Nel corso della seduta serale del Consiglio Grande e Generale approvato il PDL di modifica dello Statuto di Banca Centrale
Nel corso della seduta serale del Consiglio Grande e Generale, prosegue – al comma 10 – l’esame del progetto di legge riguardante le modifiche dello Statuto della Banca Centrale della Repubblica di San Marino, cominciato nella precedente commissione consiliare.
Dibattito particolarmente acceso sull’articolo 8, riguardante il tema del “segreto d’ufficio”. Il Segretario di Stato Gatti spiega che l’articolo riformula la disciplina del segreto d’ufficio di Banca Centrale per renderla coerente con gli standard europei, in vista della futura verifica dell’EBA. Fa presente che l’adeguamento nasce da richieste tecniche e che la delega prevista serve solo per eventuali integrazioni future, qualora EBA richiedesse ulteriori specifiche. L’opposizione interpreta invece l’articolo come un passo che rischia di ridurre lo spazio decisionale del Consiglio Grande e Generale. Diversi consiglieri sostengono che la norma attribuisca un potere eccessivo a Banca Centrale nella definizione delle regole. Alcuni esprimono il timore che il nuovo impianto possa diventare un ostacolo al dissenso o un modo per blindare informazioni non realmente sensibili. Nel corso del confronto emerge – anche su impulso di Libera una possibile mediazione, accolta dal Segretario Gatti: eliminare la formula “adottato su proposta della Banca Centrale” e sostituirla con una formulazione che mantenga la possibilità di emanare un decreto delegato, ma senza rendere l’iniziativa esclusiva di Banca Centrale. La decisione finale vede l’articolo approvato con 34 voti favorevoli, dopo l’accoglimento della modifica che attenua il ruolo vincolante di Banca Centrale nell’elaborazione dei futuri decreti delegati.
Nel finale spazio alle dichiarazioni di voto. Il progetto di legge viene messo ai voti e approvato con 36 voti favorevoli e 14 contrari. Infine, viene aperto il comma 11: relazione del Dirigente del Tribunale sullo stato della giustizia per l’anno 2024 e successivo dibattito.
Di seguito una sintesi degli interventi
Comma 9. a) Dimissioni della Signora Arianna Serra da membro della Commissione Risorse Ambientali ed Agricole e sua sostituzione;
b) Dimissioni della Signora Manuela Biserni da membro della Commissione Risorse Ambientali ed Agricole e sua sostituzione
Il PDCS designa Jan Domenico Guidi e Matteo Lancioli. Le nomine sono approvate.
Comma 10. Prosecuzione esame progetto di legge “Modifiche all’articolo 10 della Legge n.96 del 29 giugno 2005 e successive modifiche – Statuto della Banca Centrale della Repubblica di San Marino” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio) (II lettura)
Articolo 5 (Modifiche all’articolo 16 della Legge n.96/2005 e successive modifiche) – Approvato con 28 voti favorevoli e 10 contrari
Segretario di Stato Marco Gatti: Modifica all’articolo 16 della legge numero 96/2005, successive modifiche. I commi 1, 2 e 3 dell’articolo 16 della legge numero 96/2005, successive modifiche, sono così modificati. Il collegio sindacale si compone di un presidente e di due membri. Il presidente è nominato dal Consiglio Grande e Generale, i membri sono designati dai soci di minoranza e nominati dall’assemblea. Il collegio sindacale partecipa alle sedute del consiglio direttivo e dell’assemblea. Il collegio sindacale esercita il controllo sulla gestione, sull’osservanza della legge, dello statuto e dei regolamenti della Banca Centrale e dei principi di corretta amministrazione. Presenta all’assemblea la propria relazione al bilancio annuale. Il comma 5 dell’articolo 16 della legge 96/2005, successive modifiche, è così modificato: i sindaci devono risultare iscritti al registro dei revisori contabili di cui alla legge 27 ottobre 2004 numero 146, successive modifiche. Restano in carica tre esercizi e possono essere riconfermati per due ulteriori mandati. Coloro che hanno già ricoperto la carica di sindaco per tre mandati consecutivi possono essere nuovamente nominati dopo il decorso di almeno un triennio. Le modifiche a questo articolo sono per lo più formali. Nel primo comma è stato stabilito che il collegio sindacale si compone di un presidente e di due membri, ed è stata tolta la parola “effettivi” perché di fatto non esistono gli effettivi e i supplenti. Sono stati inseriti richiami ai completamenti, ad esempio che il collegio partecipa anche all’assemblea, mentre prima risultava partecipare soltanto al consiglio direttivo. Sono stati inoltre specificati i poteri del collegio sindacale, rivolti soprattutto al controllo della gestione, all’osservanza della legge e dello statuto e alla corretta amministrazione, quindi attività proprie del collegio sindacale, perché per il controllo contabile c’è la società di revisione.
Matteo Casali (RF): Il Segretario ha appena detto della possibile sovrapposizione dei compiti della società contabile. Tuttavia, evidenzio che questa formulazione è diminutiva in termini di poteri del collegio sindacale e non so se sia il caso che lo sia in modo così diminutivo. Rilevo che la rispondenza ai principi di corretta amministrazione, per quanto riguarda il bilancio, così formulata potrebbe essere semplicemente un mero controllo stile checklist: verificare che il bilancio ci sia e spuntare che il bilancio c’è, mentre la precedente formulazione entrava nel merito delle poste di bilancio e, a mio avviso, responsabilizzava molto di più il collegio sindacale. Si potrà dire che c’è la società contabile. Tuttavia, il fatto è che esistono altre norme che prevedono che determinate situazioni siano estensivamente curate e tutelate. Mi viene in mente, ad esempio, la legge sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, dove il legislatore diffonde le responsabilità proprio per essere sicuro che questi adempimenti vengano svolti. Mi pare che, nella formulazione attuale, si perda una prerogativa e una funzione che era in capo al collegio sindacale e che molto probabilmente non è il caso di perdere, anche se abbiamo la società di revisione contabile. Secondo me questa formulazione è molto meno garantista della precedente. A mio modo di vedere, sarebbe opportuno rivederla e magari tornare a una formulazione più estensiva rispetto ai poteri del collegio sindacale, come era in precedenza.
Nicola Renzi (RF): Ridurre questa discussione alla articolazione del collegio sindacale, se deve durare un mandato in più o un mandato in meno, cozza in maniera evidente con quello che invece questo testo di legge avrebbe dovuto essere fin dall’inizio, cioè una vera riforma dello statuto e del funzionamento della Banca Centrale. Purtroppo si è persa un’occasione. Io credo che chi ci ascolta abbia sentito nel dibattito odierno la necessità di analizzare la Banca Centrale, firmare un memorandum con la Banca d’Italia, andare avanti, fare l’addendum all’accordo di associazione, eccetera. E oggi qui siamo a discutere invece se i sindaci debbano avere un mandato in più o un mandato in meno nella loro operatività generale della Banca Centrale. Purtroppo abbiamo perso un’occasione. Stiamo continuando a perdere un’occasione incredibile, un’occasione unica, perché non penso che potremo continuare a fare modifiche allo statuto della Banca Centrale un mese sì e un mese no, un anno sì e un anno no. Questo è veramente un intervento che l’aula, io credo, si sarebbe potuta risparmiare se c’erano da fare solo queste piccole correzioni. Vedremo invece quando quest’aula davvero vorrà affrontare la tematica del funzionamento della Banca Centrale.
Antonella Mularoni (RF): Nel collegio sindacale si sono mantenute le funzioni miste, cioè il controllo dell’osservanza della legge, dello statuto e dei regolamenti di Banca Centrale da una parte, che implicherebbe conoscenze di tipo giuridico, e il controllo sulla gestione, che comporta invece conoscenze più riconducibili ai dottori commercialisti. Visto che la maggioranza e il governo hanno deciso di lasciare questa impostazione, inviterei comunque a tener conto del fatto che, quando ad esempio vengono nominati tre dottori commercialisti, ci si è trovati nella situazione in cui il collegio sindacale, essendo composto da soli dottori commercialisti, per tutte le questioni di legalità doveva chiedere all’Avvocatura dello Stato oppure ci siamo trovati di fronte a pareri richiesti a grandi studi italiani, con esborso di oneri significativi ogni volta che c’era qualcosa di legale che doveva essere sottoposto all’attenzione del consiglio direttivo. Secondo me è stato fatto un errore, perché bisogna decidere se il collegio sindacale ha funzioni di tipo economico, quindi riconducibili al lavoro svolto dai dottori commercialisti, o questioni di natura legale. Se le ha entrambe, bisognerebbe garantire comunque per legge la presenza di entrambe le competenze, perché nell’attuale collegio sindacale mi pare che ci siano, ma non è sempre così. Inoltre, nel momento in cui scrivete al comma 5 che i sindaci devono risultare iscritti nel registro dei revisori contabili, potrebbero esserci in futuro dottori commercialisti certamente iscritti a questo registro, ma non laureati in giurisprudenza e quindi non avvocati iscritti al registro dei revisori contabili. Il problema che evidenziavo e che ho vissuto in prima persona, quando ero membro del consiglio direttivo di Banca Centrale, si ripresenterebbe. Quindi non penso sia stata fatta una grande scelta nel mantenere questa competenza mista, per cui alla fine non si capisce esattamente, anche in sede di nomina, come operare al meglio, perché poi potrebbero esserci più gruppi che devono designare il sindaco e magari tutti scelgono un avvocato o tutti un commercialista, generando una confusione che non è utile per Banca Centrale. La scelta di aggiungere un mandato non mi sembra una buona cosa, francamente, in un organo istituzionale così importante. Il Segretario ci ha detto che non si trovano disponibilità; non so se sia vero o se la ragione sia un’altra, ma penso che un mandato di sei anni come sindaco revisore di Banca Centrale, così come per i membri del direttivo, dovrebbe essere sufficiente.
