Politica

Consiglio Grande e Generale, Sessione 17,18,19,20,21,27,28 Febbraio 2020

Giochi del Titano

SEDUTA DI MARTEDI’ 19 FEBBRAIO – MATTINA

    Nella seduta del 19 febbraio prosegue il dibattito sul Comma 3 (progetto di legge sulla composizione del Consiglio giudiziario in seduta plenaria), che riparte dall’esame dell’Articolo 2, il quale si focalizza in particolar modo sulla figura del dirigente non magistrato, stabilendo che possa partecipare al Consiglio giudiziario plenario senza però poter esprimere il diritto di voto. Vengono presentati emendamenti soppressivi dell’Art.2 da parte di Libera e Repubblica Futura. Entrambi respinti, così  come un altro emendamento modificativo presentato da Libera. “Oggi si crea un problema nel problema togliendo il diritto di voto a colui che presiede l’organo” afferma Rossano Fabbri (Libera), secondo il quale il Segretario di Stato Massimo Andrea Ugolini avrebbe fatto meglio ad “abrogare quella normativa”. “La questione deve essere risolta in una riforma più complessiva dell’ordinamento giudiziario. Con una abrogazione tout court si potrebbero creare degli squilibri” è la replica del Segretario di Stato Marco Gatti. Per Alberto Giordano Spagni Reffi (Rete) “il motivo per cui non è stata abrogata questa legge è perché nessuno si oppone al fatto che possa essere necessaria una figura esterna per far svolgere i lavori del tribunale”. “Erano volati mille strali sullo stipendio del dirigente: oggi però lo lasciate inviariato” puntualizza Nicola Renzi (Rf). L’intervento, secondo il Segretario di Stato Andrea Belluzzi, “rimette a fuoco la ratio storica del dirigente esterno: la transitorietà e la straordinarietà sono le caratteristiche del ruolo”. “Il dirigente non ha studiato l’ordinamento sammarinese e non ha ben chiari i suoi ruoli e i suoi compiti – dice Gian Nicola Berti (Npr) -. Doveva presentare al Segretario la relazione sulla giustizia: in Aula non è arrivata, ma è arrivata all’universo mondo. “Potremmo definirla una legge contra – personam anziché ad personam” osserva Andrea Zafferani (Rf), che aggiunge: “questo tipo di norme aiutano o non aiutano ad andare a ricercare eventuali professionalità esterne in circostanze eccezionali?”. “L’unico intervento ad personam è quello fatto con la legge del 2019” risponde il Segretario di Stato Massimo Andrea Ugolini. Al termine del dibattito viene approvato l’Articolo 2.

     Si passa quindi all’esame dell’Articolo 3 e dei vari emendamenti, tra cui uno interamente sostitutivo e uno aggiuntivo (3-Bis) presentati dall’esecutivo. Nicola Renzi (Rf) parla di  “interpretazione autentica che interpretazione non è in quanto aggiunge un concetto nuovo. Il principio che i magistrati non confermati di ruolo – perché in prova – siano estromessi dal Consiglio giudiziario, è un vulnus nei confronti di quelle persone”. Alessandro Cardelli (Pdcs) boccia come “strumentali le considerazioni dell’opposizione”. “Non possiamo permetterci – commenta Gian Nicola Berti (Npr) – che i magistrati vadano a prendere decisioni quando ancora sono sotto conferma e quindi dipendenti dalla politica. “Nella stessa norma – dice Andrea Zafferani (Rf) – si modifica la legge e la si interpreta: un equilibrismo per attaccare decisioni prese in passato”. Alle 13 i lavori vengono sospesi.

 

Di seguito una sintesi degli interventi

Comma 3

Articolo 2

Segretario di Stato Massimo Andrea Ugolini:  II quarto comma dell’articolo 6 della Legge Qualificata 30 ottobre 2003 n. 145 e sue successive modifiche è così modificato: “II Dirigente non Magistrato, nominato ai sensi del comma precedente, partecipa al Consiglio Giudiziario senza diritto di voto, sia in seduta ordinaria che in seduta plenaria, ed è titolare di tutte le funzioni e di compiti che le leggi di ordinamento giudiziario e le altre leggi dello Stato assegnano al Magistrato Dirigente, ivi comprese le prerogative di cui al presente articolo. Gli atti, i documenti e le informazioni relativi all’attività giurisdizionale, conosciuti o acquisiti dal Dirigente nell’espletamento delle proprie attribuzioni, sono assoggettati ai medesimi obblighi di segreto previsti per i Magistrati nell’esercizio delle relative funzioni. AI Dirigente si applicano tutte le condizioni, facoltà, prerogative, guarentigie ed incompatibilità previste dalla legge per i Magistrati della Repubblica. Il trattamento retributivo viene fissato in corrispondenza a quello previsto per i Commissari della Legge, con l’esclusione delle indennità particolari, eccetto quella di Magistrato Dirigente.”

