è un po’ più categorico.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Io capisco quello che vuole dire il commissario Santi, però l’impianto dell’articolo dice che qualora si rendesse necessario per alcune prestazioni ulteriori criteri di selezione, questi possono essere identificati. A mio avviso è meglio sempre lasciare al legislatore la possibilità di scegliere. Poi, commissario Santi, ci si assume la responsabilità quando si fa una scelta politica: quando si può assumere un ulteriore paletto, un’ulteriore restrizione, un ulteriore elemento, piuttosto che obbligare. Con la dizione originaria rimettiamo al legislatore di volta in volta la responsabilità, non il dire “si scrive e poi non si fa”. Ci si assume la responsabilità anche del non fare.

Art.3 — Definizioni (approvato con 11 voti favorevoli)

Lettera B comma 1

Emendamento modificativo del Governo (ritirato)

Emendamenti modificativi di D-ML (ritirati)

Emendamento modificativo di Rete (ritirato)

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Si tratta della mera correzione di un refuso.

Carlotta Andruccioli (D-ML): Su questi emendamenti abbiamo avuto modo di parlare nella pausa, ma vorrei comunque spiegarli entrambi, anche se annuncio già il ritiro del primo dei due. Si proponeva di inserire nel primo emendamento i parametri relativi alla scala di equivalenza già nella presente legge, in particolare nell’allegato A che avevamo proposto. Si chiedeva che venissero espressi già nella presente legge; in subordine si chiedeva di poterli discutere all’interno di un decreto delegato che, a differenza di un regolamento, almeno passa in consiglio. Considerato che i parametri della scala di equivalenza sono elemento sostanziale, perché si parla del numero di componenti del nucleo familiare, riteniamo sia uno di quei temi da dover affrontare nel decreto e ci pare che prima sia stato accolto questo orientamento. Oltre a chiedere che venissero discussi e disciplinati mediante il decreto delegato, abbiamo aggiunto anche aspetti che riteniamo importanti, nel senso che a nostro avviso quei parametri che tengono conto del numero dei componenti del nucleo familiare debbano tenere conto anche di situazioni particolari come la presenza di persone con disabilità sia media sia grave, come da definizione dell’articolo 3 lettera D. Io ritiro il primo emendamento, quello che prevedeva un allegato A. Aspetto poi una risposta da parte del segretario.

Emanuele Santi (Rete): Prima modifica che richiediamo: decreto e non regolamento. Indirettamente il segretario, ha espresso la volontà di accoglierlo per quello che riguarda la scala di equivalenza. Però come lo facciamo questo decreto? A mio avviso aprire una delega in bianco, di fatto, non è opportuno. A nostro avviso di questi elementi bisogna tener conto. Io credo che soprattutto nell’ambito familiare tenere conto degli obblighi di mantenimento che sono in capo a entrambi i genitori, non solo a uno, e soprattutto quando dentro le famiglie ci sono figli con disabilità, sia molto pertinente. Abbiamo citato anche la violazione degli obblighi patrimoniali e l’abbandono di persone incapaci, perché credo che questi elementi poi tecnicamente saranno i tecnici a declinarli, però in linea di principio è giusto. Possiamo lasciare la delega aperta, possiamo scrivere qualcosa di più rispetto a quello che vogliamo come visione. Noi qui vogliamo dare la nostra visione.

Marco Mularoni (PDCS): Semplicemente per ribadire che prima, nella sospensione, avevamo concordato con il segretario di Stato la volontà di trasformare tre regolamenti in decreti, proprio per cercare di condividere sempre di più quelle che sono, ad esempio, anche valutazioni politiche e non solamente prettamente tecniche. Una di queste era proprio la scala di equivalenza e quindi propongo all’aula che si vada a scrivere un emendamento in cui si sostituisce l’indicazione del regolamento del Congresso di Stato con “decreto delegato”, proprio per venirci incontro in base a quanto ragionato. Poi io non andrei adesso a inserire tutti i parametri delle varie cose, perché credo sia difficile circoscrivere tutto adesso, e invece lo farei nel decreto, che comunque passa prima nell’osservatorio, quindi c’è un parere obbligatorio da parte dell’osservatorio che può esprimere valutazioni, ad esempio sui parametri che verranno indicati nel decreto, e poi successivamente la ratifica verrà sottoposta al consiglio. Visto che il passaggio è abbastanza condiviso e si fa anche il passaggio in osservatorio, dove ci sono vari rappresentanti oltre che politici anche delle parti sociali, credo che la terminologia debba fermarsi a “decreto delegato”, per poi lasciare successivamente, nella scrittura del decreto, tutti gli elementi che oggi potremmo inserire ma che probabilmente potremmo sbagliare oppure non inserire.

Gemma Cesarini (Libera): In questo caso non si tratta di un regolamento, ma di un indirizzo: adottare criteri per i quali dare una scala di equivalenza dei coefficienti e un orientamento rispetto alle persone, ai minori o a persone più in difficoltà. Credo che trovi l’accordo più o meno di tutti. Poi, che debba essere formulata una delega in un modo piuttosto che in un altro, si può valutare, però trovo giusto in linea generale il concetto espresso dai colleghi che hanno proposto l’emendamento.

Donatella Merlini (PSD): Credo che il senso di quello che ha detto il commissario Santi sia da recepire. Poi probabilmente, riformulando “regolamento” in “decreto delegato”, tutto questo può essere assorbito in questo modo.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: La scala di equivalenza è un parametro che un attuario elabora per bilanciare ed equilibrare le varie composizioni familiari, e dire che l’attuario tiene conto dei componenti del gruppo familiare con coefficienti maggiorati in presenza di figli minori e persone con disabilità media e grave è pleonastico, perché è proprio in sé nel fare questa attività. Lo dico perché porre tutti quei limiti è il compito dell’attuario. Non si tratta qui di circoscrivere il decreto con una delega specifica, perché in realtà l’attuario deve farlo in quel senso già. Quindi io sono per accogliere, fin dove possibile, gli emendamenti di Rete o di Motus. Propongo di trovare un emendamento comune, ritirare i tre emendamenti del governo, di Motus e di Rete, e depositare un emendamento comune.

I lavori vengono momentaneamente sospesi per consentire all’Aula di accordarsi su un emendamento condiviso.

