È morto Gualtiero Marchesi, il Michelangelo del Rinascimento culinario italiano
Al giorno d’oggi è impossibile varcar la soglia di un ristorante senza che ci venga proposta una “rivisitazione” di un piatto della tradizione oppure “il menù dello chef”.
Ma vi siete mai chiesti come siamo giunti alla spettacolarizzazione della cucina e come una certa gastronomia italiana sia diventata dapprima per una cerchia ristretta di pochi eletti e poi ormai quasi nazional popolare, sull’onda dello show bizz?
Naturalmente noi viviamo solo la versione più popolare del sogno di un uomo di nome Gualtiero Marchesi che fu ancor più che un grande chef, a mio modesto parere, un grande artista del gusto e di tutta la sfera sensoriale che viene coinvolta di fronte ad un opera d’arte. Ciò non di meno è straordinario e interessante come il sublime, quando si manifesta, sappia essere colto da chiunque, diventando icona planetaria.
È grazie a questo nuovo Michelangelo dell’enogastronomia internazionale se da ormai un ventennio stiamo vivendo il nostro Rinascimento della cucina a pagamento e non solo; chi di noi infatti non ha un’amica/o, o non è egli stesso un dilettante di alta cucina o presunta tale?
Un artista composto, silenzioso, sfuggente alle luci della ribalta, che ha saputo inventarsi una corrente, scovare una nicchia parallela alla grande tradizione della cucina regionale italiana, senza mai tradirla né tantomeno affossarla, ma al contempo ponendo una distanza incolmabile tra sé e gli altri.
Il suo segreto? Un profondo e intimo amore per il bello, inteso anche come buono, ma non un buono pornografico e traboccante, bensì fatto di rispetto rigoroso per i prodotti ed equilibrio perfetto tra i sapori.
Marchesi, con la fama e i proventi da essa derivanti, fu infatti anche un grande collezionista d’arte e soprattutto assiduo frequentatore di musei, perlopiù d’arte contemporanea, che ispiravano le creazioni culinarie, espressione concreta di emozioni le quali scaturiscono da esperienze sensoriali che viceversa il Maestro restituisce attraverso i suoi piatti, riempiendo l’anima, oltre che la pancia, del commensale, proprio come avviene di fronte ad un dipinto, ad una scultura o ad un’opera architettonica.
Cito solo due dei tanti piatti creati negli anni dal Maestro Gualtiero Marchesi che reputo i più rappresentativi, per motivi differenti.
Il primo è il piatto che lo ha reso celebre nel mondo: il risotto foglia d’oro, straordinariamente semplice e sfacciatamente glamour, come la “Milano da bere” dove è stato inventato, con una vera foglio d’oro di spessore talmente sottile da polverizzarsi al primo tocco di forchetta.
Il secondo è il piatto che meglio rappresenta il percorso di fusione tra arte pittorica ed enogastronomica compiuto dallo Chef bresciano, che riprende sul piatto, utilizzato come una tela, la tecnica dello sgocciolamento utilizzata da Jackson Pollock: il “dripping di pesce”, in cui si rende giustizia alla maionese servita ad uno stato liquido come fosse un mare di vari colori, giallo uovo, verde clorofilla, con nero di seppia e rosso pomodoro che accolgono i calamaretti e le telline da pescarsi con sapienti colpi di cucchiaio.
Chef, Maestro e Imprenditore di successo ha dedicato grandi energie anche alla formazione, facendo scuola ad alcuni degli stellati del momento, ma credo di poter dire che questa volta nessun allievo supererà il maestro. Tanto per capire con chi abbiamo a che fare, Marchesi anni fa ha restituito le 3 stelle alla Guida Michelin, perché a suo avviso, essendo assurto alla parte più meditativa della sua carriera, non aveva più senso tenerle. Chapeau!
Se proprio devo identificare un italiano sulla buona strada, mi gioco un nome che non è tra i suoi discepoli ma che non a caso è anch’esso fortemente influenzato nei suoi piatti dall’arte contemporanea: Massimo Bottura.
Grazie alla visione Marchesiana di ristorazione, ch’egli tramutò presto in professione, oggi l’Italia è famosa nel mondo non solo per la pizza, gli spaghetti e le tovaglie da osteria a quadrettoni, ma per una cucina neo simbolista, connubio perfetto di sapore ed eleganza, che ha creato un nuovo mercato ed un nuovo brand d’eccellenza, al pari dell’Italian Design e del Made in Italy.
Ancora una volta le nostre più grandi risorse risiedono in noi stessi, nella nostra creatività e nella nostra sensibilità che si alimentano in quella straordinaria bio diversità in cui tanti si lamentano ma dove tutti, in fin dei conti, vogliono vivere.
Francesco Chiari – Sedicente gourmet e dilettante cuoco sperimentale