Attualità

Commissione Finanze: prosegue l’esame del progetto di legge di riforma dell’IGR

Commissione Consiliare Permanente Finanze, Bilancio e Programmazione; Artigianato, Industria, Commercio; Turismo, Servizi, Trasporti e Telecomunicazioni, Lavoro e Cooperazione

Sessione

Mercoledì 24 settembre, mattina

Nella mattinata di mercoledì 24 settembre, riprende l’esame dell’articolo del progetto di legge per la riforma dell’IGR. Vengono approvati gli articoli dal 12 al 19. 

L’articolo 12 interviene sui redditi d’impresa delle persone fisiche, con l’obiettivo – ha spiegato il Segretario di Stato Marco Gatti – di uniformare la disciplina a quella già introdotta per le persone giuridiche e agli standard internazionali. Nicola Renzi (RF) ha ribadito il rifiuto totale del progetto, definito frettoloso e privo di stime chiare sugli effetti per cittadini e imprese, rilanciando la proposta di sospendere i lavori fino al 7 ottobre per favorire un vero confronto dopo la grande mobilitazione popolare della sera precedente. Sulla stessa linea Gaetano Troina (D-ML), che ha parlato di una legge “indecifrabile e incomprensibile” e di un impianto sanzionatorio sproporzionato. Secondo Emanuele Santi (Rete) la riforma continua a colpire lavoratori e pensionati lasciando intatta l’evasione, peggiorata da 12 emendamenti “correttivi”.  Luca Boschi (Libera) conferma il sostegno del suo gruppo all’impianto della seconda lettura del provvedimento, ricordando che la maggioranza ha lavorato congiuntamente alla stesura e alla sottoscrizione degli emendamenti. Tuttavia, aggiunge, “penso che nella giornata di ieri ci sia stata una forte lacuna da parte della maggioranza, che a livello politico non può girare le spalle. Non dico solo ai sindacati, ma a tutte le migliaia di cittadini che hanno dimostrato di non aver capito, nella migliore delle ipotesi, i nostri provvedimenti”. William Casali e Luca Gasperoni (PDCS) sottolineano che gli emendamenti già presentati migliorano l’equità del sistema, alleggerendo il peso sui frontalieri e redistribuendo il carico tra imprese e cittadini. Gian Nicola Berti (AR) ricorda che molte istanze sindacali sono state recepite e trasformate in norma, mentre Luca Della Balda (Libera) definisce la soluzione trovata la più equa possibile dopo aver escluso l’ipotesi di una patrimoniale. Il Segretario Gatti riconosce che i tempi stretti non hanno permesso di illustrare adeguatamente le modifiche, ma ha rivendicato la ricerca di un equilibrio più equo tra categorie di reddito.

L’articolo 13 introduce il nuovo 33-bis: estende ai titolari di attività economiche persone fisiche i limiti già previsti per le società sulla deducibilità dei costi (pubblicità, elaborazione dati, rappresentanza) e fissa tetti per l’ammortamento dei veicoli aziendali. In casi motivati, l’Ufficio Tributario può autorizzare deroghe. L’articolo 14 è un aggiustamento tecnico: quando si vende un bene per il quale non è stata riconosciuta la deducibilità piena, la plusvalenza viene ricalcolata proporzionando imponibile e quote effettivamente dedotte. L’articolo 15 interviene sulle perdite su crediti in procedure concorsuali: elimina il vecchio limite temporale per la deduzione e chiarisce che, se successivamente arriva un riparto, questo diventa sopravvenienza attiva. Il dibattito si accende sull’articolo 16, che modifica il regime di riporto delle perdite. Il Segretario di Stato Marco Gatti spiega che la norma si allinea agli standard internazionali e alla prassi italiana. Secondo Gatti, si tratta di una misura per rendere il sistema più competitivo e attrattivo, senza creare favoritismi, e con l’effetto di garantire comunque un gettito minimo.  Le opposizioni sollevano critiche. Emanuele Santi (Rete) considera la misura sbagliata: a suo avviso permette alle imprese di abbattere gli utili degli anni successivi e rischia di premiare chi chiude bilanci in perdita in modo reiterato. Per Santi, in un contesto in cui si chiede sacrificio ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, non è accettabile consentire alle aziende di compensare indefinitamente le perdite.  Sandra Stacchini (PDCS) difende invece la scelta, ricordando che la norma armonizza con la disciplina italiana, e che la riduzione dall’80 al 70% del limite annuo va proprio nella direzione di rafforzare le entrate senza penalizzare la competitività delle imprese.  Gaetano Troina (D-ML) chiede di chiarire quali siano state le ragioni concrete dell’armonizzazione e quali effetti avrà sul gettito. Nicola Renzi (Repubblica Futura) insiste sul rischio che la misura riduca le entrate statali e domanda al governo se siano state fatte simulazioni per verificarne l’impatto.  A sostegno della norma interviene Gian Nicola Berti (AR), che ridimensiona le critiche spiegando che non si tratta di un regalo alle imprese: già oggi le perdite possono essere recuperate, e con la nuova disposizione il limite massimo passa dall’80% al 70%, una norma semplicissima che va a creare un correttivo. Luca Della Balda (Libera) ribadisce che il riporto delle perdite è un principio di equità, perché un’impresa che va in perdita sostiene già sacrifici, e non può essere penalizzata ulteriormente. All’articolo 17, il Segretario di Stato Marco Gatti ha spiegato che la norma introduce un termine certo – il 31 marzo – entro il quale i contribuenti possono chiedere la disapplicazione delle limitazioni, misura pensata per armonizzare le regole già esistenti per le persone fisiche e per contrastare possibili abusi nell’acquisto di veicoli aziendali.  Dura la contestazione delle opposizioni, che hanno presentato un emendamento soppressivo. Emanuele Santi (Rete) ha parlato di un articolo “peggiorativo”. Nicola Renzi (RF) ha denunciato l’eccessiva discrezionalità affidata agli uffici e la mancanza di chiarezza normativa. Sulla stessa linea Sara Conti (RF) e Gaetano Troina (D-ML), che hanno chiesto regole trasparenti e uguali per tutti, senza margini di trattativa.  Dalla maggioranza, invece, è arrivata la difesa della norma. Sandra Stacchini (PDCS) ha sottolineato come l’articolo introduca un limite temporale dove prima non esisteva, mentre Luca Gasperoni (PDCS) ha replicato alle accuse di trattamenti differenziati chiedendo “nomi e fatti, non chiacchiere da bar”.

Dopo l’approvazione degli articoli 18 e 19, i lavori vengono sospesi. Riprenderanno alle 16.00.

Di seguito una sintesi dei lavori:

Comma 2 – Progetto di legge “Modifiche alla Legge 16 dicembre 2013 n.166 ‘Imposta Generale sui Redditi’ e successive modifiche”

Art. 12

(Modifiche all’articolo 30 della Legge n.166/ 2013)

Segretario di Stato Marco Gatti: Con questo articolo stiamo sostanzialmente lavorando su quelli che sono i redditi di impresa delle persone fisiche, per uniformare quanto è stato introdotto anche successivamente per quanto riguarda le persone giuridiche, a livello di uniformità con le norme internazionali che prevedono la possibilità di recuperare interamente la perdita.  Oggi la perdita viene recuperata nella misura dell’80% nei tre esercizi successivi. Quindi, innanzitutto non c’è un completo recupero della perdita e, in secondo luogo, c’è un limite temporale. A livello internazionale invece è riconosciuta la possibilità, sia alle imprese individuali che a quelle giuridiche, di recuperare interamente la perdita senza limiti di tempo, ma con un limite su base annuale per garantire comunque un gettito all’erario.  Abbiamo quindi omologato questo principio. Nel comma 2 siamo intervenuti, in uniformità con quanto previsto per le persone giuridiche, introducendo quanto già fatto per esse con la legge Omnibus: il concetto di valore normale dei beni ceduti, quello che tutti chiamiamo transfer pricing. Si tratta del criterio sulla base del quale il reddito può essere incrementato o diminuito per effetto dell’applicazione di questa normativa. Qui non abbiamo previsioni di gettito.

Emendamento interamente soppressivo delle opposizioni

Nicola Renzi (RF): È iniziata un’altra giornata di lavoro, quindi rifacciamo un attimo il punto politico. Noi abbiamo fatto gli abrogativi perché rigettiamo in toto l’impostazione che è stata data a questa riforma fiscale. Credo che sia ormai evidente che non la rigettiamo solo noi, ma anche altri non condividono l’impostazione che governo e maggioranza hanno voluto dare, visto quello che è successo ieri.  Credo che due parole vadano spese anche per la serata di ieri. Chi fa politica, una serata così partecipata non se la ricorda da un bel pezzo di tempo. Siamo all’articolo 12. È molto verosimile che in una giornata i lavori si chiudano, nel pomeriggio o dopo cena, a fronte di una convocazione che è stata fiume per questa commissione.  Questo dimostra che l’opposizione ha fatto di tutto tranne che ostruzionismo. Il messaggio che vi vogliamo lanciare è quello del rifiuto totale del progetto di legge, anche perché non ci sono state modalità di confronto. Però voi certamente avete il diritto politico di portarlo a casa.  Ora mi permetto di dare un suggerimento per il proseguimento dei lavori. Davvero non volete fare un attimo di pausa e confrontarvi, se non con noi almeno con le 10.000 persone che ieri sono venute a cercarvi?  Io credo che questo sarebbe doveroso. Ci fermiamo, riniziamo il 7 e nel frattempo troviamo tutte le vie di mediazione, tutte le forme di confronto.  E questo lo dico anche per voi, perché adesso ci arrivano i feedback dai nostri tecnici, dalle persone che hanno guardato il testo. Su alcune misure temiamo addirittura il paradosso che ci possa essere meno gettito rispetto a oggi; su altre invece ce ne possa essere molto di più, ma anche a costo di rompere sistemi consolidati, ad esempio come quello della Smac. Quindi incontrollato.  Stiamo affrontando una riforma fatta in fretta e furia, rimaneggiata ancora più in fretta e furia, dove per vostra stessa ammissione non abbiamo i computi e le stime del gettito, maggiore o minore, che potrebbe arrivare. Non sappiamo quanto possa incidere sulle singole persone e sulle singole fasce di reddito dopo le trasformazioni che avete introdotto.  E allora, piuttosto che fare il mostro perfetto, il pastrocchio perfetto, ridate un attimo senso alla politica. Fermatevi un momento, ci rivediamo il 7. 

