Rete: “Storia di un Governo con l’ossessione del controllo e l’allergia ai controlli”
Nell’ultimo decennio (e anche prima) ne abbiamo visti a bizzeffe di Segretari di Stato riempirsi la bocca di “semplificazione”, “sburocratizzazione”, “sviluppo”.
Slogan lanciati al vento e in nome dei quali, anno dopo anno, si sono tagliate le gambe ai controlli, svuotate le normative a tutela della popolazione e delle imprese sane, per aprire la strada a truffatori piccoli e grandi.
Oggi non solo i sammarinesi stanno continuando a pagare il prezzo di quelle scelte sciagurate, e del silenzio di chi avrebbe dovuto ostacolarle, ma la situazione continua a peggiorare visto che il Segretario di Stato per l’Industria Righi pare aver raccolto a piene mani l’eredità dei suoi predecessori, anzi, probabilmente è riuscito a fare anche di peggio dal punto di vista del metodo.
Il suo decreto “Disciplina sulle attività economiche” (185/2023) infatti figura al quindicesimo posto dell’elenco dei decreti da ratificare, ma con una palese forzatura viene messo al primo posto. Forzatura che viene rimarcata più volte al microfono dagli stessi Consiglieri di maggioranza.
È ancora peggio il fatto che al comma 28 sia stato inserito un Progetto di Legge con lo stesso testo del decreto: una palese limitazione della funzione legislativa dell’Aula consiliare, che scivola nell’assurdo quando, lo stesso Righi, obietta che il Consiglio perde troppo tempo nel dibattito e che bisogna ridurre la facoltà di parola all’opposizione, dimostrando così di non aver ben chiaro il concetto di “democrazia”.
Quindi effettivamente il Segretario sta attuando un nuovo modo di fare politica, peccato sia un cambiamento in peggio. Sul testo da lui presentato non c’è una mezza riga di parere dagli uffici, e quelli che si occupano dei controlli non sono stati neppur interpellati.
D’altronde chi vede i controlli come fumo negli occhi non li tollera né a livello istituzionale, quando cerca di impedire all’opposizione di svolgere il proprio ruolo; né a livello amministrativo, quando gli accertamenti degli uffici vengono considerati un ostacolo invece che un valore aggiunto.
La semplificazione e la sburocratizzazione sono importanti ma devono andare di pari passo con i controlli altrimenti il percorso è zoppo, sbilanciato da una parte e non tiene conto delle vulnerabilità del nostro sistema più volte evidenziate dalla Commissione Antimafia, dall’Agenzia di Informazione Finanziaria (autorità antiriciclaggio) e dai report Corpi di Polizia.
Basti pensare al settore auto: sorgono come funghi nuove società che, in poco tempo, fanno i loro affari, poi chiudono lasciando debiti privati e oneri pubblici non pagati, e dopo qualche mese si ripresentano con lo stesso oggetto sociale, sotto altro nome. A chi giova? Non certo al settore auto, dove le imprese virtuose subiscono gli effetti sia dell’inerzia del governo sammarinese sia del giro di vite del governo italiano che, per limitare i danni, impone l’IVA prepagata a tutte le macchine che arrivano a San Marino.
Come da copione, chi chiede controlli viene tacciato di essere contro lo sviluppo, una tecnica già rodata che abbiamo già visto decine di volte. Chiedere che sviluppo economico e controlli vadano a braccetto è il minimo sindacale, per un paese che vuole un’economia pulita.
RETE in questi anni ha cercato di dare risposte significative, sia con l’istituzione del “Tavolo congiunto per la vigilanza e il controllo delle attività economiche” sia con una serie di provvedimenti dedicati al rafforzamento delle risorse umane, economiche e strumentali degli uffici a cui sono in capo i controlli. Uno sforzo normativo che ha comportato confronti e approfondimenti. Lo stesso sforzo che abbiamo messo in campo per l’apertura di nuovi settori economici, come quello della cannabis terapeutica. Un metodo, questa volta sì, che è veramente nuovo rispetto al passato (e al presente).
Movimento RETE