Consiglio Grande e Generale: resoconto della seduta pomeridiana del 20 novembre 2025
Consiglio Grande e Generale, sessione 17, 18, 19, 20 e 21 novembre 2025
Giovedì 20 novembre 2025, pomeriggio
La sessione odierna del Consiglio Grande e Generale vede protagoniste cinque Istanze d’Arengo, con due approvate (su interventi a favore delle famiglie e su modifiche al codice della strada) e tre respinte.
La prima istanza in discussione, la numero 5, che chiedeva di attenuare le prescrizioni di abbigliamento per chi presenta le istanze d’Arengo, è stata respinta con 27 voti contrari e un non votante. Il Segretario di Stato Andrea Belluzzi ha ricordato che il regolamento n.11/2023 impone abbigliamento formale per tutti gli invitati agli eventi della Reggenza: «L’obbligo della giacca per gli uomini è un segno tangibile di rispetto verso la massima carica dello Stato e verso l’istituto dell’Istanza d’Arengo». Dai banchi, interventi sostanzialmente allineati. Michela Pelliccioni (indipendente) ha sottolineato che «la forma, in questo caso, è sostanza», mentre Fabio Righi (D-ML) ha chiesto di estendere analoghe regole a tutte le Segreterie di Stato: «Alle istituzioni si porta rispetto, punto».
Bocciata all’unanimità con 40 contrari anche l’istanza numero 6, che proponeva di permettere alle associazioni di essere prime firmatarie delle istanze d’Arengo. Il Segretario Belluzzi ha difeso la natura personale dell’istituto: «L’istanza d’Arengo è un diritto politico individuale: le associazioni possono sostenere, ma non sostituire il cittadino». Più consiglieri hanno evidenziato che con l’ok all’istanza si aprirebbe indirettamente lo strumento anche a non cittadini. Per Maria Luisa Berti (Ar) «si tratterebbe di una modifica tecnico-giuridica a favore di soggetti determinati, non di un interesse pubblico generale».
È stata invece accolta con 34 voti favorevoli l’istanza numero 8, che chiede nuovi strumenti di sostegno alle famiglie (congedi più lunghi, aiuti per beni di prima necessità, potenziamento dei nidi). Il Segretario alla Famiglia Stefano Canti ha rivendicato la bozza di riforma della legge 129/2022, che prevede – tra le altre misure – ampliamento di congedi, bonus bebè, riconoscimento del caregiver familiare, oltre agli interventi portati nella legge Igr quale la deducibilità fino a 300 euro annui per latte artificiale e pannolini: «Proponiamo di accogliere l’istanza, impegnandoci a valutarne i contenuti nel percorso di riforma già avviato». Dalle opposizioni è arrivato un sì convinto, ma accompagnato da critiche sulla lentezza delle scelte. Nicola Renzi (Rf) ha parlato di «tema affrontato troppo a lungo in modo fumoso» e di famiglie che attendono «da un anno» misure concrete. Giovanni Maria Zonzini (Rete) ha rilanciato la parificazione dei congedi: «Solo dove i padri partecipano davvero alla cura dei figli la curva della natalità cala meno».
Approvata anche l’istanza numero 9 con 36 voti favorevoli che chiede una regolamentazione specifica per i ciclisti nel codice della strada. Il Segretario Belluzzi, ciclista dichiarato, ha annunciato di essere già al lavoro su una modifica del codice della strada. Tra le proposte sul tavolo c’è quella del «casco obbligatorio e luci sempre accese per tutti i veicoli a due ruote» e l’introduzione dell’obbligo di sorpasso con 1,5 metri di distanza dai ciclisti. Il Segretario ha indicato come modelli «Paesi Bassi, Danimarca e Germania», parlando di un futuro testo unico della circolazione. Nel dibattito sono emerse anche richieste di disciplinare i monopattini elettrici e di valutare il divieto di biciclette e monopattini nei tratti più pericolosi di superstrada. Diversi consiglieri hanno sollecitato la creazione di piste ciclabili e di una ciclovia verso Rimini, per coniugare sicurezza e cicloturismo.
Respinta infine l’istanza n.22 che chiedeva di ripristinare la caccia al cinghiale in braccata: 12 voti favorevoli, 31 contrari e 4 astenuti. Il Segretario all’Ambiente Matteo Ciacci ha ribadito la linea del decreto 122/2025, che mantiene solo la “girata” come forma collettiva: «È l’Osservatorio fauna-flora, con criteri scientifici, a dover indicare le strategie di gestione. L’indicazione del Governo è per il rigetto dell’istanza». Nel dibattito è riemerso lo scontro consumato negli ultimi mesi in Consiglio in altre istanze d’Arengo sul tema. L’istanza ha visto gli schieramenti divisi in modo bipartisan. Ilaria Bacciocchi (Psd) ha dichiarato la contrarierà sua e del partito: «Il Centro Naturalistico ha censito 67 cinghiali reali in territorio. Già oggi, con selezione e girata, si prelevano circa 90 capi l’anno. Non c’è alcuna emergenza. La braccata è un metodo sproporzionato e rischioso». Da Rete Emanuele Santi ha definito la braccata «una mattanza che non è degna di un Paese civile», ricordando la sequenza di spari e l’episodio della finestra colpita a Cailungo. Gian Matteo Zeppa ha parlato di «pratica barbara, non un hobby da restituire a pochi», accusando chi sostiene la reintroduzione di «ignorare i dati dell’Osservatorio». Fabio Righi (D-ML) ha criticato la scelta del Governo di bocciare l’istanza: «L’intervento normativo ha tolto una pratica regolata e sicura, lasciando aperta la porta a comportamenti irregolari come quelli che abbiamo visto. Servirebbe un approfondimento serio, non decisioni sull’onda emotiva». Il Pdcs ha lasciato libertà di voto, con il capogruppo che si è allineato alla linea del Segretario Ciacci. Anche Alleanza Riformista ha lasciato libertà di scelta, con Maria Luisa Berti che ha annunciato il proprio appoggio all’istanza. Giuseppe Maria Morganti (Libera) ha definito incoerente la richiesta: «Approvarla significherebbe riaprire una possibilità che l’aula ha appena chiuso. E l’esperienza ci dice che da noi la braccata finisce inevitabilmente a ridosso delle case».
In chiusura di seduta è iniziata la discussione in seconda lettura sul progetto di legge “Indicatore della Condizione Economica per l’Equità – ICEE”. Nella relazione di maggioranza, Gemma Cesarini (Libera) ha definito l’ICEE «uno strumento di equità e giustizia sociale», capace di uniformare i criteri di accesso alle prestazioni e razionalizzare l’uso delle risorse pubbliche. L’ICEE, ha spiegato introdurrà una valutazione combinata di reddito e patrimonio, con una quota patrimoniale portata al 25%, e sarà affiancato da una fase sperimentale di dodici mesi e da un Osservatorio dedicato.
Il relatore di minoranza Emanuele Santi ha riconosciuto i miglioramenti introdotti in Commissione ma ha parlato di «testo ancora incompleto», segnalando criticità su redditi poco tracciabili, patrimoni esteri e veicoli societari che rischiano di alterare la reale fotografia economica dei nuclei familiari. Nonostante ciò, ha giudicato positivamente il passaggio dei principali aspetti attuativi dai regolamenti, previsti in prima lettura, ai decreti delegati sottoposti al Consiglio, ritenendolo un «passo avanti in termini di trasparenza».
Il Segretario di Stato Andrea Belluzzi ha insistito sull’impatto strategico del provvedimento: «Con l’ICEE non ci sono più scuse per far partire le riforme del welfare. Finalmente potremo orientare contributi e diritti verso chi ha davvero bisogno e superare gli interventi a pioggia». Belluzzi ha anche annunciato che l’applicativo informatico per la dichiarazione ICEE è già pronto, grazie alla collaborazione tra Ufficio Informatica e settore bancario. «Si apre una stagione nuova», ha detto, «in cui potremo progettare politiche più eque, basate su dati reali».
Di seguito una sintesi degli interventi
Comma 19 – Istanze d’Arengo
Istanza per una modifica delle prescrizioni di abbigliamento in occasione dell’Arengo Semestrale (Istanza d’Arengo n.5)
Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Il regolamento che disciplina l’abbigliamento per gli eventi istituzionali della Reggenza è il numero 11 del 29 settembre 2023. Tale regolamento, in particolare negli articoli 10 e 16, impone ai partecipanti, inclusi ospiti, invitati, funzionari e addetti stampa, di indossare un abbigliamento consono alla circostanza, formale e sobrio. Nello specifico, si impone agli uomini di indossare giacca, camicia, cravatta e pantaloni adeguati. Per le donne, si richiede giacca con gonna o pantalone, o abito non smanicato, preferibilmente a manica lunga, e non sono consentiti abiti succinti, jeans o scarpe da tennis. Ritengo opportuno richiamare l’attenzione sul significato profondo di tale regolamento, il cui intento non è discriminare o creare barriere, bensì assicurare il decoro, la solennità, il rispetto dovuti all’istituzione della Reggenza e all’atto stesso della presentazione. L’obbligo di un abbigliamento adeguato, che per la figura maschile comprende la giacca, è un segno tangibile di rispetto verso la massima carica dello Stato e verso l’istituzione dell’Istanza d’Arengo. L’osservanza delle regole di decoro non limita la possibilità di presentare istanze, ma ne rafforza la legittimità. I Capitani Reggenti sono i capi di stato e l’autorità sovrana, che va valorizzata anche con un abbigliamento consono. Ritengo che sia percorribile prendere in considerazione degli strumenti per mettere a disposizione un abbigliamento adeguato a chi si presenta sprovvisto. Concludo affermando che il parere del governo è per il diniego dell’istanza, seppur nel massimo rispetto di quanto proposto.
Michela Pelliccioni (indipendente): Ringrazio gli istanti e il Segretario perché ci danno modo di ragionare su quando la forma diventi sostanza, e credo che l’abbigliamento consono sia proprio uno di quei casi. Non sono d’accordo con il passaggio che dice che l’abbigliamento deve essere consono alla persona. Quando si parla di Istanza d’Arengo, si parla di un’attività dinanzi ai nostri Capi di Stato, quindi la questione dell’abbigliamento non va rivolta a se stessi, ma al rispetto da prestare ai capi di stato. Il focus è valorizzare il ruolo delle istituzioni attraverso una forma adeguata, e su questo non si può transigere. Se una persona non ha l’abbigliamento, nulla vieta che si possa valutare la soluzione di un prestito di una giacca, ma oggi dobbiamo attenzionare ancora di più il rispetto della forma per salvaguardare i valori di tradizione. Per le ragioni espresse, non voterò favorevolmente a questa istanza.
Fabio Righi (D-ML): Intervengo su un tema particolarmente caro al mio gruppo politico. Contrariamente a quanto rappresentato nell’istanza, non è vero che non esiste un codice d’abbigliamento, in quanto esiste una normativa dedicata che prescrive disposizioni precise tanto per il genere maschile quanto per il genere femminile. Ringrazio gli istanti, pur non condividendo la proposta. Riteniamo positivo che chi non era adeguatamente vestito secondo le regole canoniche sia stato richiesto di abbandonare l’aula. Vedo sempre più spesso abbigliamenti che tendono più al Papete di Milano Marittima, piuttosto che all’aula consiliare. Non credo che nessuno si presenterebbe in giacca, magliettina e sneakers alla Casa Bianca. È da queste piccole cose che si vede se c’è o meno il rispetto delle nostre istituzioni. Io porto rispetto all’ufficio che quella persona rappresenta. Chiedo che queste norme cerimoniali della Reggenza siano estese anche alle Segreterie di Stato, dove è capitato di ricevere cittadini in bermuda d’estate o con magliettine. Alle istituzioni si porta rispetto, punto. Voteremo in senso contrario all’istanza, ma non vorrei limitarmi a questo. Mi piacerebbe che la commissione delle riforme e la segreteria di iniziative si confrontassero affinché questo rispetto fosse esteso anche a tutte le altre istituzioni che nel tempo sono state svilite.
Maria Luisa Berti (Ar): Sarò breve, ma ritengo opportuno esprimere la nostra posizione. Non siamo d’accordo con la richiesta avanzata, pur rispettando le buone intenzioni degli istanti. Condividiamo la linea del Congresso di Stato e dei colleghi intervenuti prima di me: entrare in aula consiliare alla presenza della Reggenza richiede, anche nella forma, il massimo rispetto delle istituzioni. Non è solo una questione di rispetto formale, ma di valorizzazione dell’atto che si compie in quel contesto: la presentazione di un’istanza d’Arengo alla suprema magistratura. La forma, in questo caso, è anche sostanza. Non è accettabile che chi entra in un ambito istituzionale non abbia quella forma che il luogo e l’occasione richiedono. Capisco che uno degli istanti si sia sentito turbato dall’essere invitato a uscire già in aula: forse è opportuno che i controlli sul rispetto dell’abbigliamento vengano fatti prima, all’ingresso del Palazzo Pubblico, per evitare imbarazzi pubblici. Ma questo riguarda le modalità, non il principio. Sul principio siamo chiari: l’istanza non è condivisibile.