Luca Boschi (Libera): A differenza di quanto ha detto il commissario Renzi, noi – parlo come gruppo di Libera, ma penso di poter parlare per tutta la maggioranza – condividiamo invece l’impianto di questa seconda lettura, qui in aula, con gli emendamenti presentati, che abbiamo contribuito a redigere con grande sforzo insieme agli altri gruppi e che abbiamo sottoscritto.  Quindi noi ci impegniamo nell’approvazione in commissione degli articoli in cui crediamo. Detto questo, penso – e me ne dispiaccio – che nella giornata di ieri ci sia stata una forte lacuna da parte della maggioranza, che a livello politico non può girare le spalle. Non dico solo ai sindacati, ma a tutte le migliaia di cittadini che hanno dimostrato di non aver capito, nella migliore delle ipotesi, i nostri provvedimenti. Probabilmente perché non li abbiamo spiegati con il tempo giusto.  Io penso che una maggioranza responsabile e forte non debba avere paura del dialogo e del confronto con i cittadini.  Non sto facendo una critica al comportamento del segretario Gatti né dei commissari di maggioranza. Faccio una critica alla maggioranza di cui noi facciamo parte, e ci assumiamo la nostra quota.  Ma una maggioranza che si considera forte e autorevole non deve avere paura del dialogo con i cittadini, di fronte a una manifestazione di tale impatto. Non può girare le spalle. Noi ci aspettavamo già ieri una risposta nella via del dialogo e del confronto con i cittadini. Auspico che questo possa avvenire nella giornata odierna.  Una manifestazione del genere, con tanti cittadini interni ma anche frontalieri, che sono una risorsa importantissima per il nostro Paese, manifesta e dimostra di non aver compreso o condiviso le misure di cui stiamo parlando in aula.  Secondo noi ci voleva una presa di responsabilità nell’ottica del dialogo. Ripeto: noi riteniamo gli articoli che stiamo esaminando assolutamente logici, sennò non li avremmo sottoscritti.

Gaetano Troina (D-ML): Prima di tutto ci viene detto che Libera condivide totalmente il testo presentato in questa seconda lettura e lo fa proprio. Quindi una sorta di dichiarazione di fedeltà alla maggioranza e al governo. Però poi si dice che ci si aspettava che già ieri vi fosse un’apertura al dialogo verso le forze sindacali e i cittadini. Però si dice anche che i cittadini non hanno capito.  Cioè: stiamo dicendo che i sindacati non hanno capito la riforma e non hanno saputo spiegarla ai cittadini. Al netto di ciò, non sto capendo come state gestendo questa operazione come maggioranza, perché continuate a dare segnali contrastanti che mettono in discussione il modo stesso con cui vi interfacciate tra voi.  Eravate tutti qui ieri. Se volevate parlare di come affrontare la cittadinanza e i sindacati lo potevate fare. Nessuno vi avrebbe detto niente.  È un modo di gestire questa operazione veramente discutibile e dimostra poca serietà da parte della maggioranza.  Tra l’altro, anche noi, come diceva il collega Renzi, siamo riusciti ieri sera a fare un po’ di approfondimenti su questa riforma. Quello che ci dicono i nostri tecnici è che si sta trasformando la legge del 2013 in qualcosa di indecifrabile e incomprensibile.  E l’impianto sanzionatorio che si va a introdurre è impostato in modo tale che se una persona sbaglia anche una virgola della sua dichiarazione dei redditi, si trova a dover pagare somme impressionanti.  Quindi non solo si va ad aumentare l’imposizione fiscale a carico di tutte le fasce della popolazione, ma si introduce un impianto sanzionatorio insostenibile. Vi assumerete le responsabilità di quello che state facendo, perché ve lo stiamo dicendo in tutti i modi da mesi.

William Casali (PDCS): Visto che si torna a fare un’analisi generale sull’articolato, vorremmo esprimere la nostra posizione come gruppo.  Il gruppo del PDCS non è insensibile alle istanze dei cittadini. L’ho già detto anche nel dibattito generale: è un passaggio che ci rende consapevoli della difficoltà e della necessità di dare risposte.  Questa riforma in sé non è una risposta “contro” il sistema, ma una risposta “per” il sistema, con soluzioni che possono essere condivisibili o meno. Ci tengo a dire che incontri ci sono stati, sia con le parti sindacali sia all’interno della maggioranza, e il testo è stato sensibilmente modificato proprio per cercare di raccogliere le istanze proposte.  Noi diamo fiducia al nostro segretario per il lavoro fatto. È un lavoro complesso, non è semplice far coincidere tutte le necessità. Sappiamo che la coperta è corta e che c’è lo spettro del debito pubblico, ma questo non deve farci pensare che certe responsabilità non vadano prese.  Detto ciò, capiamo la necessità di continuare su questa strada, cercando sempre la partecipazione e l’ascolto. D’altronde siamo un partito popolare e capiamo l’importanza delle alleanze.  Riteniamo che ci saranno possibilità di confronto e di interpretare al meglio quanto detto dal commissario Boschi, per fare in modo che i lavori possano proseguire in maniera migliore.

Sara Conti (RF): Continuo il ragionamento del commissario Casali. Lui dice: “Abbiamo lavorato, ci siamo confrontati, con grande fatica siamo arrivati al deposito degli emendamenti, che secondo noi migliorano il testo in prima lettura. Siamo convinti del risultato finale”.  Bene. Allora né noi dell’opposizione, né i sindacati, né le 10.000 persone che ieri sono venute a manifestare hanno capito quali siano i provvedimenti contenuti nel testo normativo e negli emendamenti che avete depositato.  Da qui nascono due riflessioni. La prima: gli emendamenti sono stati depositati ieri mattina. Noi, opposizione, li abbiamo ricevuti ieri mattina. I sindacati ancora dopo, pare verso l’una.  La cosa più sensata da parte vostra – sia politicamente sia per rispetto delle persone che erano là fuori, molte delle quali hanno votato questa maggioranza e questo governo – sarebbe stata fermarsi e spiegare perché, secondo voi, questo provvedimento normativo è fatto in maniera corretta, efficace e non è una mannaia sulle persone.  Potevate spiegare gli emendamenti che avete depositato come maggioranza. Allo stesso modo, avreste potuto manifestare rispetto per tutte queste persone. Evidentemente non c’è stata la volontà di farlo.  Lo ha detto Renzi: la commissione è convocata fino al 7 ottobre. Perché non fermarsi un attimo, allora, e cercare di far capire a noi, ai sindacati, ai cittadini perché secondo voi queste modifiche sono buone e questa legge di riforma è accettabile?  

Emanuele Santi (Rete). Io penso invece che i cittadini ieri, sia quelli venuti in piazza sia quelli rimasti a casa, abbiano capito molto bene in che cosa consiste questa riforma. Credo che la loro presenza ieri manifesti chiaramente che hanno ben compreso dove il governo e la maggioranza vogliono andare a colpire.  Se foste andati in mezzo alle persone in questi giorni, avreste capito che la gente è consapevole che in questo momento servono sacrifici. E sarebbero anche disposti a farli.  Il problema qual è? Il problema è che non state dando nessun segnale, perché a pagare sono sempre i soliti: cittadini, lavoratori dipendenti, pensionati e frontalieri. Con gli emendamenti avete peggiorato la riforma, non migliorata: peggiorata. Avete fatto 12 emendamenti peggiorativi.  Se non date nessun segnale di voler andare nell’ottica dei controlli, di far emergere l’evasione, di colpire chi non paga i contributi… poi la gente viene in piazza. Se non date nessun segnale, la gente protesta perché sa che con questa riforma non cambierà nulla: i soliti pagano, i soliti evadono.  Se foste una maggioranza decente, andreste in mezzo alla gente, li ascoltereste, capireste che hanno sempre fatto la loro parte. Ora la responsabilità è vostra. Il segretario Gatti vi ha lasciato la palla: sarete voi a votarvela. Questo è il vostro problema. Devo dire che politicamente Gatti ha fatto un capolavoro, ma la responsabilità è tutta vostra.  E allora, come diceva anche il collega Renzi, fermatevi un attimo. Parlate con le persone che sono ancora oggi in piazza. Chiedete a loro se questi emendamenti vanno nella direzione giusta. Non ascoltate noi: siamo opposizione. Ma ascoltate chi lavora tutti i giorni con questi articoli. Capirete che vi diranno che gli emendamenti che avete proposto non vanno nella direzione che voi pensate.  Secondo me avete un’occasione d’oro in questi giorni. Non facciamo ostruzionismo, finiremo oggi. 

