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Commissione Finanze: dopo lo stop, riparte l’esame del progetto di legge di riforma dell’IGR

Commissione Consiliare Permanente Finanze, Bilancio e Programmazione; Artigianato, Industria, Commercio; Turismo, Servizi, Trasporti e Telecomunicazioni, Lavoro e Cooperazione
Sessione 8,9,10 luglio 2025

Martedì 7 ottobre 2025, mattina

Dopo lo stop intervenuto nelle scorse settimane, la Commissione Finanze torna a riunirsi, in concomitanza con la proclamazione di un nuovo sciopero generale, per l’esame del progetto di legge di riforma dell’IGR. I lavori ripartono dall’articolo 20. Dure proteste delle opposizioni, che chiedono a maggioranza e Governo chiarimenti sulle revisioni della riforma proposte del Governo a seguito del confronto con i sindacati. Nicola Renzi (RF) ribadisce la sua posizione: “Continuiamo a ritenere che questa riforma debba essere completamente ritirata”. Renzi sollecita chiarezza sullo stato dei lavori: “È inutile che parliamo delle donazioni alla Chiesa cattolica e non sappiamo nulla su tutto il resto della riforma, come sarà fatta, e dov’è il punto di caduta”. Sulla stessa linea Gaetano Troina (Domani Motus Liberi), che denuncia l’esclusione delle opposizioni dal confronto: “Oggi vi ripresentate qui andando avanti come se nulla fosse successo nel mezzo. Io, onestamente, non capisco questo modo di procedere e mi preoccupa”. Sul merito dell’articolo osserva che la norma limita la libertà dei cittadini: “In questo modo andiamo a impedire la possibilità alle persone di fare donazioni ad associazioni umanitarie che a San Marino non ci sono”. Sara Conti (RF) parla di un atteggiamento “surreale”: “Siamo partiti dall’articolo 20 come se non fosse successo nulla nell’ultima settimana”. Per Conti la modifica è inaccettabile: “Trovo che questo articolo non sia in nessuna sua parte approvabile, perché questo eccessivo protezionismo sulle donazioni ad associazioni benefiche lo trovo assurdo”. Anche Emanuele Santi (Rete) attacca duramente: “Qui si cerca, con questo articolo, di fare una discriminazione, l’ennesima in questa legge, disincentivando di fatto le donazioni a enti o associazioni fuori da San Marino”. “Oggi ritorniamo e non sappiamo quale sarà la riforma IGR che avete pensato – aggiunge Santi -. Secondo me c’è qualcosa che non funziona, e sta nella maggioranza e in questo governo che sta andando avanti in maniera autoritaria e senza ascoltare le persone.

Alle opposizioni replica il Segretario di Stato Marco Gatti, che prende la parola per illustrare l’impostazione del governo e i punti principali del confronto con le parti sociali. “Come governo ci siamo confrontati con le parti sociali e poi anche con quelle economiche, spiegando i contenuti ed entrando nel merito per capire se alcune cose potevano essere migliorate”. Gatti individua quattro nodi centrali: la SMAC, il TFR, la neutralità fiscale e il netto in busta paga. Sul primo punto, spiega che è allo studio un correttivo che riduce i consumi massimi deducibili da 6000 a 5000 euro, aumentando però l’aliquota al 18% e ampliando il tetto del carburante fino a 1500 euro. Sul TFR, aggiunge, “abbiamo dato la disponibilità di sopprimere l’articolo che prevedeva il raddoppio del TFR, mantenendo quindi la situazione attuale”. Per quanto riguarda la neutralità fiscale, Il Segretario conclude chiarendo che i punti più sensibili non verranno affrontati subito, ma saranno rinviati: “Oggi in Commissione abbiamo qualche emendamento. L’accoglimento delle modifiche dovrà avvenire in sede di seconda lettura, su quei punti per i quali la maggioranza ha già dato l’ok a procedere”.

Dibattito acceso anche sull’articolo 21 della riforma fiscale, che modifica l’articolo 68 della legge 166/2013. Il Segretario di Stato Marco Gatti chiarisce la ratio dell’intervento: “In questo caso si tratta di un aggiustamento normativo sul divieto di cumulo dei benefici”. Specifica che la novità riguarda la detrazione SMAC per i liberi professionisti e i lavoratori autonomi: “Qui l’abbiamo portata in capo al reddito principale. Tutti i vari decalage o incrementi fanno capo al complessivo dei redditi”. La scelta, aggiunge, serve a evitare pratiche elusive. Nicola Renzi (RF) incalza il Segretario: “Ieri le organizzazioni sindacali ci hanno inviato una tabella dalla quale si evince che un reddito da lavoro autonomo di 50.000 euro viene a pagare 1.170 euro in meno di tasse. E voi dovete spiegarci questa cosa”. Poi chiede dati certi: “La riforma fiscale che voi volete fare quanto aggraverà e quanto peserà sulle varie fasce di reddito del lavoro dipendente?” Emanuele Santi (Rete) pone l’accento sul tema frontalieri: “Noi vogliamo andare in Europa convintamente e la prima cosa che facciamo, prima ancora di entrarci, è discriminare un lavoratore in base alla propria residenza o cittadinanza. Questo io credo che non funzioni”. Gaetano Troina (D-ML) chiede chiarimenti sulla finalità della norma: “Quali sono le finalità che hanno portato a presentare questa modifica all’articolo 68? E soprattutto qual è l’impatto che si stima possa derivare da questa variazione?”. Anche Sara Conti (RF) si sofferma sul nodo frontalieri: “Se ci caliamo nella realtà territoriale dell’Emilia-Romagna e delle Marche, il fatto che 8.000 cittadini europei lavorino a San Marino tutti i giorni ha avuto un peso negoziale nell’accordo di associazione”. La parola Segretario di Stato Marco Gatti, che fornisce un esempio pratico: “Un reddito lordo di 50.000 euro prima pagava 8.500 euro per quanto riguardava professionisti e lavoratori autonomi. Con le modifiche che abbiamo fatto, quindi anticipando le spese SMAC, paga 7.830. È altresì vero che un dipendente, con pari reddito lordo di 50.000 euro, paga 5.627 euro, quindi 2.203 in meno”. Replica infine Nicola Renzi (RF), che definisce la risposta “parziale e settoriale” e ribadisce la richiesta di dati ufficiali: “Noi siamo trattati come dei paria, della gente che non conta niente. Diteci quanto impatta questa riforma. Se non lo volete per noi, almeno per la gente là fuori che ha rinunciato un’altra volta a un giorno di lavoro e di stipendio perché vuole capire dove questa riforma li porterà”.

Le modifiche presenti all’articolo 23, chiarisce il Segretario Gatti, “riguardano principalmente due aspetti: la decorrenza del periodo di esenzione fiscale, che prima era prevista fino a tre esercizi successivi alla costituzione e ora è ridotta a un solo esercizio; l’inclusione, accanto ai soci, anche dei titolari effettivi, che prima non erano espressamente richiamati”. Emanuele Santi (Rete) afferma: “Ogni anno vediamo molti codici operatori aprire, rimanere attivi per pochi mesi – sei, otto, al massimo un anno – e poi chiudere, lasciando dietro di sé debiti monofase, contributi non versati e altre passività”. “Solo negli ultimi sei-nove mesi del 2025 – aggiunge – Banca Centrale ha certificato 24 milioni in più da riscuotere, di cui circa 3 milioni riferiti ai soli contributi”. Nicola Renzi (RF) sottolinea: “L’obiettivo non deve essere solo la nascita di tante aziende, ma fare in modo che esse crescano, si consolidino, restino in piedi e generino utili e introiti per sé e per lo Stato”. Aggiunge che serve “un meccanismo che porti le imprese a reggere nel tempo”, evitando che i benefici favoriscano i “furbetti”. Gaetano Troina (D-ML) osserva: “Nel nostro Paese esistono situazioni distorsive legate ad alcune attività che, finché hanno la possibilità di ottenere agevolazioni o aiuti da parte dello Stato, ne approfittano fino in fondo. Poi, una volta esauriti i benefici, dopo aver preso tutto ciò che era possibile, queste realtà spariscono lasciando soltanto debiti e vuoti”.
Nel corso della mattinata, vengono approvati gli articoli dal 20 al 26. A questo punto i lavori vengono sospesi per consentire un incontro tra le organizzazioni sindacali e forze di opposizione e, successivamente, forze di maggioranza. I lavori riprenderanno alle 14.30.