Aida Maria Adele Selva (Pdcs): Mi unisco alle considerazioni dei colleghi. Oltre al fatto che, in questo caso, la forma diventa sostanza e rappresenta rispetto per le Eccellenze e per il luogo, vorrei aggiungere che l’abbigliamento adeguato è anche una forma di rispetto verso noi stessi. Il cittadino che viene a Palazzo a presentare un’istanza compie un gesto solenne: vestire in modo conforme a ciò che richiedono istituzioni e luogo conferisce valore aggiunto alla sua richiesta. Come consigliera, quando vengo in quest’aula sento la responsabilità di essere adeguata al ruolo e al palazzo, che è la casa delle istituzioni. È vero che conta la sostanza, ma in questo contesto la forma esprime e rafforza la sostanza. Invito gli istanti e chi si accinge a presentare istanze a guardare al proprio gesto con questo sguardo diverso: presentarsi davanti ai Capi di Stato, ad altre autorità, nella sede delle istituzioni, richiede anche una forma coerente con la solennità dell’atto. Per questo, pur rispettando tutte le opinioni, il mio partito voterà contro l’istanza.
L’Istanza è bocciata con 27 voti contrari e 1 non votante.
Istanza per consentire ad un’associazione regolarmente costituita e presente in territorio di depositare Istanze d’Arengo come primo firmatario (Istanza d’Arengo n.6)
Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Do motivazioni per cui vi è un’opinione negativa sull’accoglimento di questa istanza, quindi ci si esprime per il suo respingimento nel rispetto di quello che sono le ragioni legittime. Io mi permetto di dire che le istanze d’Arengo sono uno strumento di partecipazione popolare che permette ai cittadini di porre questioni di interesse pubblico alle istituzioni. Secondo la normativa in vigore devono essere presentati dai cittadini piuttosto che da associazioni o altri enti collettivi. La ragione principale di questa limitazione è legata alla natura stessa dell’istituto che mira a garantire che le istanze rappresentino direttamente le opinioni e lo esigenze di singoli cittadini, evitando che i gruppi organizzati possano influenzare il procedimento. Si vuole assicurare che le istanze siano espressione diretta della volontà popolare e non di interessi di parte o di organizzazioni, favorendo anche il contatto diretto tra istituzioni e singoli cittadini, rafforzando il principio di partecipazione democratica personale. L’istanza d’Arengo è il retaggio storico, io vorrei dire un’eredità, del diritto di petizione popolare sorto in epoca comunale che si è voluto e ha legittimazione costituzionale in tanti ordinamenti e costituzioni moderne. La stessa prima codificazione moderna, decreto 15 aprile 1890, ne testimonia la preesistenza. Oggi continua a rappresentare uno strumento di partecipazione diretta dei cittadini l’attività della Repubblica di San Marino. Ha la funzione di garantire il mantenimento del principio che gli individui possono rivolgersi direttamente alle istituzioni. L’istanza, pertanto, è un diritto politico individuale per cui le associazioni possono sostenere ma non sostituire il cittadino. In conclusione, le istanze d’Arengo sono uno strumento di democrazia diretta strettamente personale riservato ai cittadini. Le associazioni, pur importanti, non possono sostituirsi agli individui in un istituto che ha lo scopo di dare voce diretta ai membri della comunità.
Gaetano Troina (D-ML): Ringrazio i firmatari perché ci consentono di discutere un tema interessante: la possibilità che le istanze d’Arengo siano presentate da associazioni. Riconosco che vi sono aspetti positivi: una firma associativa esprime il sostegno di un gruppo di persone e quindi, in apparenza, una maggiore rappresentatività rispetto al singolo. Tuttavia, condivido le perplessità del Segretario Belluzzi. Se apriamo alla possibilità che una persona giuridica compia ciò che oggi è un atto personalissimo, riservato al cittadino, rischiamo un precedente che domani potrebbe estendersi ad altri istituti: non solo associazioni, ma anche società o altri enti potrebbero chiedere di sostituirsi ai cittadini. Questo non è accettabile, perché l’istanza d’Arengo è, e deve restare, un diritto politico individuale, legato a uno specifico status giuridico di cittadino. Per questo, pur apprezzando il dibattito, mi esprimo in linea con il Segretario e annuncio il voto contrario.
Luca Della Balda (Libera): Mi associo alle considerazioni del Segretario Belluzzi e del collega Troina, aggiungendo un aspetto che ritengo importante. Consentire alle associazioni di presentare istanze d’Arengo comporterebbe, di fatto, la possibilità che soggetti privi di cittadinanza o residenza sammarinese partecipino a questo processo decisionale. Le associazioni possono infatti essere costituite anche da persone non sammarinesi, purché la maggioranza dei soci sia cittadina o residente. La minoranza può essere totalmente composta da soggetti esteri. Se l’associazione diventa primo firmatario, si finisce con l’estendere un istituto tipicamente riservato ai cittadini a chi non ha il necessario legame giuridico con la Repubblica. A mio avviso questo è un limite invalicabile. Per questo mi esprimo contro l’istanza.
Maria Luisa Berti (Ar): Anche da parte nostra esprimiamo contrarietà a questa istanza. Abbiamo persino dubbi sulla sua ammissibilità, perché non ci sembra che la richiesta sia riconducibile a un interesse pubblico generale, quanto piuttosto a una modifica di carattere tecnico-giuridico a favore di soggetti determinati. Dal punto di vista giuridico, come è stato ricordato, le associazioni possono includere soci non cittadini: accogliere l’istanza significherebbe aprire una via indiretta per riconoscere a non cittadini la possibilità di formulare istanze d’Arengo, istituto che la legge vuole invece riservato in modo esclusivo e personale ai cittadini sammarinesi. Inoltre, anche se l’istanza fosse accolta, la rappresentanza dell’associazione dovrebbe comunque concentrarsi in una persona fisica: il legale rappresentante, che firmerebbe personalmente. Quindi, in realtà, la persona fisica non scompare mai. Ci tengo a chiarire che la nostra contrarietà non sminuisce il valore del mondo associazionistico, che riteniamo fondamentale e parte integrante del nostro welfare. Semplicemente, l’istanza d’Arengo ha una natura diversa e non può essere snaturata. Per questo ritengo che non avrebbe neppure dovuto arrivare in aula, e comunque non la voteremo.
Massimo Andrea Ugolini (Pdcs): Non ho molto da aggiungere rispetto agli interventi precedenti. Il Segretario di Stato e i colleghi hanno già evidenziato gli aspetti giuridici e tradizionali. L’istanza d’Arengo ha una sua connotazione precisa: è legata alla figura del cittadino, non delle persone giuridiche. Riconosciamo il grande valore delle associazioni, ma esistono altri strumenti per portare le loro istanze all’attenzione del Consiglio Grande e delle istituzioni. Penso, ad esempio, al progetto di legge di iniziativa popolare, già utilizzato con efficacia da realtà come l’Associazione Oncologica Sammarinese. L’istanza d’Arengo, invece, ha una storia secolare e un impianto che non riteniamo opportuno modificare in questo senso. Per questi motivi, come Partito Democratico Cristiano, voteremo contro.
Antonella Mularoni (Rf): Posso capire il desiderio delle associazioni di contribuire sempre di più alla vita istituzionale, ma dobbiamo ricordare la specificità dell’istituto dell’istanza d’Arengo. È uno strumento peculiare, rimasto in pochissimi ordinamenti, che permette al singolo cittadino, o a più cittadini insieme, di rivolgersi direttamente alla Reggenza e al Consiglio Grande Generale. Le associazioni, oggi, hanno già diversi canali per interloquire con le istituzioni: penso alla Consulta delle associazioni, alle relazioni dirette con le Segreterie competenti, al ricorso ai media, all’organizzazione di eventi pubblici. Non è necessario, né utile, mischiare questi piani e snaturare un istituto storico che ha funzionato bene nei secoli. La legge istitutiva dell’istanza d’Arengo prevede espressamente che il proponente sia cittadino maggiorenne iscritto alle liste elettorali; le associazioni, invece, richiedono solo la maggioranza di soci residenti o cittadini. Aprire alle associazioni significherebbe alterare questo equilibrio. Anche se un domani si volesse rivedere la disciplina dell’istanza, non credo che la direzione debba essere quella indicata dall’istanza. Per questi motivi mi esprimo contro.
Fabio Righi (D-ML): Intervengo per ribadire che lo spunto di riflessione è legittimo e interessante, ma, come già detto, vediamo più criticità che vantaggi. Le associazioni riconosciute sono persone giuridiche dell’ordinamento: se oggi apriamo a loro, domani potrebbe arrivare la richiesta analoga dalle società. L’istanza d’Arengo, per sua natura, è pensata per persone fisiche, non per persone giuridiche. Inoltre, la legge prevede che solo la maggioranza dei componenti di un’associazione debba essere residente: questo rischia di trasformare l’istanza d’Arengo in uno strumento accessibile, di fatto, anche a non cittadini, il che contrasta con la logica di difesa dell’identità e delle istituzioni sammarinesi. Condivido anche il dubbio di ammissibilità: il requisito dell’interesse pubblico dell’istanza sembra qui un po’ sfocato, a favore di un interesse specifico. Vorrei aggiungere un ulteriore spunto: oggi è possibile presentare un’istanza con una sola firma. Forse sarebbe opportuno riflettere sulla necessità di una soglia minima di sottoscrizioni, perché impegnare il Consiglio su istanze a firma singola può significare dedicare tempo istituzionale a questioni troppo individuali. L’istanza d’Arengo dovrebbe rappresentare un interesse quanto più collettivo possibile. Per le ragioni indicate non voteremo a favore.
L’Istanza è bocciata con 40 voti contrari.
Istanza affinché siano introdotti ulteriori strumenti a tutela delle famiglie quali, ad esempio, prolungamento del congedo di maternità, aiuti per l’acquisto di beni di prima necessità e potenziamento degli asili nido statali (Istanza d’Arengo n.8)
Segretario di Stato Stefano Canti: La Segretaria di Stato sta lavorando ad un progetto di legge di modifica e integrazione della legge 14 settembre 2022 numero 129, interventi a sostegno della famiglia. L’obiettivo principale di questo progetto di legge, contenente disposizioni finalizzate alla promozione e al sostegno della genitorialità e della famiglia all’interno della società e del mondo del lavoro, è quello di contribuire a contrastare la denatalità, valorizzare la crescita armoniosa dei bambini e dei giovani, tutelare le lavoratrici donne nel periodo della gravidanza e della maternità ed entrambi i genitori lavoratori, favorendo la conciliazione della vita familiare con il lavoro, oltre a riconoscere e valorizzare la prestazione di assistenza. Si precisa che nella bozza del progetto di legge di riforma della legge numero 129 del 2022, presentata alle commissioni prima e quarta riunite in seduta congiunta in data 10 novembre scorso, quale è legato alla relazione integrativa del 27 marzo 2025, sono previsti interventi ampliativi degli istituti già presenti della succitata legge, sia in termini di giorni di estensione dal lavoro sia di percezione di retribuzione/indennità, e più precisamente per il congedo di paternità, per il congedo parentale, per il congedo parentale per i genitori adottivi, per il congedo familiare dei genitori affidatari, per il permesso di riposo giornaliero o permesso di allettamento, per il congedo di paternità per il padre adottivo o affidatario e per il part-time. Inoltre, sempre nella bozza di legge richiamata, sono previsti nuovi istituti come il caregiver familiare, il lavoro agile dei genitori (affidatari o soggetti aventi nello stesso stato di famiglia persone disabili o non autosufficienti), il punto informativo per le famiglie, il contributo statale per la procreazione medicalmente assistita e il bonus bebè. Per quanto riguarda il congedo dei prestatori di assistenza, vi è la proposta di modifica che permette ai soggetti residenti di assistere un proprio familiare non solo residente nel territorio, ma anche se residente in territorio italiano. Per le ferie solidali, si introduce la possibilità di donare i propri giorni di ferie non utilizzati a colleghi della stessa azienda, settore o livello intersettoriale per consentire di accudire i propri familiari non solo in Repubblica, ma anche per residenti fuori del territorio. Oltre a ciò, si prevede anche una razionalizzazione dell’istituto degli assegni familiari collegandoli a fasce di reddito nell’intento di recuperare risorse atte a rafforzare l’equità distributiva del sistema di sostegno. L’individuazione di forme di sostegno legate all’acquisto di beni di prima necessità appare inoltre efficacemente perseguita mediante l’introduzione del cosiddetto bonus bebè, che mira, fra l’altro, a rendere strutturali iniziative straordinarie precedentemente attuate. Infine, per quanto concerne gli aiuti nell’acquisto di beni di prima necessità quali pannolini e latti in polvere, come richiesto con l’istanza d’Arengo in oggetto, si rappresenta che la legge 12 novembre 2025 numero 141 ha previsto la modifica dell’allegato A della legge 166 del 2013, istituendo il punto 16 quater che dà la possibilità di dedurre gli oneri derivanti dalle spese per il prodotto della prima infanzia riguardante il latte artificiale e i pannolini per ogni figlio a carico sostenuti nei primi 3 anni di vita fino all’importo massimo di 300 euro. Pertanto, alla luce di quanto sopra, si propone di accogliere la presente istanza d’Arengo con l’impegno di valutare quanto proposto nell’ambito dei lavori delle rispettive commissioni consiliari permanenti, che saranno chiamate in più breve termine all’esame del Pdl che la scrivente Segreteria di Stato ha già predisposto e presentato alle forze politiche di maggioranza e di opposizione, su cui stiamo già proseguendo con gli incontri con le associazioni sindacali e le associazioni di categoria.