Carlotta Andruccioli (D-ML): Leggo l’emendamento presentato a nome di tutti i gruppi. Emendamento modificativo del comma 1 lettera B dell’articolo 3: “B. Scala di equivalenza. Le disposizioni riguardanti i parametri corrispondenti al numero di componenti in nucleo familiare disciplinate mediante decreto delegato. Tali parametri devono necessariamente tenere conto del numero dei componenti in nucleo familiare con coefficienti maggiorati in presenza di figli minori e persone con disabilità media e grave.” Questo è l’emendamento. Io annuncio, per il mio gruppo, che vengono ritirati entrambi gli emendamenti presentati alla lettera B comma 1 dell’articolo 3, e anche l’articolo 1 dell’allegato A che era collegato al primo emendamento.

Emanuele Santi (Rete): In questo caso si tiene conto sia del numero dei componenti del nucleo familiare, dei coefficienti maggiorati in presenza di figli minori e persone con disabilità. Questi tre elementi vanno proprio nella direzione che avevamo detto. Questo è sicuramente già un passo avanti rispetto alla stesura iniziale, quindi ringrazio per la disponibilità sia il segretario, ma anche soprattutto i componenti della maggioranza.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Ritiro anch’io l’emendamento e ringrazio tutti i commissari per la capacità di trovare un punto di mediazione, di incontro.

Emendamento modificativo Lettera B comma 1 condiviso da tutti i gruppi consiliari (approvato con 14 voti favorevoli)

Emendamento soppressivo della lettera M – comma 1 proposto dal Governo (approvato con 14 voti favorevoli)

Emendamento modificativo della lettera N – comma 1 proposto dal Governo (approvato con 11 voti favorevoli)

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Qui andiamo a fare una precisazione che introduce la possibilità di definire la dimora abituale nell’ambito delle compilazioni e anche la possibilità di autodichiararla. Ovviamente c’è il sistema dei controlli: una dichiarazione non corretta, nel caso dell’applicativo, viene evidenziata in automatico. Ma evitiamo di dover andare in Gendarmeria a farsi rilasciare un’attestazione, assumendosi la responsabilità di quella che è la dimora abituale.

Emendamento aggiuntivo articolo 3-bis proposto da Rete (respinto con 1 voti favorevoli e 11 contrari)

Emanuele Santi (Rete): Cosa indica il 3 bis? Il 3 bis recita: “Non possono accedere alle agevolazioni previste dall’articolo 1 della presente legge le persone, nonché i componenti del nucleo familiare, così come individuato all’articolo 4, che risultino disponenti, beneficiari di trust ovvero titolari di mandati fiduciari.” Noi l’abbiamo pensato per diverso tempo a livello di concetto. Crediamo che, per dare un’osservazione e un punto di vista più equo possibile, chi accede ai benefici ICEE, alle varie provvidenze, debba dichiarare in maniera più corrispondente alla realtà possibile la propria posizione. Di solito chi ha trust sono persone facoltose che hanno ingenti disponibilità, e spesso questi mezzi sono usati a scopi elusivi. Non li voglio demonizzare, però me ne dovete dare atto che spesso vengono usati con scopi elusivi. A quel punto, per noi sarebbe opportuno escludere dai benefici ICEE chi possiede questi strumenti. Se concordate con il nostro principio e avete altre formulazioni per poter scrivere la stessa cosa in maniera diversa, siamo disponibili a valutarle. Qui parliamo di provvidenze, e di possibili usi distorsivi. Per evitare possibili usi distorsivi dello strumento, a mio avviso questo articolo, anche magari riscritto, andrebbe inserito già qui. Come dicevamo prima: non possiamo permetterci che una persona soggetto fisico abbia intestato i propri beni e li vede incidere nel conteggio ICEE, mentre altri se ne sono spogliati e ne usufruiscono senza che vengano conteggiati. Questo sarebbe un’equità al contrario, diventa un’ingiustizia sociale. Capisco che è un po’ estremo, però dovete anche capire che non è facile declinare questo soggetto, quindi abbiamo optato per scrivere di escludere i beneficiari dei trust.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Prima di tutto per condividere le preoccupazioni del commissario Santi che dice: “Se si può anche precisare, mettere a fuoco meglio questi obiettivi, dite pure la vostra”. La raccolgo in senso positivo, laddove noi abbiamo convenuto che sugli articoli 7, 8 e 9 andremo poi a precisare il tema del decreto delegato anziché del regolamento. Impegniamoci nell’indicare non solo di modificare da regolamento a decreto delegato sugli articoli 7, 8 e 9, ma anche a dare un’indicazione relativa alla delega. Andiamo a dare un’indicazione in più e dire che quelle norme regolamentative che vengono adottate con decreto delegato debbono prestare la massima attenzione ai meccanismi distorsivi che lei, commissario Santi, denuncia e che ritengo condivisibili. Ma andiamolo a mettere nelle deleghe, non qui, in questi due articoli, trovando appunto una sintesi in quei passaggi. Questa è la mia proposta. Ovviamente significa che, nel lavoro di aula, la mia richiesta è quella di ritirare i due emendamenti e lavorare sugli articoli 7, 8 e 9.

Maria Luisa Berti (AR): In realtà il mio intervento va a includere anche il contenuto dell’emendamento successivo. Pur condividendo le motivazioni che ha espresso il consigliere Santi forse dovremmo fare delle valutazioni magari anche un pochino più dettagliate. E questa era la ragione per la quale, a mio modo di vedere, negli atti normativi di questo tipo bisogna essere sempre più generici, per poi dare la possibilità successivamente, con degli atti normativi secondari, di andare a declinare le diverse situazioni, le diverse discipline concrete. Ovvio che l’obiettivo è quello di aiutare chi effettivamente ha bisogno di essere aiutato e di escludere quelli che hanno le capacità economiche per provvedere da soli a determinati servizi che lo Stato deve dare. Quindi è lì che dobbiamo condividere l’obiettivo. Secondo me è più opportuno in certe sedi utilizzare lo strumento del regolamento, perché è più smart, più veloce, più efficace nell’andare anche a essere modificato a seconda delle esigenze del caso concreto.