Di seguito una sintesi dei lavori

Comma 2 – Esame in sede referente del progetto di legge “Modifiche alla Legge 16 dicembre 2013 n.166 Imposta Generale sui Redditi e successive modifiche” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio)

Art. 20 – Modifica dell’articolo 60-bis della Legge n.166/2013

Segretario di Stato Marco Gatti: Il comma 2 bis dell’articolo 60 bis della legge numero 166/2013 è così modificato: “2 bis. Donazioni o liberalità a favore della Chiesa cattolica, di associazioni o enti residenti in territorio con finalità culturali, sociali, umanitarie, ricreative e sportive, non aventi scopo di lucro, sono deducibili in misura non superiore a euro 1600.” La modifica in questo articolo riguarda il fatto di avere limitato la deducibilità delle donazioni e liberalità ad associazioni o enti residenti in territorio.

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni

Nicola Renzi (RF): Lo spirito dei nostri emendamenti soppressivi continua a essere nell’ottica del fatto che noi riteniamo che questa riforma debba essere completamente, nella sua interezza, ritirata. Sappiamo che ci sono stati dei lavori, immagino abbastanza consistenti, anche con le organizzazioni sindacali e forse anche con le organizzazioni datoriali. Arriviamo qui il 7 ottobre e si dice: “Va bene, eravamo arrivati all’articolo 20, dall’articolo 20 partiamo”. Peccato che io credo che poi ci siano tante altre cose nel mezzo, compresa la politica, che avrebbero dovuto fare in modo che ci fosse almeno uno status questionis: un momento nel quale la maggioranza, oltre a fare quei post abbastanza ridicoli su Facebook, ci potesse dire qual è lo stato della questione. Perché davvero si fa fatica a capire se stiamo analizzando la riforma fiscale 1, la riforma fiscale 2 o se ci sarà una riforma fiscale 3. Questa è tutta la nostra frustrazione come forze politiche di opposizione. Il sindacato oggi ha richiamato uno sciopero, voi ci dite che è tutto a posto, che avete accertato tutte le proposte arrivate. Quindi, se riuscite a illuminarci e a spiegarci la prima cosa sostanziale, dal punto di vista dei contenuti: a che punto siamo, dove siamo, cosa intendete fare e quale riforma stiamo analizzando. Perché è inutile che parliamo delle donazioni alla Chiesa cattolica e non sappiamo tutto il resto della riforma, come sarà fatta, e dov’è il punto di caduta, se avete trovato un accordo con i sindacati e che cosa intendete portare avanti dal punto di vista sostanziale. Un esempio banale: le tabelle che ci sono state inviate a tutti, come consiglieri, nella giornata di ieri da parte dei sindacati, sono farlocche o realistiche? È vero che i lavoratori non dipendenti, autonomi, avranno dalla riforma IGR dei consistenti sgravi fiscali? Cosa volete fare? Emenderete questo testo o non lo emenderete? Io capisco che qua sembra che siamo venuti a rompere le uova nel paniere, ma tanto è chiaro che è questione di mezza giornata l’approvazione di questa riforma. Avete avuto miriadi di incontri e diteci a che punto siete, che tipo di riforma fiscale avete intenzione alla fine di approvare. Altrimenti davvero qui noi di opposizione veniamo solo per spingere il bottone, cantare una canzone e poco altro. E francamente mi sembra molto, molto avvilente questo modo di fare.

Gaetano Troina (D-ML): Lo abbiamo già detto in varie occasioni e purtroppo dobbiamo riscontrare che anche questa volta non è cambiato l’atteggiamento nei nostri riguardi. Sostanzialmente i lavori sono stati sospesi diversi giorni fa e noi non siamo stati minimamente interessati dai risultati dei confronti che avete portato avanti. Oggi vi ripresentate qui andando avanti come se nulla fosse successo nel mezzo. Io, onestamente, non capisco questo modo di procedere e mi preoccupa, perché significa che non viene minimamente riconosciuto il ruolo delle forze di opposizione su un intervento normativo che ha un impatto notevole. Ci dispiace perché ci era sembrato, almeno in chiusura dei lavori prima della sospensione, che qualche consigliere di maggioranza avesse riconosciuto il fatto che nei nostri confronti era stato usato un comportamento non corretto, con tanto di mea culpa. Ma il comportamento dei giorni successivi non è cambiato. Voi continuate a fare tutto da soli senza dare spiegazioni. Ci sono comunicazioni distorte sui mezzi di informazione, perché non è possibile che ci siano due versioni della realtà entrambe vere e contrastanti. O i sindacati stanno dicendo cose non vere, oppure siete voi a non dire cose vere. Qualcuno dovrà chiarire. Non è possibile che ci sia uno sciopero fuori e voi diciate che avete recepito tutto quello che il sindacato chiedeva. Non torna. Al netto di questo, consentitemi qualche osservazione su questo emendamento che apparentemente ha un impatto poco rilevante, ma in realtà così non è. Questa modifica va a intervenire sulle donazioni o liberalità in favore della Chiesa e delle associazioni, aggiungendo la dicitura “residenti in territorio”. Io capisco qual è l’intento, quello di far spendere i nostri concittadini sul territorio, ma in questo modo andiamo a impedire la possibilità alle persone di fare donazioni ad associazioni umanitarie che a San Marino non ci sono. Penso al WWF, a Medici senza Frontiere, a Save the Children e a tante altre. Mi dovete spiegare che impatto avrà mai sulla riforma questa modifica e perché si vuole limitare il diritto dei cittadini di scegliere a chi fare donazioni. È profondamente scorretto e discriminatorio. Dal mio punto di vista è veramente grave. Dimostra che, pur di far tornare i conti noi stiamo limitando seriamente la libertà dei nostri concittadini di scegliere cosa fare con le proprie risorse. E questo è scorretto.

Sara Conti (RF): Trovo che questo articolo non sia in nessuna sua parte approvabile, perché questo eccessivo protezionismo sulle donazioni ad associazioni benefiche lo trovo assurdo, lo trovo sbagliato e non capisco quale sia la ragione. Credo che ogni cittadino, nella propria libertà personale di decidere di compiere azioni benefiche nei confronti di associazioni di vario genere a scopo sociale, umanitario e culturale, debba poter scegliere di donare dove e come crede.Su questo, come su altre cose, sono totalmente contraria. Del resto voglio aggiungere che mi sembra veramente surreale il modo in cui siamo arrivati in quest’aula. Siamo partiti dall’articolo 20 come se non fosse successo nulla nell’ultima settimana. Mi sembra che il 23 settembre, quindi più di una settimana fa, si sia interrotta la Commissione con uno sciopero che ha portato in piazza 10.000 persone. Ci sono stati numerosi incontri tra maggioranza, sindacati e governo. Ora torniamo in aula, apriamo i microfoni e ripartiamo dall’articolo 20. Noi come opposizioni vorremmo almeno due parole: che ci diciate che cosa è successo e cosa ci dobbiamo aspettare. Penso che almeno per serietà e rispetto, anche nei nostri confronti, due parole le potreste spendere per spiegarci. Non so se il Segretario o qualcuno di maggioranza, però mi sembrerebbe doveroso.