Giuseppe Maria Morganti (Libera): Non voglio rubare altro tempo all’Aula. Ci pare improprio che chi ha la responsabilità di un organo venga non considerato nel suo diritto di espressione senza poter esercitare la competenza dei diritti. Questa è la questione che vogliamo sollevare. Illustro entrambi gli emendamenti che abbiamo presentato.

Nicola Renzi (Rf): Anche il nostro è un emendamento interamente soppressivo. Questa è una delle questioni più determinanti di questa legge e questa proposta. Con un tratto di penna al dirigente del tribunale viene tolto il diritto di voto. Dobbiamo dunque interrogarci sulla figura del dirigente. C’è una sentenza del tribunale che ci dice che la presenza del dirigente va annoverata nel ragionamento che si fa sulla magistratura. Lui rappresenta l’ufficio del tribunale. Non si capisce perché vogliamo togliere il dirigente del tribunale e lasciare il Segretario alla Giustizia. Questa la sproporzione che si viene a creare. Perché non volete che in quel consensso abbia diritto di voto un altro giudice per rappresentare sempre la parte togata? Non riesco a capire questa discriminazione, che lede il ruolo del dirigente del tribunale. Come abbiamo sostenuto più volte: questa è una legge ad personam. Legge fatta per colpire chi in questo momento è dirigente non magistrato del tribunale.

Rossano Fabbri (Libera): Questo articolo è uno dei nodi centrali della riforma. La normativa del 2011 è stata introdotta per circostanze eccezionali. Il magistrato dirigente, quando non era magistrato, aveva solo le funzioni di distribuzione del carico di lavoro, non aveva funzioni di sorveglianza. Se questa maggioranza avesse voluto tornare indietro rispetto alla normativa, ne avrebbe avuto tutto il diritto, ma avrebbe dovuto dirlo chiaramente. Oggi si crea un problema nel problema togliendo il diritto di voto a colui che presiede l’organo. Lei, Segretario, avrebbe dovuto abrogare quella normativa. Voi dovete avere il coraggio delle scelte, altrimenti non ci capiamo. Se il nocciolo centrale è il ruolo del magistrato dirigente, avete diritto a dire che quella legge non vi piace.

Sara Conti (Rf): La presenza del dirigente nel consiglio giudiziario è determinata dalla funzione che ricopre, la dirigenza della struttura giudiziaria preposta all’amministrazione della giustizia. Un cambiamento che sbilancerebbe la composizione paritetica del Consiglio giudiziario in seduta plenaria.

Segretario di Stato Marco Gatti: La questione deve essere risolta in una riforma più complessiva dell’ordinamento giudiziario. Con una abrogazione tout court si potrebbero creare degli squilibri. Va colto lo spirito del Pdl. In un Cda questa sarebbe la figura del direttore: il direttore partecipa al Cda, ma non ha diritto di voto, perché non è un amministratore.

Alberto Giordano Spagni Reffi (Rete): Il motivo per cui non è stata abrogata questa legge è perché nessuno si oppone al fatto che possa essere necessaria una figura esterna per far svolgere i lavori del tribunale. La questione che si pone è quella del voto: non esiste una ratio sottostante perché viene lesa una pareteticità. Se guardiamo il Csm italiano, può essere presente una componente di nomina politica, ma non sono presenti politici. Come possono essere superiori al numero dei magistrati?

Vladimiro Selva (Libera): C’è una incongruenza nella maggioranza. A mio avviso questo è dovuto a delle idee diverse che ci sono in maggioranza su questo tema. Per ognuna di queste questioni da risolvere si è fatto un articolo. Da un lato nell’articolo 1 più potere al dirigente che decide lui se confermare o meno un magistrato, all’articolo 2 gli si toglie il diritto di voto. Questo è provvedimento è fatto per fini precisi per ridisegnare la composizione del Consiglio giudiziario e avere i numeri. Spero che i magistrati faranno ciò che ritengono giusto.

Matteo Ciacci (Libera): Spero sia stata fatta una valutazione insieme al prof. Guzzetta, che ha una sua credibilità anche in Italia. La buona politica dovrebbe dotarsi di capacità relazionali. La politica deve fare le cose con un metodo di approccio che possa essere più ragionevole ed equilibrato.