Marco Mularoni (PDCS): Ribadisco un po’ quello che ha detto poc’anzi il segretario di Stato, nel senso che il senso di questa normativa è far sì che l’ICEE sia uno strumento per tutti, soprattutto per chi è in difficoltà, e quindi nessuno vuole distorsioni. Prendiamo ad esempio il caso — giustamente sollevato dal commissario Santi — sulla questione trust e immobiliari. Non possiamo andare ad escludere tutta la categoria per delle distorsioni. Dobbiamo partire da questo presupposto e andare a disciplinare meglio nel decreto, perché nell’emendamento andremmo ad escludere tout court vari fattispecie semplicemente per delle distorsioni che effettivamente sussistono. Però andare ad eliminare tutti per delle distorsioni non credo che sia giusto. Quindi credo che la soluzione migliore sia quella che ha consigliato il segretario, cioè demandarlo agli articoli successivi dove poi verrà demandato ad un decreto che andrà a disciplinare — quale sia lo strumento migliore per far sì che tali soggetti che attuano determinate distorsioni non beneficino dell’istituto.

Emanuele Santi (Rete): Ringrazio il segretario Belluzzi della disponibilità di inserire questi concetti negli articoli magari più consoni — 7, 8 e 9 — dove si parla di reddito, patrimonio, eccetera. Siccome alcune cose le abbiamo dette, quando ci arriveremo bisognerà trovare una formulazione più specifica rispetto a queste tematiche.

Emendamento aggiuntivo articolo 3-ter proposto da Rete (respinto con 2 voti favorevoli e 11 contrari)

Emanuele Santi (Rete): Questo emendamento va sulla stessa falsariga di quello precedente sui trust. L’esempio concreto è questo: se una persona fisica ha una villa con piscina intestata a sé stesso e la usa, quel bene va nell’ICEE, diventa un bene nella sua disponibilità e viene conteggiato nell’ICEE. Cosa succede se una villa con piscina è intestata a un’immobiliare ma viene utilizzata dall’amministratore o dal socio? A chi va imputato quel bene? A nessuno, perché rimane dentro la società. Quindi succede che alla persona fisica che ha il bene intestato va su nell’ICEE, mentre l’utilizzatore che si è spogliato del bene, che l’ha intestato alla società e lo usa perché di fatto è il suo, a quello non viene conteggiato nell’ICEE È giusta questa cosa? Nel caso dei trust eravamo in un ambito particolare, con diverse fattispecie. Qui invece siamo negli esempi concreti: potremmo farne cento, mille. Questa è una questione importante da definire, perché i beni — ovunque siano — se sono intestati a persona fisica o persona giuridica, devono in ogni caso essere imputati a qualcuno. I frutti sono un’altra cosa: se percepisci affitti, quelli rientrano nei redditi. Ma qui parliamo dell’utilizzo. Su questo credo che una riflessione vada fatta, perché se parliamo di possibili effetti distorsivi, questo è un caso evidente. Secondo noi questo emendamento va a declinare un principio fondamentale.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Ho già dichiarato la mia posizione sull’articolo precedente e la ribadisco. Sono per il rigetto dell’emendamento, ma mantenendo l’apertura sugli articoli 7, 8 e 9, così come lo stesso commissario Santi ha riconosciuto.

Gemma Cesarini (Libera): Solo per sottolineare la nostra disponibilità a trattare una delega aperta per contrastare eventuali distorsioni in senso generale, non soltanto con riferimento alle società immobiliari, ma — come diceva anche prima la collega commissario Berti — per evitare qualsiasi tipo di distorsione senza circoscrivere il caso specifico.

Art.4 — Nucleo familiare (approvato con 10 voti favorevoli)

Emendamento modificativo del comma 1 proposto da Rete (approvato con 14 voti favorevoli)

Emanuele Santi (Rete): Al comma 1, noi mettiamo che il nucleo familiare del richiedente è costituito dai soggetti componenti in base alle risultanze anagrafiche. Perché non specificarlo chiaramente? Così com’è scritto, sembra che nell’autodichiarazione debba essere chi compila la dichiarazione a indicare il suo nucleo. Questa è una delle questioni che ho voluto rilevare: quel dato è già pienamente disponibile nelle mani dell’ufficio anagrafe. Scritta così, nuda e cruda, sembra che chi fa la dichiarazione debba scrivere lui da quante persone è composto il suo nucleo, quando invece il suo nucleo risulta dall’ufficio anagrafe. Va nella stessa direzione degli emendamenti: i dati già in possesso della pubblica amministrazione non devono essere richiesti al cittadino. Già sarà difficile la compilazione per i dati non disponibili alla PA. Dalla stesura attuale sembra che uno debba indicare quante persone ha nel nucleo, quando invece questo dato è già riscontrabile dall’ufficio anagrafe.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Premesso che sono per accoglierlo, ci tengo però a fare una precisazione su quanto ha detto il commissario Santi: l’applicativo ICEE attinge ai dati del nucleo familiare così come costituito. Va in automatico, non induce in errore il cittadino. L’applicativo nasce per evitare che il cittadino sia indotto in errori, perché spesso, in buona fede, si compilano le dichiarazioni e si sbaglia. Quindi, anche in questo senso, l’applicativo guiderà il cittadino. Benissimo fare questa precisazione — anche se pleonastica — ma è bene recepirla. Tengo a precisare che l’applicativo attinge da quell’archivio, da quella anagrafica, ovviamente. Ma non diamolo per ovvio e precisiamolo.


Emendamento modificativo del comma 6 proposto da D-ML (ritirato)

Emendamento modificativo del comma 6 proposto da Rete (ritirato)

Carlotta Andruccioli (D-ML): Con questo emendamento noi vorremmo considerare parte del nucleo familiare anche l’affidamento temporaneo di un minore, senza che ci sia poi il successivo passaggio della facoltà del genitore affidatario di considerarlo parte. Secondo noi deve essere parte tout court. Quindi la modifica è riferita all’affidamento temporaneo da considerare, secondo noi, in ogni caso parte del nucleo familiare dell’affidatario.