Emanuele Santi (Rete): Qui si cerca, con questo articolo, di fare una discriminazione, l’ennesima in questa legge, disincentivando di fatto le donazioni a enti o associazioni fuori da San Marino. Questa è una cosa profondamente iniqua e anche antipatica. Io vi invito, consiglieri della maggioranza, a leggere bene questo articolo. Sono tanti i cittadini che fanno beneficenza anche ad associazioni fuori confine. Oggi, con questa norma, gli dite che se fanno beneficenza fuori confine non verrà dedotta dall’imponibile. Ci sono centinaia di persone che fanno del bene ad associazioni che operano fuori dal territorio sammarinese, e voi volete di fatto discriminarle togliendo questa possibilità. Chiaro, i cittadini sammarinesi saranno più intelligenti di voi: continueranno a fare beneficenza anche se non verrà dedotta dall’imposizione fiscale. Questa, a mio avviso, è un’ingiustizia che dovreste impedire votando contro questo articolo, non approvandolo. Ve lo dico chiaramente: qui avete la possibilità di votare contro e lasciare tutto com’è. Detto questo, mi sono limitato a parlare dell’articolo 20, che è una delle tante discriminazioni che avete introdotto in questo progetto di legge. Oggi veniamo qui come se nulla fosse. Ci siamo lasciati due settimane fa con 10.000 persone in piazza e con il clima surreale della sospensione. Forse perché siamo venuti per tre sedute intere senza che fosse dichiarato ufficialmente che i lavori erano sospesi fino al 7. Oggi ritorniamo e non sappiamo quale sarà la riforma IGR che avete pensato. Secondo me c’è qualcosa che non funziona, e sta nella maggioranza e in questo governo che sta andando avanti in maniera autoritaria e senza ascoltare le persone. Adesso vorrei capire, nel corso di questo articolato, quale sarà la riforma IGR che uscirà da questa Commissione. Questo ancora non lo sappiamo. Ne abbiamo vista una, impresentabile. Ne abbiamo vista una seconda, con i vostri articoli difesi dalla maggioranza, altrettanto impresentabile. Ora vorremmo capire qual è la versione 3. Altrimenti cosa stiamo a fare qui in quest’aula? E su questo articolo io vi chiederei di abrogarlo.

Segretario di Stato Marco Gatti: Al di là dell’illustrazione degli emendamenti che abbiamo presentato in Commissione, come governo ci siamo confrontati con le parti sociali e poi anche con quelle economiche, spiegando i contenuti ed entrando nel merito per capire se alcune cose potevano essere migliorate. I nodi focali sono sostanzialmente quattro. Il primo riguarda la SMAC, con varie sfumature: i 6000 euro con il 15%, la difficoltà soprattutto per i soggetti non residenti di poter arrivare a quel livello di consumi e il fatto che la questione residenti e non residenti era già stata risolta dagli emendamenti presentati in Commissione Finanze. Come governo e maggioranza abbiamo fatto un’ipotesi — che chiaramente non verrà esaminata in Commissione essendo l’articolo già stato votato — che sarà eventualmente affrontata in sede di seconda lettura. In questo caso si è ipotizzato di far scendere i consumi massimi deducibili da 6000 a 5000, aumentando l’aliquota al 18%, e di elevare il tetto per i consumi di carburante: dai 750 attuali e dagli 850 proposti in Commissione a 1500 euro. Avevamo già previsto la detrazione per bollette e assicurazioni RC auto. Le altre assicurazioni sono deducibili se contratte in territorio. Questo intervento va nella direzione di agevolare soprattutto chi viene da fuori, aumentando la possibilità di utilizzare la SMAC e vedersi poi riconosciuta la detrazione per il carburante. Il secondo punto è stato il TFR. Come maggioranza abbiamo dato la disponibilità, sempre in sede di seconda lettura, di sopprimere l’articolo che prevedeva il raddoppio del TFR, mantenendo quindi la situazione attuale. Il terzo punto riguarda la neutralità fiscale. Attualmente, con il progetto in Commissione, il meccanismo si colloca intorno ai 23.000 euro di reddito. Con il nuovo sistema dei 5000 e del 18% si passa a 24.000 euro, quindi con un aumento di 1000 euro della neutralità fiscale. Su richiesta del sindacato si è discusso anche della progressività: da un determinato reddito in poi le smaccature devono pesare di più. Il quarto punto è la neutralità nel netto di busta paga. Su questo non si è trovato nessun accordo. La questione riguarda l’avere lo stesso netto di busta tra residenti e non residenti. È stato introdotto un bonus protezione reddito per i residenti, che non riguarda solo il reddito da lavoro dipendente, ma tutte le tipologie di reddito riferite alle persone fisiche. È una detrazione di imposta richiesta in dichiarazione dei redditi. Per i dipendenti è stata prevista la possibilità di chiedere un acconto di detrazione in dichiarazione. Questo però porta a un netto di busta differente tra residenti e non residenti, anche se l’acconto viene poi conguagliato in dichiarazione, considerando tutti i redditi e non solo quelli da lavoro. Questi sono i nodi focali. Oggi in Commissione abbiamo qualche emendamento, ma di sostanza ce n’è poca: si tratta di correttivi. Il TFR è già stato votato, così come la detrazione SMAC e il bonus protezione reddito. Pertanto l’accoglimento delle modifiche dovrà avvenire in sede di seconda lettura, su quei punti per i quali la maggioranza ha già dato l’ok a procedere.

Nicola Renzi (RF): Il Segretario Gatti ha provato a darci alcune risposte. Purtroppo, però, io non ho capito se alle domande che avevo formulato sia stata data risposta. Punto primo. Le tabelle sui lavoratori non dipendenti che ieri il sindacato ha inviato a tutti i consiglieri del Consiglio Grande e Generale, sono vere o no? È vero che questa riforma fiscale, su redditi da 80.000 euro, va a fare uno sconto di oltre 1000 euro? Perché io leggo gli articoli sui giornali: “La riforma IGR si rafforza, va tutto benissimo, più equità.” Non so se questa per voi è equità; per me non lo è. Seconda cosa. Vi avevamo chiesto i dati di simulazione. Il Segretario Gatti, nel suo intervento, ha detto una parola: “verranno eventualmente modificati in seconda lettura.” Oggi c’è uno sciopero generale, la gente rinuncia ai soldi nella sua busta paga, e si sente rispondere “eventualmente”. È proprio il segno che a voi non interessa più niente di quello che sta succedendo fuori, di quello che sta succedendo nel Paese.

Silvia Cecchetti, presidente della Commissione: Come prima cosa, volevo ringraziare il personale che non ha aderito allo sciopero e che ci ha permesso di andare avanti con la Commissione. Non è scontato e vorrei che fosse messo a verbale questo mio ringraziamento. Per il resto, proseguiamo con gli articoli, perché è chiaro che dobbiamo attenerci al regolamento. Poi chi intende inserire qualche argomentazione nell’ambito del dibattito sugli articoli, ovviamente questo è concesso.

L’emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni è messo in votazione e respinto con 1 voti favorevole e 10 contrari

L’articolo è messo in votazione e approvato con 11 voti favorevoli e 1 contrario

Art. 21 – Modifica dell’articolo 68 della Legge n.166/2013 e successive modifiche

Segretario di Stato Marco Gatti: In questo caso si tratta di un aggiustamento normativo sul divieto di cumulo dei benefici. È un aggiornamento suggerito dall’Ufficio Tributario e anche dal Legislatore. Per quanto riguarda la richiesta della tabella, rispetto alla situazione attuale, la variazione riguarda il fatto che oggi la detrazione SMAC per i liberi professionisti e i lavoratori autonomi è già prevista, ma sugli altri redditi. Qui l’abbiamo portata in capo al reddito principale. Tutti i vari decalage o incrementi fanno capo al complessivo dei redditi. Non è una misura nuova: è stata modificata in base a una richiesta di inserire anche questi soggetti nel reddito a scaglioni. Si è mantenuta questa impostazione, che risulta molto più penalizzante, perché un reddito pari, sotto i 70.000 euro, paga molto di più rispetto a un dipendente. Sopra quella soglia, invece, c’è un vantaggio. Comunque, i redditi superiori non sono così numerosi. Questa scelta è stata fatta anche per evitare distorsioni. In passato, quando le persone fisiche erano a scaglioni e le società a proporzionale, molti soggetti suddividevano il reddito costituendo apposite società. Oggi, invece, l’obiettivo è sapere esattamente in capo alla persona fisica il reddito che ha, perché per il discorso dell’ISEE e per i benefici legati ai decalage o agli incrementi connessi all’utilizzo della SMAC abbiamo bisogno di avere il reddito complessivo del soggetto.