Nicola Renzi (Rf): Questa istanza rappresenta una reale urgenza che la popolazione vive da tempo: il calo delle nascite, il costo della vita, il poco sostegno alle famiglie. Annuncio da subito che voteremo favorevolmente, indipendentemente dall’orientamento già favorevole del Segretario, perché riteniamo che questo tema sia stato troppo a lungo affrontato in modo fumoso. Ricordo che nella scorsa legislatura fu varata una legge per la famiglia che, sulla carta, doveva risolvere molti problemi; le riconosco il merito di aver aperto un fronte, ma abbiamo segnalato più volte le sue carenze. Non lo diciamo solo noi: lo dimostra l’esistenza di questa istanza e il fatto che il Segretario Canti sia costretto a rimettere mano al testo per introdurre miglioramenti. In Commissione 4, però, abbiamo visto che le modifiche finora ipotizzate non sono così incisive da invertire la rotta, soprattutto se il problema è economico. L’anno scorso, in finanziaria, abbiamo presentato un vero “pacchetto famiglia” con emendamenti concreti: ampliamento dei permessi, estensione al secondo genitore, permessi retribuiti per motivi sanitari dei figli. Ci fu detto che le idee erano buone, ma che non era quella la sede e che il Segretario stava già lavorando. Il risultato è che un anno dopo i cittadini stanno ancora aspettando. In politica può anche essere comprensibile la gelosia di paternità delle idee, ma qui sono le famiglie a pagare il prezzo dei rinvii. Per questo sosteniamo convintamente l’istanza.
Marinella Chiaruzzi (Pdcs): Ringrazio sinceramente gli istanti: il loro testo è breve, ma trasmette un forte senso di attaccamento al Paese e di preoccupazione per il futuro demografico ed economico che tutti respiriamo. Alla luce di quanto illustrato dal Segretario, esprimo parere positivo sull’istanza, e, essendo componente della Commissione 4, mi impegno a far sì che gli spunti indicati vengano concretamente presi in considerazione nel lavoro sulla legge. Qualche segnale è già arrivato, ad esempio con la possibilità di caricare le utenze sulla SMAC per alleggerire il peso delle bollette, ma sappiamo tutti che non basta. Dobbiamo proseguire con interventi più strutturali. È vero, forse arriviamo con un po’ di ritardo, ma spero che il confronto con opposizione e parti sociali sia ampio e costruttivo, per correggere e potenziare la legge del 2022, che ha introdotto novità importanti ma poco comprese e poco utilizzate: cito il congedo di paternità, quasi inesistente nella pratica. Oltre alle misure economiche dobbiamo lavorare sulla cultura, sensibilizzando i giovani sulla genitorialità e sulla conciliazione. È una sfida aperta che non possiamo più rinviare.
Fabio Righi (D-ML): Riprendo molte delle considerazioni già espresse e mi chiedo sinceramente perché, a fronte d’investimenti verbali di tutti su questo tema, non si riesca semplicemente ad accogliere l’istanza. L’attuazione pratica degli obiettivi indicati – congedi, sostegni economici, servizi – spetterà alle commissioni e all’aula in sede di esame della legge, ma oggi potremmo dare un segnale politico chiaro votando sì. Anche la nostra forza politica, nella scorsa legge sviluppo, aveva presentato emendamenti che andavano nella stessa direzione dell’istanza: sostegno concreto, immediato e mirato alle famiglie in difficoltà, in particolare alle giovani coppie. Non parliamo di un problema teorico: è un’emergenza quotidiana. Chi prova a fare il bilancio familiare vede che i costi di beni essenziali sono esplosi. Possiamo discutere di cultura, valori, mentalità, ma oggi il tema è se una coppia possa permettersi pannolini, latte, affitto, utenze. Quando si dice che “dobbiamo sentire le parti sociali” io rispondo che qui la scelta è prima di tutto politica: decidere se una quota del bilancio dello Stato debba essere destinata in modo forte e prioritario alle famiglie. Se la risposta è sì, gli strumenti tecnici si trovano: contributi diretti, deduzioni, bonus, aiuti mirati. Invece ci sentiamo dire spesso che “non è il contesto giusto” o “non è il momento”: intanto le misure restano sulla carta e le famiglie aspettano. Chiedo quindi al Segretario e alla maggioranza un passo concreto: votiamo favorevolmente l’istanza, facciamo partire i termini previsti dalla legge e impegniamoci affinché, a differenza di altri impegni rimasti sospesi, questa volta si arrivi davvero in aula con misure forti e operative.
Dalibor Riccardi (Libera): Anche io ringrazio gli istanti perché sollevano un tema di grande attualità con proposte concrete. È un tema che tocca tutti, dentro e fuori quest’aula, e mi pare che le prime risposte del Governo, presentate in Commissione, vadano nella direzione giusta. Condivido l’approccio concreto, ma invito a non limitare l’analisi alla sola dimensione economica. Certo, sostenere i costi di un figlio è fondamentale, ma oggi ci sono anche aspetti culturali e di percorso di vita: i giovani hanno carriere di studio più lunghe, entrano più tardi nel mondo del lavoro, faticano a rendere subito sostenibile la scelta di diventare genitori. Il progetto di un figlio non riguarda solo pannolini e bollette: tocca la casa, la stabilità lavorativa, le prospettive. Per questo serve un ragionamento complessivo, sistemico. Richiamo anche il tema delle differenze fra settore pubblico e privato sulla maternità: oggi le condizioni non sono omogenee e questo crea disparità. Serve un’azione di armonizzazione che renda la maternità sostenibile e non penalizzante a prescindere dal settore in cui si lavora. Come forza politica sosterremo l’istanza, riconoscendo che è un ulteriore stimolo ad accelerare sul cambiamento di passo necessario. Ringrazio il Segretario e lo incoraggio a proseguire il lavoro già avviato, cercando di arrivare quanto prima a soluzioni che diano un po’ di respiro alle famiglie.
Michela Pelliccioni (indipendente): Anche da parte mia un sincero ringraziamento agli istanti, perché riportano al centro uno dei problemi più grandi del Paese: a San Marino nascono troppo pochi figli e la popolazione invecchia, con effetti pesantissimi anche sull’economia. Non è solo un problema di quantità, ma anche di tempistica: i figli si fanno sempre più tardi, spesso non per mancanza di desiderio, ma per mancanza di possibilità economiche e di fiducia nel futuro. Dobbiamo sostenere i giovani e i genitori con politiche serie e strutturate. L’istanza ci lascia un margine di libertà su come intervenire, indicando alcune strade senza rigidità, e questo la rende ragionevole e sostenibile. Dobbiamo avere però la consapevolezza che non si torna indietro: la società è cambiata, oggi lavorano le madri e spesso anche i nonni, e serve spostare il focus dal “figlio” alla “famiglia” nel suo insieme, con misure che tengano conto di tutte le situazioni. Non basta il sostegno economico, seppur necessario; servono forme di lavoro più flessibili e compatibili con la genitorialità: smart working, part-time, flessibilità oraria dove possibile, nuovi contratti che non facciano percepire la maternità come un ostacolo. Siamo già in ritardo: non basta discuterne in commissione o approvare ordini del giorno, occorre prendere coscienza che questa è un’urgenza nazionale e mettere in atto soluzioni efficaci nel più breve tempo possibile.
Giulia Muratori (Libera): Intervengo dopo la commissione congiunta 1ª e 4ª, dove abbiamo già discusso ampiamente di questi temi. Due questioni vanno sottolineate. Primo: l’opposizione fa il suo ruolo, ma trovo sbagliato far passare l’idea che non si è fatto nulla per la denatalità. Non sono d’accordo. Qualcosa si è già fatto, anche con la riforma IGR: forse a qualcuno il latte artificiale o gli omogeneizzati sembrano un costo marginale, ma chi è genitore sa che non lo sono. Abbiamo anche presentato una bozza di progetto di legge che recepisce già parte di ciò che gli istanti chiedono. Dico al segretario: valutiamo l’opportunità di ampliare ulteriormente i congedi di maternità, visto che l’istanza lo propone e c’è un’apertura in tal senso. Sì, c’è un fattore culturale, e sì, serve un intervento concreto, ma qualcosa si sta facendo: saranno interventi piccoli, ma ci sono. Tre o quattro anni fa non c’era nulla. Oltre all’economico, c’è il fattore tempo, che le famiglie chiedono con forza: più tempo per i figli e per gestire la vita familiare. Anche la scuola può essere d’aiuto, con la riforma del calendario scolastico e il potenziamento dei centri estivi. Ringrazio gli istanti per gli spunti, molti già accolti nella bozza di legge. Alle opposizioni dico che alcune loro proposte erano valide: perché non valutarle insieme?
Silvia Cecchetti (Psd): Intervengo per dichiarare che il PSD voterà favorevolmente questa istanza e per ringraziare gli istanti che ci spingono a continuare una riflessione necessaria. La denatalità è un problema dei paesi moderni, ma per San Marino pesa di più perché siamo piccoli e la popolazione è limitata. La questione non è solo economica o giuridica, ma anche culturale. Nel mio partito stiamo lavorando, con un gruppo dedicato, su possibili interventi a sostegno delle famiglie. Qualcosa è stato fatto, ma possiamo e dobbiamo fare di più. Bene che il segretario Canti stia introducendo ulteriori normative e che sia aperto anche alle proposte avanzate nella scorsa legge sviluppo dall’opposizione: alcune erano interessanti e vanno recuperate. La denatalità è una delle problematiche più importanti e tocca scuola, società, economia. Questa aula ha il dovere di intervenire con strumenti adeguati e tempestivi.
Giovanna Cecchetti (Indipendente): Ringrazio gli istanti e il segretario per una risposta precisa. Il tema è fondamentale per un paese piccolo come il nostro, dove la denatalità produce effetti immediati e futuri: oggi sulle scuole, domani sulla forza lavoro, sui fondi pensione e sull’intero sistema sociale ed economico. Qualcosa si è mosso: con l’IGR, con i bonus come quello per il latte o con l’ampliamento dell’importo per ogni figlio. Presto approveremo anche l’ICEE, che permetterà aiuti più mirati ed efficaci, non più a pioggia. La bozza di riforma della legge 129/2022 dovrà contenere non solo aiuti economici, ma una rete di sostegno reale: più tempo per le famiglie, più servizi, più qualità della vita. Per queste ragioni voterò a favore dell’istanza.
Denise Bronzetti (Ar): Intervengo per esprimere il voto favorevole di Alleanza Riformista. Gli istanti offrono spunti utili, e condividiamo in particolare l’idea di suddividere il congedo di maternità tra entrambi i genitori: la maternità non deve ricadere solo sulle donne, specie se si vuole contrastare la denatalità. La famiglia deve essere coinvolta nel suo insieme. Abbiamo già discusso in commissione 1ª e 4ª e ci siamo impegnati a portare soluzioni. Ne lancio una che dovrebbe coinvolgere il sistema istruzione a San Marino: si potrebbe pensare di riconsiderare il nostro sistema che prevede 5 anni di scuola secondaria superiore e 5 anni di università, in un 4 + 4. Questo consentirebbe di entrare prima nel mercato del lavoro ai nostri giovani e di poter affrontare magari anche con più serenità quella che è un’eventuale maternità e la formazione di una famiglia. Credo possa essere un tema su cui ragionare insieme alle proposte contenute in questa istanza, per intervenire con proposte normative vere, efficaci e concrete per dare un aiuto.
Giovanni Maria Zonzini (Rete): L’istanza d’Arengo propone un tema ampiamente dibattuto, aggiungerei invano finora in quest’aula, che è il problema della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione. Gli istanti presentano problemi che affliggono le più giovani generazioni, come l’inadeguatezza degli stipendi rispetto all’andamento dei prezzi e il significativo calo di potere d’acquisto. Ricordo che il nostro grandioso governo ha inserito una detrazione fiscale o deduzione di ben 300 euro all’anno per l’acquisto di beni di prima necessità per i neonati. Finora stiamo parlando di interventi assolutamente marginali, pressoché impercettibili, che evidentemente non produrranno alcun rimbalzo nella curva della denatalità. Un elemento interessante è l’indirizzo di andare verso una parificazione del congedo parentale. Avevo evidenziato in commissione alcuni studi, anche di un recente premio Nobel per l’economia, dove si evidenziava una correlazione fra le aspettative delle donne relative alla partecipazione dei partner alla cura dei figli e il tasso di natalità. Nelle società in cui i padri partecipano attivamente e concretamente alla gestione dei bambini, si assiste a una minore diminuzione delle nascite. Andare verso una parificazione del congedo di genitorialità tra maternità e paternità sarebbe estremamente utile su due fattori: metterebbe i padri in condizione di occuparsi in maniera egualitaria dei loro figli e eliminerebbe la principale disuguaglianza tra uomini e donne nel mondo del lavoro, cioè il fatto che una donna che ha un figlio vede interrompersi la sua carriera, causando stipendi mediamente più bassi. Se si parificasse il congedo in tempi e in soldi, le donne saprebbero di avere un uomo con loro a casa, e dal punto di vista dei datori di lavoro si perderebbe ogni remora ad assumere o promuovere una donna in età fertile. È evidente che nessun paese occidentale riesce a mantenere un tasso di sostituzione demografico, pertanto dovremmo anche valutare politiche immigratorie controllate, rivolte in particolare alla popolazione più giovane per garantire la capacità del nostro paese di mantenere uno sviluppo economico.