Emanuele Santi (Rete): L’emendamento che proponiamo noi, con un’altra scrittura, va nella stessa direzione identica rispetto a quello che propone la collega di Domani Motus Liberi. Cioè, noi nel comma 6 dell’articolo 4 diciamo che il figlio minore che si trova in affidamento preadottivo fa parte del nucleo familiare. Invece nella stesura originaria si dice che il minore in affidamento temporaneo non rientra.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Spiego perché il comma è scritto in questa maniera e non come propongono di correggerlo i commissari di opposizione: la ratio è quella di non rendere disincentivante l’affidamento. È estremamente importante, soprattutto in un momento così delicato. Il minore che può essere soggetto di affidamento può essere intestatario di beni e, lasciando così come è scritto, si permette al genitore affidatario di poter scegliere se inserire l’affidatario nel nucleo e quindi far sì che sia vantaggioso per il genitore e per il minore, oppure no. Perché c’è la facoltà di scelta dell’affidatario che sceglie cosa gli conviene. Se si va nella direzione degli emendamenti proposti, non è più una facoltà: il minore, che sia intestatario o no, va a costituire il nucleo, ma questo può essere disincentivante nel caso in cui il minore sia intestatario di beni — perché può succedere — e allora la scelta, qui tra i vari valori da tutelare, è quella di far sì che il minore, diciamo orfano ma intestatario di beni, non resti senza affidamento perché nessuno lo vuole prendere a causa dei beni intestati. Questo è il valore che si è voluto tutelare di fronte agli altri, lasciando al genitore la possibilità di scegliere. Questa è la ratio per la quale chiedo di rigettare gli emendamenti proposti.

Maria Katia Savoretti (RF): Comprendo la ratio del Segretario. Quando si tratta di adozioni, preadozioni, affidamenti, dobbiamo sempre fare in modo che il minore si senta tutelato. Certo è che, rileggendolo, comprendo anche la posizione del Segretario e la giustificazione che ha dato, perché lasciamo in questo modo la facoltà ai genitori affidatari. Perché effettivamente, se si tratta di un minore che poi magari non ha genitori o, per altre situazioni, comunque è abbandonato e ha tanti beni, diversi beni intestati, facendolo poi confluire nel nucleo familiare dei genitori affidatari rischierebbe magari di rimanere escluso da certi servizi, da certi contributi. Quindi sicuramente, così come formulata, forse è più corretta.


Emendamento modificativo del comma 7 proposto dal Governo (approvato con 11 voti favorevoli)

Emendamento modificativo del comma 7 proposto da Rete (respinto con 3 voti favorevoli e 10 contrari)

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Mi è stato precisato che non si tratta di un’autodichiarazione ma di una dichiarazione, quindi è una correzione di natura tecnica che riporto in forma di emendamento.

Emanuele Santi (Rete): Su questo comma 7 dell’articolo 4 ci sono, a mio avviso delle criticità. Nella prima parte si dice che il figlio maggiorenne fa parte del nucleo familiare dei genitori. Poi dice che nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne studente, ai fini dell’ICEE e dell’anno di riferimento, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori da lui identificato. A mio avviso questo è problematico. Perché? Perché nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne studente fa parte del nucleo familiare dei genitori, di tutti e due, a mio avviso. Sì, perché scritto così può creare un elemento di distorsione. Perché, dando la scelta ai fini ICEE, il figlio maggiorenne dove andrà? Andrà sotto il reddito più povero, per avere accesso ai benefici che dall’altra parte non avrebbe. dando la scelta, diventa troppo facile eludere. Può succedere che un figlio ha due genitori: uno con reddito bassissimo — oppure la mamma è casalinga con poco patrimonio — e magari il padre è milionario con un reddito altissimo. Da una parte ha l’accesso, dall’altra no. Quindi il reddito, siccome ha un genitore e un padre e una madre, bisogna che si tenga conto del reddito di tutte e due. Questo è il senso.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Il punto è che qui, al centro, c’è il nucleo familiare. L’ICEE si basa sul nucleo familiare, quindi non posso “separare in due” una persona. Perché questo concetto, per analogia, potrebbe essere utilizzato anche per i genitori o per i nonni. Le ricordo che nell’applicazione e nella valutazione della legge c’è anche il tema, mi pare nelle definizioni dell’articolo 3, della famiglia come rete di solidarietà: il nucleo familiare composto da più persone che abitano sotto lo stesso tetto. E quindi la ratio di questo articolo segue quel ragionamento. Più che una distorsione, si tratta di una scelta libera del figlio maggiorenne. Per me le distorsioni e le elusioni sono altro rispetto a questo, cioè quelle di cui abbiamo parlato prima e su cui dovremo tornare nei prossimi articoli.

Emendamento modificativo del comma 8 proposto da Rete (respinto con 1 voto favorevole e 10 contrari)

Emanuele Santi (Rete): Il comma recita che i conviventi rientranti nel nucleo familiare di cui al comma 1, che non siano coniugi, figli, parenti, affini o genitori di uno o più figli del richiedente, non rientrano nel nucleo familiare ai soli fini della presente legge. Noi invece proponiamo di eliminare quel “non” e stabilire che rientrano nel nucleo familiare. Mi spiego: due conviventi che vivono insieme stabilmente di fatto condividono spese e organizzazione familiare. Perché non considerarli nucleo a tutti gli effetti? È chiaro che il tema della convivenza è delicato, ma se due persone vivono sotto lo stesso numero civico, cioè nella stessa casa, a mio avviso devono essere considerate parte dello stesso nucleo. Quindi la proposta è cancellare “non” e scrivere che rientrano nel nucleo. Poi, ovviamente, mi rimetto anche al parere del segretario, che sicuramente ne sa più di me in materia di diritto di famiglia. Il punto è che qui parliamo di conviventi che abitano sotto lo stesso tetto: non sono sposati, ma condividono la vita quotidiana.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Lei credo faccia riferimento alla convivenza more uxorio, oppure alle unioni civili: quello è un caso. Ma esistono anche convivenze che non costituiscono famiglia, ad esempio due studenti che dividono un appartamento, oppure due lavoratori che condividono un alloggio per motivi economici. In questi casi, ai fini ICEE, non può essere computata quella convivenza come nucleo familiare unico: sono due persone autonome, che nulla hanno a che vedere l’una con l’altra se non l’amicizia o la coabitazione occasionale. Se recepissimo il suo emendamento, invece sì: la convivenza di due studenti farebbe nucleo e avrebbe effetti sull’ICEE. E questo aprirebbe un campo infinito. La ratio della norma è un’altra. Se vogliamo precisare meglio in altro punto della legge, lo possiamo fare. Ma togliere quel “non” qui rischia di creare più problemi che soluzioni.

Art.5 — Prestazioni agevolate rivolte a beneficiari minorenni (approvato con 8 voti favorevoli)

Art.6 — Indicatore della Condizione Economica (approvato con 8 voti favorevoli)

Emendamento modificativo del comma 1 proposto dal Governo (approvato con 10 voti favorevoli)

Emendamento modificativo del comma 1 proposto da Rete (respinto con 10 voti contrari e 1 voto favorevole)

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: La modifica proposta riguarda esclusivamente lo spostamento della percentuale tra reddito e patrimonio, passando dall’attuale 20/80 al 25/75. Non do lettura del testo perché l’emendamento interviene solo su questo dato percentuale.