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni

Nicola Renzi (RF): Io torno alle domande che avevo fatto. Ieri le organizzazioni sindacali ci hanno inviato una tabella dalla quale si evince che un reddito, ad esempio da lavoro autonomo, di 50.000 euro viene a pagare 1.170 euro in meno di tasse. E voi dovete spiegarci questa cosa. Segretario, lei ha fatto un gran giro di parole, ci ha detto tante cose. Quindi ci aspettiamo magari di vedere l’intelligenza artificiale applicata a nuovi post su Facebook che spiegheranno che queste cose sono false. Se questa è l’impostazione io voglio sapere se è vero che su un reddito lordo di 50.000 euro si pagano 1.170 euro in meno di tasse per il lavoro autonomo. Bisogna essere molto schietti e chiari. Seconda cosa. I dati sulle buste paga. Ce li volete dare o no? Voi venite in Commissione, ci dite: “Questa è la nostra riforma fiscale, buona la terza”, e poi ci date una tabella con scritto quanto si pagherà in più di tasse. Questa è la normalità quando si fa una riforma fiscale. Non sappiamo quanto impatta di più su un reddito singolo e non sappiamo quanto ci dà in più di gettito. È possibile? Io voglio sapere: la riforma fiscale che voi volete fare quanto aggraverà e quanto peserà sulle varie fasce di reddito del lavoro dipendente? O neanche voi sapete qual è l’impatto sulle fasce di reddito, oppure non ce lo volete dire. Se ce lo volete dire, ce le date subito. Ultimo tema. Quello della discriminazione dei frontalieri. Io non so se avete valutato bene questa questione, ma noi siamo preoccupatissimi per quello che può succedere al nostro sistema produttivo. Siamo preoccupatissimi perché abbiamo parlato con chi ha le aziende e con i frontalieri specializzati, che stanno già cercando di andare a lavorare fuori da qui, che stanno già cercando altre collocazioni di lavoro.

Emanuele Santi (Rete): Io credo che le domande che ha posto il consigliere Renzi siano logiche e pertinenti. Al di là del fatto che abbiamo subito avuto uno scontro già al primo articolo per la votazione, il punto è: possiamo conoscere, siete a conoscenza, quale impatto avrà la riforma che state pensando, comprensiva degli emendamenti che vorrete portare, singolarmente su tutte le categorie? Cioè, di che cosa stiamo parlando qui se non conosciamo come gireranno i numeri dei vari articoli che andrete ad approvare? Secondo me stiamo parlando del nulla. Detto questo, quanto si tradurrà in beneficio per le casse dello Stato questo intervento? Si partiva da 20 milioni. Con le modifiche, a quanto si arriva? Anche questo non ci è stato detto, non abbiamo contezza di nulla. L’ultima questione, che non è da poco, riguarda le tabelle che sono circolate ieri e che il sindacato ci ha mandato. Sono vere? Perché da quelle risulta che i lavoratori autonomi alla fine mediamente avranno un risparmio fiscale di quasi 1000 euro. Beh, allora qui davvero c’è qualcosa da rivedere. Noi vogliamo andare in Europa convintamente e la prima cosa che facciamo, preventivamente, prima ancora di entrarci, è discriminare un lavoratore in base alla propria residenza o cittadinanza. Questo io credo che non funzioni. Forse avete pensato: “Beh, questi non votano, allora andiamo a colpire di più i frontalieri.” Ma non funziona così la questione. Se vogliamo davvero essere uno Stato che si definisce accogliente, uno Stato che non discrimina le persone e che soprattutto vuole entrare in un mercato unico — delle persone, dei capitali e dei servizi — questo articolo deve essere modificato. Però oggi non sappiamo di fatto dove andrete a parare con queste modifiche. Stiamo parlando del nulla. Un articolo, il 21, che di fatto va a estendere gli incentivi fiscali. O meglio: va a riproporre gli incentivi fiscali, prevedendo che ci sia il divieto di cumulo per chi fa fotovoltaico.

Gaetano Troina (D-ML): Riprovo anche su questo articolo a chiedere: al netto del fatto che sia stato richiesto dagli uffici, dagli studi legislativi, quali sono le finalità che hanno portato a presentare questa modifica all’articolo 68? E soprattutto, come chiedevamo per tutti gli articoli precedenti — anche in quel caso senza avere risposte — qual è l’impatto che si stima possa derivare da questa variazione? Ci sono state casistiche che hanno portato alla necessità di fare questo intervento? Sono emerse delle distorsioni? Rendetevi conto che, soprattutto su questi articoli molto tecnici, che vanno a intervenire su numerose disposizioni di legge, per chi non li ha concepiti, ideati e scritti, è davvero difficile capire le ragioni per cui siano stati formulati in questo modo. Chiediamo quindi chiarimenti sulle necessità che hanno portato a depositare questo articolo e sugli impatti che questa variazione avrà. Al netto di questo, penso sia doveroso fare un passaggio anche sui numerosi interventi che, con questa riforma, vengono di fatto inseriti e che producono un esito — magari non studiato con questa finalità — discriminatorio tra varie fasce di reddito e diverse categorie di dipendenti. Nonostante in più occasioni sia stato detto che questi interventi servono a garantire maggiore equità, non è mai stato spiegato nella sostanza, con i singoli interventi che ci vengono presentati, quale sia effettivamente questa maggiore equità. Io, ad oggi, ancora in nessuna spiegazione ho potuto cogliere quale sia la finalità di equità che si andrebbe a raggiungere con gli interventi proposti. Perciò chiedo, per cortesia, chiarimenti: in particolare su questo articolo, ma in generale su quali siano gli impatti dei vari articoli che dobbiamo votare.

Sara Conti (RF): Anch’io, su questo articolo, sinceramente non ho una contrarietà di base. Nel senso che può anche avere un senso il divieto di accumulare benefici derivanti da altri tipi di incentivazioni. Però, come dice il Commissario Troina — e mi associo al suo ragionamento — sarebbe utile e interessante capire da dove nasce l’esigenza di modificare in questi termini questo articolo. Evidentemente si sono prodotte delle distorsioni, forse nell’accumulo di benefici derivanti da diversi tipi di investimenti o incentivazioni. Detto questo, voglio ritornare sul discorso dei frontalieri. Se mi concedete un minuto: quello dei frontalieri è un tema molto serio, che mi sembra totalmente sottovalutato dai membri di maggioranza e dal Governo che tira dritto. Non so se ci rendiamo conto che questi 8.000 frontalieri che ogni giorno varcano il confine sono cittadini europei. Questa specificità del nostro Paese ha inciso positivamente nell’Accordo di associazione, perché era chiaramente un asso nella nostra manica con cui anche l’Europa ha dovuto fare i conti. Se guardiamo al mercato unico da un punto di vista generale, può sembrare poco; ma se ci caliamo nella realtà territoriale dell’Emilia-Romagna e delle Marche, il fatto che 8.000 cittadini europei lavorino a San Marino tutti i giorni ha avuto, ve lo assicuro, un peso negoziale nell’accordo di associazione. Allora mi chiedo: vi sembra sensato, con questa legge, introdurre una discriminazione, una speculazione sul frontaliere, che è colui che comunque porta una risorsa positiva al nostro Paese? Vi sembra equo questo ragionamento? Ma soprattutto, vi sembra che possa portare ripercussioni positive per il nostro futuro, e per di più nel breve periodo?