Enrico Carattoni (Rf): Spesso si dice che gli emendamenti proposti dall’opposizione sono populisti o strumentali, ma mai come oggi viene da dire che probabilmente noi avevamo ragione nel proporre una serie di emendamenti che andassero a rafforzare i nuclei familiari. In questa legislatura non si è fatto assolutamente nulla, se non cercare di contrastare le proposte dell’opposizione con scuse a volte risibili. Ho apprezzato qualche timida apertura da parte dei gruppi di maggioranza, sperando non sia la solita operazione per pulirsi la coscienza. Se dopo un anno di governo l’unica cosa che si è riusciti a produrre è un convegno, questo dimostra il fallimento delle politiche sulla famiglia portate avanti. Se si tratta di emergenza, come tutti ci riempiamo la bocca, allora come emergenza va trattata, ma non facendo le leggine inutili come quelle della scorsa legislatura. Le misure a sostegno della famiglia oggi nella Repubblica di San Marino non esistono e la legge precedente è un palliativo che non porta alcun tipo di contributo concreto. L’approccio nelle riforme IGR, dove si dà una detrazione risibile per l’acquisto di latte in polvere e pannolini, ma si permette una detrazione fino a 4.000 euro per le babysitter, è completamente privo di qualsiasi logica razionale. Credo che oggi questa maggioranza abbia una possibilità: approveremo, spero in questa sessione, al più tardi nella prossima, definitivamente la riforma che introduce l’Icee, che è sempre stato il paravento per non mettere in campo nessun tipo di iniziativa. Se vogliamo passare dalla retorica ai fatti, questo è il momento. L’approccio tenuto fino adesso è insoddisfacente, e mi auguro che i proclami fatti qui dentro abbiano una conseguenza concreta e che non siano le solite parole al vento, perché questo sarebbe un pessimo servizio.
Iro Belluzzi (Libera): Ringrazio gli istanti per aver offerto per l’ennesima volta la possibilità all’aula di fare la saga delle ovvietà, con scambi di colpe tra maggioranza e opposizione. Il problema è più profondo, sia sociologico sia per la collocazione della Repubblica nella penisola italica; le politiche del contesto in cui insistono 34.000 abitanti sono strettamente collegate al problema generale. Non possiamo fare politiche reddituali differenti dal contesto in cui siamo collocati, altrimenti andremo fuori mercato con danni esagerati. Bisogna ragionare su elementi che ridiano motore al welfare con risorse, come la specializzazione e sistemi finanziari che creino un buon gettito generale. Non dobbiamo parlare sempre soltanto in funzione di chi ci ascolta o fare boutade, come la possibilità di pensare a percorsi scolastici differenti per far entrare prima nel mercato del lavoro. Dobbiamo considerare quello che è sincrono con ciò che ci circonda. Non possiamo continuare a guardare a diventare la terra degli anziani o dei pensionati; dobbiamo iniziare a guardare a e creare le condizioni perché contro la denatalità sia luogo di approdo per giovani famiglie, anche con specializzazioni importanti.
Antonella Mularoni (Rf): Riprendo alcuni punti del consigliere Belluzzi. Noi di Repubblica Futura abbiamo presentato più volte emendamenti che non pretendevano di risolvere tutto, ma che non erano affatto assurdi. Le altre forze dicevano che andavano bene, ma che serviva un’altra sede per approvarli: peccato che quella sede non sia mai arrivata. Il mondo è cambiato: un tempo le donne avevano figli tra i 18 e i 25 anni; oggi studiano, lavorano e posticipano la gravidanza. La politica deve aiutare chi vuole avere dei figli. E lo dico chiaramente: io considero le residenze per pensionati una scelta sbagliatissima per un paese di anziani. In Commissione Esteri non ho mai votato una residenza pensionati. Quanto alla maternità, se una donna non lavora non riceve alcun sostegno. Ma perché? Se porta avanti una gravidanza, lo Stato dovrebbe sostenerla comunque. È un investimento per il futuro. Sulla riforma IGR dico ancora: non è stato fatto nulla di rilevante per la famiglia. I 300 euro l’anno per pannolini e latte in polvere sono quasi ridicoli rispetto ai 4.000 euro per chi paga una babysitter. È evidente chi ne beneficia e chi no. Dobbiamo aiutare le famiglie che vorrebbero figli ma non possono permetterselo. Francia e Germania lo hanno fatto, e infatti hanno tassi migliori. È vero che nei primi mesi la mamma ha un ruolo centrale, ma ci sono molte altre cose che possiamo fare. Dobbiamo investire seriamente: rivedere il diritto allo studio, introdurre criteri di equità come il quoziente familiare, sostenere le famiglie e i bambini perché il futuro del Paese dipende da loro. Buttiamo via soldi in mille modi: investiamoli finalmente nelle famiglie.
Gian Matteo Zeppa (Rete): Cercherò di fare un discorso un po’ differente, al netto delle colpe o dei meriti. Queste istanze fanno emergere un disagio di cui parliamo in maniera a spot, perché non si portano risultati effettivi. Credo che ci sia un problema proprio sociologico e di cultura. Nel momento in cui la cultura media di un paese è evidentemente conservatrice, è difficile. Non si può sopperire a questa problematica endemica semplicemente dando dei bonus o degli sgravi, bisogna proprio cambiare la mentalità. Cito la legge del 27 novembre 2014, la 209, che ha avuto la lungimiranza di proporre disposizioni in materia di contrasto al fenomeno delle dimissioni in bianco e di tutela della genitorialità. Il problema sollevato da quella legge era culturalmente evidente, ossia il fatto che le donne sono bistrattate a livello lavorativo per la maternità. Abbiamo una mentalità mediterranea per cui la donna deve procreare e l’uomo deve lavorare, per me è un assunto sbagliatissimo. Bisognerebbe valutare la possibilità di parificare di fatto i sessi, consentendo alla donna di poter accedere dopo la maternità al lavoro e all’uomo di dare supporto. Capisco che è difficile farlo in una mentalità conservatrice qual è quella di San Marino. Trovo che sia un errore enfatizzare o andare sempre sul riconoscimento di diritti alla donna focalizzandosi solo su quell’aspetto, senza mettere sul piatto diritti e doveri della coppia. Non credo che l’Icee cambierà sostanzialmente se non c’è la mentalità di andare a fare veramente la cernita dei redditi. Dobbiamo prenderci tutti la responsabilità che c’è un problema evidente che si ripercuote nella vita sociale, e analizzarlo seriamente a 360 gradi. Voteremo a favore dell’istanza d’Arengo, ma mi chiedo se siamo culturalmente e politicamente pronti a un passo del genere o cerchiamo semplicemente di mitigare queste differenziazioni dando degli sgravi. È facile dare gli sgravi, ma è difficile fare una legge che possa dare dignità pari alla donna e all’uomo in maternità e paternità. Dobbiamo guardare gli esempi di chi ce l’ha fatta e fare discorsi più sensati.
Gemma Cesarini (Libera): Ringrazio gli istanti per aver presentato questa istanza in un momento in cui è stato da poco dibattuto lo stesso argomento nella Commissione congiunta prima e quarta. Vorrei soltanto normalizzare un po’ il tutto perché sia dai banchi dell’opposizione che della maggioranza sono stati fatti interventi che più o meno dicono le stesse cose, ovvero che vogliamo intervenire con un approccio integrato su più fronti. Durante la Commissione è stato portato in bozza un progetto di legge sugli interventi per la famiglia dove è stato detto che non interveniamo soltanto a livello di aiuti economici. Non mi sembra il caso di dire che non è stato fatto nulla, perché stiamo parlando di un progetto di legge in bozza che sta portando avanti la segreteria. Tutti quanti stiamo andando nella stessa direzione. Riguardo l’Icee, anche gli istanti hanno dato spunti interessanti e sottolineano la necessità che questi aiuti dovrebbero essere subordinati al reddito della famiglia. Abbiamo l’occasione di poter applicare l’Icee in via sperimentale anche in altri ambiti. Facciamolo e stop.
L’Istanza è approvata con 34 voti favorevoli e 1 non votante.
Per l’introduzione, all’interno del codice della strada, di una regolamentazione inerente ai ciclisti (Istanza d’Arengo n.9)
Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Devo fare una premessa dichiarando di avere un doppio conflitto di interessi a titolo personale, in quanto sono un ciclista che percorre più di 10.000 km l’anno in bicicletta, e come membro di governo, perché sia in questa legislatura che nella scorsa ho sostenuto politiche di incentivo per chi acquista biciclette a pedalata assistita che contribuiscono a una mobilità maggiormente sostenibile. Sicuramente chiunque percorre la pubblica via ha dei diritti e ha dei doveri, e nel decreto 26 maggio 2008 sono già previsti degli obblighi per i ciclisti e delle sanzioni pecuniarie amministrative in caso di non rispetto, specificati nell’articolo 52 e 60. Tra gli obblighi, ricordo che i ciclisti devono procedere su un’unica fila, avere libero l’uso delle mani, reggere il manubrio con ambedue le mani (una in caso di necessità per manovre/segnalazioni), non fare le impennate, non farsi trainare e devono essere in grado di compiere con prontezza e facilità le manovre necessarie. Devono condurre il veicolo a mano quando sono di intralcio o di pericolo per i pedoni, e in tal caso sono assimilati ai pedoni e devono usare la comune diligenza. Inoltre, da mezz’ora dopo il tramonto a mezz’ora prima del sorgere del sole, o in condizioni di scarsa visibilità, i ciclisti devono usare dispositivi di segnalazione luminosa anteriore e posteriore e indossare dispositivi personali e indumenti catarifrangenti ad alta visibilità. Anticipo che con il gruppo della sicurezza stradale, insieme al Segretario del Territorio, stiamo ripensando a una serie di interventi nel breve periodo, magari con un decreto per l’introduzione di alcune norme sulla circolazione stradale, e terremo in considerazione il contributo del dibattito odierno per introdurre norme che riguardino diritti e doveri dei ciclisti, nell’ottica di una futura revisione per arrivare a un testo unico del codice della strada. Dobbiamo migliorare la sicurezza attraverso la definizione di diritti e doveri per la circolazione dei ciclisti, in modo da promuovere la convivenza tra utenti diversi, e per farlo occorre anche garantire strade più sicure e ben asfaltate. Sono favorevole all’introduzione di un obbligo di utilizzo del casco sempre per tutti i veicoli a due ruote, come biciclette, monopattini o assimilabili, e dell’obbligo di utilizzo delle luci anteriori e posteriori sempre, anche di giorno, per ridurre l’incidentalità e rendere più visibili gli utenti più deboli. L’obiettivo è creare un sistema normativo più moderno, sicuro e coerente che riconosca la bicicletta come veicolo a tutti gli effetti e definisca con maggiore precisione diritti, doveri e responsabilità, anche in considerazione del fatto che il nostro territorio accoglie più di 50 professionisti ed è visitato da numerosi cicloturisti che sono una risorsa economica. Gli esempi a cui San Marino dovrebbe tendere sono quelli dei paesi avanzati, come Paesi Bassi, Danimarca e Germania, che basano i loro sistemi sulla priorità alla sicurezza, infrastrutture separate, inclusività, sostenibilità e regolamentazioni intelligenti che proteggono i ciclisti più vulnerabili e riconoscono i loro diritti specifici. Dobbiamo fare un uso strategico del disegno delle infrastrutture per prevenire i conflitti, prendendo spunto dalle intersezioni protette e dando priorità ai ciclisti nelle rotatorie e in altri punti di conflitto, perché sono particolarmente vulnerabili. Dovremmo considerare anche regole sulla scelta obbligata o facoltativa della pista ciclabile, come in Germania, dove non è obbligatoria se non rispetta standard minimi, e regole tecniche minime per le biciclette. Infine, propongo un sorpasso sicuro, estendendo l’obbligo di mantenere una distanza laterale di 1,5 metri, già introdotto in Italia per le zone urbane, a tutta la Repubblica, introducendo così una cultura di rispetto per il ciclista. Accanto a questi elementi di tutela, si potranno pretendere dai ciclisti comportamenti esemplari e rispetto del codice della strada. Concludo lasciando la provocazione che, per i gruppi di ciclisti, sebbene percorrere in fila indiana sia una norma adottata da alcuni paesi, altri, come l’Inghilterra, obbligano i gruppi numerosi a procedere in doppia fila per mantenerli più corti o a frazionarli, proprio per agevolare il sorpasso, e questi temi andrebbero considerati per attrarre il cicloturismo nel rispetto delle normative.