Emanuele Santi (Rete): Questo è uno degli articoli centrali del progetto di legge, perché definisce come si determina l’ICEE. Nella stesura iniziale si presumeva un rapporto 80/20, dato che era indicato solo il 20 relativo al patrimonio e, per sottrazione, l’80 al reddito. Ora il segretario propone un passaggio al 75/25, quindi un aumento del 5% della componente patrimoniale. Noi, come gruppo, proponiamo invece un 50/50. Determinare la percentuale corretta non è semplice, lo riconosco: abbiamo detto più volte che esiste anche la possibilità che qualcuno nasconda redditi o patrimoni. Qual è il peso giusto da dare al patrimonio e al reddito? Un esempio: una persona può avere un reddito di 15.000 euro e patrimoni da milioni. Se il patrimonio incide solo per il 20 o 25%, quel patrimonio pesa pochissimo. Oppure il caso opposto: un soggetto può avere un reddito alto — 80.000 o 100.000 euro — ma patrimoni inesistenti, perché magari consuma tutto. In quel caso viene penalizzato enormemente, perché l’80% dell’indicatore dipende dal reddito, mentre chi ha un reddito più basso ma patrimonio altissimo può risultare avvantaggiato. Questo è il cuore del problema. Metto però a disposizione dell’aula una considerazione chiara: il patrimonio deve avere il suo peso. Non può non pesare. Oggi, per le prestazioni legate all’ICEE, contano quasi solo i redditi bassissimi o addirittura non si tiene conto né dell’uno né dell’altro. Ma se vogliamo ridistribuire correttamente i benefici, il reddito e il patrimonio devono stare sulla stessa bilancia. Perché altrimenti rischiamo di premiare chi ha redditi bassi ma patrimoni enormi. Quindi, pur apprezzando la volontà di aumentare la componente patrimoniale, a nostro avviso non basta. L’osservatorio dovrà fare un lavoro enorme su questo punto. In ogni caso, il messaggio è: il patrimonio deve pesare di più. Per questo abbiamo indicato una ripartizione 50 e 50. L’emendamento del segretario lo porta dal 20 al 25, ma secondo noi siamo ancora lontani dall’equilibrio.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: L’ICEE sammarinese parte comunque dall’esperienza italiana, che ha fatto una scelta: quella dell’80/20. Noi abbiamo una peculiarità che l’Italia non ha, e se facciamo il confronto emerge una criticità che dobbiamo affrontare. È una delle motivazioni più forti che mi ha portato a introdurre gli articoli 16-bis e 16-ter. Noi abbiamo una parte rilevante, in percentuale, di concittadini che possiedono beni fuori dal territorio della Repubblica. Dobbiamo armonizzare — ed è uno sforzo difficile — i valori dei beni immobili detenuti in San Marino con quelli detenuti fuori Repubblica. Serve un confronto, uno studio e dei dati su cui basare poi le riforme o gli adeguamenti del provvedimento. Non ultimo, anche un eventuale adeguamento del rapporto tra reddito e patrimonio. Io credo però che, prima di intervenire in maniera definitiva su quel rapporto, sarà centrale e fondamentale armonizzare il più possibile i valori degli immobili detenuti in Repubblica con quelli detenuti fuori Repubblica. Bisogna ragionare non guardando solo all’Italia, ma in termini più oggettivi e più ampi. Questo è uno dei temi. Dopodiché, una volta armonizzati quei valori, si potranno fare valutazioni. Ma anche quelle valutazioni avranno bisogno di una norma transitoria che consenta di intervenire ogni anno, o periodicamente, sul rapporto tra patrimonio e reddito. Perché possono esserci fasi storiche della nostra economia in cui il patrimonio vale più del reddito, e altre fasi in cui avere patrimonio non significa necessariamente avere capacità economica. Pensiamo alle crisi immobiliari dei vari paesi: in quelle fasi avere patrimonio incide in modo diverso rispetto a una fase di boom del mercato immobiliare. Per questo occorre modulare e tarare quel rapporto periodicamente, tenendo conto della congiuntura economica che si sta attraversando.

Gemma Cesarini (Libera): Solo per condividere una riflessione con tutta l’aula: il reddito esprime la capacità corrente di spesa, quindi è la disponibilità liquida immediata che un soggetto può utilizzare per mantenere se stesso e il proprio nucleo familiare. Il patrimonio non è immediatamente disponibile; posso disporne nel momento in cui lo vendo, chiaramente, ma non immediatamente. Rappresenta qualcosa di cui posso disporre e che mi identifica in un certo livello di benessere, diciamo così. Noi andiamo a misurare delle provvidenze, dei sussidi che sono liquidi: un assegno familiare o un contributo al diritto allo studio. Condivido la riflessione del collega Santi: è vero che il patrimonio deve avere un peso maggiore — anche noi, come Libera, lo sosteniamo — però è anche vero che avere tanta disponibilità liquida ti consente di spendere di più e forse di avere meno bisogno di sussidi. Poi condivido anch’io che può dipendere dal momento storico in cui ci troviamo, e quindi il patrimonio può avere un valore maggiore rispetto al reddito. Però comunque la condizione patrimoniale deve avere un certo peso e, finché non l’abbiamo equiparata almeno a livello di calcolo con i valori patrimoniali utilizzati nella vicina Italia o in altri Paesi, è chiaro che stiamo facendo dei ragionamenti un po’ zoppi, un po’ mossi. In linea generale, dare un valore maggiore anche al patrimonio: noi saremmo favorevoli.

Emanuele Santi (Rete): A seguito dell’intervento della collega Cesarini, facciamo un esempio pratico. Una persona ha un reddito di 15.000 euro, derivante da qualsiasi fonte, e magari un patrimonio — fra immobili e disponibilità liquide — di qualche milione di euro. Può succedere: uno ha 15.000 euro di reddito e qualche milione depositato in certificati di deposito che magari rendono 50-60.000 euro l’anno. Quel reddito ti vale per l’80% ai fini ICEE, due milioni di euro ti valgono per il 25%. Non è proprio giusto, se vogliamo parlare di casi. Ho fatto un esempio estremo, ma rende l’idea. Uno può avere case, immobili, disponibilità liquide, e quelle ti pesano solo il 25% con questa proposta. A mio avviso non è equissimo. Secondo me 50/50 magari non sarà la soluzione definitiva, però si avvicina di più all’equità rispetto al 75/25.