Segretario di Stato Marco Gatti: Un reddito lordo di 50.000 euro prima pagava 8.500 euro per quanto riguardava professionisti e lavoratori autonomi. Con le modifiche che abbiamo fatto, quindi anticipando le spese SMAC, paga 7.830. È vero che gli altri redditi pagheranno di più perché andranno a uno scaglione successivo, più alto, e quindi con un’aliquota maggiore, perché abbiamo trasferito quello che era il “dopo” e l’abbiamo portato “prima”. È altresì vero che un dipendente, con pari reddito lordo di 50.000 euro, paga 5.627 euro, quindi 2.203 in meno.

Nicola Renzi (RF): La risposta è parziale e settoriale. Io ho chiesto una tabella, una tabella con gli impatti: da un lato gli impatti sul reddito dipendente. Seconda cosa, io ho chiesto una tabella con i dati dell’impatto sui redditi da lavoro dipendente di quella che voi volete fare come riforma definitiva. Qual è la vostra riforma IGR definitiva? Noi ancora non lo sappiamo. Dateci una tabella con scritti gli impatti sui redditi da lavoro dipendente, fascia per fascia. Noi siamo trattati come dei paria, della gente che non conta niente. Veniamo qui a far cosa? E anche a essere presi in giro ogni volta che prendiamo il microfono, dai bulletti di quartiere? Diteci quanto impatta questa riforma. Se non lo volete per noi, almeno per la gente là fuori che ha rinunciato un’altra volta a un giorno di lavoro e di stipendio perché vuole capire dove questa riforma li porterà. E poi dateci anche il gettito che porterà la riforma definitiva che fate.

L’emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni è messo in votazione e respinto con 4 voti favorevoli e 11 contrari

L’articolo è messo in votazione e approvato con 11 voti favorevoli e 4 contrari

Art. 22 – Modifica dell’articolo 69 della Legge n.166/2013 e successive modifiche

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni

Segretario di Stato Marco Gatti: Dopo il comma 3 dell’articolo 69 della legge n. 166/2013 e successive modifiche, è aggiunto il seguente: Comma 3 bis. Il riconoscimento dell’incentivo di cui al comma 1 è sospeso quando il livello di disoccupazione in senso stretto, rilevato alla data del 31 dicembre di ciascun esercizio secondo i dati pubblicati dall’Ufficio Informatica, Tecnologia, Dati e Statistica, scende sotto al 3%. Con questo articolo si prevede la possibilità di sospendere l’incentivo occupazionale previsto dall’articolo 69.

Emanuele Santi (Rete): Rispetto all’articolo 22 posso dire che ci è già successo in un altro articolo di questa legge. Noi, su questo articolo, siccome lo avevamo introdotto in una finanziaria qualche anno fa, ci troviamo favorevoli. Questo è sicuramente un articolo che va nella direzione giusta: prevedere la sospensione di tutti i contributi e gli incentivi per le assunzioni, che sono anche molto importanti, quando di fatto non c’è disoccupazione, cioè quando la disoccupazione è sotto il 3%. Giustamente, se non c’è disoccupazione, lo Stato non può continuare a dare incentivi “a pioggia”, magari verso chi non ne ha bisogno. Sapete benissimo che abbiamo presentato emendamenti abrogativi e ve lo abbiamo spiegato perché non condividiamo assolutamente l’impostazione generale di questa riforma. Però dobbiamo ammettere che, rispetto a questo articolo, qualcosa di buono lo avete fatto. Lo manterremo comunque in votazione, perché non cambiamo idea. E non cambiamo idea soprattutto perché questa mattina siamo di fronte a una nuova manifestazione che vede in piazza migliaia di persone, mentre la maggioranza è completamente silente e non commenta nemmeno sugli articoli nei quali forse ha fatto anche qualcosa di buono. C’è la volontà di tirare dritto e di concludere questa “agonia” il prima possibile. Il problema è che neanche voi sapete quali saranno gli impatti di questa riforma sui cittadini. Se domani un cittadino vi chiede come cambierà la sua situazione con la nuova riforma, voi non sapreste rispondere. E non potete rispondere perché non ci fornite i dati: non ci dite quale sarà il nuovo gettito, né quale sarà l’impatto di ogni singolo articolo su ogni fascia di reddito, sia di lavoratori autonomi che dipendenti. Non lo sapete o non volete dirlo. Ma il fatto che non sia stata smentita la tabella del sindacato – che conferma pienamente come questa riforma comporti una riduzione del gettito per le varie fasce dei lavoratori autonomi – rende evidente verso chi volete far ricadere i costi di questa riforma. Li pagheranno i dipendenti, i dipendenti privati e quelli della pubblica amministrazione, li pagheranno i pensionati, li pagheranno i tanti lavoratori frontalieri. Qualcuno invece ci guadagnerà: i lavoratori autonomi. Qui avete fatto una riforma scandalosa, che premia certe categorie e colpisce, come sempre, le categorie più deboli, quelle che hanno sempre pagato. Questa è la vostra impostazione, e ve ne prenderete la responsabilità. Ma il fatto che siamo ancora qui, in quest’aula, senza uno straccio di dato sugli impatti, senza sapere quale sarà il nuovo gettito, è grave. Per onestà intellettuale, dovreste avere oggi la dignità di portare in aula un intervento definitivo, una riforma precisa, quella che davvero presenterete al Paese. Renzi la chiama “la riforma 3”, a questo punto chiamiamola pure “la 4”.

Gaetano Troina (D-ML): Io l’ho già detto nel mio primo intervento e lo ribadisco ora: c’è qualcosa che non torna tra la narrazione che state facendo voi e quello che dice e chiede il sindacato qui fuori. Sarà possibile affrontare una riforma di questo tipo senza aver fornito un prospetto che consenta, articolo per articolo, di capire cosa cambia rispetto a prima e qual è l’esito dell’intervento che si va a fare? È una questione di rispetto nei confronti di quest’aula e del Parlamento. Sono convinto che siete talmente lanciati a tirare dritto e chiudere questo provvedimento che anche i consiglieri, quando arriverà la seconda lettura, si troveranno nell’imbarazzo di non avere la minima idea di cosa andranno a votare. Perché sarete stati talmente impegnati a giustificarvi tra voi stessi che questa riforma è perfetta, che non si capisce più se è la versione due, tre, quattro o cinque. Abbiamo perso il conto di quante versioni sono circolate in questi giorni. Ci piacerebbe sapere quanti consiglieri di maggioranza – visto che a noi i dati non vengono dati, se non a microfono e senza possibilità di verificare come sono stati fatti i calcoli – sono davvero consapevoli di quale versione della riforma si stia discutendo e votando e di quale sia l’esito dei confronti che avete avuto. Perché sono usciti post, grafici, varie versioni, magari cambiate da un giorno all’altro, e non è possibile oggi capire qual è il documento definitivo che stiamo discutendo. Non è possibile che tutte le cose che ci avete detto, cambiate, modificate e migliorate, si riducano a due articoli che abbiamo già approvato e a sbavature o correttivi. C’è qualcosa che non torna. Se avete davvero stravolto la riforma e accolto le richieste dei sindacati, le modifiche devono essere di sostanza, non una virgola qua e un punto di là. Quali sono effettivamente le modifiche apportate al testo? Ci volete informare o no? Continuate a tirare dritto, come avete fatto fino adesso. Ripeto: non è rispettoso di quest’aula e del nostro ruolo. Io non so di cosa potrà discutere la Commissione per le riforme istituzionali, ma di sicuro la dignità di quest’aula è oggi calpestata.