Gian Nicola Berti (AR): Se andiamo ad ascoltare le dichiarazioni di alcuni esponenti dell’opposizione, loro stessi si sono detti sorpresi nel trovare negli emendamenti del governo e della maggioranza una serie di provvedimenti che pensavano non ci fossero. Questo perché abbiamo avuto incontri con i sindacati, abbiamo recepito una parte delle loro istanze e queste oggi si trovano già nell’articolato che ieri abbiamo iniziato ad approvare.  Diversi provvedimenti dimostrano che, mentre i manifestanti avevano una rappresentazione legata al testo in prima lettura, noi abbiamo già dato seguito ai fatti. Non abbiamo solo avviato una trattativa: abbiamo recepito indicazioni del sindacato e le abbiamo trasformate in norma.  Quello che ha detto Santi è parzialmente vero. È vero che pagano sempre i soliti, perché se guardiamo questa riforma l’unico punto in cui si aumentano le tasse riguarda le imprese, i lavoratori autonomi e le aziende.  In tutti gli altri settori, invece, si rimodulano le modalità di imposizione. Sì, è possibile che qualcuno possa pagare di più, ma è certo che, per esempio, chi ha più figli o familiari a carico pagherà di meno. Ci sono meccanismi pensati per ridurre l’imposizione fiscale per chi ha un reddito lordo sotto i 30.000 euro.  Credo che passi avanti importanti siano stati fatti. Basta guardare le tabelle: i 20 milioni che si vogliono reperire arrivano solo in minima parte dal lavoro dipendente e dai pensionati, e comunque individuando sacche di privilegio. La parte maggiore arriva dalle imprese e dai lavoratori autonomi.  Questa non è una riforma, ma un intervento correttivo della legge del 2013. Si è cercato di dare più equità. Forse un po’ sbilanciata sulle attività economiche – è vero, la pressione fiscale aumenta di un punto – ma condivisa anche con rappresentanti di quelle categorie, in un’ottica temporanea e finalizzata a investimenti che avranno ricadute positive proprio sulle imprese.  Ora, cosa dobbiamo fare? Fermarci? Io credo che sia interessante ascoltare il sindacato dopo che avrà approfondito le modifiche approvate in questa seconda lettura. Tra la prima e la seconda lettura passerà oltre un mese, ci sarà tempo per confrontarsi, anche con l’opposizione, e per migliorare ulteriormente il testo.  Siamo tutti alla ricerca di un sistema fiscale più equo. Non dimentichiamoci che i primi a subirne gli effetti siamo anche noi, non solo i cittadini che ieri erano fuori. Tutti noi siamo soggetti a dichiarazione dei redditi e al pagamento dell’imposta.

Nicola Renzi (RF): Il commissario Berti ci ha detto che dei cambiamenti sono stati già apportati. Quindi, sostanzialmente, l’effetto dello sciopero di ieri, con 10.000 persone venute qua, è già stato in qualche modo disinnescato perché le risposte date dalla maggioranza con i nuovi emendamenti sarebbero sufficienti.  Andate a chiederlo a quei 10.000 che erano in piazza. Se davvero volete ancora tenere aperto un barlume di confronto, se volete davvero un confronto serio e dare un valore a quello che è successo ieri, un riconoscimento formale, voi interrompete i lavori. Ci rivediamo il 7 ottobre e venite con la terza bozza di riforma IGR. La terza bozza, e lì ne discutiamo.  Il sistema invece qual è? Andiamo dritti adesso e poi vediamo in seconda lettura cosa succede. Ma cosa volete che succeda in seconda lettura? In seconda lettura succede che, alla fine, la dovrà ritirare il segretario Gatti.  Diteci: visto che il consigliere Boschi ci dice che altri metodi ci sono, se volete ce li dite e noi siamo disponibili a darvi una mano su questi altri metodi. Ma l’unica cosa che politicamente oggi non potete fare è andare dritti. Questo lo capisce chiunque.  L’unica cosa che non potete fare è andare dritti, perché se volete andare dritti oggi, il significato è solo uno: ve ne fregate, ve ne strafregate di quello che è successo ieri. Ve ne strafregate completamente. Noi non ci stiamo. In apertura della commissione di questa mattina, siccome un briciolo di politica la facciamo, come opposizione abbiamo fatto tutti insieme questa proposta: fermatevi, ci rivediamo il 7 ottobre. 

Luca Della Balda (Libera):  Ricordo ciò che dice l’articolo 13 della Dichiarazione dei diritti: tutti i cittadini hanno l’obbligo di partecipare alla spesa pubblica in rapporto alle proprie capacità contributive. Quindi, quale miglior fonte di gettito se non i risparmi di ciascun cittadino o residente?  Considerando che i risparmi, dalle stime fatte, ammontano a circa 6 miliardi, applicando lo 0,020% si sarebbe raggiunto un gettito di 12 milioni. Questo avrebbe consentito di evitare o ridurre gli aumenti impositivi sulle altre fonti di reddito.  Detto questo, la mia proposta non è stata tenuta in considerazione o accettata, e ne prendo atto.  Venendo alla riforma: è evidente e noto a tutti che il punto di partenza era la necessità di reperire 20 milioni di gettito ulteriore. Questo è quello che, in termini giuridici, è la richiesta.  Mi dicono che quando una riforma tributaria scontenta tutti significa che è una buona riforma. E in questo caso le proteste, mi sembra, sono giunte da tutti: non solo dai lavoratori dipendenti, ma anche dalle associazioni di categoria dei datori di lavoro. Perché, come ha detto il collega Berti, i primi a essere colpiti sono stati proprio le imprese e i lavoratori autonomi. Aumentare di un punto percentuale l’addizionale, portandola dal 17% al 18%, significa gravare sulle tasche di imprese e lavoratori autonomi.  Non essendo stata condivisa l’idea della patrimoniale, ritengo che la riforma portata dal segretario Gatti, con gli emendamenti raggiunti e condivisi dalla maggioranza in questi giorni, sia la soluzione più equa possibile.  Quindi, nonostante le riserve iniziali, esprimo il mio parere favorevole e il mio appoggio alla riforma del testo emendato.

Luca Gasperoni (PDCS): Ho dei dubbi su quanto detto dal commissario Santi: che gli emendamenti siano addirittura peggiorativi… vedremo prossimamente, quando li discuteremo. Sono curioso di capire cosa saremmo andati a peggiorare.  Io credo invece che, con questa seconda mandata e con gli emendamenti portati, ci sia stato un bilanciamento di ciò che prima veniva chiesto a determinate categorie. Siamo riusciti a ottenere che a pagare siano tutti: imprese e, in misura minore, i cittadini.  Abbiamo cercato di bilanciare il peso della tassazione che in prima lettura colpiva direttamente i frontalieri. Siamo riusciti a ridurla e a far sì che la tassa pesasse meno rispetto al testo iniziale.  Per quanto riguarda ciò che ho sentito in aula – che non ci sarebbe dialogo, responsabilità, che saremmo insensibili – mi dispiace, ma non lo credo. Come ha detto il consigliere Casali, in questi giorni abbiamo aperto il dialogo nella maggioranza, cercando soluzioni per bilanciare la riforma. Abbiamo portato emendamenti che vanno verso una maggiore equità.  Questo, credo, nessuno possa negarlo: tra la prima e la seconda versione c’è stato un miglioramento voluto dalla maggioranza e dal segretario Gatti.  Io penso che questo, tutto sommato, sia un buon testo, che ci permette di riequilibrare la tassazione attuale.

Segretario di Stato Marco Gatti: Sicuramente il fatto di avere cambiato una parte significativa dell’impianto non ci ha dato il tempo di fare quel confronto e quella spiegazione articolo per articolo dei cambiamenti. Perché, al di là delle enunciazioni fatte a livello mediatico è diverso confrontarsi direttamente, guardando la prima lettura e i nuovi emendamenti.  Parliamo di bilanciamento e sbilanciamento. L’impianto di per sé era bilanciato, con un trattamento equo tra le varie categorie di reddito. Lo sbilanciamento era nei confronti dei redditi esteri prodotti a San Marino da soggetti esteri, in particolare da lavoro. Dopo il deposito della prima lettura, sindacati e categorie economiche hanno rappresentato la preoccupazione su questo aspetto: il fatto che, anche se i soggetti pagano le tasse nel proprio Stato e quindi vi è un recupero, lavorando nello stesso ambiente questa differenza così rilevante poteva creare tensioni e mettere in difficoltà le imprese e i lavoratori che devono operare insieme.  Abbiamo cercato di trovare una soluzione che portasse equilibrio. Non un’uguaglianza, ma un equilibrio. E di vedere come recuperare almeno parte del gettito che si perdeva, perché questa nuova formulazione ha ridotto considerevolmente il gettito da lavoratori e pensionati. Lo abbiamo recuperato attraverso l’addizionale, come è stato detto.  Oggi l’impianto non è più equilibrato come prima. È più sbilanciato sulle imprese, però è più equilibrato tra lavoratori residenti e non residenti. È un gioco di equilibri. La maggioranza ha scelto questo equilibrio, trovando una soluzione di questo tipo.  Abbiamo anche fatto altri interventi di carattere più equitativo: ad esempio, trasformando alcune deduzioni in detrazioni, per far sì che chi ha di più contribuisca di più rispetto a chi ha redditi meno consistenti.  Forse quello che dobbiamo continuare a fare è confrontarci con le parti economiche e sociali per spiegare bene gli emendamenti e mostrare le nuove proiezioni. I dati usciti domenica, peggiorativi, non corrispondono a quelli attuali, che invece riflettono le modifiche inserite negli emendamenti.  Dal mio punto di vista, se le forze politiche continueranno il confronto con le parti sociali ed economiche, per rappresentare bene contenuti ed effetti degli emendamenti, sarà solo un fatto positivo.

Nicola Renzi (RF): Io credo che oggi la discussione che stiamo facendo sia la dimostrazione plastica che la richiesta che abbiamo fatto questa mattina, cioè di fermarci e riprendere il 7 ottobre, non era campata in aria. Perché siamo all’articolo 12 e, mi pare, abbiamo passato già più di due ore a discutere, e non tanto del merito tecnico, ma di politica.  La politica ci porta inevitabilmente ad allargare il campo, e questo è il punto: se c’è stata una manifestazione così sentita, così partecipata, il tema politico diventa centrale. Io continuo a pensare che sia assurdo voler andare avanti dritti, perché non è solo un problema di metodo, ma anche di sostanza.  Succede che oggi noi andiamo avanti, e in seconda lettura ci ritroveremo un testo blindato. Non ci sarà più alcuna possibilità di confronto vero.  Se invece ci fermiamo, ci rivediamo il 7 ottobre e il governo porta la terza bozza della riforma IGR, allora sì che si può discutere, si può dare un senso a quello che è successo ieri. Per questo, ribadisco la proposta dell’opposizione: fermiamoci e riprendiamo i lavori il 7 ottobre.

L’emendamento interamente soppressivo è bocciato con 3 voti favorevoli e 10 contrari.

L’articolo è approvato con 10 voti favorevoli e 4 contrari.