Andrea Ugolini (Pdcs): Anche io, per onestà intellettuale, devo dichiarare un certo conflitto di interesse: sono un automobilista, un ciclista e un ex presidente di una società ciclistica. Voglio portare all’attenzione dell’aula i dati sulle politiche europee riguardanti la convivenza tra soggetti diversi che condividono lo spazio comune della strada, inclusi pedoni e podisti. Noi usavamo il detto “dove non prevale la forza della legge, poi prevale la legge della forza”, con una gerarchia in cui il camion vince sull’automobile, l’automobile sul motociclista, il motociclista sul ciclista e il ciclista sul pedone. Paesi pionieristici come Francia e Danimarca hanno già intrapreso politiche di convivenza, trasformando quasi il 70% del traffico veicolare, migliorando la viabilità, risolvendo i problemi di parcheggio, aderendo alle politiche Green Deal e investendo sull’educazione dei ciclisti, che è quello che manca e per cui mi ritrovo con gli automobilisti arrabbiati con i gruppi di ciclisti. Condivido pienamente i due passaggi dell’istanza: l’oggetto e il fatto che gli istanti non intendono fare di tutta l’erba un fascio. Come ha anticipato il Segretario, le categorie di ciclisti sono molteplici e con l’avvento delle e-bike il popolo dei ciclisti è triplicato negli ultimi cinque anni, gli automobilisti sono raddoppiati negli ultimi dieci, ma gli spazi di condivisione sono rimasti gli stessi, rendendo improrogabili politiche di convivenza, incentivi e sicurezza. Una recente pubblicazione del Politecnico di Milano ci mostra che l’Emilia-Romagna è sul podio per gli incidenti gravi e mortali in Italia, e Rimini è la quinta città, e San Marino non è differente da questi contesti. Un dato che emerge è che gli incidenti avvengono più frequentemente quando il ciclista si muove singolarmente, a causa della scarsa visibilità per noi automobilisti, mentre sono molto rari i casi di sinistro con gruppi di ciclisti, proprio perché disturbano il traffico. Sono d’accordo con l’indicazione del Segretario di accogliere questa istanza. Come Democrazia Cristiana, siamo a favore dell’apertura a procedere con una fonte di rango primario, come un decreto o una legge, per educare, regolamentare e obbligare i ciclisti ad aumentare la loro visibilità, ad esempio con fanali avanti e dietro, ad indossare il casco e ad avere un abbigliamento tecnico, poiché chi non ha la divisa di società potrebbe non essere visibile. Siamo disponibili a collaborare con il Governo e il Segretario per la revisione del codice stradale a tutela del ciclista e ad invitare i gruppi ciclistici e i ciclisti al rispetto del codice stradale.
Gaetano Troina (D-ML): Gaetano Troina: Parlo a nome del mio gruppo e ringrazio gli istanti perché toccano un tema indubbiamente sensibile per il nostro territorio. Mi si consenta di ampliare leggermente il tema, approfittando della disponibilità del Segretario sull’implementazione del codice della strada, per includere la questione dei monopattini elettrici. Questi veicoli circolano sul nostro territorio senza nessun tipo di controllo o regola, spesso in luoghi bui (come la Sottomontana) senza dispositivi di illuminazione o misure di sicurezza obbligatorie, rendendoli invisibili. Condivido che non possiamo dettare a San Marino regole che stravolgono le normative internazionali, poiché dobbiamo sforzarci di uniformare le normative per non complicare la vita ai ciclisti che sconfinano, ma dobbiamo adottare presidi fondamentali. Condivido quindi l’obbligatorietà del casco e dei dispositivi di illuminazione. Non si può chiedere la targa per le biciclette, ma si potrebbe fare per i monopattini elettrici, dato che in Italia si fa. Riguardo alla fila indiana o doppia fila, come automobilista, non ci avevo mai riflettuto: se si circola in doppia fila, si accorcia la colonna, ma si complica molto la circolazione perché è impossibile sorpassare, non agevolando il traffico. Con la fila indiana, pur allungando la colonna, l’autoveicolo ha almeno lo spazio per superare la bicicletta nella carreggiata, quindi suggerisco di valutare questo aspetto. Indubbiamente, la circolazione delle biciclette è molto aumentata ed è bello vedere i turisti che visitano il paese in bicicletta, il che aiuta anche sul tema dei parcheggi. Forse andrebbero realizzati degli spazi dove le biciclette possano essere lasciate e depositate in sicurezza, cosa che oggi manca, ad esempio, nel nostro centro storico. Se vogliamo incentivare questo tipo di turismo, dobbiamo garantire anche dei servizi, evitando che le biciclette si abbandonino appoggiate ai muretti o in mezzo allo stradone. Ringrazio il Segretario e gli chiedo di tenere conto di questi suggerimenti della mia forza politica in caso si intenda intervenire sul codice della strada.
Antonella Mularoni (Rf): Questa istanza d’Arengo mi offre l’opportunità di tornare a parlare del codice della strada, e ricordo al segretario Belluzzi che si era impegnato ad attivare un tavolo di lavoro per rivedere l’attualità del codice e introdurre eventualmente articoli nuovi, poiché il mondo cambia e ci sono fattispecie che si possono ritenere utili da introdurre, come fatto in altri ordinamenti. L’istanza si concentra sul mondo del ciclismo, che, come tutti i mondi, include persone più e meno virtuose, così come gli automobilisti e i motoristi. Credo che il paese debba porsi un problema di convivenza tra mezzi motorizzati e biciclette e valutare la possibilità di avere un maggior numero di piste ciclabili, che da noi sono inesistenti tranne in pochissime aree. Ho vissuto a Strasburgo, una città piena di piste ciclabili dove i ciclisti hanno la precedenza, e questa cultura esiste in molti paesi europei da decenni, mentre noi siamo indietro, forse a causa della conformazione del territorio o perché si sono privilegiate scelte urbanistiche diverse, dando magari pezzi di strada ai privati per allargare il loro giardino. San Marino è molto ambita dai ciclisti perché siamo l’unica salita nella zona circostante, e dobbiamo cercare di adeguare il codice della strada alle esigenze della modernità e del turismo. Dobbiamo fare in modo che tutti rispettino il codice, compresa la regola di stare nella parte più a destra della carreggiata, cosa che vale anche per i ciclisti, alcuni dei quali vedo sfrecciare sul percorso della vecchia ferrovia rischiando di travolgere bambini. L’accoglimento di questa istanza ci dovrebbe dare la possibilità di riflettere sulla migliore modalità di convivenza. Ci sono investimenti da fare, magari in termini di piste ciclabili, valutando dove sia possibile farlo, dato che siamo carenti di queste strutture, e trovare un equilibrio è molto importante. Siamo d’accordo a rivedere il codice per introdurre norme che garantiscano maggiore sicurezza per tutti e per introdurre fattispecie di reato introdotte in altri ordinamenti a seguito di incidenti mortali gravi, che nel nostro paese ancora non ci sono, anche in caso di uccisione di ciclisti sammarinesi. Dobbiamo fare di tutto affinché tutti vadano a velocità contenute, osservino il codice, anche per la modalità di tenuta della strada, possibilmente a destra, e affinché non ci siano impunità per nessuno, perché anche ciclisti, motoristi o pedoni possono essere molto indisciplinati. Colgo l’occasione per chiedere al governo di porre grande attenzione ai rally, perché nell’ultimo si sono viste cose incredibili e l’incidente non si è creato per miracolo; non è accettabile che le macchine percorrano superstrade e strade secondarie a velocità supersonica.
Paolo Crescentini (Psd): Intervengo da ex ciclista che ha appeso la bicicletta al chiodo dopo due incidenti molto gravi, quindi il tema della sicurezza stradale per i ciclisti mi trova pienamente concorde, anche se non è sempre per colpa dei ciclisti che succedono gli incidenti. Ho ascoltato attentamente e ho trovato perfettamente d’accordo quanto detto dal collega Andrea Ugolini, e ho apprezzato l’intervento del collega Troina sui monopattini, che spesso vedo sulle nostre strade, ritenendo che la postura in piedi li renda più a rischio incolumità rispetto ai ciclisti. L’istanza d’Arengo ci offre la possibilità di affrontare a 360 gradi tutti gli aspetti della sicurezza stradale e di disciplinare meglio il codice. Il nostro territorio difficilmente si presta alla realizzazione di piste ciclabili, che sorgono principalmente in zone pianeggianti, rendendo quasi difficile ipotizzare una ciclabile che colleghi Serravalle alla Città, ma si possono trovare soluzioni per mettere in sicurezza le strade. Ben vengano tutte le introduzioni riguardanti la sicurezza per i ciclisti, come il casco obbligatorio e la luminosità anteriore e posteriore delle biciclette, il che è importante dato che oggi si incontrano molti ciclisti che viaggiano anche di notte. Mi ha incuriosito quanto sollevato dal segretario Belluzzi sul procedere in Inghilterra in coppia o in colonna: io ho sempre viaggiato da solo pensando fosse più sicuro, e invece ho subito i miei due incidenti andando in solitaria. Concludo dicendo che voteremo favorevolmente a questa istanza d’Arengo, con l’auspicio che si possa trovare una soluzione per disciplinare ulteriormente il codice stradale. Non dimentichiamo che i ciclisti, quando vanno in Italia, devono rispettare il semaforo, e il codice della strada già lo contempla. Ribadisco il nostro voto favorevole con l’auspicio di potersi mettere al lavoro al più presto.
Andrea Della Balda (Libera): Anch’io mi inserisco tra gli ex ciclisti o stradisti pentiti, passato al mountain bike per questioni di sicurezza e paura, avendo assistito a incidenti gravi e conoscendo amici vittime di sinistri cagionati da autovetture che non rispettavano le norme. Condivido al 100% le osservazioni del segretario di Stato Belluzzi e l’intervento della collega Mularoni, che ho trovato equilibrati e completi. Quando ho letto il titolo dell’istanza, speravo si parlasse di piste ciclabili, ma dalla lettura sembra quasi colpevolizzare maggiormente i ciclisti rispetto agli altri fruitori del traffico. A mio avviso, la cosa principale che manca a San Marino, anche per l’impatto turistico e socio-sanitario, è una pista ciclabile che colleghi il centro storico con i confini, in primis Rimini. Il mio sogno è vedere realizzata una ciclovia, dato che il ciclista che scende a Rimini ha il divieto di proseguire sulla superstrada a Cerasolo ed è costretto a usare strade pericolose, strette e con asfalto impervio, mettendo a rischio la propria vita. La realizzazione di una ciclovia tutelerebbe la salute, creerebbe indotto turistico, e io sarei disposto anche ad autotassarmi per vederla realizzata. Sarebbe realizzabile anche altre vie d’accesso dal Monte, una dalla Valmarecchia e una dalla Valconca, per creare un centro storico che porti turismo di persone che non inquinano né disturbano. San Marino era la terra di Pantani, e abbiamo ciclisti professionisti che creano attrazione. Apprezzo e ammiro il collega Tamagnini che ha l’ardire di venire in consiglio in bicicletta, anche se mi vengono i brividi per i rischi che corre. Mi piacerebbe che molti sammarinesi usassero questo mezzo bellissimo, che deve essere tutelato e stimolato.
Gian Matteo Zeppa (Rete): Io non sono in conflitto di interesse, ma mi piace parlare di questi argomenti che sistematicamente vengono fuori. Posto che San Marino morfologicamente non può essere parificato ai paesi pianeggianti come i Paesi Bassi o la Danimarca, avendo strade belle erte, è difficile anche dirimere la questione se dare più spazio per le ciclabili sulla carreggiata. Ricordo un bellissimo progetto universitario di un giovane sammarinese per una pista ciclabile, ma il problema cozza con l’utilizzo normale delle strade primarie e la bonifica della parte boschiva. Ho fatto un giochino: se si sostituisce la parola “ciclisti” con “guidatori di auto” nella prima parte dell’istanza, si trovano esattamente le stesse problematiche che abbiamo, ed è una questione di cultura: ci manca la cultura della guida per auto, camion, motociclette e biciclette. Io ho il terrazzo che dà sul semaforo della rotonda della Croce, e molte volte, quando il semaforo è rosso per chi è sulla strada, indicando una richiesta di attraversamento da parte dei pedoni, le macchine non si fermano, per fretta o per non dare un diritto a chi fa la chiamata. Il problema non sono i ciclisti, ma gli automobilisti. I velox non sono stati messi per i ciclisti, ma perché non abbiamo la cognizione dei limiti di velocità. Ci sono telecamere agli incroci, e chi ha la possibilità di vedere certe infrazioni degli automobilisti può fare richiesta di accedere al video. Coloro che utilizzano i posti auto per i disabili non sono i ciclisti, ma gli automobilisti. È vero che non bisogna fare di tutta un’erba un fascio, ma bisogna guardarsi in casa. C’è il problema della convivenza, e ci sono video sui social di persone che inveiscono contro i ciclisti, e a volte il ciclista lo fa quasi apposta a fare lo strafottente. Di base, il problema sostanziale siamo noi automobilisti, punto; gli incidenti mortali sono provocati dagli automobilisti, e guidiamo sempre con il cellulare in mano. È l’attimo in cui stacchi lo sguardo dalla strada che può succedere qualsiasi cosa. Bisogna mettere mano ai decreti sulla strada, ma partendo dal presupposto che bisogna dare regole certe e soprattutto attuare le leggi che prevedono sanzioni per gli automobilisti, perché solo creando una cultura attraverso le sanzioni si potrà incominciare a parlare di una soluzione. Ritengo che i veri somari alla guida non siano i ciclisti, ma gli automobilisti.