Nicola Renzi (RF): Anch’io mi associo a quanto detto dal consigliere Santi. L’intervento è certamente comprensibile: laddove i dati della disoccupazione scendano sotto il 3%, si può prendere in considerazione l’abolizione degli incentivi concessi alle aziende per rendere più appetibili le assunzioni. Anche su questa parte saremo disponibili a dialogare, confrontarci e, perché no, se necessario, a sostenere misure come questa. Chiaramente il quadro è più ampio: la riforma fiscale ha a che fare con il gettito dello Stato da un lato e con la contrazione degli investimenti dall’altro, laddove non ci sia la necessità. Non siamo favorevoli ad aiuti a pioggia, costi quel che costi. Questo articolo, dunque, può essere valutato con attenzione e, perché no, anche sostenuto. Bisogna però analizzarlo nel contesto generale, nelle tipologie di lavoratori, e qui si apre nuovamente – e ci torneremo nei prossimi emendamenti – tutto l’aspetto dei lavoratori frontalieri. Annuncio già che inoltreremo una richiesta ufficiale per poter incontrare le forze sindacali che oggi scioperano. Crediamo sia doveroso un confronto questa mattina. Non era affatto scontato che la piazza fosse di nuovo così piena, con un messaggio così forte, nonostante la disinformazione ad arte diffusa da qualche giornale o da una comunicazione, francamente un po’ démodé e sbagliata, messa in campo dalla maggioranza e apparsa anche sui post di Facebook. Ad oggi, ed è inaccettabile, non sappiamo con precisione quale sia nella vostra mente la formulazione finale della riforma fiscale. Non sappiamo quale sarà il gettito finale per lo Stato: questo renderebbe già di per sé la riforma inammissibile. Non conosciamo nemmeno quanto peserà sulle varie fasce di reddito del lavoro dipendente. Una sola cosa abbiamo capito, ed è certa perché ce l’ha detto il Segretario: i lavoratori dipendenti pagheranno di più, forse anche molto di più, mentre i lavoratori autonomi pagheranno di meno. Questa è l’impostazione che volete dare alla riforma fiscale. Noi siamo totalmente contrari.

Sara Conti (RF): Anch’io, come Santi, penso che questo sia uno dei pochissimi articoli – forse un paio in tutta la legge – che si possono salvare e portare avanti. Detto ciò, non mi sono mai trovata in una situazione come questa. Non immaginavo neppure che oggi ci sarebbe stata una partecipazione così ampia allo sciopero generale, perché sappiamo bene che rinunciare a una giornata di lavoro, e quindi di stipendio, non è cosa da poco, figuriamoci a due giornate nel giro di due settimane. Questo significa che i dialoghi e i correttivi concordati per andare incontro alle richieste del sindacato non sono sufficienti. Persistono discriminazioni sostanziali e pesanti, tanto che la piazza è di nuovo piena di migliaia di lavoratori. Ci troviamo inoltre davanti al paradosso di discutere un progetto di legge che, nelle sue parti più sostanziali, potrà essere ulteriormente modificato in seconda lettura. È un teatro dell’assurdo. Penso che governo e maggioranza avrebbero fatto più bella figura a ritirare questa legge e ripresentarla in maniera più decente. Non questa riforma IGR, che è impresentabile e continua a portare discriminazioni inaccettabili. Non c’è bisogno che ve lo diciamo noi: ve lo sta dicendo la piazza. Traetene le vostre conclusioni.

Segretario di Stato Marco Gatti: Rispetto agli effetti della riforma, la Segreteria alle Finanze aveva già pubblicato a suo tempo le simulazioni sui redditi. Successivamente, in sede di deposito degli emendamenti, è stato introdotto un ritocco migliorativo sul bonus protezione reddito, e le tabelle diffuse dal sindacato tengono conto anche di questa modifica. Pertanto, il differenziale sull’IGR è esattamente quello pubblicato dal sindacato. Non vi è più il differenziale relativo al TFR, perché, come già detto, in seconda lettura si procederà al ritiro di quella norma. Rispetto all’impatto complessivo, rispetto alla prima lettura cambiano le previsioni soprattutto per la diversa suddivisione degli oneri. Inizialmente la riforma era stata stimata per un impatto di circa 20 milioni; adesso, con le correzioni, si registra una riduzione di un paio di milioni. Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, il gettito atteso è sceso notevolmente: oggi si prevede un’entrata di circa 1-1,5 milioni, mentre la parte prevalente arriverà dalle categorie economiche e, in misura minore, dal cambiamento introdotto sui redditi di capitale, da cui si attende circa un milione – un milione e mezzo.

Emanuele Santi (Rete): Noi chiediamo però che la Segreteria ci fornisca le tabelle ufficiali: non bastano dichiarazioni a microfono. Vorrei inoltre segnalare che ci è stato consegnato un plico di emendamenti depositato alle ore 10:15. Chiediamo quindi, quando arriveremo alla loro discussione, una sospensione di almeno 5-10 minuti per poterli leggere e comprendere, altrimenti discutiamo senza avere contezza di ciò che stiamo votando. Ribadisco inoltre la richiesta già avanzata in precedenza: poter incontrare le organizzazioni sindacali che oggi sono in piazza a manifestare.

L’emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni è messo in votazione e respinto con 10 voti contrari

L’articolo è messo in votazione e approvato con 11 voti favorevoli

Art. 23 – Modifiche all’articolo 73 della Legge n.166/2013 e successive modifiche

Segretario di Stato Marco Gatti: Le modifiche introdotte riguardano principalmente due aspetti: la decorrenza del periodo di esenzione fiscale, che prima era prevista fino a tre esercizi successivi alla costituzione e ora è ridotta a un solo esercizio; l’inclusione, accanto ai soci, anche dei titolari effettivi, che prima non erano espressamente richiamati.

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni

Emanuele Santi (Rete): Venendo al merito, può sembrare una questione secondaria, ma io credo invece che questo sia uno degli articoli sui quali governo e maggioranza avrebbero potuto davvero dare un segnale di discontinuità e di equità. L’articolo 73 riguarda gli incentivi per le nuove aperture di imprese. In linea di principio non siamo contrari: se un Paese vuole favorire l’economia è giusto incentivare chi avvia nuove attività. Tuttavia, qui esiste un problema serio che non viene affrontato. Ogni anno vediamo molti codici operatori aprire, rimanere attivi per pochi mesi – sei, otto, al massimo un anno – e poi chiudere, lasciando dietro di sé debiti monofase, contributi non versati e altre passività. Ora, con le modifiche proposte, accade che un’impresa che ha lasciato debiti possa riaprire dopo soli dodici mesi, perché quei debiti restano in capo alla vecchia società. In pratica, dopo un anno si riparte da capo con nuovi benefici. Mi chiedo: siete consapevoli di queste dinamiche? Io credo di sì, ma il punto è che non volete intervenire. Questo articolo resta uno dei più problematici della riforma IGR del 2013, e voi lo mantenete sostanzialmente invariato. Avete ridotto di due anni il periodo di decorrenza, ma nella sostanza nulla cambia. Una società che non sta in piedi tre o cinque anni spesso chiude già dopo due, beneficiando nel frattempo di tutti gli sgravi. Poi riapre, usufruendo nuovamente delle agevolazioni. Dopo una sospensione di dodici mesi, al tredicesimo mese è già possibile ripartire, anche con debiti alle spalle. Un governo serio avrebbe dovuto introdurre almeno due correttivi fondamentali: prevedere che chi lascia debiti fiscali o contributivi non possa beneficiare di nuovi incentivi, neppure dopo i dodici mesi; verificare non solo il decorso del periodo di esclusione, ma anche la posizione fiscale complessiva dei soci e dei titolari effettivi. Così invece continuiamo a dare incentivi a pioggia, anche a chi non paga. Il problema lo conoscete bene: solo negli ultimi sei-nove mesi del 2025 Banca Centrale ha certificato 24 milioni in più da riscuotere, di cui circa 3 milioni riferiti ai soli contributi. E la domanda è: che cosa vogliamo fare per far sì che questi debiti vengano effettivamente saldati? Perché con questa impostazione chi non ha mai pagato continuerà a non pagare, mentre gli incentivi rimarranno sempre disponibili.