Francesco Mussoni (Pdcs): Ho riscontrato un atteggiamento costruttivo rispetto al contenuto della norma a prescindere dal metodo. Si tende a personalizzare la norma, ma come avevo cercato di dire nel mio intervento: la magistratura non è subordinata. C’è autonomia assoluta tra i poteri dello Stato. La magistratura non è l’ufficio del dirigente con cui trovare una soluzione amministrativa. Bisogna avere rispetto verso la magistratura. Il Governo e il Segretario alla giustizia portano avanti un intervento che va a regolamentare le posizioni.

Nicola Renzi (Rf): Saremo sempre assolutamente rispettosi e fiduciosi nell’operato dei membri del Collegio garante. Voglio ripercorrere l’eziologia del provvedimento, che va dal 2011 alla modifica del 2019, che fu interpretazione autentica. C’è una menomazione nell’esercizio di un ruolo. Com’è possibile che chi deve fare la relazione sullo stato della giustizia non possa esprimere il suo parere? Si va a inficiare il ruolo del dirigente non magistrato, perché quel ruolo qualcuno non lo ha mai concepito: sarebbe stato meglio dire: eliminiamo questa figura. Erano volati mille strali sullo stipendio del dirigente: oggi però lo lasciate inviariato. Avevate detto che era illegittimo quello che avevamo fatto. Sapete quella delibera cosa diceva?

Alessandro Cardelli (Pdcs): Il consigliere Renzi ha la memoria corta. Lui dice: la legge fatta nel 2019 non era ad personam, ma interpretazione autentica. Stiamo semplicemente tornando alla situazione ante – 2011 correggendo una serie di storture. Perché riteniamo non possa esercitare il diritto di voto? Perché semplicemente non è un magistrato. Come può una persona non magistrato essere computata all’interno della parte togata?

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Questo è un intervento di ordine. Rimette a fuoco quale è la ratio storica del dirigente esterno a differenza di quello che è il magistrato dirigente. La transitorietà e la straordinarietà sono le caratteristiche del ruolo. Non voglio fare processi alle intenzioni o ai percorsi: ieri sera c’è stata l’onestà di ammettere anche da parte dell’ex maggioranza che c’erano stati momenti di imbarazzo sulla nomina. Questo è un momento di chiarezza su un certo ruolo.

Giuseppe Maria Morganti (Libera): Quasi mai i dirigienti dei tribunali sono magistrati. Negli altri ordinamenti c’è la funzione del presidente del tribunale. Il nostro ordinamento non prevede ordini collegiali nella gestione della giustizia. Da noi il giudice è monocratico. L’organo di autogoverno ha una funzione talmente forte da determinare criteri oggettivi e scientifici, ad esempio nella distribuzione dei carichi di lavoro. Ancora più importante l’analisi dellle valutazioni sul lavoro dei magistrati. Dobbiamo dare pareteticità a questo organo.

Gian Nicola Berti (Npr): Rischiamo di perdere di vista la finalità della norma, che è estremamente importante. Ora noi ci troviamo un magistrato dirigente che non è magistrato, che è una persona di chiara fama. Abbiamo il problema della competenza. Il nostro ordinamento ci dice semplicemente una cosa: esiste solamente un tipo di giudice a San Marino. Oggi abbiamo visto un autogol clamoroso: evidentemente il dirigente non ha studiato l’ordinamento sammarinese e non ha ben chiari i suoi ruoli e i suoi compiti. Doveva presentare al Segretario alla giustizia la relazione sulla giustizia: in Aula non è arrivata, ma è arrivata all’universo mondo. Questo signore ci dice che ci sono giudici che operano in forma collegiale, che però è esclusa dal nostro ordinamento.

Maria Katia Savoretti (Rf): Siamo responsabili di quello che andiamo ad approvare. Volete togliere il diritto di voto al dirigente perché non magistrato. Certe valutazioni devono necessariamente essere fatte. Il dirigente esterno inserito con la legge del 2011 non è l’ultimo arrivato, ma una persona di chiara fama. E’ comunque una persona di alto spessore. Sono certa che certe competenze le possa avere.

Andrea Zafferani (Rf): Abbiamo sottolineato che questo è un articolo ad personam, la maggioranza ha ribattuto che è un articolato di carattere generale. La definiremo contra – personam anziché ad personam. Il consigliere Valentini è stato uno dei pochi ad astrarsi dalla contingenza. Si è chiesto: questo tipo di norme aiutano o non aiutano ad andare a ricercare eventuali professionalità esterne in circostanze eccezionali? Un ragionamento giusto secondo il mio punto di vista. Il paragone con il Cda è assolutamente non commentabile, mi dispiace lo abbia fatto un Segretario di Stato. C’è una schizofrenia nella valutazione dei ruoli del dirigente, da una parte vincolante, dall’altra addirittura non vota. Se c’è tutta questa problematicità, logica vorrebbe si intervenisse sulla norma.