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Art. 13

(Introduzione dell’articolo 33-bis alla Legge n.166/ 2013 e successive modifiche)

Segretario di Stato Marco Gatti: Questo è un articolo aggiuntivo sui redditi delle attività economiche delle persone fisiche. Attualmente non c’erano limiti, quindi abbiamo esteso i limiti già previsti per le persone giuridiche anche alle attività d’impresa, coordinandolo con gli articoli trattati ieri.  È prevista, ad esempio, la possibilità che gli automezzi possano essere ammortizzati nell’ambito dell’impresa, ma ponendo tetti massimi: 50.000 euro per le autovetture e, in alternativa, 10.000 euro per i motoveicoli. È una scelta dell’operatore economico: se svolge la propria attività con un veicolo o con un motoveicolo. In caso di motoveicolo, il tetto massimo è 10.000 euro, con un abbattimento del 60% del costo.

Emendamento interamente soppressivo delle opposizioni

Emanuele Santi (Rete): Questo articolo non ha emendamenti da parte del governo, ma credo che un po’ di attenzione vada prestata.  Il Segretario Gatti, nell’impostazione, pone un limite alla deducibilità dei costi: l’8% per la pubblicità, il 10% per l’elaborazione dati e il 5% per le spese di rappresentanza. Posso dire che, scritto così, l’articolo potrebbe anche essere condivisibile.  Quello che è meno condivisibile è il comma 2, se non il comma 3. Perché? Perché prima si pongono limitazioni, poi si dà una discrezionalità enorme all’Ufficio Tributario, che può applicare o disapplicare queste limitazioni. A mio avviso, questa discrezionalità non fa parte di uno Stato di diritto.  Io, se sono un’impresa, devo sapere dall’inizio dell’anno se un costo lo posso dedurre o meno. Non posso dipendere da una richiesta all’Ufficio Tributario. Se faccio elaborazione dati, e fa parte della mia attività, perché devo chiedere all’Ufficio Tributario una deroga?  Questa cosa non la concepisco. La prima parte dell’articolo, con i limiti, si può anche condividere. Ma la discrezionalità all’Ufficio Tributario può portare a disparità: a qualcuno sì, a qualcuno no. Questo non è accettabile.  E lo avete scritto voi, non è un emendamento: è in prima lettura. Quindi, per me, questo articolo è da rivedere, togliendo la seconda e la terza parte. 

Sandra Stacchini (PDCS): Questo è uno dei tanti articoli del progetto che ampliano la base imponibile degli operatori economici. Sicuramente non è in favore delle imprese.  Riguardo a quanto diceva il collega Santi: la previsione che l’impresa debba dimostrare all’Ufficio Tributario per poter dedurre oltre i limiti è già prevista oggi per le società. Con questo articolo viene estesa anche agli operatori economici.

Luca Boschi (Libera): Mi permetto però di replicare alle opposizioni: va bene tutto, ma distorcere ciò che si è detto tre minuti prima non va bene.  Commissario Troina, io ho detto che, nella migliore delle ipotesi, i manifestanti non hanno capito le nostre proposte, facendo autocritica sulla nostra capacità di comunicazione. Era una critica alla nostra comunicazione. Mi fa piacere che sia stata interpretata così anche dal Segretario Gatti, che ringrazio.  Quanto invece ha imputato il commissario Santi: sì, ho detto che mi assumo la responsabilità e sostengo il testo. E per me è un complimento: significa che prendiamo la politica sul serio. Lunedì abbiamo dato l’ok e lo condividiamo tuttora. Questo non vuol dire che non siamo aperti al confronto con le istanze della piazza, ma mi sembra una cosa normalissima.  Poi, Santi, se dice che gli emendamenti sui controlli sono peggiorativi, lo vedremo quando arriveremo a quell’articolo. Per me, peggiorativi non lo sono affatto. Se vuole dire che sono inefficaci, ci confronteremo, ma peggiorativi proprio no.  Così come non è peggiorativo, nell’ottica dell’equità, l’impianto uscito da questi emendamenti, che sposta il gettito maggiore dalle persone fisiche, cioè dai dipendenti, ad altri soggetti. Questi emendamenti vanno nell’ottica dell’equità.  

Gaetano Troina (D-ML): Non vedo una sostanziale differenza nella richiesta e nell’intervento che ha fatto il commissario Boschi. Va bene, ne prendo atto. Rimane il fatto che quello che si afferma è che non è stata capita al di fuori. L’ha detto: non siete stati bravi a spiegarla.  Va bene, non siete stati bravi a spiegarla. Quante volte li avete incontrati? Li avete incontrati molte volte e non siete stati bravi a spiegarla. Ok. Questo è un concetto chiarissimo e consolidato a questo punto.  Al netto di questo, presidente, è difficile non intervenire dopo l’intervento del collega Boschi su questi temi. Cercherò di attenermi all’emendamento, però davvero stiamo raggiungendo dei livelli in quest’aula che fanno dire anche a me, come hanno detto giustamente i colleghi, che la cosa più sensata sarebbe fermare tutto.  Consentitevi di spiegare bene la riforma a chi non l’ha capita, in modo tale che si chiariscano tutti i dubbi e la popolazione si renda conto che la riforma è ciò che di meglio tutti possiamo desiderare. Così siamo tutti tranquilli, sereni e si procede con i lavori.  Perché altrimenti, con il clima che oggi c’è qui dentro e anche nella maggioranza – perché è evidente che state discutendo di continuo – si vede che qualcosa non va. Non siamo ciechi. Forse è il caso che si fermino i lavori, che vi confrontiate anche voi, che capiate cosa state facendo, perché è evidente che non è così.  E poi si va avanti. Perché questo non è un modo serio di lavorare, anche nei confronti di chi ci ascolta. Ci aspettiamo che, a fronte di questa ammissione di responsabilità, vi fermiate un attimo e facciate quello che avete detto. Altrimenti siete incoerenti.  Giustamente il collega Renzi ricordava che c’è già una convocazione fino a metà del mese prossimo. Sospendiamo una giornata, vi confrontate, fate gli incontri e gli approfondimenti che dovete fare, e poi ne riparliamo. Tanto siamo già convocati.  


Sara Conti (RF): In questo caso vorrei fare un breve commento rispetto all’articolo. mi allineo a quanto spiegato in maniera esaustiva dal collega santi: quello che non comprendiamo è la discrezionalità che viene lasciata all’ufficio tributario.  si dà all’ufficio la possibilità di disapplicare le limitazioni che invece noi poniamo al comma 1. questo non lo comprendo. abbiamo ampia testimonianza di quanto sia pericoloso dare margine di discrezionalità agli uffici. non è giusto: ci devono essere indici ben definiti da applicare.  altrimenti si lascia spazio alla scelta personale e soggettiva, cosa che purtroppo nel nostro paese già accade. Noi dovremmo invece porre paletti, per non dare adito a scelte discrezionali.  Questo è l’aspetto che più ci lascia contrariati. Se ci fosse una riflessione da parte del segretario, per capire meglio il ragionamento che lo ha portato a questa formulazione, sarebbe utile.  altrimenti rimaniamo nella nostra posizione. l’emendamento abrogativo ne è la testimonianza. è chiaro che la decisione di presentare tutti emendamenti abrogativi è una scelta politica, perché siamo contrari all’impianto complessivo. questo però non significa che su ogni articolo siamo contrari: alcuni potrebbero anche trovarci favorevoli. ma in questo caso no, perché non condividiamo lasciare discrezionalità all’ufficio tributario.

Nicola Renzi (RF): Mi pare che si sia aperta una fase nella stessa maggioranza, in cui le decisioni sull’iter del progetto non vengono prese in quest’aula. Dispiace che siano rimasti qui i consiglieri che hanno lavorato tecnicamente, ma che non saranno chiamati a prendere le decisioni politiche.  Le decisioni le vediamo: questa mattina lo Stato Maggiore di Libera è salito in forze. Evidentemente si stanno facendo riflessioni. Ho visto quelli di Libera, non so gli altri. Ma è evidente che un confronto politico c’è. È giusto, per carità. Vedremo cosa succederà.  Noi la proposta l’abbiamo fatta: fermatevi. È partito un braccio di ferro fra chi si vuole fermare e chi no. Così, per la massima trasparenza.  C’è nervosismo, è normale. È un passaggio delicato. Arriviamo ora ai limiti di deducibilità dei costi generali.  Mi accodo a quanto detto dal consigliere Santi. Anche su questo articolo sarebbe importante sapere le previsioni di gettito: che cosa succederà? È più o meno impattante rispetto a quanto previsto prima? Ci dà maggiori o minori entrate?  Ci pare che la visione del progetto continui a essere una cifra accanto a ogni articolo, senza una visione generale.  Ultima cosa: è stato detto che ci sono stati grandi cambiamenti dalla prima alla seconda lettura. 

Emanuele Santi (Rete): Se c’è qualcuno che ha rotto il patto – dopo la scazzottata iniziale sul primo articolo – è stata la maggioranza, nella fattispecie il collega Boschi, che ha ripreso la discussione. Io mi sono attenuto al comma e ho spiegato le ragioni della contrarietà all’articolo 13.  Per dovere di cronaca, quindi, dico che la rottura è venuta da lì. Io mi attengo all’articolato.  Però dispiace che non ci sia stato modo di confrontarsi bene su questo articolo. Io penso che una riflessione serva. Poi fate come volete, andate dritti.  Ma scrivere in una legge che la deducibilità dei costi generali si applica o si disapplica a discrezione dell’Ufficio Tributario non lo accetto. Non perché l’Ufficio non sia corretto, ma perché non è compito suo decidere se applicare o meno una norma. Le leggi devono essere astratte e valide per tutti, non discrezionali.  Probabilmente negli anni ci sono state distorsioni su pubblicità, elaborazione dati e rappresentanza. E allora giusto limitarne la deducibilità. Ma lasciare la scelta all’Ufficio Tributario no, non andava scritto.  Questo articolo sarebbe stato perfetto se aveste tolto il comma 2 e il comma 3. Così, invece, permetterete a pochi eletti ben introdotti di scaricare comunque quei costi, mentre altri no.