Maria Katia Savoretti (RF): A mio avviso dobbiamo stare attenti quando mettiamo queste percentuali, perché rischiamo — pensando di intervenire in maniera equa — di creare pastrocchi. Ritengo che dobbiamo evitare di cadere nel solito tranello: contano i redditi, ma contano anche i patrimoni, perché spesso sono i patrimoni che indicano la reale capacità contributiva. È vero che con il reddito uno ha liquidità e spende — come diceva la collega — ma succede spesso che, anche con uno stipendio di 2.500 euro al mese, si faccia fatica ad arrivare a fine mese, perché oggi tutto è diventato costoso. Quindi sì, il reddito va tenuto in considerazione, ma anche il patrimonio è importante. Bisogna dare il giusto peso a entrambi, altrimenti rischiamo di voler combattere l’evasione e invece non la combattiamo, anzi: creiamo ulteriori divari.

Art.7 — Indicatore della condizione reddituale (approvato con 12 voti favorevoli)

Emendamento modificativo del comma 1 proposto da D-ML (ritirato)

Emendamento modificativo del comma 1 proposto da Rete (ritirato)

Carlotta Andruccioli (D-ML): La nostra modifica prevede molto semplicemente l’abrogazione del regolamento del Congresso di Stato e l’inserimento di un decreto delegato. Come si diceva questa mattina, c’era già la volontà di modificare e prevedere il decreto. Chiaramente, se per i decreti è previsto un passaggio nella commissione di monitoraggio, è evidente che i 90 giorni diventano poco credibili. Quindi, nel caso si modificasse l’articolo, ritirerei la parte “entro 90 giorni dall’entrata in vigore”, ma su questo magari servirà sospendere qualche minuto.

Emanuele Santi (Rete): Sull’articolo 7, al comma 1, proponiamo questa riscrittura: «L’indicatore della condizione reddituale è determinato sulla base dei redditi e di altri introiti assimilabili, in territorio o all’estero, anche derivanti da interposta persona.» Questa è la prima parte. Poi togliamo il riferimento al regolamento e inseriamo “decreto delegato”, come il segretario ha già anticipato di voler fare. Non è stato accolto il nostro emendamento precedente sul nucleo familiare, ma è comunque opportuno che, in questa delega, si tenga conto di tutti i redditi, compresi quelli prodotti all’estero o derivanti da interposta persona. E su questo si collega l’emendamento successivo al comma 2, dove specifichiamo cosa si intende per interposta persona. Ho voluto anticipare il concetto perché per noi è fondamentale: quando si parla di redditi — e poi anche quando parleremo di patrimonio — deve esserci la possibilità di accertare tutto, compresi i redditi che transitano attraverso soggetti giuridici. A nostro avviso, l’articolo 7, formulato in questo modo, insieme all’aggiunta del comma 2, rappresenterebbe una riscrittura più completa dell’indicatore della condizione reddituale. Lo abbiamo detto: i redditi sammarinesi sono certi e reperibili; molto diverso è per quelli ricevuti tramite soggetti giuridici, trust o società.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Iniziamo una discussione relativa a questo articolo 7, che poi si ripeterà, e credo che dobbiamo trovare una formulazione della delega che possa essere ripresa anche negli articoli successivi. Condividiamo tutti l’obiettivo: fare in modo che il decreto delegato serva a determinare l’indicatore della condizione reddituale e quello della condizione patrimoniale, e che oltre a determinare questi indicatori abbia anche un altro fine importantissimo, cioè evitare le distorsioni ed evitare le elusioni. In questo senso, al netto degli emendamenti proposti, ritengo che la delega non debba entrare troppo nello specifico. A mio avviso bisognerebbe affermare che la delega ha lo scopo di far sì che il provvedimento, con la massima completezza, non generi discriminazioni tra diversi nuclei familiari. Lascio al confronto dell’aula e alla riflessione di tutti i commissari il compito di trovare una sintesi in questo senso. Perché quel tipo di delega deve poi essere ripetuto, per una questione anche di ordine tecnico, quantomeno nell’articolo successivo, proprio per mantenerla coerente. Al di là del fatto che ogni articolo prevede una delega, nulla vieta che il decreto delegato possa poi essere unico e trattare tutti i temi, se vogliamo. Così manteniamo uno degli obiettivi che ci siamo posti, cioè ridurre al massimo il numero dei decreti. Lo stesso decreto potrebbe raccogliere tutte le deleghe previste e tradurle in un provvedimento unico, articolato per vari titoli che affrontano i diversi temi presenti nella legge. In questo senso raccomando, pur recependo quanto richiesto dal commissario di opposizione, di mantenere la delega con obiettivi chiari ma non troppo circoscritti, per evitare che ci si concentri su un solo istituto — come il trust — senza considerare altri strumenti o istituti futuri. Ragioniamo in termini di obiettivi generali, non di contrasto a un fenomeno specifico.

Maria Luisa Berti (AR): Forse la mia è più una provocazione che un contributo, però a mio avviso, proprio su questi articoli sarebbe stato più opportuno mantenere lo strumento del regolamento. Condivido pienamente l’obiettivo di inserire il più possibile tutte le forme di reddito, dirette e indirette, perché solo così lo strumento dell’ICEE diventa davvero efficace. Tuttavia, secondo me, lo strumento più adatto per recepire e individuare le diverse tipologie di reddito e le varie situazioni particolari è il regolamento, non il decreto delegato. Per questo ritengo — ed è un mio modestissimo parere personale — che sia stato un errore aver scelto lo strumento del decreto delegato per questa parte. Qui si parla di redditi, spese e deduzioni: quale necessità c’è di declinarli in un decreto delegato, trattandosi di concetti già ampi e generici? Si potrebbe invece demandare a una norma di rango inferiore la loro eventuale specificazione, di volta in volta, quando si presenta la necessità. Condivido l’obiettivo — e concordo pienamente con quanto detto dal commissario Santi — ma dobbiamo fare in modo che questo strumento sia operativo il prima possibile e risponda alle esigenze concrete. Più lo appesantiamo con iter normativi che richiedono tempo, ratifiche, contro-ratifiche e successive modifiche sempre tramite decreto delegato, più lo rendiamo lento e poco attuabile. Ma, lo ripeto, è solo una mia riflessione