Segretario di Stato Massimo Andrea Ugolini: Non vorrei entrare su personalismi. Va difeso l’operato di tutto coloro che prestano servizio nella nostra magistratura. Se vogliamo dire chi ha fatto un intervento ad personam, l’unico intervento è quello fatto con la legge del 2019. Si parla di Consiglio giudiziario. Per quanto riguarda la parieticità si faccia riferimento all’articolo 3-bis. Il dirigente del tribunale continua a far parte del Consiglio giudiziario in forma plenaria come componente non votante.

Nicola Renzi (Rf): Le nostre visioni continuano ad essere difformi in astratto, nel principio generale. Siamo convinti che il ruolo fondamentale sia quello del Consiglio giudiziario plenario e che il dirigente, sia esso magistrato o semplicemente dirigente, abbia il compito di coordinamento.

Articolo 3

Segretario di Stato Massimo Andrea Ugolini: II progetto di legge prevede, all’articolo 3, l’interpretazione autentica dell’articolo 7, comma S, della Legge Qualificata 30 ottobre 2003 n. 145 e sue successive modifiche ed integrazioni in merito alla composizione del Consiglio Giudiziario riunito in seduta plenaria. Sono stati presentati un emendamento interamento sostitutivo e un emendamento aggiuntivo Art.3 – Bis.

Eva Guidi (Libera): Sull’articolo 3 ci siamo a lungo confrontati ieri. La stessa maggioranza a distanza di poco tempo ha presentato un emendamento. Va ribadito che questo è l’organo di autogoverno della magistratura. Ha delle funzioni molto importanti all’interno del settore giustizia. Abbiamo rimarcato fin da ieri la necessità di fare valutazioni approfondite. Le valutazioni fatte erano della necessità di riequilibrio tra parte togata e laica, ma all’interno della parte togata il legislatore si assicurò che ci fosse la partecipazione dei giudici dei vari gradi di giudizio. L’articolo era congegnato in una maniera molto equilibrata. Il legislatore si era chiesto come potere andare a sopperire nel caso in cui mancassero giudici in quel grado di giudizio. Ho fatto più di una valutazione sulla portata della modifica della maggioranza, con l’introduzione di una norma di interpretazione autentica difficile da applicare. La seconda considerazione va sulla composizione.

Nicola Renzi (Rf): Quella del Governo non è una interpretazione autentica ma una modifica della legge. L’interpretazione autentica può avere un valore retroattivo? Ci sono atti che possono essere impugnati in virtù di questa legge di interpretazione autentica? Alcuni di voi, ad esempio Zonzini, consiglieri, hanno fatto questo appello. Vorrei che il Segretario di Stato lo dicesse a verbale. Lo spirito con cui il Consiglio la vota è che non ci sia retroattività negli effetti di ciò che è stato deciso in precedenza. Perché avete fatto una interpretazione autentica che interpretazione non è in quanto aggiunge un concetto nuovo? Lo ha detto meglio di me Iro Belluzzi: il principio che i magistrati non confermati di ruolo – perché in prova – siano estromessi dal Consiglio giudiziario, è un vulnus nei confronti di quelle persone. Lede un diritto.

Alessandro Cardelli (Pdcs): Qui non stiamo modificando la legge, consigliere Renzi, ma interpretando la legge: la stessa che avete votato nel 2019. Non abbiamo dubbi sul fatto che l’interpretazione autentica si attenga al contenuto della legge. La legge quindi non è minimamente cambiata. Sugli effetti di questa legge la sua domanda è interessante. Ma se quell’organo, nella scorsa legislatura non era legittimamente costituito, per poter impugnare le decisioni prese da un organo non legittimamente costituito, serve una legge di interpretazione autentica o lo si può fare in qualsiasi momento? Le considerazioni svolte dall’opposizione sono esclusivamente strumentali.

Gian Nicola Berti (Npr): Sono tre giorni che sentiamo la stessa domanda. Non c’è peggior sordo di quello che non vuole ascoltare. Avete passato la follia più assoluta e ancora oggi siete qui a chiedervi perché. Non siete stati in grado di interpretare la legge nel senso letterale. Dovete assumervi la responsabilità. Continuate ancora oggi a non riconoscere ciò che avete fatto sbagliando. Non possiamo permetterci che i magistrati vadano a prendere decisioni quando ancora sono sotto conferma e quindi dipendenti dalla politica. Questo Paese non si merita di avere un dialogo così stucchevole in cui si ripetono sempre  le stesse cose. Per affrontare i problemi reali abbiamo però bisogno di un tribunale che funziona.