Segretario di Stato Marco Gatti: È una norma antielusiva.  In generale, questi costi per un’azienda ordinaria devono rientrare in un certo range. Ma ci possono essere casi particolari: ad esempio, un’impresa che deve fare promozioni su un nuovo prodotto, o che compra e vende sponsorizzazioni. In quel caso, la sponsorizzazione diventa materia prima, e l’azienda deve poterlo spiegare all’Ufficio Tributario.  Se l’Ufficio valuta che quei costi sono inerenti all’attività, autorizza la disapplicazione. Altrimenti no. È lo stesso principio che già si applica in sede di accertamento: si valuta l’inerenza.  Abbiamo anche posto un limite temporale: la richiesta va fatta subito, nei primi mesi dell’anno, non più nel corso dell’anno come per le società.  Questa è la ratio: evitare l’elusione, consentendo però a chi ha motivazioni concrete di dimostrarle.

L’emendamento interamente soppressivo è bocciato con 4 voti favorevoli e 10 contrari.

L’articolo è approvato con 10 voti favorevoli e 4 contrari.

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Art. 14

(Modifica dell’articolo 37 della Legge n.166/ 2013)

Segretario di Stato Marco Gatti: Questo, chiaramente, è un articolo tecnico che serve a disciplinare il calcolo della plusvalenza nel momento in cui io non riconosco su quel bene l’intera deducibilità. Quindi, nel momento in cui tu lo cedi, qualora realizzi una plusvalenza, questa viene ricalcolata in funzione, chiaramente, di quello che ti ho permesso di dedurre.

Emendamento interamente soppressivo delle opposizioni

Emanuele Santi (Rete). Abbiamo visto che nella relazione introduttiva del segretario la spiegazione a questo articolo non c’era e quindi abbiamo fatto fatica a districarci nella normativa, perché la legge 166 in generale, in questi 12 anni è stata cambiata a molte riprese.  Quindi il fatto che si vada a ricalcolare la plusvalenza dovuta alla cessione di un bene — credo che si tratti di un bene, insomma — e che venga ripresa questa plusvalenza da quello che lo Stato ha permesso di dedurre può essere anche condivisibile. Però quello che avremmo cercato di capire meglio è se nella relazione ci fosse stata una spiegazione più dettagliata. Invece, su questo articolo si è proprio fissato in molti aspetti.  Non vorrei, e questo glielo chiedo, che la relazione sia stata fatta in un momento precedente e che poi nel testo ci siano stati aggiunti articoli. Perché ci sono articoli senza spiegazione. Magari, se ce la può illustrare meglio, sarebbe un plus anche per chi ci ascolta.  Ribadisco la ratio: gli emendamenti li abbiamo fatti tutti abrogativi perché non condividiamo il senso del provvedimento. Su questo si poteva discutere. Se avessimo analizzato nel merito, articolo per articolo, magari qualcuno lo avremmo potuto condividere. Con qualche elemento in più, forse questo poteva essere uno di quei pochi articoli — ne conto uno o due su 14 — che potevano essere giustificabili e andare in una certa direzione. Di fatto, qui si dice: tu hai una plusvalenza su un bene, ma questa plusvalenza ti viene dedotta da un’utilità che hai avuto. Questo è il senso.  A mio avviso è una misura che forse doveva essere prevista già nella legge originaria del 2013, perché sicuramente va in una direzione migliorativa.

Nicola Renzi (RF): Anche io rilevo la stessa questione. Avendo voluto approfondire questo articolo, purtroppo nella relazione non è menzionato. Non siamo riusciti a trovare una spiegazione, un cenno di ciò che si volesse introdurre. Dobbiamo accontentarci della lettura. Va bene così, però è un po’ riduttiva.

Gaetano Troina (D-ML): Riguardo a quanto dicevano i colleghi, anche io mi sono accorto che nella relazione non è stato indicato né spiegato questo articolo. Anzi, ci sono persino passaggi relativi ad articoli che nel testo non compaiono più neanche in prima lettura. Evidentemente la relazione è stata preparata molto prima della stesura finale del provvedimento. Le discrasie ci sono ed è evidente.  Chiediamo quindi spiegazioni più precise dal segretario, non tanto sul contenuto in sé, ma sull’impatto che si stima da questo intervento. Ciò che manca è l’indicazione delle criticità che possono aver portato l’ufficio a proporre la modifica, e soprattutto quali effetti avrà rispetto alla situazione attuale sulle deducibilità modificate.

Segretario di Stato Marco Gatti: Sostanzialmente è collegato agli articoli precedenti: riguarda il fatto che abbiamo introdotto, come per le società e anche per le imprese individuali, la categoria di beni che non sono interamente deducibili.  E sono beni mobili, come ha detto il commissario Santi. Che succede nel momento in cui li vado a vendere? Posso realizzare una plusvalenza. Qual è allora la base imponibile di quella plusvalenza? Devo tener conto che una parte non te l’ho fatta dedurre. Quindi si fa un riproporzionamento. È una norma squisitamente tecnica, collegata alla modifica precedente.

Emanuele Santi (Rete): Adesso abbiamo capito qual è la ratio di questo articolo. Tutto sommato ne condividiamo anche il senso.  Faccio presente che dall’articolo 15, il prossimo, fino all’articolo 29, ad eccezione del 22, mancano le spiegazioni nella relazione. Qui c’è solo la spiegazione dell’articolo 69 riferito alla legge vecchia. Dal 15 al 29 ci sono quindi 14 articoli senza spiegazione.  Non è un dramma, ma lo constatiamo. Magari il segretario può illustrarli meglio, rendendoci edotti in maniera più compiuta della ratio che sottende le proposte di modifica. Così avremo modo di dibattere. Anche se qualche analisi l’abbiamo fatta, lo lasciamo a verbale: la relazione è mancante di questi dati. È un fatto, lo si vede, è pubblicata.  Per i prossimi 15 articoli chiederemmo quindi un riferimento più approfondito, anche perché non siamo qui per perdere tempo. Stiamo facendo un lavoro importante. La riforma non la condividiamo, ma almeno sui singoli articoli vogliamo entrare nel merito. Non l’abbiamo fatto fuori, lo facciamo qui. È giusto dire la nostra, anche se abbiamo avuto poco modo di confrontarci.

L’emendamento interamente soppressivo è bocciato con 3 voti favorevoli e 9 contrari.

L’articolo è approvato con 9 favorevoli e 1 contrario.

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Art. 15

(Modifica dell’articolo 38 della Legge n.166/ 2013)

Segretario di Stato Marco Gatti: La modifica di questo articolo riguarda esclusivamente il momento in cui è possibile dedurre queste perdite a seguito di una procedura concorsuale. L’attuale norma sostanzialmente dava un limite al secondo esercizio dall’apertura del concorso, limite che è stato tolto. Questo perché, se il soggetto non si era accorto dell’apertura del concorso, aveva un doppio danno: il concorso, e se non ti insinui nel concorso entro 90 giorni non puoi più insinuarti, non esiste la procedura di insinuazione tardiva e quindi perdi il credito. Ma se erano passati 2 anni, addirittura non poteva neanche portarlo in deduzione fiscale. Quindi non solo non poteva partecipare al concorso, ma addirittura non poteva dedurlo fiscalmente.  Siccome nell’ambito del concorso l’elemento certo della perdita c’è — perché dal momento in cui si apre il concorso quel credito diventa subito perdita — dopodiché, qualora venga fatto un riparto, diventa una sopravvenienza attiva come ricavo. A questo punto, abbiamo ritenuto, anche confrontandoci con gli uffici, di togliere questo elemento limitativo.

Emendamento interamente soppressivo delle opposizioni

Emanuele Santi (Rete): Ma su questo articolo credo che qualche riflessione vada fatta, perché la perdita su crediti è uno degli elementi più dannosi per una società. Il fatto che tu non possa dedurre queste perdite o questi elementi negativi diventava un ulteriore danno, la beffa al danno.  Sicuramente un ragionamento su queste possibilità di dedurre lo avete fatto bene, perché è un elemento che andava messo in discussione. Non riesco a capire, se per le perdite inferiori ai 2.500 euro non sia più necessario giustificare. Per un’impresa grande, magari uno dice: “Devo recuperare 2.500 euro, spendo di più nell’avvocato, non mi conviene”. Però sono pur sempre 2.500 euro. Non so che parametri abbiano certe aziende. Però il fatto che un’azienda non debba portare documenti giustificativi per crediti inferiori ai 2.500 euro mi sembra un importo abbastanza alto. Segretario, le chiedo: portare in perdita senza giustificativo un credito anche di 2.490 euro mi sembra una cifra elevata. Anche perché, dall’altra parte, sappiamo che sulla perdita su crediti a volte si possono annidare situazioni ambigue. Bisogna guardare anche questo. Ci sono aziende sane che subiscono fisiologicamente perdite su crediti, ma ci sono anche aziende truffaldine, e a San Marino qualcuna c’è stata, poche ma ci sono. Proprio sulle perdite su crediti, soprattutto per importi piccoli, si possono annidare distorsioni.  Secondo me i 2.500 euro sono una cifra troppo alta, bastava 1.000. Sicuramente, il fatto di poter dedurre anche un importo da 900 euro, però con una pezza giustificativa — una prova che hai cercato di recuperarlo, anche una lettera — sarebbe giusto mantenerlo. Invece così sembra che fino a 2.500 euro puoi portare in deduzione senza problemi. Su questo starei un po’ attento e farei delle valutazioni.