Nicola Renzi (RF): Questo articolo, in realtà, porta a molte riflessioni. Ricordo che come Repubblica Futura avevamo presentato, sia in fase di assestamento che in fase di finanziaria, vari emendamenti proprio sui benefici concessi alle imprese. Nei primi cinque anni ci sono benefici consistenti, ma appena finiscono i benefici arriva la mortalità aziendale. Ora, non abbiamo la bacchetta magica né soluzioni definitive, ma la prima cosa che vorremmo proporre è aprire un discorso serio, anche con le associazioni di categoria, per ragionare su come modulare questi incentivi. Perché l’obiettivo non deve essere solo la nascita di tante aziende, ma fare in modo che esse crescano, si consolidino, restino in piedi e generino utili e introiti per sé e per lo Stato. Noi siamo a favore dell’incentivo e dell’iniziativa privata, vogliamo che le persone si mettano in gioco e trovino le migliori soluzioni, ma serve un meccanismo che porti le imprese a reggere nel tempo. Come dicevo, non abbiamo la soluzione certa in tasca, però in passato abbiamo fatto diversi tentativi con i nostri emendamenti. Siamo rimasti sorpresi nel vedere che, a fronte di tutte le proposte che abbiamo avanzato e che sono state sempre respinte, ci ritroviamo ora questo articolo che, di fatto, taglia la testa al toro riducendo semplicemente gli anni di esenzione fiscale. Non è questo il modo. Serve un discorso molto più ampio. Un secondo punto riguarda i 12 mesi di esclusione. Come diceva anche il collega Santi, la previsione appare riduttiva e va maneggiata con cautela. Sia chiaro: la nostra posizione qui è forse diversa da quella di Rete. Non pensiamo che chi crea un debito debba avere addosso una “morte sociale”. Al contrario, crediamo sia giusto dargli opportunità per ripagare quel debito, perché il fallimento di un’impresa non è un fallimento personale, ma riguarda l’attività economica. Tuttavia, non possiamo neppure aprire maglie così larghe da favorire i “furbetti” che di anno in anno saltano da una società all’altra accumulando buchi e fregandosene di pagare. Per questo, a nostro avviso, occorrerebbe una riflessione seria e approfondita, coniugando il principio di dare opportunità a chi sbaglia con la necessità di bloccare chi usa il sistema per speculare. L’intervento che ci troviamo davanti, invece, appare limitato e rischia di produrre l’effetto opposto: favorire i furbetti piuttosto che chi merita una seconda possibilità.

Gaetano Troina (D-ML): Devo dire che condivido quanto hanno già espresso i colleghi, perché purtroppo è sotto gli occhi di tutti che nel nostro Paese esistono situazioni distorsive legate ad alcune attività che, finché hanno la possibilità di ottenere agevolazioni o aiuti da parte dello Stato, ne approfittano fino in fondo. Poi, una volta esauriti i benefici, dopo aver preso tutto ciò che era possibile, queste realtà spariscono lasciando soltanto debiti e vuoti. Lo abbiamo segnalato più volte: dal nostro punto di vista la strada per reperire risorse in modo equo sarebbe proprio quella di intervenire su queste distorsioni. Sono casi noti, discussi più volte in Aula e in commissione, ma ad oggi non si è mai intervenuti concretamente per risolverli. I cittadini lo sanno bene e ce lo fanno notare di continuo: ci sono persone che aprono e chiudono società approfittando dei vuoti della normativa, saltando da un’attività all’altra e riuscendo a non incorrere nelle limitazioni attuali della legge. È sufficiente chiudere rapidamente una società prima che vengano effettuati accertamenti, oppure aprire una liquidazione volontaria che poi dura all’infinito senza mai concludersi. Così abbiamo casi di liquidazioni aperte da decenni, società che formalmente non dovrebbero più operare ma che nel frattempo affittano immobili o continuano attività come se nulla fosse. Sono distorsioni gravi, che dovrebbero essere corrette con decisione. Invece, continuano a esistere e impediscono di recuperare risorse importanti per lo Stato. Non serve colpire ancora una volta i cittadini che pagano regolarmente le tasse: bisogna finalmente avere il coraggio di aggredire chi evade.

Sara Conti (RF): Allora, io credo che questo articolo non sia di per sé un articolo non condivisibile, almeno non in alcune sue parti. Però sono d’accordo che sul discorso degli incentivi alle nuove imprese vada fatto un ragionamento più ampio. Noi, come Repubblica Futura, lo abbiamo detto più volte e lo abbiamo portato in diverse occasioni, specialmente durante la fase di finanziaria, con emendamenti che riguardano le piccole e medie imprese, che costituiscono di fatto più del 90% del tessuto economico sammarinese. Queste imprese meritano sicuramente un’attenzione da parte nostra. Da un lato dobbiamo individuare tutte le possibilità per incentivare la nascita di nuove imprese, favorire il fatto che possano diventare solide e prosperare nel tempo. D’altro canto, però, dobbiamo anche individuare criteri precisi, affinché, qualora queste imprese si trovino in difficoltà, non si dia adito a discriminazioni o ad arbitrarietà nel decidere chi sostenere e chi no, cosa che purtroppo da noi succede. Va benissimo stabilire incentivi per le nuove imprese, ma occorre anche chiarezza, con indicatori riconoscibili e soprattutto controlli reali ed efficaci, per valutare nel tempo quali aziende, pur avendo avuto difficoltà o accumulato debiti, meritino un sostegno, e quali invece rientrino nella categoria delle società che aprono indiscriminatamente una dopo l’altra, senza mai essere fermate, evadendo e portando avanti attività non reali, non trasparenti e non utili al tessuto economico del Paese. A mio avviso, quello che manca è la capacità di individuare realmente quali società sostenere, come incentivare le imprese sane e quali strumenti adottare per contrastare chi sfrutta il sistema.

Emanuele Santi (Rete): Rispetto a questo articolo è chiaro che siamo tutti consapevoli della bontà e della necessità di concedere sgravi contributivi alle nuove società, soprattutto a quelle aperte da giovani che hanno bisogno di avviarsi con qualche aiuto in più. Su questo non c’è discussione. Noi, tra l’altro, avevamo portato nella legge sviluppo degli emendamenti proprio per incentivare le giovani imprese e le attività economiche nei centri storici. Quegli emendamenti li avete bocciati, ma è bene ricordare che l’opposizione ne aveva presentati un centinaio in quella direzione. Il problema è che conosciamo bene la realtà: ci sono personaggi che usano il nostro sistema economico aprendo e chiudendo società in continuazione, sempre gli stessi codici operatori, a volte nel giro di pochi mesi. Queste persone incassano gli incentivi, non pagano quanto dovuto, chiudono e poi, grazie a questo articolo che non avete voluto modificare, dopo soli dodici mesi possono ripartire da capo, senza aver saldato i vecchi debiti. È possibile che questo articolo sia davvero calato nella realtà sammarinese? A questo punto verrebbe da dire di no. Oppure conoscete benissimo la realtà ma non volete intervenire. Il problema è serio: molte società aprono, chiudono, lasciano buchi e continuano ad aprire. Con questo articolo non si impedisce questa pratica. Basterebbero poche modifiche, ad esempio rendere inidonei a ricevere incentivi coloro che si portano dietro debiti fiscali dalle società precedenti, oppure introdurre altre misure che spetterebbe a voi definire. Se volevate davvero fare una misura equa, questo era uno degli articoli chiave su cui intervenire. Non bastava ridurre i tempi, perché sappiamo che le società “apri e chiudi” durano sei mesi: la riduzione del periodo non cambia nulla. Qui manca la volontà politica di intervenire davvero.

Segretario di Stato Marco Gatti: Le norme sui soggetti inidonei che si applicano anche in questo caso, quindi sarebbe stato un di più.