Segretario di Stato Marco Gatti: Io condivido il fatto che l’organo debba essere composto in modo che ci sia almeno un legale o almeno un esperto contabile, perché la mancanza di questo soggetto significa che l’organo non è in grado di adempiere completamente a tutti i suoi doveri e non sarebbe opportuno che si rivolgesse esternamente. Condivido pienamente questa posizione e, quando si forma l’organo, bisogna tener conto di questo, altrimenti l’organo non è correttamente formato. La stessa cosa vale per il consiglio direttivo o un consiglio di amministrazione: è l’insieme che deve garantire tutte le professionalità richieste affinché l’organo abbia tutte le competenze necessarie per portare avanti la corretta amministrazione. Io dico che, a verbale, metterei che deve essere un impegno di chi nomina quello di nominare un organo completo. Quindi ci deve essere per forza almeno un legale o almeno un contabile. Ora abbiamo fatto la scelta dei revisori contabili. Mi risulta che ci siano avvocati iscritti ai revisori. Si poteva mettere “revisori contabili oppure iscritti ai due albi”, perché se uno è iscritto all’albo degli avvocati o dei notai, il controllo dello statuto e del rispetto dello statuto, o il controllo legale, è in grado di farlo. Mentre invece chi è iscritto anche al registro dei revisori contabili forse ha qualcosa in più per entrare nel merito dei principi contabili rispetto al mero legale. Però, in un organo dove ci sono più esperienze, andrebbe bene anche che ci fossero figure non iscritte se sono legali. Adesso purtroppo non possiamo intervenire sulla legge; non credo che possiamo farlo passare come una modifica formale, però se dovessero sorgere problematiche condivido che vadano affrontate immediatamente.
Art. 6 – (Modifiche all’articolo 17 della Legge n.96/2005 e successive modifiche) – Approvato con 32 voti favorevoli e 12 contrari
Segretario di Stato Marco Gatti: Con questo articolo abbiamo ridefinito quello che era il regime delle incompatibilità e in particolare è stato fatto il richiamo a quello che è il cosiddetto fit and proper. Abbiamo rafforzato i criteri per far parte di questi organismi. Il fit and proper è un insieme di regolamenti che sono stati introdotti a seguito dell’adeguamento agli standard europei, che si applicano a tutti i soggetti vigilati, ma che non erano previsti per la Banca Centrale. In particolare abbiamo richiamato che tutto ciò che si applica ai soggetti vigilati deve essere applicato anche alla Banca Centrale, che poi lo richiede agli altri.
Matteo Casali (RF): Sono rimasto sinceramente esterrefatto dal comma 3 di questo articolo, perché a me pare che le condizioni di ineleggibilità per i membri del consiglio direttivo siano abbastanza lasche. Qui si parla di persone che nel decennio precedente non abbiano avuto condanne penali, anche non definitive, per reati dolosi. Cioè, se una persona undici anni fa ha avuto una condanna penale per un reato doloso, è “buono”; dieci anni e mezzo sì, nove anni no. A me verrebbe da dire: no, mai. Addirittura non è eleggibile chi nel decennio precedente ha avuto almeno due provvedimenti sanzionatori o disciplinari da parte di pubbliche autorità o organi di vigilanza per i settori economici. Questo significa che, se nel decennio precedente ha avuto una segnalazione, è compatibile con l’essere membro del consiglio direttivo; se dieci anni e mezzo prima ne ha avute due, è compatibile. Questa cosa appare un’enormità, sinceramente. E poi il periodo che segue dice che qualora il profilo reputazionale divenisse carente in corso di carica, può rimanere se non è “troppo” carente. Poi chi stabilisce la carenza o la non carenza? Mi pare che ci sia anche un principio di discrezionalità che forse è il caso di evitare. Io dico semplicemente che i membri del consiglio direttivo di Banca Centrale dovrebbero essere personalità specchiate e che, per quanto queste formule siano derivate da regolamenti europei o recepimenti di altri tipi di direttive, a me verrebbe da dire che non sono norme restrittive; anzi, mi paiono impropriamente lasche rispetto a queste caratteristiche di onorabilità. Credo che questa sia un’osservazione evidente anche per chi non ha strumenti tecnici e non è addentro agli aspetti tecnici della norma e della materia. Penso che questa sia un’evidenza che salta agli occhi di tutti.
Antonella Mularoni (RF): Una piccola integrazione all’intervento che ha fatto il collega Casali, che condivido in pieno. Io faccio fatica, Segretario, a capire per quale ragione, nell’ultima parte del comma 3, voi abbiate previsto che, qualora il profilo reputazionale sopradescritto divenisse carente in corso di carica, ma senza ricadere in una delle condizioni di ineleggibilità o nella perdita dei requisiti di onorabilità, la carica possa continuare a essere ricoperta fino a sua naturale scadenza in assenza di altre cause ostative alla prosecuzione dell’incarico. Secondo me non è logica la scelta che avete fatto. Per me questa cosa è priva di logicità e non capisco per quale ragione abbiate voluto costruire l’articolo in questo modo. Cioè, se queste carenze sono talmente gravi per cui una persona non può essere eletta membro del direttivo, non appena gli capitano deve lasciare il consiglio direttivo di Banca Centrale. Io veramente non ho capito per quale motivo abbiate fatto questa scelta. Per cui ha ragione il collega Casali: la lettura complessiva di questo articolo ci lascia abbastanza perplessi, perché qual è la ratio per cui uno non può essere eletto se si rivelano queste carenze, però, se appena è stato eletto, può stare lì fino alla fine del triennio?
Emanuele Santi (Rete): Questo articolo è l’emblema di come questo progetto di legge sia stato portato avanti, ovvero senza un reale confronto. Io penso che, facendo questo provvedimento, si sia persa una vera e propria occasione per fare un buon servizio a questo Paese, perché lo sappiamo tutti: c’era un ordine del giorno sottoscritto da tutte le forze politiche, già da un paio d’anni fa, che dava il mandato al Congresso di Stato e al Consiglio di elaborare una proposta di modifica dello statuto. Questo è l’articolo che, in me, fa sorgere la prima domanda: per chi è questo articolo? Cioè, qual è un profilo che diventa carente e che nel corso del mandato può rimanere in carica altri due-tre anni? Ma è possibile scrivere delle cose così? Secondo me non è possibile. Qui c’è qualcosa che non va. Qui si dice che il membro del Consiglio Grande e Generale o un congressista non può assumere la carica al ConDir per tre anni, quindi deve stare in panchina per tre anni — giustamente, dico — perché cosa succede? Succede che all’articolo 1, comma lettera C, però, chi ha ricoperto la carica di amministratore, dirigente, sindaco o funzionario di soggetti autorizzati, quindi di banche, può, se è stato in panchina un anno, rientrare. Questo, secondo me, è più un conflitto di interessi. Questo, secondo me, è un altro degli articoli che non filano.
Michela Pelliccioni (indipendente): Intervengo su questo articolo solo per alcune considerazioni di carattere generale. Avete introdotto modifiche che vanno un po’ in linea con il regolamento in consultazione: ci sono commi assolutamente speculari, soprattutto per gli esponenti aziendali. Però, proprio perché stiamo andando in una direzione europea che vede vincoli sempre più stringenti, addirittura abbiamo inserito il criterio di correttezza anche per quanto riguarda eventuali misure cautelari, mi chiedo perché, quando si parla dello statuto di Banca Centrale, non si sia andati in questa stessa direzione. Le funzioni sono diverse, ma le competenze devono essere di altissima caratura. Quindi mi chiedo perché non si sia fatto questo passaggio e perché ci troviamo una disparità in questo momento: per gli esponenti bancari abbiamo una linea super stringente, mentre per il consiglio direttivo di Banca Centrale e il collegio sindacale dobbiamo rifarci ai soli riferimenti di statuto.