Matteo Casali (Rf): Casali: Io credo che vadano ringraziati gli istanti perché ci danno la possibilità di parlare di un tema importante, che non è trascurabile, anche in virtù di quanto detto dal collega Della Balda. Il nostro approccio deve essere laico, forse più laico di quello che si intravede fra le righe dell’istanza presentata, che pare un po’ polemica, e più laico anche del riferimento del Segretario di Stato, che è stato smaccatamente pro-ciclisti. Non si deve fare una questione di pro o contro ciclisti, ma cogliere l’occasione per migliorare la disciplina normativa che regolamenta la circolazione di questi utenti della strada che stanno prendendo piede. Il gruppo di lavoro dovrà tenere conto di tutte le considerazioni fatte, incluse quelle sugli utenti ibridi come i monopattini. Il problema è anche infrastrutturale, dato che la larghezza delle sedi stradali è imposta da limiti fisici. Rilevo che certe situazioni sono già state considerate in passato, ad esempio nel Piano Boeri, che vedeva la zona della funivia di Borgo Maggiore come punto di interscambio modale e il percorso delle vecchie gallerie come percorso pedonale o ciclabile; queste proposte andrebbero riprese compiutamente. Esiste la necessità di meglio disciplinare l’uso delle biciclette, dato che il nostro codice della strada non sembra disciplinare la circolazione sul margine destro della carreggiata per i veicoli non a motore, come invece fa l’articolo 143 del codice italiano. In sostanza, questa interpellanza, anche se all’apparenza non importante, ci darà la possibilità di disciplinare un ambito in maniera trasversale, toccando infrastrutture, revisione del codice e riflessioni etiche e sociali sulla convivenza e il rispetto reciproco. Spesso lo scudo dell’automobile è percepito come una barriera che porta a una mancanza di rispetto reciproco e di buona educazione, con comportamenti scorretti da entrambe le parti.
Michela Peliccioni (D-ML): Ringrazio gli istanti per aver permesso a quest’aula di dibattere su un argomento molto sentito, che ha rappresentato fazioni diverse che si accusano a vicenda. Credo che il dibattito non possa essere affrontato ragionando sulle colpe, ma il tema è serio se si ragiona sul numero sempre crescente degli incidenti in bicicletta. Non abbiamo dati statistici su questi incidenti, che sarebbero invece utili per capire l’incidenza e dove avvengono, per trovare soluzioni. Uno studio statistico italiano tra 2013 e 2023 parla di 164.000 incidenti, un bollettino di guerra che deve far riflettere anche in proporzione su San Marino, considerando l’aumento esponenziale di utilizzo della bici a scopo di tempo libero dopo il Covid. Vanno ragionati i limiti del nostro territorio; non possiamo fare ragionamenti legati a zone a traffico limitato. Il tema delle ciclabili può avere un impatto positivo forse per l’utilizzo familiare, ma per gli appassionati l’opzione di usare solo la ciclabile sarebbe poco accettabile. Vanno ragionati in primo luogo i comportamenti, e benvenga un’implementazione del codice della strada che ragioni su obblighi come far evidenziare il cambio di marcia, diventando una cultura del rispetto. A mio parere, per la morfologia del nostro territorio, andrebbe ragionato un possibile divieto su alcune strade, in particolare la superstrada, dove i ciclisti in curva diventano un pericolo per sé stessi e per gli altri. C’è anche il tema della manutenzione delle strade, perché spesso i ciclisti non utilizzano i margini della strada, ma il centro della carreggiata, perché la manutenzione non permette di effettuare l’attività in sicurezza. Mi auguro che l’istanza sia approvata per dare modo alla politica di ragionare su un tavolo di lavoro che concentri tutti gli interessati per trovare soluzioni efficienti ed efficaci.
Giovanna Cecchetti (Indipendente): Sarò molto breve perché le considerazioni dei miei colleghi vanno tutte verso la direzione dell’educazione; potremmo cambiare i ciclisti con gli automobilisti, o anche con i pedoni. Voterò favorevolmente all’istanza perché ci darà modo di mettere mano al codice stradale non solo per i ciclisti ma anche per chi conduce un monopattino, dato che mi è capitato più volte di vedere ragazzi in monopattino sulla superstrada, il che è terrificante. Dobbiamo intervenire molto sulla sicurezza delle strade; la superstrada non è adatta a tutti e andrebbe vietata a determinate classi come monopattini o ciclisti, se non in pochi tratti di congiungimento tra strade secondarie, perché è una strada ad alta percorribilità e pericolosa. Ringrazio gli istanti perché ci daranno modo di valutare anche questo tipo di problematica.
L’Istanza è approvata con 36 voti favorevoli.
Istanza affinché sia ripristinata la caccia al cinghiale in modalità braccata (Istanza d’Arengo n.22)
Segretario di Stato Matteo Ciacci: In relazione all’istanza volta al ripristino della caccia al cinghiale mediante il metodo della braccata, devo fare un riferimento al decreto delegato 29 settembre 2025 numero 122, adottato in seguito all’istanza d’Arengo di qualche mese fa, che ha disposto in via transitoria la sospensione della caccia al cinghiale in forma collettiva con la braccata fino all’adozione del nuovo piano pluriennale di gestione faunistico venatoria. Devo dire che, disallineandomi un po’ da quello che dicono gli istanti, il decreto prevede che l’unica forma collettiva ammessa resti la girata, ritenuta più controllabile sotto il profilo della sicurezza e maggiormente coerente con gli indirizzi gestionali. La sospensione della braccata non è stata adottata in maniera isolata, ma si inserisce in un percorso più ampio con l’obiettivo di garantire un equilibrio fra la tutela della biodiversità, la sicurezza pubblica e le attività antropiche. Il tema è molto semplice: abbiamo degli organismi, come l’Osservatorio dedicato per la fauna e la flora, che nominiamo e che sono quelli funzionali alla gestione e alle valutazioni inerenti a questi tipi di politiche. L’Osservatorio è l’organismo tecnico consultivo che analizza in maniera scientifica e multidisciplinare, e anche in questo caso, come feci per la precedente istanza d’Arengo, dico che se ne deve occupare l’Osservatorio. L’indicazione del governo è di votare contro a questa istanza perché è l’Osservatorio che deve dare le giuste linee di indirizzo strategico e scientifico rispetto ai piani di prelievo. Devo dire che questo è oggetto di revisione nell’ambito del piano pluriennale. Io sono sempre molto disponibile in tutte le sedi istituzionali, anzi, soprattutto nell’Osservatorio. C’è stata un po’ di strumentalizzazione reciproca: prima un’istanza d’Arengo chiedeva l’eliminazione della braccata e adesso i cacciatori ci chiedono di ripristinarla. Io credo che le istituzioni siano una cosa seria e che queste strumentalizzazioni, pur legittime, lasciano il tempo che trovano. Penso che il punto di equilibrio che si è trovato all’interno dell’Osservatorio sia la soluzione migliore e il luogo deputato per affrontare seriamente questi tipi di scelte, dove la testa deve prevalere rispetto ai ragionamenti di pancia o di interessi particolari.
Matteo Casali (Rf): Credo che sia condivisibile quello che ha detto il Segretario di Stato, nel senso che ci siamo trovati non più tardi di qualche mese fa a discutere un’istanza d’Arengo simmetrica ed opposta, e noi non possiamo dare segni di schizofrenia approvando provvedimenti simmetricamente opposti a breve distanza, anche per un fatto di serietà. Devo dire però che nella ricostruzione del Segretario le cose non sono andate proprio così: ricordo che ci fu una situazione un po’ sfuggita di mano, e molti obiettori di coscienza votarono in maniera disallineata dalle indicazioni, un po’ amaramente constatai che ci fu un’obiezione di coscienza sui cinghiali, ma non ci fu per quel che riguarda le trasfusioni. Quella fu più una situazione sfuggita di mano a seguito delle note vicende che avevano coinvolto un Segretario di Stato. Un altro aspetto sul quale non sono perfettamente d’accordo con il Segretario, pur sposando la sua linea generale, è che questi temi siano eminentemente tecnici. Sì, ci sono aspetti tecnici curati dagli organismi, ma ci sono indirizzi politici, e l’organismo tecnico dovrebbe sottostare all’indirizzo politico, come ad esempio decidere di abolire la caccia a una determinata specie. Gli organismi citati non si occupano specificamente di aspetti di sicurezza, mentre questo Consiglio ha deciso contro quella forma di caccia di gruppo per ragioni di sicurezza. Gli istanti parlano di un metodo efficace e selettivo, ma in realtà è noto come la caccia di gruppo, in particolare la braccata, non sia un metodo selettivo, poiché il cacciatore non seleziona la preda. Avanzo un suggerimento: se ci fosse la necessità di intensificare la pressione sulla specie cinghiale a seguito dell’abolizione temporanea della caccia in braccata, si potrebbero potenziare i periodi di caccia di selezione. Attualmente la caccia di selezione è possibile solo da marzo ad agosto, ma un’estensione per tutto l’anno, non solo limitata al contenimento danni, potrebbe essere una forma per mitigare l’esclusione della battuta, vista anche la preoccupazione per la sicurezza stradale. Aggiungo un appello al Segretario affinché si prenda cura di una verifica più puntuale e maggiore su quelli che sono gli attuali punti di sparo e coni di sparo per la caccia di selezione. Quella mappatura dovrebbe essere meglio presidiata con una maggior verifica in termini di sicurezza, perché le armi utilizzate per quel tipo di caccia sono molto più pericolose di quelle usate per la caccia collettiva a San Marino. Sono sostanzialmente d’accordo con la ricostruzione del Segretario, al netto degli appunti e dei suggerimenti e raccomandazioni che mi sono permesso di fare.
Ilaria Bacciocchi (Psd): Solo pochi mesi fa quest’aula ha approvato un’istanza che andava nella direzione contraria, cioè quella di sospendere la braccata per motivi di sicurezza, di sostenibilità e gestione responsabile del nostro territorio. Oggi questa istanza presentata dai cacciatori ci chiede di reintrodurre nuovamente la braccata, ma la nostra posizione è sempre stata chiara: non ci sono né i numeri né le condizioni per riportare in vita un metodo di caccia così invasivo e anche rischioso. Parto dai dati ufficiali, perché la politica deve basarsi anche su quelli. Negli ultimi monitoraggi il Centro Naturalistico ha censito 67 cinghiali reali sul nostro territorio, quindi non c’è nessuna emergenza, e i numeri sono bassi. Già oggi si preleva più di quanto si vede sul campo, con girata e selezione si sta già prelevando intorno ai 90 capi all’anno, cioè ben oltre la stima dei cinghiali presenti. In sede di Osservatorio era stato stabilito che in territorio devono sempre rimanere almeno 30 cinghiali a disposizione dei predatori, ovvero del lupo, per garantire un equilibrio naturale. La situazione reale è paradossale perché già così si va oltre il limite sostenibile, figuriamoci reintroducendo anche la braccata. Mi chiedo perché ancora insistere con le braccate che in un territorio di 60 km² sono pericolose e hanno già mostrato i rischi che comportano. La verità è che se proprio si vuole intervenire basterebbe la caccia di selezione mirata da punti controllati, senza mobilitare decine di persone o mettere a rischio la sicurezza. La braccata oggi è una risposta fuori scala, un metodo vecchio, sproporzionato e semplicemente inutile, quindi per tutti questi motivi il nostro gruppo consigliare respingerà l’istanza d’Arengo.
Massimo Andrea Ugolini (Pdcs): Anche nel passato dibattito come gruppo consiliare abbiamo avuto delle posizioni diverse, quindi anche questa volta verrà lasciata libertà di voto, ed esprimo la mia personale posizione. Credo che eliminare tout court uno strumento che può essere valutato utile dagli organismi tecnici non sia corretto, e da questo punto di vista ha ragione perfettamente il Segretario Ciacci. L’Osservatorio è deputato a decidere quale, in determinati momenti, è lo strumento più idoneo. Eliminare uno strumento che può essere utile magari in determinate zone del territorio dove c’è meno densità abitativa non è, secondo me, lo strumento più corretto, quindi se uno strumento è utile è giusto che l’organismo tecnico, se ce l’ha a disposizione, lo utilizzi nel momento in cui lo reputa tale.