Emanuele Santi (Rete): Ho apprezzato l’intervento del consigliere Berti e, in parte, ha ragione sul tema della snellezza. Però questa mattina abbiamo fatto riferimento all’articolo 13, comma 2, della Dichiarazione dei Diritti. La declinazione reddituale e patrimoniale deve sì essere dettagliata, ma con uno strumento che abbia comunque un passaggio in Consiglio. Per questo abbiamo fatto il ragionamento che, trattandosi di materia delicata, è preferibile che il Consiglio possa comunque esercitare una funzione di controllo attraverso la ratifica. Rispetto alla proposta del Segretario credo che la formulazione che indica “massima completezza e assenza di discriminazioni tra i nuclei” possa essere accettabile. È una buona base. Tuttavia, a mio avviso, sarebbe utile specificare sin da ora che devono essere considerati anche i redditi esteri e quelli derivanti da interposta persona. È una precisazione che rafforza la delega e orienta meglio il lavoro successivo. Il concetto di “completezza” va bene, ma resta generico: tutto è completo, finché non lo si specifica. Se invece scriviamo chiaramente che devono essere ricompresi “i redditi prodotti in territorio e all’estero, anche tramite soggetti interposti”, allora la delega è più chiara e più efficace. E lo dico non per rigidità, ma perché, quando si andrà a redigere il decreto, se certi elementi non sono indicati in legge, c’è il rischio che vengano tralasciati.

Gemma Cesarini (Libera): Quando il legislatore ha scritto questo articolo, ha usato una formulazione volutamente generica per ricomprendere ogni tipo di reddito prodotto da qualunque soggetto. Tornando alle considerazioni di questa mattina sul tema della delega, del decreto delegato o del regolamento, a mio avviso definire i redditi percepiti anche tramite interposta persona non sarebbe un tecnicismo ma un principio, un criterio. Il tecnicismo appartiene al regolamento, che è uno strumento puramente operativo. Quindi, se stamattina facevamo la distinzione tra regolamento e decreto delegato, e decidiamo di mantenere la delega nell’articolo 7, quella delega deve riferirsi a un criterio, e questo criterio potrebbe essere proprio quello di includere espressamente i redditi percepiti anche per il tramite di interposta persona. Sempre con l’obiettivo — come già detto in precedenza — di evitare fenomeni distorsivi, elusivi o discriminatori. Sono d’accordo con la collega Berti quando dice di evitare il proliferare dei decreti delegati; però è anche vero che il decreto delegato è lo strumento previsto per questo tipo di interventi. È vero che in passato ne abbiamo fatto forse un uso eccessivo, ma forse oggi dobbiamo semplicemente iniziare a dargli l’indirizzo giusto.

Giulia Muratori (Libera): Indicare in modo chiaro gli introiti percepiti in territorio e all’estero, anche tramite interposta persona, non credo rappresenti un problema, anzi. Magari poi il tecnico potrà confermare, ma penso che anche nella normativa italiana, da cui abbiamo preso spunto, questo sia esplicitato. Quindi inserirlo sarebbe un valore aggiunto, perché significherebbe dare un indirizzo politico preciso e dichiarare chiaramente la volontà di tenere conto anche di questo principio. A mio avviso possiamo ragionare per capire come inserirlo in maniera generica ma esplicita, rimandando poi al decreto delegato la parte più tecnica.

I lavori vengono sospesi per consentire il raggiungimento di una mediazione su un nuovo emendamento condiviso.

Emanuele Santi (Rete): Dopo un ampio dibattito abbiamo sospeso i lavori per cercare una formulazione che potesse andare bene a tutti, recependo le sensibilità emerse, in particolare il concetto di interposta persona. Detto questo, passo alla lettura dell’emendamento dell’articolo 7, così come riformulato. “L’indicatore della condizione reddituale è determinato sulla base di tutti i redditi, ovunque prodotti, anche per interposta persona, delle spese e delle deduzioni, che sono individuate applicativamente mediante decreto delegato, riferite a ciascun componente o all’intero nucleo familiare, senza generare discriminazione tra i diversi nuclei familiari a cui è riferito l’ICEE. Esse sono riferite all’anno solare precedente alla presentazione della DRP. Ai fini del calcolo dell’indicatore, il reddito di ciascun componente del nucleo familiare è ottenuto sommando i redditi al netto delle spese e deduzioni riferite al soggetto o al nucleo familiare.” Di fatto, abbiamo specificato che i redditi sono tutti i redditi ovunque prodotti, anche per interposta persona, inserendo espressamente questo concetto che per noi era importante. È stato eliminato il riferimento al regolamento e sostituito con il decreto delegato, che dovrà poi essere emanato e sottoposto a valutazione dell’Osservatorio. Inoltre, nella delega abbiamo inserito il principio secondo cui non si devono generare discriminazioni tra i diversi nuclei familiari a cui si applica l’ICEE. Con questo emendamento viene dato un mandato chiaro a chi redigerà il decreto: valutare gli impatti e prevenire tali distorsioni. Per noi questa formulazione è accoglibile e ricomprende anche la nostra proposta originaria

Emendamento modificativo del comma 1 dell’articolo 7 proposto da tutti i gruppi consiliari (approvato con 12 voti favorevoli)

Emendamento aggiuntivo del comma 2 dell’articolo 7 proposto da Rete (ritirato)

Emendamento aggiuntivo del comma 3 dell’articolo 7 proposto da Rete (ritirato)

Emendamento aggiuntivo del comma 3 dell’articolo 7 proposto da Rete (ritirato)

Art.8 — Indicatore della condizione patrimoniale (approvato con 9 voti favorevoli)

Emendamento modificativo del comma 1 dell’articolo 8 proposto da tutti i gruppi consiliari (ritirati gli emendamenti di Rete e D-ML) – (approvato con 13 voti favorevoli)

Emanuele Santi (Rete): Passo alla lettura dell’articolo 8 congiunto. Il comma 1 recita: “L’indicatore della condizione patrimoniale è determinato sommando i valori patrimoniali immobiliari e mobiliari posseduti da ciascun componente del nucleo familiare, anche per interposta persona, riferiti all’anno solare precedente alla presentazione della DRP. Tali valori costituiscono il patrimonio immobiliare e mobiliare considerato e verranno individuati applicativamente mediante decreto delegato, con massima completezza e senza generare discriminazione tra i diversi nuclei familiari a cui è riferito l’ICEE.” Molto brevemente: viene tolto il riferimento al regolamento e sostituito con il decreto delegato, che quindi passerà in aula consiliare. Per noi questo è un elemento di tutela, perché la partita ce la giocheremo qui in aula, quando verrà portato il decreto, e potremo valutare se rispetta o meno i principi di equità. Anche se è uno strumento un po’ più macchinoso e lento, il passaggio in aula è garanzia di un provvedimento migliore. Inoltre, viene inserito esplicitamente il principio della massima completezza e della non discriminazione tra i diversi nuclei familiari a cui si applica l’ICEE. Questo, a nostro avviso, rappresenta una delega certamente migliorativa rispetto alla formulazione precedente, dove tali principi non erano indicati.