Gaetano Troina (D-ML): Mi associo alle considerazioni del collega e sottolineo due aspetti critici di questo articolo. Innanzitutto, il tema della deducibilità sempre e comunque quando si tratti di crediti uguali o inferiori a 2.500 euro. È vero che si parla di 2.500 euro, ma ammettere sempre e comunque la deducibilità anche senza elementi certi e precisi rischia di prestarsi ad abusi.  Così com’è, l’articolo per noi non è ricevibile. Eventualmente invitiamo a rimodulare questa disposizione, prevedendo che o l’importo sia notevolmente ridotto, oppure che anche in questi casi venga prodotta documentazione a supporto. Perché, viste le tante società oggi in decozione, sommare 2.500 euro senza limitazioni può diventare rilevante. Non ho il dato di quante società siano sottoposte a procedure concorsuali, ma sarebbe un dato importante.  Inoltre, sulle procedure concorsuali: vedo che qui non sono incluse quelle liquidatorie, e le procedure non sono irreversibili. Può sempre capitare che una società ritorni in bonis. Questo potrebbe portare ad abusi: se la società ha dedotto perdite per anni e poi ritorna in bonis, intanto ha usufruito del beneficio e lo Stato ci ha rimesso. Anche su questo invito a riflettere.

Maddalena Muccioli (PDCS): Per rispondere ai dubbi dei colleghi di opposizione, preciso che il tema dei 2.500 euro era già presente nella formulazione del 2013. Comunque si tratta di una perdita su crediti che, al di là dell’aspetto fiscale, deve essere inserita anche nel bilancio civile della società o nella dichiarazione dei redditi della persona fisica titolare di reddito d’impresa.  Su questi temi ci sono regole da rispettare: prima di fare una dichiarazione fiscale devo avere un bilancio della società o una dichiarazione dei redditi della persona fisica, entrambi soggetti a regole civilistiche. Se fossi amministratore di una società o titolare di una licenza, dovrei giustificare dal punto di vista della prudente gestione il fatto che considero quel credito irrecuperabile e da stornare come perdita.  Sul rischio di abusi, io penso che le regole civilistiche, i principi contabili e le norme societarie offrano un sistema sufficiente a prevenire usi distorti. Poi è chiaro: il tema dei controlli resta. Devono esserci tutte le evidenze per giustificare che anche civilisticamente quella perdita sia da imputare al conto economico.

Nicola Renzi (RF): Certamente questo non è uno degli emendamenti chiave della riforma. Mi associo alle valutazioni dei colleghi di opposizione e ringrazio il consigliere Muccioli per la spiegazione. È ovvio che quando si parla di procedure concorsuali legate a questioni fiscali bisogna stare molto attenti.  Non ho capito se il consigliere Muccioli ci ha risposto anche sulla cifra, sull’ammontare generale. Ma la domanda è se questa cifra non sia troppo elevata. Per il resto, la spiegazione del consigliere Muccioli mi sembra convincente.

L’emendamento interamente soppressivo è bocciato con 4 voti favorevoli e 9 contrari.

L’articolo è approvato con 9 voti favorevoli e 4 contrari.

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Art. 16

(Modifica dell’articolo 46 della Legge n.166/ 2013 e successive modifiche)

Segretario di Stato Marco Gatti: Questa sostanzialmente è la norma che avevo annunciato prima. Abbiamo cambiato questa possibilità di deduzione del riporto delle perdite, che ricordo era nella misura dell’80% per i tre esercizi successivi, e quindi abbiamo seguito il criterio internazionale di dare la possibilità di ridurre l’intera perdita, però mai nella misura superiore al 70%.

Emendamento interamente soppressivo delle opposizioni

Emanuele Santi (Rete): Dobbiamo riconfermare che questo articolo, seppur non emendato, quindi rimasto nella stesura che il Segretario ha portato in prima lettura, è uno degli articoli, a mio avviso, più meritevoli di approfondimento. L’ho detto anche prima: nella legge del 2013, nell’impianto di quella legge, c’era la possibilità – lo ha ricordato bene il Segretario – che le perdite potessero essere riportate nei tre anni successivi.  Oggi voi fate un intervento che è molto invasivo soprattutto sui lavoratori dipendenti e pensionati. Qui, invece, si sta parlando di aziende. Credo che l’obiettivo dovrebbe essere recuperare base imponibile e, su tutto ciò che riguarda la possibilità di dedurre alcune voci, bisogna fare qualche riflessione.  Mettiamo anche il caso che tutti si comportino correttamente. Se un anno fai una perdita, non riesco a capire il concetto per cui tu possa riportare quella perdita e scalarla negli anni successivi, senza alcun limite di tempo. Se l’obiettivo è recuperare base imponibile, quell’anno ti concedo di chiudere in perdita perché può succedere e magari ti aiuto anche a rimanere in piedi. Ma prevedere che quella perdita diventi un meccanismo premiale, consentendo di riportarla in deduzione negli anni successivi, non è possibile in questo momento.  Stiamo chiedendo a tutti di stringere la cinghia. Se sei in perdita, è fisiologico, ma non ti consento negli anni successivi, se fai utili, di abbatterli con quella perdita. In un meccanismo equo non può funzionare così.  Sulle società in perdita che dichiarano zero si potrebbe scrivere un libro, ma se vogliamo interventi verso l’equità, questo è un passaggio centrale. Lo ripeto: se un’azienda ha avuto una crisi di mercato ed è giusto aiutarla a mantenere l’occupazione, bene, ma non può passare il concetto che chi va in perdita sia premiato negli anni successivi con la possibilità di dedurre. A mio avviso, era su articoli come questo che si poteva recuperare molta base imponibile, soprattutto da chi ha più possibilità di altri di mantenerla bassa. Questo intervento, a mio avviso, andava fatto in un’altra direzione.

Sandra Stacchini (PDCS): Questo è un articolo di armonizzazione con la normativa italiana, che non prevede alcun limite di tempo. Avendo introdotto questa armonizzazione, tuttavia, la percentuale è stata ridotta dall’80 al 70%. A me sembra un articolo valido, che non favorisce particolarmente le aziende, ma le rende concorrenziali con quanto previsto in Italia. 

Gaetano Troina (D-ML): Giusto per capire qual è stata l’esigenza che ha portato ad armonizzare questo articolo con la vicina Italia. Va bene lo scopo, ma perché? Qual è stato il ragionamento alla base di questo intervento?  Condivido quanto detto dal collega Santi in merito alle richieste di spiegazioni sulle motivazioni che non hanno portato a riflettere di più sulla base imponibile. Vorremmo capirci meglio.  Sono interventi estremamente tecnici, scritti in maniera molto tecnica, che rendono difficile comprendere le motivazioni che hanno spinto a questa scelta e soprattutto quale impatto abbia sulla fiscalità. È una riforma di difficile comprensione, che rende complicata la vita a chi la deve usare tutti i giorni per lavorare, perché bisogna ricostruire tutte le variazioni e riimpostare i modelli di calcolo elaborati in anni di esperienza, senza avere idea degli impatti sulle singole casistiche. È veramente complicato.

Nicola Renzi (RF): Questa misura – ci dite – è stata adottata per dare condizioni di gioco paritarie alle aziende rispetto a quelle italiane. Quindi ci state dicendo, se ho capito bene, che questa previsione è già contenuta nei sistemi tributari italiani, non solo in Italia.  Allora io vi faccio un’altra domanda: ad oggi avete fatto delle previsioni? Perché mi pare evidente che questo comporti una riduzione del gettito, non un aumento, per lo Stato. Avete provato a prendere gli ultimi tre, quattro o cinque anni di imposta e fare delle simulazioni per capire cosa sarebbe successo se la norma fosse stata applicata allora?  A me sembra una misura che riduce il gettito per lo Stato. Se sbaglio e voi dite che porta maggiore gettito, per carità, possiamo accettarlo. Ma a me sembra il contrario, che lo riduca e solo per una categoria.  Il consigliere Troina diceva che sono norme tecniche e difficili. Ma proprio per spiegarle in modo chiaro, la cosa migliore è fare delle ricostruzioni e dimostrare cosa comporterebbe.

Sara Conti (RF): Allora, io sinceramente trovo un po’ debole la risposta del commissario Stacchini, perché non possiamo dire che questa norma, formulata in questo modo, debba seguire la normativa italiana. Perché mai dovremmo seguire la normativa tributaria italiana quando magari la nostra, in questo momento, è migliore? Non la vedo come una giustificazione accettabile, scusate.  Mi unisco quindi ai colleghi che sono già intervenuti su questo articolo. Qui ci dobbiamo soffermare su un punto: se è vero, com’è vero, che ci sono più di 1.500 aziende che dichiarano zero, dobbiamo intanto capire cosa significa e se effettivamente queste aziende stanno operando nella maniera corretta e nel rispetto delle norme. Questo è un grande problema del nostro Paese: spesso si colpisce chi è realmente in difficoltà ma si comporta bene, mentre si chiude un occhio, o anche due, su chi non si comporta correttamente.  Se lo scopo è aumentare il gettito dello Stato, allora vogliamo capire la vera ragione per cui si decide di permettere alle aziende di spalmare le perdite senza limiti di tempo e renderle deducibili nelle dichiarazioni dei redditi. Dire che la motivazione è soltanto uniformarci alla legge tributaria italiana non è coerente con lo scopo della riforma. Qualcosa non torna.

Gian Nicola Berti (AR): A me dispiace fare la figura del professorino, ma il problema qui non è come si interviene: è capire che cos’è un bilancio di competenza e andare semplicemente a leggere il comma 5 dell’articolo 46 esistente. Se i commissari dell’opposizione avessero preso la briga di guardarlo, si sarebbero resi conto che questo intervento è peggiorativo per il sistema delle imposizioni delle aziende e delle persone giuridiche.  Facciamo un passo indietro: non si tratta di un utile. Succede che le aziende hanno bilanci per competenza e figurativamente risulta una fattura tra i ricavi, ma che non diventa effettivamente un ricavo perché si trasforma in perdita. Negli anni successivi, quando la perdita diventa definitiva, è logico che le aziende abbiano la facoltà di scaricarla.  Fino a oggi avevano la possibilità di scaricare fino all’80%. La modifica introdotta è che potranno scaricare fino al 70% dagli imponibili degli anni successivi. È una norma semplicissima, un correttivo. Non mi sembra il caso di fare certe affermazioni che sono fuori luogo: basta leggere la modifica per rendersi conto che si sta facendo tutt’altro rispetto a ciò che è stato insinuato.