Nicola Renzi (RF): Questa è stata la legge “magica”, nel senso che è arrivata in Commissione con pochissimi articoli che volevano fare una cosa ed è uscita dalla Commissione con molti più articoli e alcuni che facevano il contrario di quello che era arrivato in prima lettura. L’articolo 6 è stato oggetto di lunghe discussioni anche in Commissione Finanze. La prima cosa rilevata è stata proprio l’aggiunta dell’ultima parte, un’appendice dopo la lettera B del comma 3. Anche in Commissione avevamo fatto presente che ci sembrava una cosa non congrua e che potesse potenzialmente inficiare tutto quello che era scritto sopra. La seconda cosa riguarda la differenza di trattamento: c’è un trattamento diverso per chi ha ricoperto il ruolo di consigliere rispetto a chi ha ricoperto ruoli nel settore bancario. Passare dall’altra parte della barricata è facilissimo: prima si è vigilati, poi si diventa vigilanti. Viene richiesto solo un anno di vacanza dall’incarico precedente. Forse sarebbe stato opportuno distinguere le categorie, perché una cosa è un amministratore bancario che non va a contatto con le pratiche, un’altra un dirigente apicale. Per quanto riguarda i consiglieri, continuiamo a riempirci la bocca della necessità di valorizzare il loro ruolo, ma poi si va a vedere che il ruolo del consigliere è quello più penalizzato, non solo durante il mandato, ma anche quando lo termina.
Segretario di Stato Marco Gatti: Intanto bisogna partire dalla norma attuale, che non prevede nessun tipo di tempo. Quindi oggi uno può saltare da una posizione all’altra senza neanche avere un periodo di interruzione dell’attività. Poi tutto è soggettivo: possono essere pochi tre anni o poco un anno, o si può invertire. Io credo che almeno un minimo di interruzione ci voglia. La scelta è stata questa. È vero che il ruolo politico è penalizzato per questo tipo di attività, però è anche vero che forse si può dare un segnale in questo senso: che la politica non ingerisce su un’autorità che deve avere una sua indipendenza. E quindi, avendo svolto un ruolo politico, devi avere almeno tre anni di stacco prima di ricoprire un ruolo all’interno della Banca Centrale. Se vieni dal mondo bancario devi avere un anno di interruzione. Abbiamo esteso i requisiti degli esponenti aziendali, per tutto ciò che riguarda l’onorabilità, quindi il fit and proper, ed è stato esteso anche alla Banca Centrale nel comma 3. È chiaro che c’è un tempo di dieci anni perché non si vuole la “morte civile” ed economica delle persone. Non è che se uno ha sbagliato una volta deve pagarla per tutta la vita. Poi dipende dallo sbaglio che ha fatto. Ci sarà una valutazione in questo senso. Ma se uno ha preso una sanzione non può più ricoprire ruoli? Ci sembra eccessivo. Il discorso dei dieci anni significa che hai uno stop di dieci anni, che è comunque una sanzione. Quanto alla questione “se sei in carica e non decadi”: non decadi se non c’è una causa di illegittimità o se non è grave. Non puoi essere nominato se hai pene non definitive o procedure pendenti. Ma se sei dentro e ti avviano un procedimento penale, diventa anche pericoloso: basta che qualcuno presenti un esposto e tu devi decadere? Allora, in quel caso, rimani in carica, a meno che non arrivi una sentenza definitiva, che allora è grave e ti devi dimettere. Quindi è una situazione non definitiva.
Art. 7 (Modifica all’articolo 24 della Legge n.96/2005 e successive modifiche) – Approvato con 32 voti favorevoli e 12 contrari
Art. 8 (Modifiche all’articolo 29 della Legge n.96/2005 e successive modifiche) – Approvato – Approvato con 34 voti favorevoli
Segretario di Stato Marco Gatti: Con questo articolo è stato riformulato quello che è il segreto d’ufficio a cui è tenuta la Banca, tutti i componenti e tutti coloro che lavorano in Banca Centrale o comunque chi viene a conoscenza delle attività che vengono svolte, soprattutto in tema di vigilanza, da parte della Banca Centrale. La Banca Centrale in questi mesi ha stretto collaborazione con EBA perché sta lavorando per prepararsi a quello che dovrà essere, una volta che l’accordo di associazione entrerà in vigore: sarà sottoposta a una verifica da parte di EBA e sono partiti proprio dal segreto d’ufficio, che è uno degli elementi notabili, perché è quello che ti consente poi di poter scambiare informazioni tra tutte le autorità e quindi sta omologando quella che è la propria normativa esattamente alla normativa EBA per poi non avere problematiche con le altre autorità sul tema. Abbiamo messo questa delega su proposta della Banca Centrale qualora quello che è stato introdotto adesso non fosse sufficiente oppure se EBA dovesse chiedere modalità applicative, alcune specifiche particolari rispetto al segreto d’ufficio. Probabilmente qualche cosa interverrà e servirà fare, proprio in tema di disposizioni attuative rispetto all’articolo dello Statuto. So che sono in corso gli ultimi incontri proprio con EBA, da parte di Banca Centrale, per capire i termini di questo decreto qualora dovesse essere adottato.
Nicola Renzi (RF): È ovvio che nel percorso che dovrà fare la nostra Banca Centrale, serviranno miriadi di atti che devono essere adottati per cambiare, per implementare la normativa, eccetera. E all’interno di questo quadro è altrettanto ovvio ed evidente che vada normato doverosamente quello che è il segreto d’ufficio, perché il segreto d’ufficio è molto importante per come deve essere gestito, per non generare troppe preoccupazioni, per non favorire magari un istituto di credito piuttosto che un altro, un vigilato piuttosto che un altro. Io credo però che debba essere stabilito in maniera molto chiara che questo segreto deve venire meno nei rapporti con l’istituzione politica preposta. Ecco perché un’altra occasione persa: quello che bisognava andare a normare in maniera precisa, dettagliata e ineludibile era il rapporto tra gli organi della Banca Centrale interni da un lato, e dall’altro lato i rapporti tra la Banca Centrale stessa, quindi i suoi vertici, eccetera, e l’autorità politica, oltre che l’autorità giudiziaria. Perché alcune decisioni che vanno prese sono decisioni di sistema nelle quali non è che la Banca Centrale va in una direzione e la politica va nell’altra, perché altrimenti si crea il cortocircuito che danneggia solamente il Paese. Qua si è arrivati all’ultima innovazione, per cui d’ora in avanti, oltre al decreto legge, al decreto delegato, c’è anche il “decreto di Banca Centrale”. C’è il decreto Banca Centrale nel quale addirittura abbiamo scritto in una legge che è la Banca Centrale che ti propone il decreto e il Segretario deve portarlo. Io credo che siamo veramente arrivati alla frutta, insomma. È inutile che parliamo del ruolo del Consiglio Grande e Generale, di quello che deve fare la politica, della centralità del Consiglio. Ma che centralità del Consiglio? Qui ci sono le forze politiche o i singoli consiglieri che devono aspettare tre anni per andare nel Consiglio Direttivo della Banca Centrale e dall’altro lato devono affrettarsi a votare i decreti che gli scrive la Banca Centrale. Questa è una vergogna.
Antonella Mularoni (RF): Nel solco di quello che diceva il capogruppo Renzi, io volevo fare presente una serie di questioni. Intanto, io ritengo che al segreto d’ufficio siano tenuti tutti coloro che lavorino sotto la pubblica amministrazione. Perché io sfido a pensare che chiunque lavora negli uffici pubblici, che siano agli Esteri, che siano agli Interni, che siano in Tribunale, possa tranquillamente parlare e divulgare informazioni che acquisisce a ragione del suo lavoro. Non lo può fare nessuno. Allora mi sono messa a pensare quale potesse essere la ratio di questo articolo e mi è tornato in mente, qualche mese fa, le difficoltà che abbiamo avuto quando il Comitato di Sorveglianza ha chiesto, per poter svolgere adeguatamente il suo lavoro, di poter accedere ad alcune informazioni e Banca Centrale ha sollevato tutta una serie di muri: che ci voleva un accordo di un certo tipo, insomma, e lo sappiamo com’è andata la vicenda. Quello che ci ha lasciato maggiormente perplessi è come la politica abbia potuto accettare il comma 3-bis così scritto, immaginiamo noi, da Banca Centrale. Ma come ha potuto accettare che le disposizioni attuative di maggior dettaglio in tema di segreto d’ufficio possano essere stabilite con decreto delegato che può essere adottato su proposta di Banca Centrale? Abbiamo già visto nel decreto blockchain che bloccavamo l’entrata in vigore di determinati decreti a quando Banca Centrale avrebbe fatto certe cose. Qui addirittura siamo passati oltre, perché abbiamo previsto che sia Banca Centrale che detta alla politica le disposizioni, i tempi e i contenuti dei decreti delegati. Piano piano, continuando così, visto che qui noi abbiamo un Governo e probabilmente anche una maggioranza docile rispetto a tutto quello che vuole Banca Centrale, stabiliremo in un articolo che tutte le disposizioni in materia finanziaria e bancaria sono scritte direttamente da Banca Centrale.