Maria Luisa Berti (Ar): Sarò molto veloce dicendo che Alleanza Riformista lascia la libertà di votare secondo coscienza ai singoli consiglieri. Io voterò, anche coerentemente con la votazione della volta scorsa, a favore dell’istanza d’Arengo. Rilevo che con questa istanza si chiede semplicemente al Consiglio di valutare la possibilità di ripristinare la pratica, rimettendo poi la decisione agli enti che sono deputati a farlo sotto il profilo tecnico.
Emanuele Santi (Rete): Credo che sia doveroso fare un po’ il punto rispetto a dove nasce questa sensibilità sulla caccia al cinghiale. Noi veniamo da un fatto avvenuto a gennaio 2025 in cui fu autorizzata una vera e propria mattanza a Cailungo, vicino alle case. Già di per sé questo fu un fatto che anche autorevoli membri del Congresso di Stato dissero essere una “cavolata”, e che provocò uno sparo a una finestra che solo per fortuna non ebbe conseguenze più gravi. Da lì arrivò l’istanza per abolire la caccia al cinghiale in modalità braccata, e chiaramente quest’aula votò alla luce di quei fatti e perché i cittadini ci chiamarono dicendoci di aver assistito a delle scene orribili e spietate. Già questo modo disumano di eliminare il cinghiale ha suscitato riflessione e ha scosso le coscienze, anche la mia. Quel voto fu per dire no a questa mattanza, dare la possibilità di fare dei modi diversi, anziché fare la caccia imbraccata. La caccia imbraccata, soprattutto al cinghiale, è per noi un modo spietato, una mattanza che non è degna di un paese civile. Oggi, alla luce di quell’approvazione dell’istanza cui noi votammo sì, viene riprodotta la stessa istanza che chiede di valutare il ripristino. Noi chiaramente non potremo che dire no al ripristino della caccia imbraccata, perché quest’aula ha già detto no a questa modalità. Il nostro gruppo voterà assolutamente no, anche perché ci hanno spiegato che ci sono anche altre modalità per avere lo stesso risultato, ma molto meno disumane.
Tomaso Rossini (Psd): Intervengo nuovamente su questo argomento che mi è molto a cuore. Quello che vorrei sottolineare è che qui non è che si parla di opinioni, cioè la zoologia e l’etologia sono scienze che si basano su dati, e i dati sono inconfutabili. Se a San Marino ci sono 64 cinghiali, sono 64, e anche l’Osservatorio dovrà prendere in considerazione i dati reali per l’eventuale limitazione del numero di cinghiali. Peraltro, il lupo sta già facendo un bel lavoro nel mantenere i numeri della fauna selvatica, tant’è che negli ultimi anni ci sono molti meno incidenti. Dobbiamo tornare sui numeri, sulla scienza, quella vera e inconfutabile. Mi accodo al discorso del consigliere Santi: mostriamo dell’umanità e smettiamo con questi metodi così crudeli verso gli animali, che non hanno nessuna responsabilità di esistere. Non capisco come si possa tollerare in un mondo civile una violenza così disumana e così crudele verso animali adulti e piccoli, perché nella braccata non c’è alcun tipo di selezione. Ribadisco il fatto che dobbiamo lasciare spazio ai dati reali, non facciamoci cogliere dalle fake news e affidiamoci a chi ha il compito di svolgere queste osservazioni con dati reali e con la scienza per mantenere la sicurezza di tutti. Ribadiamo il nostro no a questa istanza.
Zeppa Gian Matteo (Rete): Chi mi ha preceduto, la collega Bacciocchi, il collega Rossini e anche il collega Casali, hanno basato il loro intervento su quelli che devono essere i numeri, e i numeri che l’Osservatorio fornisce osservano l’impatto di qualsiasi razza animale sul territorio. Non è che possiamo fare come nello scorso Consiglio, dove su un decreto si voleva ripristinare la caccia al lupo. Ci sono degli organismi che fanno il loro lavoro, e se c’è un problema di razza animale invasiva o in sovranumero, lo dirà l’Osservatorio. Siccome ritengo che questo metodo di caccia sia barbaro, neanche disumano – barbaro per tutto quello che comporta l’essere barbari da parte dell’essere umano verso un animale – io credo che questa istanza voglia ripristinare la braccata semplicemente come un gioco per pochi. È un gioco che a qualcuno è stato tolto, e allora si vogliono ripristinare sulla base di un hobby, ma per me la braccata non è un hobby. Se si continua a dividersi non sui dati scientifici e non su quello che portano gli organismi di competenza, ma solo perché a qualcuno è stato tolto il giochino, allora non ci sto. Per qualcuno quella roba lì non è nemmeno disumana, è barbaria verso gli animali. Bisognerebbe anche essere sciolti da discorsi bipartisan, non me ne frega niente di chi mi ha votato e non mi voterà più. Bisognerebbe osservare e imparare dagli animali, e ha ragione il collega Rossini anche sulle fake news che girano, perché l’Osservatorio ha parlato chiaramente anche sul lupo. Invece, qualcuno, spinto dalla paura che non è portata dai numeri, fa servizi sulla TV di Stato, mettendo ancora alla mercé della pancia della gente la paura del lupo. Noi politici ci dovremmo basare sui dati che devono portare gli organismi. Non si può portare istanze d’Arengo che non sono altro che un ripristino di un hobby debosciato e barbaro, dal mio punto di vista. Votiamo no assolutamente a questa istanza.
Iro Belluzzi (Libera): È necessario intervenire per affermare la posizione di Libera, che mi sembra comune a tutta l’aula e a quella presentata dal Segretario di Stato competente. Io mi riferei alle valutazioni del Segretario senza grosse condanne o elementi che taccino di barbarie chi ha presentato l’istanza. Ci possono essere dei momenti in cui si va fuori dal range comportamentale, però non ghettizziamo un gruppo di cittadini e cacciatori che hanno rappresentato la loro volontà e passione di poter continuare a svolgere quell’attività in quella maniera. I tempi sono cambiati, e l’antropizzazione del territorio sammarinese non permette più quelle modalità, soprattutto dopo quell’increscioso episodio che ha portato tutti quanti a ragionare sull’opportunità di continuare a svolgere la selezione della fauna selvatica con modalità non rispondenti all’esiguo territorio sammarinese. Come politica, occorre fare un passo indietro rispetto al voler decidere in tutti gli ambiti e mettere becco su tutte le questioni. Lasciamo spazio a chi ha tecnicalità e conoscenze. Ridiamo la palla, così come ha suggerito il Segretario Ciacci, all’Osservatorio sulla fauna selvatica, in modo tale che si abbia la piena consapevolezza di cosa si muove sul nostro territorio. Non vorrei che sulla scia dell’emozione o di chi fa qualche articolo in più sui giornali si parta adesso con lo spauracchio del “al lupo al lupo”, perché anche questa mi sembra una modalità non accettabile. Lo stato civile deve rispettare tutti gli esseri viventi, per cui la selezione deve avvenire attraverso modalità che non vadano a far soffrire chi è oggetto della caccia. Ribadisco che Libera respinge l’istanza d’Arengo presentata.
Fabio Righi (D-ML): Vorrei portare all’attenzione dell’aula una riflessione cercando di uscire un po’ dalla dinamica che ha fatto scaldare gli animi, che è legata alla famosa attività nota mesi fa. In conseguenza di quella situazione, secondo me, si è corsi un po’ ai ripari per dare adito a tutte le critiche venute avanti per una pratica che non era braccata, non era caccia. La questione, in realtà, è più seria. La risposta che è venuta da questo governo, nell’eliminare la braccata – che è una pratica che serve anche per regolare la popolazione della fauna – è stata la risposta alla situazione che si era creata e che ha avuto un risvolto mediatico. La nostra preoccupazione è che, siccome l’attività che è andata agli onori delle cronache non era braccata ma una “festa” con spari ad altezza d’uomo, l’assurdità è che l’intervento che voi avete portato oggi elimina la braccata, ma permetterebbe quel che è successo. La braccata, infatti, è una pratica che ha delle regole precise ed è una delle pratiche più sicure che viene svolta per un controllo. La caccia non è solo quella dei fanatici che non vedono l’ora di premere un grilletto, ma è anche altro. L’intervento normativo che voi avete fatto elimina una pratica che invece ha un senso nella regolazione. Noi pensiamo che questa istanza meriti un accoglimento per un approfondimento in questo senso, perché non possiamo affrontare qui dentro le situazioni se ci piace o non ci piace, o siamo a favore o “poverini”. Siamo il Parlamento, e le cose vanno affrontate con un minimo di raziocinio e di distacco. Questa istanza porta all’attenzione dell’aula una cosa più importante del parlare dei cinghiali, quindi meriterebbe accoglimento per aprire quella parentesi di approfondimento per risolvere un problema che dal nostro punto di vista oggi c’è. Se non si può fare la braccata, il pericolo è che ci sia una sovrappopolazione della specie con tutte le problematiche che questo può portare.
Michela Pelliccioni (Indipendente): Io intanto ringrazio gli istanti perché ci permettono di parlare dei cinghiali, ma forse di un ordine di regole che forse si dovrebbe dare questo Consiglio Grande Generale. A mio parere, la discussione è andata in una direzione che forse non spetta al legislatore, ovvero quello di stabilire come soffrono o non soffrono gli animali nella caccia. Io credo che il ragionamento debba essere riportato sul problema che si genera su alcune specie di animale, in questo caso i cinghiali, legato alla sicurezza delle persone, alla sicurezza su strada e alla capacità riproduttiva che può generare problematiche sul territorio. Questo credo che sia il ragionamento che la politica debba fare. Non vorrei mai che qualcuno pianga qui dentro a dire che in un modo è brutto e in un modo non è brutto, e poi magari si esce a mangiare una bistecca di un vitello ucciso non si sa come; sono discussioni che forse la politica non deve fare. A mio parere, il ragionamento dovrebbe essere riportato sulla logica dell’azione possibile per coloro che sono esperti in materia. Credo che questa istanza non sia peregrina nel voler riportare nelle giuste sedi la discussione su come e in che modalità debba essere attuata una caccia di selezione che possa tutelare la società e il territorio. Non essendo io competente rispetto alle modalità giuste o sbagliate, sono del parere che questa istanza vada approvata, riportando sui giusti tavoli la discussione legata a queste problematiche.
Oscar Mina (Pdcs): Anche l’altra volta avevo votato no, quindi ero contrario all’eliminazione della braccata, e anche a questo giro voglio mantenere la coerenza. Qui non è questione di chi è pro o contro la selezione, neanche di un giochino contro qualcuno se è successo un caso brutto. Qui si parla, ha detto bene la collega Berti, di valutare la possibilità di ripristinare la braccata al cinghiale, ma adottando le necessarie misure di sicurezza e regolamentandola per assicurare la protezione dei cittadini e la gestione sostenibile della fauna selvatica. È vero che la regolamentazione dovrà essere fatta attraverso l’Osservatorio, ma la questione è legata proprio alla possibilità di ripristinare sulla base di una valutazione. Mi allineo all’intervento del consigliere Righi e della collega Pelliccioni: sì alla possibilità di rivalutare il ripristino della caccia braccata al cinghiale.
Sandra Stacchini (Pdcs): Sono d’accordo con i colleghi Pelliccioni, Righi e Mina. Qui si tratta di dare la possibilità agli uffici competenti di valutare la situazione, che non è di competenza di questo Parlamento. Non spetta a noi stabilire come e quando soffrono di più o di meno gli animali. Ci sono i tecnici che potranno valutare quando e come il tutto possa essere ripristinato, nella sicurezza per l’uomo e per l’animale. Anch’io valuterò positivamente per l’accoglimento dell’istanza.
Giuseppe Maria Morganti (Libera): È vero che c’è una formulazione dell’istanza d’Arengo che lascia questa possibilità, ma è altrettanto vero che il Consiglio Grande Generale si è già espresso su quella possibilità, e mi pare più che ovvio che noi dobbiamo mantenere quella linea se vogliamo essere coerenti. Mi sembra che ci sia un po’ di incoerenza nella posizione contraria. Un nostro sì a questa istanza d’Arengo significherebbe riaprire i termini per dare la possibilità di svolgere un’attività di questa natura dentro il territorio della Repubblica di San Marino, un territorio che non mi pare abbia ettari e ettari di terreno per poterla svolgere con tutta tranquillità. Sicuramente impatterà con le case, e molto probabilmente la mattanza, perché di questo si tratta, avverrà agli occhi di molti cittadini, com’è stata la volta scorsa. L’errore non è stato spingere i cinghiali troppo a ridosso delle case, ma il problema è che a San Marino se fai una braccata, per forza vai a ridosso delle case. Ritenere che questa possibilità debba essere riaperta mi pare un atteggiamento molto incoerente.