Emendamento aggiuntivo di un comma 1-bis proposto da Rete (ritirato)

Emanuele Santi (Rete): L’articolo lo abbiamo ragionato sulla base del testo originario senza tutte le discussioni e mediazioni che ci sono state oggi. Però ci tenevo a spiegarlo un attimo e a leggerlo, perché questo emendamento è una riscrittura dei commi 3, 5 e 6 del testo originario, ricondotti in un unico comma. Noi cosa dicevamo? Che anziché portare quei tre commi che, secondo noi, sono macchinosi e incompleti, si poteva dire che il decreto delegato deve tener conto dei beni mobili e immobili detenuti sia all’interno sia al di fuori della Repubblica di San Marino, comprendendo somme e valori di qualsiasi natura, dai conti correnti alle titolazioni, obbligazioni, fondi di investimento, asset virtuali, cassette di sicurezza, metalli e pietre preziose, beni similari, veicoli, natanti, aeromobili, opere d’arte, preziosi, immobili, terreni e qualsiasi altra forma patrimoniale. La valutazione dovrebbe comprendere anche i beni detenuti tramite società, trust, mandati fiduciari o strumenti giuridici analoghi, nonché quelli nella disponibilità dell’interessato non solo come proprietà o altro diritto reale ma anche in comodato, noleggio o forme equivalenti. Il decreto dovrebbe prevedere specifiche forme di abbattimento del valore patrimoniale, in particolare a tutela dell’abitazione principale, purché non classificabile come immobile di lusso, e a salvaguardia delle funzioni sociali del risparmio, includendo inoltre un’adeguata rivalutazione catastale di tutti i beni immobili. Secondo noi questo poteva sostituire i commi successivi in modo più completo, perché quando si parla di indicatore della condizione patrimoniale una classificazione del genere e un mandato così preciso al decreto delegato sarebbero stati più qualificanti. Sicuramente la riformulazione che è stata proposta, quella con la massima completezza e senza generare discriminazioni, può essere valida, però ci tenevo a illustrare questo emendamento perché è frutto del lavoro del mio gruppo.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Io chiedo di non metterlo in votazione, però precisando una cosa. Mi rifaccio all’importanza dei due articoli dell’osservatorio: portare preventivamente lì decreti e regolamenti, confrontarsi, avere chi presenta queste posizioni e comunque il riferimento, il parere non vincolante ma previsto che possa esprimere queste posizioni, ci può stare. Queste sono posizioni, argomentazioni da portare anche in quella sede. Per cui il mio intervento è per dire che questi elementi, questa attenzione, può e deve esserci nell’ambito dell’osservatorio, laddove saranno valutati lì regolamenti e decreti in maniera preventiva.

Emendamento soppressivo del comma 3 proposto da Rete (ritirato)

Emanuele Santi (Rete): L’articolo precedente era la riscrittura del comma 3, del comma 5 e del comma 6. Tuttavia, secondo me, il comma 3 così formulato presenta delle criticità. Però, non avendo approvato l’articolo precedente, ritengo che il comma 3 debba almeno rimanere com’è, anche se, a mio avviso, qualche problema lo ha. Dice: “Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 10, per i nuclei familiari residenti in abitazione di proprietà, il valore patrimoniale immobiliare della sola casa di abitazione… rileva ai fini del calcolo del patrimonio per la parte eccedente la soglia di 50.000 euro.” Io questi 50.000 euro, francamente, non riesco a capirli: cosa rappresentano? A cosa sono riferiti? È una no tax area? Perché ormai con 50.000 euro non fai neanche le fondamenta, quindi non capisco quale sia la ratio.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: La scelta del legislatore è stata ispirata all’ISEE italiano: così come, per il tema degli affidamenti, si era tenuto in considerazione un valore più alto per garantire l’interesse del minore, qui si è voluto tenere in considerazione un valore agevolato per la prima casa. L’intenzione è incentivare o comunque creare condizioni di vantaggio per chi sostiene già degli sforzi per acquistare o mantenere una prima casa. Questa è la ratio. La spiegazione è che, comunque, l’applicazione è sospesa fino alla riforma del catasto. Poi ci confronteremo sul comma successivo, che è interessante ed è motivo di qualche ulteriore riflessione.

Emendamento modificativo del comma 4 proposto da Rete (respinto con 9 voti contrari e 1 a favore).

Emendamento soppressivo del comma 5 proposto da Rete (ritirato)

Emendamento soppressivo del comma 6 proposto da Rete (ritirato)

Emendamento modificativo del comma 6 proposto da D-ML (ritirato)

Emendamento modificativo del comma 6 proposto da tutti i gruppi consiliari (approvato con 12 voti favorevoli)

Emanuele Santi (Rete): Leggo quindi l’emendamento modificativo del comma 6 dell’articolo 8 così riscritto: “Comma 6 — Il valore del patrimonio mobiliare è costituito dalle componenti che sono individuate applicativamente mediante decreto delegato, comprendendo anche i valori mobiliari detenuti all’estero ai sensi di quanto indicato all’articolo 12, comma 6, lettera D, con massima completezza e senza generare discriminazioni tra i diversi nuclei familiari a cui è riferito l’ICEE.” La modifica è lineare: abbiamo eliminato il riferimento al regolamento del Congresso di Stato, sostituendolo con il decreto delegato, e abbiamo aggiunto la clausola “con massima completezza e senza generare discriminazioni”. Si applicano quindi gli stessi principi che abbiamo previsto per il reddito e per il patrimonio immobiliare. Con questa formulazione ci riteniamo soddisfatti. Pertanto, ritiro formalmente l’emendamento soppressivo del comma 6 dell’articolo 8 che avevo presentato.