Gian Nicola Berti (AR): No, io credo che sia necessario un chiarimento. Molto probabilmente l’articolo 3-bis è riferito al fatto che i suggerimenti dei decreti non possono pervenire da Francesco Confuorti, e quindi è una chiarezza ulteriore per tutta Repubblica Futura e per tutta l’aula.
Emanuele Santi (Rete): Credo che ci sia da fare poca simpatia quando si votano questi articoli, perché qui mi sembra che la maggioranza stia sottovalutando un bel po’ anche la portata di questi articoli. Noi, in Commissione, l’avevamo fatto presente che questo provvedimento arrivava con molta leggerezza. Se non ci rendiamo conto che il Consiglio Grande e Generale si auto-esautora dalle sue funzioni dicendo che sulla materia del segreto d’ufficio può solo proporre alla Banca Centrale di fare qualsiasi tipo di decreto e noi adottiamo la proposta della Banca Centrale… quindi Banca Centrale ordina e il Congresso dispone. Io penso una cosa: rispetto a questo articolo ci vedo molte problematicità, anche perché di fatto deleghiamo completamente alla Banca Centrale di fare disposizioni su questa materia. Quindi il Comitato di sorveglianza non potrà più agire. Già ce lo ricordiamo, quando è stato fatto, quanti bastoni fra le ruote gli sono stati messi. Se non vi va bene un articolo, non lo votate e non succede niente, perché cambia solo un pezzettino di quella legge. Non è come nelle altre leggi, che togli le finalità o smonti un altro pezzo e può venir meno la legge. Io penso che, dopo tutti i precedenti che ci sono stati in questi giorni e in quest’ultimo periodo, votare sempre a scatola chiusa quello che propone Banca Centrale o il Governo o chiunque non è più accettabile. Le vogliamo fare noi queste leggi o ce le devono imporre da fuori? Lo dobbiamo anche scrivere? Ma sarà possibile?
Fabio Righi (D-ML): Stiamo andando verso la necessità di integrare questa normativa rispetto a tutta una serie di standard molto tecnici, molto precisi, in cui si dice che è bene che quei testi che devono poi garantire un allineamento agli standard internazionali siano elaborati dalle nostre autorità e dagli enti che tutto il giorno hanno la possibilità di approfondire questi argomenti. In qualche modo questo lo capisco. Però, nello stesso tempo, devo dire che questi passaggi che si trovano spesso e volentieri in queste ed altre normative a noi lasciano un po’ perplessi e un po’ preoccupano. Il ruolo del consigliere è svilito in funzione del fatto che noi siamo qui pressoché come volontari. Si prende grosso modo un rimborso spese che è caratterizzato oggi dal gettone non adeguato e quindi non c’è tempo di approfondire queste, come altre, tematiche che sono particolarmente tecniche e che quindi meriterebbero un approfondimento. Sta nel buon senso del politico che svolge il proprio ruolo, laddove deve fare approfondimenti tecnici che non riesce a completare in autonomia, chiedere di audire, di approfondire insieme ai soggetti tecnici. Allora, con troppa leggerezza, ma in funzione del fatto che “non si può far meglio”, ma in realtà si può fare molto meglio di così, si delega, senza preoccuparsi del fatto che questi passaggi vanno a esautorare dalle proprie funzioni gli organi legislativi, e poi vengono fuori queste cose raffazzonate in cui non ci si rende conto che si va a votare qualcosa che va, in realtà, a ledere la dignità delle nostre istituzioni.
Giovanni Zonzini (Rete): Domando provocatoriamente: se per caso il decreto delegato proposto da Banca Centrale dovesse essere respinto dal Parlamento, dal Consiglio, verremo denunciati, arrestati? Battute a parte, dal mio punto di vista è assurdo stabilire che disposizioni attuative di maggior dettaglio possano essere stabilite con decreto delegato adottato su proposta della Banca Centrale. Quindi, se ad esempio c’è una proposta legislativa da parte del Consiglio che va a modificare il decreto delegato approvato su proposta della Banca Centrale, non si può. Il Consiglio quindi non può, in base a come leggiamo questa norma che, secondo me, se interpretata in questi termini è anche platealmente anticostituzionale. Il Consiglio non potrebbe neanche modificare i decreti delegati proposti dalla Banca Centrale e obbedientemente presentati dal governo, obbedientemente adottati dal governo e supinamente approvati dal Consiglio Grande e Generale, perché noi stabiliamo che di fatto la Banca Centrale non solo ha potere di iniziativa legislativa, ma, da come è scritto, sembra quasi che quest’aula non possa non ratificare. La sovranità, cioè l’organo supremo del Paese, è questo, non è il CdA della Banca Centrale, neanche la vigilanza della Banca Centrale, perché loro non sono eletti dal popolo, sono nominati dal Consiglio Grande e Generale, quindi evidentemente sono loro subordinati a noi, non noi a loro. E invece noi dovremmo praticamente accettare qualunque cosa loro scrivano in merito al segreto d’ufficio, che peraltro riguarda loro. A me francamente sembra un’inversione assurda. Quindi io vi invito veramente a lasciar perdere questo articolo perché, tra l’altro, è assolutamente inutile in sé per sé.
Enrico Carattoni (RF): La domanda che faccio alla maggioranza è: voi avete capito perché viene introdotta questa norma, vero? Voi avete capito il motivo per cui si è reso necessario introdurre un decreto delegato che vada a disciplinare meglio, col pretesto degli standard internazionali che non esistono, perché in tema di segreto d’ufficio evidentemente ogni Paese ha i propri criteri, e San Marino è già compliant rispetto a questo tema? Se Banca Centrale vuole prevedere norme di maggior dettaglio o applicative nei confronti dei propri dipendenti, dei propri funzionari e dei propri collaboratori, basterebbe che con un regolamento interno disciplinasse le modalità di accesso ai database. Lo può fare con un regolamento interno. E allora perché è necessario introdurre la norma di un decreto delegato? Perché col decreto delegato si andrà a estendere il segreto d’ufficio a soggetti estranei alla Banca Centrale. Il problema è il dissenso, e per tacitare il dissenso si troverà il modo di nascondersi dietro al benedetto segreto d’ufficio per far sì che chiunque dica una parola non compliant rispetto al governo o alla Banca Centrale del momento possa subire delle conseguenze. Allora non ci prendete in giro almeno con le esigenze di adattarci agli standard internazionali dietro parole roboanti. Questa è una norma eversiva. Oggi si dice addirittura che il governo, il Congresso di Stato, potrà emettere decreto delegato su proposta di Banca Centrale. Cioè, se il Segretario di Stato alle Finanze vuole emettere un decreto delegato in tema di segreto d’ufficio di Banca Centrale, lo deve chiedere a Banca Centrale. Vi rendete conto della follia? A me veramente pare un corto circuito folle.
Gerardo Giovagnoli (PSD): Non so entrare nel dettaglio tecnico della portata della modifica e quindi della supposta estensione della segretezza, però un ragionamento politico credo che sia necessario, ed ha a che fare con quello che è successo in questi anni e con la sovranità di questo Parlamento. Se il problema, nella nostra storia, è stata l’eccessiva ingerenza della politica verso Banca Centrale, bisogna anche ammettere che a un certo punto è successo l’opposto, cioè che c’era una Banca Centrale debordante rispetto agli altri organi dello Stato e, in particolare, quello preso nel mezzo era il governo. Un conto è che ci sia un’indipendenza dell’esecutivo da Banca Centrale e di Banca Centrale dall’esecutivo. Un’altra cosa è invece il potere legislativo e anche il potere di controllo che questa Camera, come si direbbe in altri Paesi, può e deve esercitare. Da questo punto di vista io credo che una questione di controlli e bilanciamenti, sia necessaria, alla luce soprattutto del fatto che avremo davanti nei prossimi anni un’ottica diversa, che è quella di un’integrazione con il sistema europeo che, da una parte, vuol dire maggiore trasparenza, ma dall’altra vuol dire anche fine della quarantena degli uni dagli altri. Sarebbe quantomeno curioso il fatto che si scambino informazioni le altre autorità e non le autorità con il Parlamento. Io questo tema lo pongo; non so quanto tecnicamente sia valido, ma mi sembra di capire che ci possano essere evoluzioni anche abbastanza radicali, speriamo nel breve termine, perché questa vicenda bancario-finanziaria non deve prendere quindici anni per essere risolta e, nel mezzo di quella vicenda, c’è poi la questione del corretto funzionamento delle istituzioni. Equilibrio che, lo riprendo e concludo, deve essere fisiologico, il che vuol dire che non deve essere mancante e non deve essere debordante.