Silvia Cecchetti (Psd): Intervengo anche se due consiglieri del mio gruppo si sono già espressi contrariamente alla reintroduzione di questo strumento. Di base, mi sembra un po’ una furbata, perché facciamo rientrare dalla finestra quello che è appena uscito dalla porta. Ognuno vota in coscienza, ma credo che andava ricordato ai cittadini che poco tempo fa abbiamo preso una decisione anche sull’onda di un episodio molto grave successo. L’aula si è interrogata su questa tipologia di strumento al di là dei numeri, che oggi ci dicono che non serve. Vorrei fare una considerazione che va al di là dei numeri, ed è quella di dirsi in coscienza se riteniamo questo strumento uno strumento valido per raggiungere quel risultato. A nostro avviso, è uno strumento disumano, crudele, oltretutto in una realtà territoriale sammarinese molto più pericolosa che da altre parti. Ricordavo che sulle Alpi, in Trentino, dove hanno condizioni morfologiche più adeguate, si rifiutano questi strumenti disumani che non c’entrano niente con la caccia. Personalmente sono contraria alla caccia, ma qui non siamo nell’alveo dell’attività venatoria, qui siamo nell’alveo di dire prendiamo queste specie e siccome devono diminuire noi gli spariamo addosso. Se queste specie devono diminuire, ci possono essere metodi e mezzi diversi, supportati dalla scienza, che in qualche modo isolano alcuni elementi, fra l’altro quelli grandi, e non i cuccioli. Ci sono metodi certamente più idonei per raggiungere un risultato che ad oggi, tra l’altro, i numeri dicono non servire. Credo che sia un fatto di coerenza e di coscienza, e mi sembrava corretto sottolineare da parte del gruppo consiliare del PSD che ci sentiamo forse un pochino presi in giro rispetto a questo.
Antonella Mularoni (Rf): Sarò velocissima. Mi piacerebbe solo dire due parole sul piano politico per non tagliare la faccia in maniera aperta al Segretario Ciacci, ma si dice che si lascia la libertà di coscienza. Abbiamo votato pochissimi mesi fa un provvedimento che ha deciso una cosa. Credo che come Consiglio Grande Generale faremo una figura barbina, ma ne facciamo tante…. Questa maggioranza ormai ha abituato il paese alle figure barbine, ma anche su questo riusciamo dopo pochi mesi, siccome forse a qualcuno è andata male l’altra votazione, a cambiare subito. Siamo sempre noi, quindi siamo veramente in una situazione ridicola, ma ridicola. Anche sui cinghiali riuscite a fare un teatro. Io veramente sono sconvolta.
L’Istanza è bocciata con 12 voti favorevoli, 31 contrari e 4 astenuti.
Comma 16 – Progetto di legge “Indicatore della Condizione Economica per l’Equità – ICEE” (presentato dalla Segreteria di Stato per gli Affari Interni) (II lettura)
Gemma Cesarini (Libera) Relatore di maggioranza: Come anticipato in premessa, il presente progetto di legge interviene per introdurre uno strumento di equità e di giustizia sociale, con l’obiettivo di assicurare una gestione più equa ed efficiente per l’accesso alle prestazioni sociali. Il progetto intende introdurre uno strumento volto a unificare i criteri di misurazione della condizione economica dei cittadini per l’accesso alle prestazioni sociali, attraverso uno strumento unico denominato ICEE, analogo a strumenti già noti in altri ordinamenti. L’obiettivo primario è definire criteri ispirati ai principi di solidarietà, equità e giustizia sociale, garantendo al contempo una razionalizzazione e un utilizzo più efficiente delle risorse che lo Stato destina alla cittadinanza. È noto che l’introduzione dello strumento dell’ICEE nel nostro ordinamento affonda le proprie radici in almeno due legislature precedenti, ed è evidente la costante volontà politica manifestatasi nel susseguirsi di diverse legislature, governi e maggioranze – di introdurre e disciplinare in modo stabile l’ICEE, adattandolo alle esigenze specifiche della realtà sammarinese e dell’amministrazione pubblica. Abbiamo convinto e apprezzato la scelta di sostituire il precedente decreto delegato con un progetto di legge, ritenendo che tale forma normativa rappresenti in modo più compiuto la volontà dell’organo legislativo e l’indirizzo politico che ne deriva. I lavori della Commissione si sono svolti in un clima di confronto e collaborazione, volto a ricercare condivisione e punti di incontro tra le proposte della maggioranza e quelle della minoranza. La norma stabilisce criteri unificati di valutazione della condizione economica dei residenti in Repubblica per l’accesso a strumenti di protezione sociale e prestazioni agevolate e sancisce inoltre il principio di proporzionalità contributiva, in attuazione dei principi costituzionali. Un importante elemento di novità introdotto è il collegamento esplicito tra il calcolo dell’ICEE e le capacità costituzionali della solidarietà e della contribuzione, prevedendo altrimenti un rafforzamento dei meccanismi di controllo e di scambio di informazioni di natura finanziaria con altre autorità statali. L’elemento centrale è l’introduzione dell’ICEE, che si configura come strumento unificato di misurazione della condizione economica, il quale disciplina i criteri di determinazione dell’Indicatore della Condizione Economica per l’Equità per i nuclei familiari. Abbiamo modificato la quota del patrimonio nel calcolo aumentandola dal 20% al 25% e armonizzando i riferimenti alla DRP e alle banche dati pubbliche. È stata introdotta una modifica con riferimento ai redditi, specificando che devono intendersi i redditi ovunque prodotti anche per interposta persona. Per rendere più efficace l’azione di contrasto alle false dichiarazioni, la legge stabilisce le sanzioni penali e amministrative per dichiarazioni false o mendaci, nonché gli obblighi di restituzione delle provvidenze indebitamente percepite. Introduciamo inoltre un nuovo organo consultivo incaricato di monitorare gli effetti dell’applicazione dell’ICEE: l’Osservatorio per il monitoraggio dell’ICEE, il cui obiettivo è quello di testare operativamente l’applicazione del calcolo. Per tale ragione, l’articolo 18 prevede una fase sperimentale di dodici mesi, che, insieme all’Osservatorio, costituisce un elemento essenziale per testare e perfezionare lo strumento. Il progetto di legge è stato approvato in Commissione con 9 voti favorevoli, 0 voti contrari e 4 voti astenuti.
Emanuele Santi (Rete) Relatore di minoranza: In sede di discussione generale in Commissione, svoltasi dal 20 al 22 ottobre scorso, abbiamo rimarcato le criticità che il provvedimento conteneva. Il Pdl ICEE giungeva in discussione prima della riforma dell’Imposta Generale sui Redditi, quando sarebbe stato logico e opportuno procedere in senso inverso; senza conoscere gli esiti della riforma IGR, non è possibile valutare chi paga, quanto paga e con quali effetti redistributivi, ed esisteva dunque il rischio concreto di un doppio salasso per i cittadini e di un ulteriore impoverimento del tessuto sociale. Abbiamo riscontrato una impostazione concettuale errata: l’impianto del testo risultava miope e inadeguato, in quanto oggi non disponiamo di strumenti sufficienti per individuare con certezza chi sia effettivamente “ricco” o, viceversa, in reale condizione di bisogno. I redditi non sempre sono certi o pienamente tracciabili, e vi è chi può eludere o occultare parte delle proprie entrate; i patrimoni non sono completamente rilevabili, specialmente quelli esteri o quelli intestati a società, trust o altri veicoli giuridici, generando profonde iniquità. Il testo arrivato in Commissione era pertanto miope, scarno e si prestava a numerose distorsioni, rimandando a un gran numero di regolamenti da redigere successivamente, i quali, per loro natura, non sarebbero passati dall’Aula, consegnando di fatto al Governo lo strapotere di farli a suo piacimento. Come gruppi di minoranza non ci siamo tirati indietro e abbiamo presentato alcuni emendamenti per cercare di migliorare il provvedimento. Con nostra grande sorpresa, quello che consideravamo un testo ormai blindato tra Governo e maggioranza in realtà non lo era, ed alcuni dei nostri emendamenti sono stati accolti. Nonostante sia stato respinto un nostro emendamento che chiedeva di riequilibrare il rapporto tra reddito e patrimonio al 50%, il rapporto è stato modificato al 75% per il reddito e al 25% per il patrimonio. Grazie agli emendamenti portati dai gruppi di minoranza, oggi il testo prevede il rimando, su aspetti cruciali, ad alcuni Decreti Delegati che verranno discussi in Consiglio Grande e Generale, anziché a dei regolamenti: questo è un passo avanti importante in termini di trasparenza e garanzie democratiche. Ci soddisfa inoltre l’emendamento portato dal Governo che istituisce un Osservatorio che dovrà affrontare le tante criticità rimaste aperte, pensiamo in particolare a quelle legate al sommerso, ai trust, ai beni conferiti nelle società e al calcolo del patrimonio e del reddito. Ma non basta: il lavoro è ancora tutto da fare. Il progetto di legge rimane comunque incompleto, perché rinvia a tanti Decreti Delegati e regolamenti ancora da scrivere e perché molte questioni cruciali sono rimandate a futuri tavoli di confronto. Continueremo a monitorare da vicino l’evoluzione e a combattere per rendere l’ICEE un vero strumento di equità.
Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Ringrazio i due relatori, anche se ovviamente la relazione dei gruppi di opposizione non posso condividerla al netto delle critiche, pur riconoscendo il loro contributo costruttivo durante i lavori di commissione nei quali sono stati o recepiti o comunque costruiti e condivisi da tutta l’aula alcuni emendamenti, per cui abbiamo qui in seconda lettura un testo emendato, sicuramente migliorato con il lavoro e contributo di tutta la commissione. Io credo che noi stiamo facendo un passo molto importante perché siamo indietro di tantissimi anni rispetto ad altri paesi che hanno dato indicatori di questo tipo. Siamo indietro non perché i decreti adottati in precedenza avessero delle lacune in particolare, ma perché ancora non sono pronti gli strumenti e non sono stati fatti gli strumenti per armonizzare un problema che gli altri paesi non hanno e per noi invece è importante. Lo abbiamo trattato soprattutto nella discussione in sede di Commissione su cui la soluzione adottata è innovativa ed è comunque preziosa ed è quella di introdurre, con gli emendamenti fatti, un organismo che possa studiare e valutare l’applicazione nel primo anno di questo strumento in maniera tale che per le riforme si possano stabilire i punti di riferimento su cui poi andare a progettare le riforme che sono necessarie. Bene, questo progetto di legge così approvato, e avendo già pronto anche il prodotto digitale per accompagnare la compilazione e la redazione della dichiarazione ICEE – perché l’ICEE è una dichiarazione – è un passo estremamente importante. Abbiamo introdotto l’elemento di novità che è quello della possibilità di valutare nel primo anno il funzionamento in maniera tale da portare poi i correttivi necessari per armonizzare soprattutto il rapporto tra patrimonio in Repubblica e patrimonio detenuto all’estero. Ma nel frattempo avremo prodotto gli indicatori che sono importanti per far partire le riforme e questo è il passaggio più importante. Avremo l’applicativo che funziona, e voglio ringraziare pubblicamente chi ha lavorato sull’applicativo Ciscoop, in particolare l’Ufficio informatica, ma anche l’Associazione bancaria sammarinese che si è resa disponibile in maniera costruttiva a mettersi al tavolo per fornire strumenti importanti per rendere operativo questo strumento. C’è stato un contributo importante da parte di tutta la maggioranza; abbiamo condiviso e migliorato il provvedimento. Adesso si apre, auspico, con l’approvazione di questo documento, una stagione estremamente importante che posso identificare quantomeno in due traiettorie. La prima è lavorare su ICEE l’operativo e cominciare a raccogliere le dichiarazioni, acquisire i dati e far partire subito quel tavolo, quell’organismo che ne deve fare poi di studio e valutazione su un piano. Dall’altro cominciare a lavorare sulle riforme perché con l’approvazione di questo strumento non ci sono più scuse per andare a far partire tutte quelle riforme che abbiamo detto occorre fare non appena sarà pronto l’ICEE. Portiamo anche le riflessioni di questo organismo nelle commissioni opportune così si possono cominciare a studiare e introdurre quelle riforme che sono necessarie per il welfare, per i diritti esistenti ma anche i nuovi diritti, perché abbiamo nuovi diritti che devono essere riconosciuti in tanti settori, anche nell’istruzione. Per riconoscere questi diritti abbiamo bisogno di questo strumento. Poi si potrà cominciare ad analizzare, a confrontarsi su quali sono e su come riconoscerli e su come fare equità e giustizia, riducendo quei contributi che vengono dati in maniera lineare a pioggia, invece distribuendoli e indirizzandoli verso chi è più bisognoso, verso chi ha più merito, verso chi, ad esempio, ha un numero di familiari maggiore rispetto ad altri, introducendo più parametri e misurando soprattutto la capacità economica di ogni soggetto che richiede l’accesso alle contribuzioni o strumenti di welfare in senso lato. Faremo un passo importante e finalmente potremo contribuire a migliorare una lacuna che nel corso di questi anni è sempre di più sotto gli occhi di tutti.
La seduta è sospesa alle 19:20 e riprenderà domani mattina alle 9:00 dal Comma 13