Vladimiro Selva (Libera): Credo che questo sia l’articolo più problematico che andiamo ad esaminare. La maggioranza presenta un articolo 3-bis. Probabilmente anche chi ha presentato l’articolo ha dei dubbi e quindi si tutela per il futuro con un articolo modificativo: questo secondo noi era l’approccio corretto. State facendo una interpretazione: il Collegio dovrà giudicare per prima cosa se è legittima. Questa cosa mi preoccupa e credo ci si debba preoccupare tutti all’interno dell’Aula e anche fuori.

Sara Conti (Rf): Se abbiamo un articolo 3 bis, a cosa ci serve avere l’interpretazione autentica dell’articolo 3, se non ad utilizzare l’effetto retroattivo? Gli stessi

Denise Bronzetti (Npr): Il superamento del periodo di prova e quindi il passaggio a tempo indeterminato viene discusso dal Consiglio giudiziario plenario. Vi immaginate la presenza di magistrati ancora sottoposti al periodo di prova? Inutile ricordarvi le incompatibilità all’interno di alcune Commissioni di altri soggetti: allora non varrebbero neanche quelle.

Rossano Fabbri (Libera): Questo articolo subisce le motivazioni ab origine: una mancanza di chiarezza iniziale e una mancanza di decisione. Siamo di fronte a due versioni contrapposte. Credo di tutto si possa parlare all’infuori del fatto che quell’articolato sia chiaro. Potete immaginare se succede un’altra situazione come quella che facciamo vivere alla Repubblica di San Marino: tre anni che non esiste il giudice di appello amministrativo e neppure quello civile? Vi pare normale che si chiuda con una composizione dove non via sia nemmeno una rappresentanza di un giudice di appello? Altrimenti non fareste una interpretazione autentica per regolamentare il passato e una aggiunta per il futuro. Chiarezza in fondo non c’è.

Fernando Bindi (Rf): C’è un modo molto semplice per chiarire e dirimere le questioni. Cominciamo dal dirigente del tribunale: ne tenga conto nella sua riforma, Segretario, lo faccia eleggere solo dai magistrati, così la politica è fuori. Sostengo la tesi dell’autogoverno della magistratura e fieramente contrario al fatto che i membri della Commissione Affari Giustizia siano traslati in un organismo giudiziario.

Segretario di Stato Marco Gatti: Questa norma nell’ultima legislatura è stata interpretata. E’ una norma che ad avviso di alcuni doveva essere applicata in una determinata maniera. Ad avviso di altri l’applicazione doveva essere differente. Se non chiariamo questo punto, la Reggenza si troverà di fronte a tesi diverse. Il chiarimento puntuale è legato alla garanzia della composizione paritetica. Fa una chiarificazione netta sul diritto di voto.

Giuseppe Maria Morganti (Libera): Non riesco a capire una cosa. L’articolo 7 della legge 2011 dice chiaramente come deve essere la composizione del Consiglio giudiziario. Non ci sono dubbi sulle interpretazioni di questa composizione. Questi sono i magistrati che entrano di diritto all’interno dell’organo. Se ce ne sono di meno, vengono sostituiti dai magistrati non ancora confermati ma di pari grado. Voi introducete una norma del tutto nuova: la sostituzione non avviene attraverso magistrati di pari grado ma anche di grado diverso. La finalità è cambiare la composizione dell’organo.

Nicola Renzi (Rf): Questa legge non vuole semplificare ma complicare l’intervento. Cerco di spiegare come la vediamo noi oggi all’opposizione. Chi ha scritto la legge aveva ben presente come dovesse essere la composizione del Consiglio giudiziario plenario. Oggi voi con quella interpretazione autentica state andando a dire retroattivamente che la composizione del Consiglio giudiziario plenario debba essere un’altra. Noi siamo convinti che la nostra interpretazione regga di fronte a qulunque giudice. Voi fate una interpretazione retroattiva. Questo è il tema e i consiglieri che lo voteranno si presteranno a questo gioco.

Andrea Zafferani (Rf): Il Consiglio giudiziario plenario verrà composto in un modo diverso rispetto a prima: fin qui lo capiamo, anche se non siamo d’accordo. Ma cosa c’entra l’interpretazione autentica? Nella stessa norma si modifica la legge e la si interpreta. Gli avvocati griderebbero allo scandalo. Anche nell’immaginarselo ci vuole della fantasia. E’ un equilibrismo per attaccare decisioni prese in passato.