Iro Belluzzi (Libera): Sicuramente il tema sollevato è un tema importante e, date le nostre dimensioni e le competenze all’interno della Repubblica, è logico andare a sentire chi maneggia e conosce la materia quotidianamente. Per cui ci possono essere, certe volte, degli “scivoloni” che portano a descrivere per norma quello che potrebbe essere letto come un’attività extraparlamentare. Condivido quello che diceva il collega Giovagnoli sul fatto che comunque noi stiamo cercando, in tutti i modi, di ridare un ruolo preponderante, il ruolo che spetta al Consiglio Grande e Generale. Io chiedo, comprendendo perfettamente quello che c’è scritto all’interno della norma, se ci fosse la possibilità — e lo chiedo al Segretario — di andare a smussare questo aspetto. Se ci fosse la possibilità di smussare, con il parere condiviso, perché logicamente noi dobbiamo valorizzare tutte le istituzioni e tutti i ruoli all’interno della Repubblica, ma formalmente dare il ruolo che spetta al Consiglio Grande e Generale sarebbe estremamente importante. E’ gioco forza, in funzione delle nostre dimensioni e delle risorse a disposizione per l’elaborazione di norme che diventano ordinamento della Repubblica, fare tesoro delle migliori esperienze.
Matteo Casali (RF): Mi voglio concentrare su alcune modifiche che possono sembrare cosmetiche all’articolato, ma che io non comprendo. Ad esempio, qui si dice che il segreto d’ufficio, al comma 1, va applicato per qualunque informazione o dato acquisito dalla Banca Centrale o comunque in possesso della stessa, modificando il testo originale che diceva “per tutto ciò che riguarda l’attività della banca”. Probabilmente queste modifiche hanno un significato, però è chiaro che, in ambito giuridico, tutti questi termini hanno un significato preciso. Così come, al comma 3, originariamente si diceva: “Il segreto non può essere opposto all’autorità giudiziaria”; oggi si dice: “Il segreto d’ufficio non può essere opposto all’autorità giudiziaria”. È evidente che il segreto ricomprende il segreto d’ufficio. Per quel che riguarda il comma 3-bis, è già stato detto ampiamente: il comma 3-bis è un abominio. È un abominio per due ragioni: perché, come già stato detto, delega ad altra sede rispetto a questa l’attività di produzione della norma, e questo non è accettabile; ma poi perché assegna a Banca Centrale la gestione completa di una fattispecie che è il segreto d’ufficio, la cui violazione naturalmente non compete a Banca Centrale e solo a Banca Centrale. Quell’ufficio, quella realtà, quell’istituzione diventa competente, per tramite della proposizione di decreti delegati che devono essere approvati dall’aula, su una fattispecie che è del tutto generale. Quindi un doppio abominio. Io temo che quello che diceva il consigliere Enrico Carattoni sia, purtroppo, assolutamente vero: questo è il primo passo verso il controllo del dissenso.
Gaetano Troina (D-ML): Ci sono alcuni passaggi che risultano obiettivamente critici. Il primo su cui mi vorrei soffermare è quello relativo al tema del segreto d’ufficio e devo dire che mi trovo d’accordo con quanto detto, dal collega Carattoni sul fatto che spesso in questo Paese le cose non si devono dire a prescindere e il dissenso in sé non è accettato. Qui si dice che l’obbligo di osservare il segreto d’ufficio, che in base a quello che prevede il comma 1 vale per qualunque informazione o dato acquisito dalla Banca Centrale o comunque in possesso della stessa. Ho fatto un po’ di approfondimenti, ho visto che in generale non tutte le informazioni possono essere vincolate dal segreto d’ufficio, ma generalmente sono soggette a segreto informazioni che sono o qualificate come tali da norme o regolamenti quando la loro divulgazione potrebbe danneggiare la pubblica amministrazione o terzi, oppure sono incluse in categorie normative speciali. Se noi andiamo a scrivere invece così questa norma, vuol dire che potenzialmente è punibile chiunque dica anche solo che nel computer tal dei tali di Banca Centrale c’è il tal nominativo, anche per sbaglio. Mi sembra una dicitura, onestamente, un po’ estrema. D’altra parte, anche il tema della proposta normativa merita un approfondimento perché, onestamente, per come è scritto il comma 3-bis è critico. È l’ennesima delega aperta e senza nessun tipo di limite che consente anche di andare a rivedere le norme che questo Parlamento discute e approva. Ormai stiamo ribaltando sulla Commissione per le Riforme ogni argomento che passa in quest’aula, io non so come potrà questa Commissione sviscerare tutti questi temi.
Vladimiro Selva (Libera): È chiaro che il dibattito ha sollevato una serie di questioni difficili da affrontare se non c’è un conforto da parte del proponente in particolare o comunque degli organismi tecnici. Però è anche vero che qualche perplessità sembra effettivamente ragionevole. Voglio dire: Banca Centrale è comunque una struttura che non è pubblica, però è finanziata in maniera importante dallo Stato, quindi io penso che conoscere quante ore di straordinario faccia un dipendente di Banca Centrale non sia un dato di una segretezza tale da rischiare magari il penale o addirittura situazioni gravi. Potrebbero essere tranquillamente informazioni divulgabili. Segretario, se non ci fossero, in aula, contrarietà a fare un aggiustamento, da “adottato su proposta della Banca Centrale” a “sentita la Banca Centrale”: “adottato, sentita la Banca Centrale”. Però effettivamente “adottato su proposta” è una formulazione che dà luogo a qualche perplessità, che è ragionevole. Segretario, se c’è questa disponibilità e non ci sono contrari a fare questo tipo di correzione, tutto sommato mi sembra la proposta del collega Belluzzi più che ragionevole.
Segretario di Stato Marco Gatti: Io intanto partirei da un esame della norma attuale, perché tutti leggiamo quello che viene presentato ma non sappiamo cosa c’è in essere. Oggi c’è scritto: “I componenti di tutti gli organi della Banca Centrale, i collaboratori e tutto il personale sono obbligati al più rigoroso segreto per tutto ciò che riguarda l’attività della Banca Centrale, i suoi rapporti con i terzi”. Quindi qui c’è un segreto assoluto che non sappiamo neanche cos’è. E poi dice: “Tutte le notizie, le informazioni date in possesso della Banca Centrale in ragione della sua attività di vigilanza sugli intermediari sono coperte da segreto d’ufficio”. Perché adesso viene individuato il segreto d’ufficio; poi si parla di nuovo del segreto d’ufficio e poi alla fine quell’altro comma che è stato evidenziato da Casali dice: “Il segreto non può essere opposto all’autorità giudiziaria”. Ma il segreto d’ufficio allora sì? Quindi l’abbiamo messo a posto: abbiamo parlato del segreto d’ufficio, punto. Non c’è più un segreto assoluto che non sappiamo neanche effettivamente a cosa ci si rivolge. Quindi bisognerebbe dire: finalmente si fa chiarezza, ma all’inizio sembra che abbiamo creato un mostro assoluto. L’altro elemento riguarda il fatto del rinvio al decreto. Noi stiamo discutendo con EBA su un questionario che ci è stato proposto proprio perché abbiamo iniziato: non stiamo dormendo attendendo la firma e poi dopo ci muoviamo; ci stiamo già muovendo per diventare conformi a quelle che sono le direttive. Credo che la Reggenza non ponga questioni se togliamo “adottato su proposta della Banca Centrale”. Questo non è un problema. Era un elemento di garanzia, nel senso che il governo non è che si inventa dalla sera alla mattina una norma tecnica. Quindi, se siete d’accordo, possiamo togliere “adottato su proposta della Banca Centrale”, non c’è nessun problema. Rileggo il comma 3-bis, senza questa dizione, che quindi andrebbe in questo modo: “3-bis. Disposizioni attuative di maggior dettaglio in tema di segreto d’ufficio possono essere stabilite con decreto delegato al fine di accrescere il livello di conformità di tale disciplina agli standard internazionali in materia”.