Emanuele Santi (Rete): La giustificazione di dover armonizzare la nostra normativa con quella italiana è veramente debole. Perché allora, quando avete portato in prima lettura il provvedimento che discriminava i dipendenti privati interni rispetto ai frontalieri, anche lì avete armonizzato con l’Italia? Non scherziamo.  Bisogna essere seri. Abbiamo un accordo di associazione alle porte e quell’accordo non vuole discriminazioni. Bisognerebbe innanzitutto togliere quelle che avete introdotto, come l’obbligo di spendere tutto a San Marino con la Smac Card, che rischia anche conflitti di costituzionalità quando andremo in Europa.  Indipendentemente da questo, torno sul punto: non conta cosa dice la normativa italiana, europea o mondiale. A mio avviso, in un momento come questo, dove l’obiettivo è aumentare la base imponibile, permettere di riportare le perdite negli anni successivi non va in quella direzione. Dire che prima era l’80% e ora il 70% dimostra che siete consapevoli della distorsione. Vi do atto che andrete a recuperare un 10%, ma non sapete quantificarlo.  Su un tema come questo, invece, bisognava essere più radicali. Un’azienda può avere anni di perdita, e va bene, la si aiuta. Ma non può passare il messaggio che chi chiude i bilanci in perdita – e a San Marino parliamo di 1.557 casi – possa riportare quelle perdite a nuovo. Oltre il danno, la beffa. 

Luca Della Balda (Libera): Chiedo al commissario Santi, con la massima stima e simpatia: cosa intende quando dice “aiutiamo le aziende che sono in perdita ma non consentiamogli di recuperare la perdita negli anni successivi”? È una contraddizione.  Vuole che lo Stato dia contributi economici a un’azienda in perdita? Io presuppongo che stiamo parlando di imprese serie che operano nella correttezza e nel rispetto della normativa. Lei cita sempre le 1.500 società che dichiarano zero, come se fossero tutte evasori, quando invece la realtà è che un’impresa in perdita significa che i ricavi sono inferiori alle uscite.  Un imprenditore che deve mettere mano al portafoglio per ripianare le perdite, andare a mutuo o chiedere prestiti, fa già interventi straordinari. Io ritengo che sia una misura di equità consentirgli, negli esercizi successivi, di dedurre le perdite maturate. Altrimenti che tipo di aiuto dovrebbe ricevere?  Penso che questa sia la soluzione più equa. Non parliamo solo di incremento della base imponibile, ma anche di equità del sistema fiscale. La riduzione dall’80 al 70% va proprio nell’ottica di aumentare le entrate. Ma consentire di spalmare le perdite senza più limiti temporali, come avviene già in Italia, è un provvedimento corretto.

Segretario di Stato Marco Gatti: Io parto da un concetto: un sistema Paese deve essere attrattivo se vuole attrarre investimenti, a partire da quelli interni. E non c’è soltanto l’aspetto dell’aliquota fiscale. Quando si valuta di fare un investimento in un Paese si guarda l’intera normativa: l’aliquota, certo, ma anche i costi deducibili, i costi indeducibili, le perdite, il riporto delle perdite o meno. È un insieme di elementi.  Poi ci sono anche gli aspetti civilistici, che non sono secondari. Anzi, secondo me c’è del lavoro da fare proprio su questi aspetti per migliorare la nostra competitività, forse più che sul profilo fiscale.  Per quanto riguarda il riporto delle perdite, quando fu fatta la normativa nel 2013 c’erano diversi Paesi che avevano un sistema simile al nostro, cioè il recupero soltanto dell’80% per un determinato numero di anni. Poi però tutti si sono evoluti, andando verso la recuperabilità totale della perdita fiscale. Parliamo di perdita fiscale, perché la perdita patrimoniale, come dice il consigliere Santi, i soci la devono versare. Ma fiscalmente, se in quell’anno hai avuto una perdita, ti do la possibilità di recuperarla negli anni successivi. È documentata, la verifico, e ti consento di riportarla.  Questo recupero, che a livello internazionale è ormai previsto ovunque al 100%, da noi era fissato all’80%. Abbiamo quindi allineato anche il nostro ordinamento, ma prevedendo che ogni anno sia comunque corretto che il soggetto passivo versi una quota: non si può abbattere oltre il 70%. Così, su un 30% versi comunque; poi, l’anno successivo, versi sul 100% del tuo utile.  È chiaro che se sei in perdita non hai il problema, accumuli la perdita. Ma lì diventa un problema strutturale dell’azienda: se continui a essere in perdita per due o tre esercizi, a quel punto conviene chiudere, perché altrimenti si brucia patrimonio e investimento dei soci.  Questa è una misura di allineamento per recuperare competitività. Non è stimabile in termini di gettito, perché il nostro auspicio è che le aziende chiudano tutte in utile. Questo significherebbe che sono sane, che contribuiscono al prodotto interno lordo, che danno lavoro e soddisfazione anche all’erario.

L’emendamento interamente soppressivo è bocciato con 4 voti favorevoli e 9 contrari.

L’articolo è approvato con 9 voti favorevoli e 4 contrari.

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Art. 17

(Modifiche all’articolo 50 della Legge n.166/ 2013)

Segretario di Stato Marco Gatti: Con questo articolo, che riguarda le persone giuridiche, si recepisce una norma già presente nell’attuale normativa, speculare a quella appena discussa per le attività economiche riferibili a persone fisiche. Le modifiche introdotte riguardano innanzitutto il limite temporale: entro il 31 marzo il contribuente può chiedere la disapplicazione. Abbiamo quindi dato un termine che prima non esisteva. Inoltre siamo intervenuti sui limiti, che in alcuni casi non c’erano affatto, al fine di contrastare forme di abuso o elusione, soprattutto legate all’acquisto di veicoli nell’ambito delle persone giuridiche. In questo modo abbiamo armonizzato i due articolati per gli operatori economici, siano essi persone fisiche o giuridiche.

Emendamento interamente soppressivo delle opposizioni

Emanuele Santi (Rete): L’articolo 50 della legge del 2013 era già allora uno degli elementi più critici di quella riforma. Tutto è condivisibile: mettere un tetto alla deducibilità di alcuni costi, in base alla percentuale dei ricavi – e parliamo di elaborazione dati, pubblicità, spese di rappresentanza, e dell’articolo precedente – va bene.  Ma il passaggio che prevede, entro il 31 marzo dell’esercizio successivo, la possibilità per il contribuente di chiedere la disapplicazione delle limitazioni, non sta in piedi. È una presa in giro: significa che, a due mesi dal deposito del bilancio, gli operatori economici devono andare all’Ufficio Tributario a chiedere se possono o non possono scaricare i costi. Vi rendete conto?  Oltre alla discrezionalità qui la previsione è addirittura collocata due mesi prima della dichiarazione dei redditi, che si fa a maggio. Vuol dire che a marzo sei ancora lì che non sai se potrai scaricare o meno i costi. Ma cosa state scrivendo? Questo articolo è peggiorativo. 

Nicola Renzi (RF): Qui non parliamo di reddito da lavoro dipendente, che è certo e facilmente imponibile. Parliamo di redditi che devono essere accertati. E il principio è che le norme devono essere chiare, con meno soggettività e discrezionalità possibile.  La mia forza politica lo ha sempre detto: le leggi devono essere chiare per tutti. Ora, questo articolo modifica l’articolo 50 della legge 166/2013. La discrezionalità in capo all’Ufficio Tributario era già prevista? Bene, allora avreste dovuto cogliere l’occasione per eliminarla. Se invece viene introdotta ora, è ancora peggio.  Noi non siamo d’accordo. Scrivere che entro il 31 marzo dell’esercizio successivo il contribuente può interpellare l’Ufficio Tributario per la disapplicazione delle limitazioni – dimostrando che le operazioni hanno un effettivo interesse economico e concreta esecuzione – non è accettabile.  Questo metodo non funziona. Un contribuente deve sapere prima, non un anno e mezzo dopo, se ha diritto a esenzioni o benefici.  Altrimenti si crea disparità: c’è chi riesce a ottenerli e chi no. È inaccettabile come impostazione.  E, per favore, non diteci ancora che “anche in Italia funziona così”. Non ci interessa. Noi siamo contrari e vi chiediamo di rispettare la nostra opinione.

Sandra Stacchini (PDCS): Allora, va bene tutto, ma qui si mette un limite dove prima non c’era. Prima, infatti, c’erano aziende che facevano questo tipo di scelta, lo comunicavano e andavano a trattare con l’Ufficio Tributario dopo aver presentato la dichiarazione.  Adesso, invece, si dice chiaramente: se volete accedere a questo beneficio, dovete farlo entro il 31 marzo, altrimenti non lo potrete più fare. Questo è ciò che prevede l’articolo.  Poi possiamo discutere di tutto l’universo mondo, ma il punto è che con questo articolo si pone un limite dove prima non esisteva.

Sara Conti (RF): Ci rendiamo conto già della parola stessa. È vero che nella legge 166 questa previsione c’era già scritta, ma ora che la stiamo riformando avremmo potuto correggerla, se ci rendiamo conto che non va bene. Io credo che siamo tutti d’accordo che non possa esistere una discrezionalità maggiore di questa.  Dobbiamo mettere gli uffici e i funzionari pubblici nelle condizioni di avere criteri ben definiti e intelligibili, così da sapere chi ha diritto a richiedere una determinata esenzione o deducibilità e chi no. Diversamente diventa davvero una discrezionalità che noi consegniamo al singolo funzionario, ed è un problema che dobbiamo risolvere, non continuare ad avallare.  Lo sappiamo tutti, oppure no, che in alcuni casi certi benefici sono stati concessi e in altri, alle stesse condizioni, sono stati negati? È inutile dire che faccio supposizioni fuori luogo, commissario Berti: lo sappiamo bene tutti. Se siamo qui per correggere e per definire regole uguali per tutti, questo non è il modo.  Ci dite che avete messo un tetto, che avete migliorato l’articolo della legge 166, ma il punto sbagliato è proprio quello: andare a trattare con l’ufficio. Sulla base di cosa? Su quale fondamento si potrà dimostrare che le operazioni sono state poste in essere per un effettivo interesse economico dell’impresa? Bene, ma come lo dimostriamo? Era questo che si doveva definire nella nuova legge. Questo noi stiamo chiedendo e stiamo dicendo.