Art. 9 – (Modifiche all’articolo 31 della Legge n.96/2005 e successive modifiche) – Approvato con 33 voti favorevoli e 12 contrari
Art. 10 – (Modifiche all’articolo 34 della Legge n.96/2005) – Approvato con 34 voti favorevoli e 11 contrari
Art. 11 – (Entrata in vigore) – Approvato con 32 voti favorevoli e 12 contrari
Dichiarazioni di voto
Nicola Renzi (RF): Questa legge ha avuto un po’ l’iter dell’IGR. È partita in un modo, doveva regolare certe cose, cioè la semplice composizione del Consiglio direttivo. Poi si è arrivati qui, abbiamo scoperto che la legge è stata completamente stravolta. Sono stati aggiunti, con gli emendamenti, tantissimi articoli e questo dà un po’ il senso generale, la misura generale di come qua si navighi: cioè lo Statuto della Banca Centrale si può cambiare così, alla cieca, a seconda di quello che viene buono, viene utile in un dato momento. E questo stride ancora di più oggi con quello che abbiamo sentito nel dibattito generale, nel comma comunicazioni. Abbiamo toccato il tema del futuro della Repubblica di San Marino, dell’Accordo di associazione all’Unione Europea, della necessità di adottare nuove normative. Abbiamo sentito i migliori propositi e non c’è Consiglio Grande e Generale che passi in cui alcuni consiglieri portano, io credo in maniera spontanea e davvero sentita, anche con onestà intellettuale, la loro posizione, la loro visione che è anche la nostra. La visione è quella di arrivare a quell’addendum. Quello che viene fuori è invece una minutaglia che serve a imbavagliare qualcuno. Nella questione di Banca di San Marino, dove le forze di opposizione hanno provato a scrivere “cosa sta succedendo?”, senza fare neanche il nome del soggetto vigilato, sono incappate nelle ire della Banca Centrale, che subito ha gettato la mannaia. Quello che bisognava davvero andare a rivedere alla radice nello Statuto di Banca Centrale erano i gradi di autonomia, di riservatezza, di condivisione, di progettualità del sistema bancario. Bisognava rivedere i rapporti interni. Non è possibile, signori, che nel Consiglio direttivo ci siano delle persone che poi devono rispondere anche con la rappresentanza legale della Banca Centrale e, allo stesso tempo, che ci siano dei compartimenti stagni. Qual è il grado di conoscibilità delle pratiche che deve avere il Presidente della Banca Centrale, che deve avere il Consiglio direttivo? Qual è il grado di responsabilità e di autonomia che deve avere la Vigilanza? Questa era la modifica dello Statuto della Banca Centrale: stabilire i limiti, i perimetri delle responsabilità e delle competenze di ciascun organismo interno, cosa che non viene minimamente toccata. Cosa che non viene minimamente toccata. Poi bisognava andare a stabilire i rapporti fra il Consiglio direttivo, la Vigilanza e il CCR: quali sono gli ambiti di azione e quali sono le modalità di condivisione delle informazioni. E poi i rapporti fra la Banca Centrale e il Governo e, dall’altro lato, la Commissione Finanze. Ecco, questa sarebbe stata la riforma dello Statuto della Banca Centrale, almeno alcune delle direttrici. E allora che sia la Banca Centrale a fare le leggi per la Banca Centrale, il Tribunale a fare le leggi per il Tribunale e il Consiglio Grande e Generale si prenderà cura dei tombini, perché rimane ben poco, insomma. Cercate voi, come maggioranza, di condividere degli obiettivi, perché quello che avete scritto e quello che avete detto, quello che dice sempre il consigliere Belluzzi, ad esempio, noi lo condividiamo: quello di arrivare finalmente alla definizione di questo addendum che ci servirà per l’Accordo di associazione all’Unione Europea. Ma noi vediamo tutti atti che vanno contro quella visione, che sono o indifferenti o addirittura vanno contro. Questa legge che stiamo votando non è un’altra occasione persa? Non è un’altra occasione clamorosamente persa rispetto a quella via e rispetto a quel percorso? Noi questa legge, come abbiamo detto dall’inizio, non solo non la voteremo, ma voteremo assolutamente in maniera contraria.
Emanuele Santi (Rete): Io penso che questa legge è nata male ed è proseguita peggio. Insomma, questa legge era nata come di un articolo solo e prevedeva il cambiamento della composizione del criterio della sanmarinesità riguardo al Consiglio direttivo. Praticamente oggi noi voteremo un progetto di legge in cui questa modifica non c’è più, viene tolta, quindi rimane com’era. E noi eravamo anche disposti a ragionarci. Però oggi di fatto ci ritroviamo a votare un progetto di legge che non è più quello di partenza e qui dicono bene i colleghi quando dicono che abbiamo perso un’occasione. Perché io lo voglio ricordare: a gennaio 2023 questo Consiglio Grande e Generale, nella scorsa legislatura, aveva manifestato la volontà, con un ordine del giorno, di cambiare lo Statuto, di mettere mano allo Statuto di Banca Centrale, proprio in previsione di un possibile accordo di associazione, proprio perché ci eravamo accorti che i rapporti che regolavano Banca Centrale con gli altri organismi dello Stato andavano rivisti. Uno: per venire all’accordo di associazione e per rispettare certi tipi di parametri. Due: c’era già in ballo la questione, ancora in ballo, del memorandum e lì era chiaro quale vigilanza volevamo, quale tipo di approccio volevamo portare in Europa. E questo doveva essere oggetto di discussione in quest’aula, di alcune riflessioni, per capire cosa non andava in quello Statuto e portare delle potenziali modifiche. Questo non si è potuto fare: sono arrivati degli articoli così, degli emendamenti, e di fatto oggi ci troviamo a votare questa roba qua. Si è persa un’occasione per capire come riuscire, con questo provvedimento, a far interagire i vari organismi della Banca Centrale: Comitato di Sorveglianza, Comitato Esecutivo, Comitato di Vigilanza. Quali potevano essere le responsabilità, quali potevano essere le competenze, una ridefinizione anche della riservatezza e dell’autonomia, il modo di interagire fra di loro. È arrivato questo pacchetto già preconfezionato. Per noi ci sono tante criticità e, che dire, abbiamo perso un’occasione, perché potevamo fare sicuramente un lavoro migliore, ma invece ci troviamo a fare un provvedimentino che probabilmente metterà a posto delle quisquiglie o delle beghe interne ma che non dà le risposte.
Fabio Righi (D-ML): Non possiamo esprimere un parere favorevole su questo provvedimento, così come non possiamo esprimere una soddisfazione sulle modalità con cui è stato portato e trattato. Onestamente cominciano a essere tanti i temi che quest’aula tratta con queste modalità. Oggi perché non si può essere soddisfatti? Perché in un momento epocale come questo, in cui la storia del mondo si sta muovendo su direttrici certamente diverse rispetto al passato, non siamo in un’oscillazione di mercato, siamo in un cambio epocale. Anche noi abbiamo la necessità di mettere mano alle nostre strutture. Questo provvedimento è coerente con le modalità con cui questo Governo sta affrontando tutto, perché qualsiasi cosa si tocchi c’è l’approccio dell’intervento sulla minuteria. Ne parlavamo prima: al Territorio che dovrebbe pensare alle politiche del territorio, si spazzano le piante, si potano le piante, tutto importantissimo, ma non lo so, è la visione. Questa non è una riforma dello Statuto di Banca Centrale, non è una riforma di un ente, di un’autorità così importante secondo la visione di cui il Paese avrebbe bisogno per essere proiettato in un contesto internazionale diverso. Questo è un provvedimento che è un provvedimento riparatore di una questione che si è incagliata nella scorsa legislatura, nel momento in cui non si capiva più come poterne uscire, visto che c’era stata la dinamica delle nomine nel Comitato Direttivo. Questa sarebbe la grande riforma dello Statuto di Banca Centrale, dove qualche ritocchino qua e là e poi il grande vero intervento è quello di cercare di portare a un silenzio tombale tutti coloro che entrano in contatto con un’autorità, per avere degli strumenti ulteriori di controllo. Questo Paese — lo abbiamo detto più e più volte anche nel periodo post-elettorale — è un Paese in cui oggi c’è un timore generalizzato di esprimersi, di esporsi, fino anche di candidarsi. Abbiamo avuto anche l’esempio delle Giunte di Castello: in sette Castelli su nove c’è la lista unica e tutti zitti, non si può dire niente. E questo è un provvedimento che sottolinea molto questo aspetto, perché c’è questa modalità. Comprenderete che è difficile oggi venire in aula a dire che è un intervento sostenibile e positivo, perché non ne condividiamo né le modalità con cui è stato affrontato il tema né la sostanza dell’intervento. Manca tutta la parte strutturale di cui si parlava anche prima. Noi l’abbiamo detto e continueremo a ribadirlo: questo tipo di interventi dovrebbero essere conseguenti a un ragionamento prima politico e poi tecnico su come noi immaginiamo la nuova Autorità che dovrà traghettare il Paese nel contesto internazionale, e in modo particolare il settore della vigilanza, su cui è anni che quest’aula si interroga ma senza avere una soluzione. Eravamo in procinto di sottoscrivere questo accordo con le autorità europee e arriva l’osservazione di parte italiana che dice: “No, no, sul tema della vigilanza noi vogliamo sederci al tavolo”. E lì viene fuori tutto il tema dell’addendum, che poi è stato risolto. Adesso il testo definitivo ancora non è possibile vederlo, ma da quel che era stato letto addirittura si è inserito che l’efficacia del nostro accordo europeo è subordinata all’addendum con Banca d’Italia. Nell’ordine delle cose, non si va a trattare un aspetto tecnico fino a quando non ci sono direttrici politiche. Ci vuole un dibattito politico che dia le direttrici, i punti su dove la politica vuole portare il Paese. Su quelle linee si deve muovere l’organo tecnico per rendere esecutive le linee politiche. Fino a prova contraria, l’organo che rappresenta la popolazione e la sovranità è il Consiglio Grande e Generale e le sue diramazioni, cioè le Commissioni permanenti divise per tema. È evidente che, stando così le cose, non possiamo supportare questo provvedimento.
Gian Nicola Berti (AR): Una breve dichiarazione di voto a nome di tutta la maggioranza, anche se dobbiamo essere sinceri: questa non è una rivoluzione di tutto Banca Centrale. Si è partiti da un’esigenza che era nata nella scorsa legislatura, un’esigenza che poi si è superata, ma al tempo stesso si sono evidenziate una serie di necessità e opportunità di intervento e miglioramento di aspetti forse residuali, non importantissimi, dello statuto di Banca Centrale. È logico che, quando si arriva in aula, in un’aula politica, e si tratta lo statuto di un organo di primaria importanza per il funzionamento dello Stato, si possano alzare i toni della politica. In questi toni della politica notiamo anche delle distinzioni all’interno dell’opposizione: c’è chi continua la sua battaglia nei confronti di Banca Centrale e chi invece fa riflessioni più approfondite sull’importanza dello strumento della vigilanza bancaria. Noi come maggioranza siamo assolutamente fermi nel sostenere Banca Centrale nel suo passaggio, un passaggio che è stato particolarmente complesso e difficoltoso in un momento storico che è ancora recente, per tutta una serie di situazioni che si sono verificate nella vicenda della gestione Grais di Banca Centrale. In quella vicenda ci siamo accorti che in Banca Centrale c’è stata di sicuro una cosa che non ha funzionato bene: la scarsa attenzione della politica nel formulare le nomine, e il pericolo che Banca Centrale venga, per certi aspetti, occupata da personaggi che non facevano e non hanno fatto l’interesse della Repubblica. Però è anche nella stessa Banca Centrale che abbiamo individuato risorse importanti: risorse del personale umano, risorse professionali, persone che hanno saputo reagire, che sono rimaste al loro posto, che hanno subito una serie di provvedimenti anche punitivi, molto dolorosi a livello personale e familiare, ma che sono ancora al servizio della Repubblica. In questo senso io credo che dobbiamo andare orgogliosi della Banca Centrale che c’è oggi. È chiaro che, in una proiezione verso il futuro, verso un accordo di associazione con l’Europa, è possibile che le funzioni di questa Banca Centrale possano cambiare a livello regolamentare, a livello di vigilanza: ne siamo ben consapevoli. Ma certamente questo non è un lavoro di adeguamento che possiamo fare oggi: è un lavoro di adeguamento che faremo nel momento stesso in cui l’accordo di associazione sarà definitivo e l’addendum sarà un elemento sul quale fare riflessioni e cercare di misurare le nostre potenzialità di sviluppo in quel contesto preciso, particolarmente importante per i sammarinesi, che è quello bancario. Io credo quindi che vada ringraziato il Segretario di Stato per il lavoro che ha svolto, così come la maggioranza per il contributo che ha dato nella formulazione di queste modifiche dello statuto. Credo che questo provvedimento di legge avrà il sostegno di tutta la maggioranza.
Il PDL è approvato con 36 voti favorevoli e 14 contrari.
Comma 11 – Relazione del Dirigente del Tribunale sullo stato della giustizia per l’anno 2024 e successivo dibattito
Vladimiro Selva (Libera): La Commissione Consiliare per gli Affari di Giustizia, – dopo aver esaminato e discusso, nelle sedute del 22 maggio, 6-27 giugno, 3 luglio e 2-10 settembre 2025, la Relazione sullo stato della giustizia presentata dal Dirigente del Tribunale Presidente Giovanni Canzio, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della Legge Qualificata n. 2/2021, relativa all’anno 2024; – ascoltato lo stesso Dirigente, convocato in audizione nelle sedute del 27 giugno e 3 luglio 2025 per chiarimenti e approfondimenti su particolari aspetti della Relazione; con Voti Favorevoli 9, Astenuti 1, approva le seguenti valutazioni e considerazioni. La Commissione rileva: – il consolidamento dei risultati positivi degli ultimi anni in termini di efficienza dell’amministrazione della giustizia, contenimento dei tempi di definizione dei procedimenti e superamento delle criticità che avevano generato numerose prescrizioni patologiche nel sistema giudiziario; – le prescrizioni intervenute nel 2024: • 12 in fase istruttoria (8 relative a reati già prescritti al momento dell’iscrizione), • 14 nel dibattimento di primo grado, • 23 in appello (dovute al tardivo deposito delle motivazioni di un Commissario della Legge dimessosi durante un procedimento disciplinare). Su questi aspetti proseguono gli approfondimenti, mantenendo alta l’attenzione; – l’impegno organizzativo rivolto alla digitalizzazione documentale e dei procedimenti, alla riduzione dei tempi, all’applicazione dei criteri di priorità per procedimenti sul lavoro, famiglia, minori e violenze di genere, e alle attività di confisca e recupero dei patrimoni detenuti all’estero, in attuazione delle direttive del Congresso di Stato e del relativo Ordine del Giorno del Consiglio Grande e Generale; – l’utilizzo di strumenti informatici per statistiche tempestive, monitoraggio dei flussi di lavoro e verifica dei dati; – le attività riprensorie e disciplinari avviate per specifiche situazioni di inefficienza evidenziate dal monitoraggio costante; – il significativo utilizzo (32 casi nel 2024) dello strumento del patteggiamento, con conseguente riduzione dei tempi di dibattimento e del contenzioso nei gradi superiori; – l’impegno dei Magistrati di ogni ordine e grado nella formazione continua, collaborazione istituzionale e redazione dei rapporti richiesti dagli organismi internazionali. La Commissione ritiene: – che, sebbene il numero di prescrizioni nel 2024 sia leggermente aumentato rispetto al 2023 per effetto di inefficienze pregresse, la situazione patologica sia da considerarsi superata, anche alla luce dei termini previsti dal codice penale sammarinese; – appropriate le misure acceleratorie dei processi e la regolamentazione dell’indennizzo per la violazione del diritto alla ragionevole durata dei giudizi, previste dalla Legge n. 60/2025, da implementare mediante la collaborazione continua tra avvocati e giudici; – che l’attività del Dirigente, dei Giudici per i Rimedi Straordinari e del Collegio Garante abbia fornito risposte adeguate al problema delle ricusazioni/astensioni nei giudizi riguardanti i Magistrati, motivate da colleganza, amicizia/inimicizia o frequentazione lavorativa. La Commissione ritiene altresì necessario: – avviare un percorso legislativo che affronti le criticità emerse riguardo al controllo preventivo di legittimità degli atti amministrativi, alla procedura penale (in particolare l’attività del Procuratore del Fisco), allo status giuridico dei Magistrati e all’applicazione della pena della riprensione; – assicurare una verifica continua dell’operatività complessiva del sistema giudiziario, per valutare eventuali criticità residue e introdurre ulteriori modifiche quando necessarie. La Commissione evidenzia: L’equilibrio con cui gli organi della giurisdizione – in particolare il Consiglio Giudiziario – hanno operato in situazioni delicate, come quelle relative a decisioni sull’abnormità di sentenze pronunciate dal giudice penale per la terza istanza, garantendo la tenuta del sistema. La Commissione Consiliare per gli Affari di Giustizia apprezza: i risultati ottenuti nel 2024 dal Tribunale grazie al lavoro del Dirigente, dei Magistrati, della Direzione Organizzativa, delle Cancellerie e del personale. Esprime gratitudine: per il lavoro svolto dal Dirigente e per la disponibilità al confronto con la Commissione, segno di profondo rispetto per le Istituzioni sammarinesi e della volontà di sostenere equilibrio e indipendenza dei poteri dello Stato. Auspica che: prosegua la riforma del sistema giudiziario sammarinese e il progressivo efficientamento dell’attività giurisdizionale, affinché “l’attività dei giudici e le soluzioni giudiziali adottate restino estranee a qualsiasi condizionamento o interesse di tipo politico o economico-finanziario, nella considerazione del valore della fiducia dei cittadini nel corretto, indipendente, imparziale ed efficace funzionamento degli organi della giustizia”.