Gaetano Troina (D-ML):  Ovviamente non posso che condividere e sottoscrivere gli interventi dei colleghi, perché questo passaggio in particolare meritava un dibattito più approfondito e, onestamente, le risposte non ci convincono.  Se davvero l’intento della riforma era quello di garantire maggiore equità e trasparenza, l’emendamento del governo e della maggioranza a questo articolo avrebbe dovuto cancellare il comma 4, eliminando la possibilità di chiedere la disapplicazione delle limitazioni in caso di dimostrazione di un interesse economico dell’impresa.  Se vogliamo garantire equità e trasparenza, le regole devono essere chiare per tutti e non discrezionali. Perché così si mette in difficoltà l’ufficio, che in base alla sensibilità del funzionario può concedere o negare l’agevolazione, e si alimentano differenze di trattamento. Come diceva la collega Conti, sappiamo che in certi casi è stato concesso a qualcuno e negato ad altri. Non scandalizziamoci: lo sappiamo che succede così. Io non voglio puntare il dito su nessuno, ma sappiamo che in questo Paese funziona così.  L’emendamento, quindi, doveva eliminare il comma 4.  E approfitto per tornare sul comma 4-bis, che richiama un passaggio affrontato ieri: quello dei beni strumentali. Ribadisco la perplessità: come può essere considerato bene strumentale un motoveicolo, deducibile fino a 10.000 euro?

Luca Gasperoni (PDCS): Visto che i commissari di opposizione dicono che certe cose succedono, allora dico: fuori i nomi. Perché tutte le volte dipingiamo una San Marino in cui a qualcuno viene concesso e ad altri no. E allora fuori i nomi, perché non possiamo sempre nasconderci dietro chiacchiere da bar.  Qui diciamo che con questo articolo si mettono dei paletti a una situazione che prima era indiscriminata. Ma se dite che queste cose accadono, fate i nomi. Altrimenti restano solo parole. Bisogna portare i fatti.

Marino Albani (PDCS): Qui si parla di discrezionalità, ma nel testo della legge i criteri ci sono. È scritto chiaramente: il contribuente deve dimostrare che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico dell’impresa e che hanno avuto concreta esecuzione. Non vedo dove sia la discrezionalità. Sono requisiti precisi e tecnici.

Sandra Stacchini (PDCS): Sul tema delle moto, poi chiarirà meglio il Segretario se ho interpretato male, ma qui parliamo di due alternative: o deduci la macchina fino a 50.000 euro, o deduci la moto fino a 10.000 euro. Quindi, se uno deduce la moto, allo Stato conviene rispetto alla macchina. Mi sbaglio? Chiedo al Segretario.

Emanuele Santi (Rete): Vi chiedo: qual è l’obiettivo della riforma? Aumentare o diminuire la base imponibile? Qui sembra che si vogliano fare dei regali. La moto come bene strumentale? Io voglio vedere quale titolare o lavoratore autonomo usa la moto come bene strumentale.  Se volete che sia alternativa, dovete scrivere “o”. Altrimenti resta così: uno scarica la macchina e la moto.  Io sono stanco di discutere di queste cose. L’articolo 50 era già il più problematico della legge del 2013 e lo state peggiorando. Oggi un’azienda tratta i costi addirittura dopo aver depositato il bilancio. Con questa modifica si va a trattare un mese prima, ma resta il problema: gli operatori devono “battere le ginocchia” al Tributario.  E se trovano il funzionario compiacente hanno l’ok, se no no. È discrezionalità pura, non certezza. Chi ci guarda da fuori pensa che siamo fuori di testa. Questo non è allineamento con la normativa: è solo un modo per lasciare discrezionalità.

Maddalena Muccioli (PDCS): Qui trattiamo di società. L’articolo 50 è nella parte della legge IGR del 2013 riferita alle società. È chiaro che se una società ha un solo dipendente non può avere auto e moto da scaricare, perché comunque ci sono limiti dimensionali. Questo riguarda i casi in cui una società voglia attribuire dei costi per l’uso ai dipendenti, come nel caso di agenti che hanno necessità di mezzi per spostarsi. È quindi parametrato alla qualifica del dipendente e alle dimensioni dell’impresa.  Ripeto: una società senza dipendenti non può avere auto e moto, perché il bene strumentale è legato alle dimensioni dell’attività. Mi avrebbe preoccupato, invece, la parte riferita ai redditi dei lavoratori autonomi o delle imprese individuali, perché lì parliamo di un professionista o di un titolare solo, che non può avere sia auto che moto. Qui si inserisce invece un tetto di valore per auto e moto eventualmente date in uso ai dipendenti per motivi specifici, come nel caso degli agenti.  Per quanto riguarda il discorso dell’interpello, senza entrare in ulteriori conflitti, voglio dire che non condivido le affermazioni fatte. Gli uffici tributari rappresentano un’istituzione e non posso avere dubbi sulla correttezza del loro comportamento, che segue la legge e i regolamenti interni. Gli interpelli non sono quesiti inviati via mail, ma procedure rigide. Personalmente, da membro di questo Consiglio, mi farebbe paura se anche solo una parte delle accuse fosse vera. Semmai problemi ci fossero, andrebbero affrontati subito, ma non in questo modo.

Segretario di Stato Marco Gatti: Anch’io mi dissocio da quanto detto dal commissario Troina. Sono sicuro che all’Ufficio Tributario lavorino funzionari assolutamente onesti. Fare trattamenti differenziati significherebbe essere disonesti e, se qualcuno ha il sentore di questo, vanno fatti nomi e presentate denunce. Io non ho mai avuto riscontri di comportamenti scorretti. Nella mia esperienza, agli interpelli è sempre stata data risposta seguendo criteri coerenti con la prassi dell’Ufficio.  Venendo al merito: l’interpello qui previsto si deve presentare a inizio anno e fino a un massimo del 31 marzo. Perché marzo? Perché al 31 dicembre ogni azienda sa già, con un bilancio di verifica, se ha superato o meno i limiti di legge. Se si supera, ci sono due strade: o si fa la ripresa fiscale, oppure – se ci sono motivi validi – si presenta l’interpello chiedendo la disapplicazione delle limitazioni, motivando con documenti e fatture che dimostrino l’inerenza tra costi e ricavi.  L’Ufficio, verificata la documentazione, autorizza o meno la disapplicazione. Il termine di marzo è stato scelto perché entro maggio le società devono chiudere il bilancio. E un bilancio veritiero deve considerare il carico fiscale: occorre sapere se un costo è deducibile interamente o solo in parte.  Quindi le ragioni del termine certo sono proprio queste: dare certezza al contribuente e all’Ufficio.

L’emendamento interamente soppressivo è bocciato con 4 voti favorevoli e 10 contrari.

L’articolo è approvato con 10 voti favorevoli e 4 contrari.

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Art. 18

(Modifica dell’articolo 54 della Legge n.166/ 2013 e successive modifiche)

Segretario di Stato Marco Gatti: Siamo all’articolo 54, che tratta degli strumenti finanziari. Viene definito che la rinuncia a un credito o il versamento in conto capitale fatto dai soci non costituisce un aumento o una diminuzione della base imponibile, ma è un’operazione meramente patrimoniale che va in aumento del costo delle azioni e delle quote.

Emendamento interamente soppressivo delle opposizioni

Gaetano Troina (D-ML): In primis vorrei rispondere alle domande del collega Gasperoni e all’affermazione del segretario in replica. Io non ho fatto un espresso riferimento all’Ufficio Tributario, tengo a precisarlo. Però è indiscutibile – e purtroppo lo devo dire perché me lo riferiscono i clienti – che ci sono casistiche di questo tipo nel nostro Paese.  I clienti non si sentono di fare i nomi delle persone con cui si sono interfacciati, perché purtroppo – e va detto – c’è un clima di paura e di omertà che non può continuare. Non si può far finta di non vedere e dipingere una situazione diversa da quella reale. Questo va detto.  Ora, sull’articolo: la modifica riguarda l’ultimo capoverso del comma 5. È stata sostituita la dicitura che prima era “costo dei titoli o delle quote di cui all’articolo 51, comma 1, lettera C” con “costo delle azioni o delle quote di partecipazione e degli strumenti finanziari similari alle azioni”. Chiedo al segretario quali siano i nuovi strumenti finanziari previsti da questa modifica e quale impatto la Segreteria stimi in termini di entrate o uscite.

Emanuele Santi (Rete): Ribadisco anche che nella relazione non sono state messe le spiegazioni per gli articoli ex 166, cioè gli articoli 54, 55 e 60, e questo non è accettabile.  Qui si parla di versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale dai soci, che vengono riparametrati in proporzione alle azioni possedute, andando a maggiorarne il valore. Io francamente non ho capito se questa è una modifica tecnica o di sostanza. Speravamo che il segretario ce lo spiegasse. Se è solo una correzione tecnica, non avremo nulla da dire.

Segretario di Stato Marco Gatti: E’ una modifica tecnica, richiesta dall’Ufficio Tributario. Non cambia il significato. Prima c’era un rimando improprio all’articolo 52, lettera C, che parlava di azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni. L’Ufficio ci ha chiesto di correggere la formulazione. È quindi una modifica formale, più che sostanziale.

L’emendamento interamente soppressivo è bocciato con 4 voti favorevoli e 10 contrari.

L’articolo è approvato con 10 voti favorevoli

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Art. 19

(Modifica dell’articolo 55 della Legge n.166/ 2013)

L’emendamento interamente soppressivo è bocciato con 4 voti favorevoli e 10 contrari.

L’articolo è approvato con 10 voti favorevoli e 4 contrari.

Alle 13.00 i lavori vengono sospesi. Riprenderanno alle 16.00