Segretario di Stato Stefano Canti: Permettetemi, in apertura, di rivolgere un sincero ringraziamento al Presidente Canzio per il preciso lavoro di ricostruzione dell’operato del nostro Tribunale. La recente riconferma all’incarico dirigenziale testimonia i notevoli passi avanti compiuti, sotto la sua guida, nell’ammodernamento della giustizia sammarinese e nel percorso di riforme che hanno reso l’apparato giudiziario più efficiente. Dalla relazione del Dirigente del Tribunale per l’anno 2024 emerge infatti chiaramente che è nato un percorso di modernizzazione del sistema giustizia, in vista dell’allineamento agli standard europei, e un’opera di accreditamento internazionale che ha già portato a importanti riconoscimenti. È da rilevare che il perfezionamento dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea porrò la necessità di un adeguamento complessivo del nostro sistema politico, un adeguamento che tenga tuttavia conto delle nostre peculiarità e della nostra tradizione. Su questo nutriamo piena fiducia nell’operato del nostro Dirigente. Dalla relazione emerge il presidio della ragionevole durata dei procedimenti: grazie al costante monitoraggio del Dirigente, si è ottenuta non solo la riduzione dell’arretrato, ma anche la riduzione dei tempi medi di definizione dei procedimenti. Ciò accompagnato dall’approvazione, nel corso del corrente anno, della legge 22 aprile 2025 n. 60, “Disposizioni in materia di durata ragionevole del processo ed equa riparazione”. Fatte queste doverose premesse, procedo ora con l’analisi del percorso compiuto dalla giustizia sammarinese nel corso dell’anno 2024, analisi che non può prescindere dalla consapevolezza della negativa situazione in cui il nostro sistema giuridico si è trovato negli anni precedenti. La linea di discontinuità adottata dal Dirigente Canzio sin dall’inizio del suo incarico ha infatti avviato una serie di riforme ordinamentali e processuali, attuate tra il 2020 e il 2022, che hanno ottenuto apprezzamenti anche dagli organismi sovranazionali, i quali hanno riconosciuto lo sforzo compiuto per riportare alla normalità il sistema. Nel corso del 2024 si è proseguito con l’obiettivo di rafforzare l’organico della magistratura. Si ricorda l’ingresso di giuristi italiani di indubbio prestigio accademico e professionale, ai quali si sono aggiunti un nuovo Commissario della Legge per il settore civile e un terzo Procuratore del Fisco. Va inoltre segnalato che un alto numero di magistrati del Tribunale ricopre incarichi istituzionali di rappresentanza della Repubblica di San Marino in vari organismi internazionali. Essi, con la loro costante partecipazione, portano in questi panel contributi informativi e statistici sullo stato della giustizia sammarinese e allo stesso tempo acquisiscono esperienze di straordinario rilievo per la loro formazione professionale. Tutti i magistrati hanno frequentato nel 2024 corsi di formazione, prevalentemente presso la Scuola Superiore della Magistratura italiana. La nuova struttura organizzativa del Tribunale, istituita nel 2023, ha consentito di centralizzare competenze tecnico-amministrative prima disperse. L’attenta analisi dei flussi e delle procedure ha permesso di ridefinire modalità di lavoro, umanità organizzativa e gestione degli atti. Il programma di informatizzazione generale del Tribunale, fortemente voluto, per colmare la distanza del nostro sistema rispetto a quelli di altri Stati europei, ha visto la sua attuazione già dal 1° gennaio 2024. Si è proceduto contestualmente in regime misto fino al 31 ottobre 2024. Dal 1° novembre 2024 è entrato a regime il “processo amministrativo telematico”, sicché tutti i procedimenti amministrativi vengono oggi gestiti unicamente in forma telematica. Contestualmente si è provveduto alla digitalizzazione dei fascicoli civili, sia pendenti che archiviati, in tutti i gradi di giudizio, con aggiornamenti in tempo reale. L’attività è poi proseguita nel 2025 con la digitalizzazione dei fascicoli concorsuali e, subito dopo, dei fascicoli penali. È inoltre in programma la registrazione e trascrizione delle varie fasi del procedimento penale, nonché la progettazione di una banca dati delle sentenze disponibile sul sito del Tribunale. Il personale assegnato agli uffici giudiziari ha seguito corsi di formazione e aggiornamento necessari allo svolgimento delle attività di supporto amministrativo. Fondamentali sono stati i provvedimenti organizzativi del Dirigente Canzio attuati nel 2024 e proseguiti nel 2025, grazie ai quali sono stati fissati i criteri per la reimpostazione dell’assetto organizzativo del Tribunale, per la redistribuzione dei carichi di lavoro dei Commissari della Legge e per la rotazione degli incarichi. Si ricordano inoltre le diverse linee guida adottate dal Tribunale sull’utilizzo dei sistemi informatici, sugli incarichi ai periti, custodi e curatori, sulla consulenza dei fascicoli, sul diritto di famiglia, nonché la sottoscrizione di protocolli come quelli tra il Tribunale e l’Unità Organizzativa Tutela del Tribunale per la tutela delle donne. La funzionalità dell’intelligence e il costante sviluppo dell’attività dei flussi informatici hanno consentito alla Direzione Organizzativa e ai collaboratori la corretta lavorazione dei dati raccolti e quindi la restituzione di un quadro statistico esatto ed aggiornato dell’attività del Tribunale. Dall’analisi dei dati forniti dal Dirigente Giovanni Canzio nella relazione sulla situazione del Tribunale nel 2024 emerge il consolidamento dei risultati positivi registrati negli ultimi anni riguardo all’efficienza dell’amministrazione della giustizia, in particolare ai tempi di definizione dei procedimenti, e il superamento delle criticità che avevano generato numerose prescrizioni processuali e sostanziali, vere e proprie patologie del sistema giudiziario sammarinese. È possibile rilevare che le prescrizioni intervenute nel 2024 sono state 12 in fase istruttoria, 14 nella fase di dibattimento di primo grado e 23 in appello. Il numero delle prescrizioni in appello è dovuto al deposito concentrato da parte di un Commissario della Legge non più nell’organico del Tribunale per dimissioni intervenute in pendenza della definizione di un procedimento disciplinare a suo carico. Si ritiene di poter affermare che la situazione patologica di ritardo in cui versava il Tribunale possa oggi considerarsi superata, grazie agli strumenti adottati negli ultimi anni dal Dirigente del Tribunale e anche al significativo ricorso allo strumento del patteggiamento — 32 casi nel 2024 — che ha aiutato la rapida definizione dei procedimenti. È fondamentale ricordare che, con l’adozione della legge 22 aprile 2025 n. 60, è stato introdotto uno strumento acceleratorio dei processi per assicurare la ragionevole durata dei giudizi, ai sensi dell’articolo 15, comma 3 della Dichiarazione dei Diritti e dell’articolo 6, paragrafo 1 della CEDU. Tale misura, volta al contenimento dei tempi di definizione, unita all’impegno organizzativo finalizzato alla digitalizzazione documentale dei procedimenti e all’applicazione di criteri predefiniti di priorità — procedimenti sul lavoro, sulla famiglia, sui minori, sulle violenze di genere, sulle confische e sul recupero dei patrimoni illeciti — è stata attuata in coerenza con la relazione del Congresso di Stato sulle iniziative a tutela degli interessi dello Stato nel recupero dei danni subiti e dei patrimoni sottratti. Si tratta di un’attività portata avanti dal Presidente del Tribunale con la collaborazione della Direzione Organizzativa, delle Cancellerie, di tutto il personale del Tribunale e certamente anche dell’Avvocatura dello Stato. L’attività riformatrice dovrà ora proseguire, con l’auspicio che il Consiglio Grande e Generale voglia, da un lato, allineare lo statuto giuridico dei magistrati agli standard internazionali, riconoscendo effettivamente — e non solo nominalmente — alla magistratura il ruolo costituzionale di potere dello Stato previsto dalla Dichiarazione dei Diritti, e dall’altro porre fine a situazioni che non si esitano a definire discriminatorie rispetto ad altre categorie professionali. Ulteriori interventi saranno necessari per superare le complessità emerse, soprattutto rispetto al controllo preventivo di legittimità degli atti amministrativi, come evidenziato anche dalla relazione della Commissione Giustizia, e per l’aggiornamento della procedura penale, con particolare riferimento all’attività del Procuratore del Fisco. In conclusione, vorrei rinnovare un sentito ringraziamento al Dirigente del Tribunale Giovanni Canzio per il proficuo lavoro svolto in questi anni, lavoro che auspico possa proseguire negli anni a venire grazie alla riconferma del suo incarico. Il suo impegno ha consentito alla Repubblica di San Marino di disporre oggi di un’autorità giudiziaria autonoma, indipendente e orientata all’interesse esclusivo della collettività.