Emanuele Santi (Rete): Segretario, non ci racconti barzellette. Sappiamo benissimo che il soggetto inidoneo a San Marino purtroppo non funziona per niente, anzi è il grosso problema che abbiamo. Quello che ci dice è la manifesta volontà di non voler intervenire, perché se lei dice che il soggetto inidoneo a San Marino funziona benissimo, allora chiudiamo qui il discorso. Noi, proprio ieri, abbiamo depositato un progetto di legge in cui andiamo a revocare le riserve alla Convenzione multilaterale di mutua assistenza. Nel 2015, quando fu ratificata, San Marino disse che temporaneamente la reciprocità — cioè il fatto di poter scambiare dati finanziari sulle imprese — non veniva concessa. Oggi, dopo dieci anni, sarebbe ora di far cadere queste riserve. Se vogliamo essere seri, bisogna cominciare ad avere strumenti per recuperare chi scappa via con il malloppo anche all’estero, nel proprio Paese. Siccome non lo vogliamo fare per i cittadini che si nascondono qui a San Marino, chiaramente non possiamo farlo nemmeno per le persone straniere che aprono qui e poi scappano via senza pagare il dovuto.

L’emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni è messo in votazione e respinto con 4 voti favorevoli e 10 voti contrari

L’articolo è messo in votazione e approvato con 10 voti favorevoli e 4 contrari

Art. 24 – Modifica dell’articolo 80 della Legge n.166/2013

Segretario di Stato Marco Gatti: Con questo articolo si è sostanzialmente chiarito il momento di apertura della liquidazione, soprattutto sotto il profilo fiscale, perché vi erano sfasamenti: il liquidatore veniva nominato, non accettava e quindi si poneva la problematica di quando iniziassero a decorrere i sei mesi entro i quali devono essere depositate sia le relazioni sia le dichiarazioni dei redditi. È stato quindi dato un chiarimento concordato, sentendo tutti gli attori coinvolti: ufficio tributario, ordini professionali e tribunale, per determinare un periodo assolutamente certo.

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni

Emanuele Santi (Rete): La cosa più incredibile è che nell’articolo precedente viene aggiunto il comma 6-ter, in cui si dice che con circolari dell’Ufficio Attività Economiche o dell’Ufficio Tributario, ciascuno per le proprie competenze o anche congiuntamente, possono essere disciplinate le specifiche modalità applicative del presente articolo. Quindi andiamo a disciplinare le specificità dell’articolo precedente attraverso circolari. E poi vogliamo parlare di riforme istituzionali? Qui continuiamo a scrivere nelle leggi che con le circolari si può governare il Paese. Queste sono deleghe in bianco, anzi peggio: con le circolari si può fare qualsiasi cosa attenente all’articolo. Questo articolo a mio avviso è collegato al precedente. Sicuramente è migliorativo, sì. Parliamo delle società in liquidazione. Il fatto che venisse nominato un liquidatore e non si sapesse, in assenza di accettazione, da quando decorressero i termini, è una cosa che andava chiarita. Il punto però è un altro: va bene migliorare i termini, va bene dare certezza per gli accertamenti e per il tribunale, ma non ci interroghiamo sul perché ci siano queste liquidazioni, da dove derivino, chi siano questi liquidatori. Non saranno mica gli stessi amministratori che hanno malgestito le società e poi vanno a fare anche i liquidatori, volutamente non si presentano, sanno benissimo come muoversi nelle maglie della legge per non ricadere nei controlli o per rimandare tutto alle lunghe. Il problema è che oggi abbiamo non so quante società in liquidazione e queste liquidazioni si stanno protraendo da decenni. Sono lì, in un limbo: non si sa se vanno avanti, se si chiudono, in che maniera. Bene che vengano dati termini certi dalla data di accettazione del liquidatore, ma il vero interrogativo è un altro: quante sono queste società in liquidazione, per quale ragione, per quali motivi restano lì da decenni a barcamenarsi senza un esito? La risposta, a mio avviso, è semplice: probabilmente molte sono società truffaldine che hanno tutto l’interesse a rimanere in questo limbo. Ripeto: questo articolo può essere migliorativo, ma la questione è fare un’analisi vera dell’impatto sociale ed economico di queste società sul nostro Paese. Bisogna intervenire affinché non siano messe in liquidazione, ma capire i motivi che portano a queste situazioni. Se molte di queste liquidazioni sono “società abbandonate”, fenomeno molto diffuso, con amministratori irreperibili, scrivanie e sedi vuote, senza nessuno che faccia le pratiche, allora è chiaro che il problema non si risolve solo con termini certi.

Gaetano Troina (D-ML): Riguardo al tema delle liquidazioni, il problema principale della nostra legge sulle società — e, nello specifico, di questa legge — riguarda i termini che vengono fissati per gli adempimenti nelle procedure di liquidazione. Se nella legge si stabilisce che entro sei mesi o entro un anno il liquidatore debba compiere determinate attività, ma non sono previste sanzioni nel caso in cui non le svolga, allora quei termini non hanno alcun significato. Parlo anche sulla base della mia esperienza personale. Mi è capitato più volte, nell’interesse di creditori di società in liquidazione, di rappresentare nei fascicoli che il liquidatore non stava rispettando i termini previsti dalla legge e di chiedere la sua sostituzione. Ma il Commissario della Legge non la dispone, anzi concede ulteriori termini al liquidatore per relazionare. E così si va avanti all’infinito, sempre che il liquidatore si degni di depositare le relazioni. Di conseguenza, le liquidazioni si trascinano per anni. Come si può, in una situazione simile, considerare la liquidazione come un unico periodo di imposta? Ci sono liquidazioni che durano anni e in cui le società continuano a svolgere attività d’impresa pur essendo formalmente in liquidazione. Ci sono società che producono utili e non dichiarano nulla, perché formalmente sono in liquidazione e il periodo di imposta è unico. È una distorsione evidente. Non credo di essere l’unico professionista a imbattersi in situazioni di questo genere. Tutti sappiamo che queste criticità esistono, eppure non si pone rimedio. Sono queste le sacche che vanno aggredite, non altre.Prima di chiedere ai cittadini di pagare di più, dovremmo affrontare e risolvere questi problemi. Iniziamo a sanzionare severamente chi, pur avendo queste responsabilità, non rispetta i termini fissati dalla legge. Altrimenti continuerà a prevalere la regola che ciascuno, in questo Paese, fa quello che vuole.

Nicola Renzi (RF): Anch’io ci tengo a dire due parole, perché mi era sfuggita la questione della circolare legata all’articolo precedente. Credo che sia un punto rilevante perché dimostra la volontà di questo governo di trasformare sempre più spesso leggi in circolari, decreti e regolamenti, sottraendo progressivamente competenze e facoltà al Consiglio Grande e Generale. È evidente che l’applicazione di una legge è un atto amministrativo, ma questo non può e non deve travalicare i confini fissati dalla norma. Venendo invece all’articolo che stiamo discutendo, sia il consigliere Santi sia il consigliere Troina hanno messo in luc diverse lacune che non vengono colmate con questo intervento. Stupisce che, pur mettendo mano a una norma che presenta criticità così evidenti, non si sia voluto recepire osservazioni e proposte provenienti da chi ha maturato competenze in questo ambito. Ci si sarebbe potuti spingere oltre, cercando di correggere storture note e ampiamente discusse. Concludo con una riflessione sull’attualità. È grottesco quello che sta accadendo: per la seconda volta la piazza si è riempita, eppure da parte della maggioranza e del governo non è arrivata una parola, né un commento. Noi abbiamo chiesto un incontro ai sindacati e attendiamo almeno da loro di sapere com’è andata la questione. Può darsi che abbiano torto le persone che sono in piazza, che sbagliamo noi, e che voi abbiate ragione a proseguire dritti per la vostra strada. Ma la mia esperienza, seppur limitata, mi dice che quando si procede con un muro contro muro, ignorando manifestazioni e proteste popolari, di solito la storia non finisce bene.

Sara Conti (RF): Vedo che nessuno della maggioranza prende la parola, probabilmente per una scelta di scuderia. È una decisione legittima, ma ciascuno poi risponde delle proprie azioni. Mi collego a quanto hanno già detto i colleghi. È chiaro che sul tema delle liquidazioni serve un’attenzione particolare, perché emergono lacune nella gestione. Lo ha spiegato bene il consigliere Troina, forte della sua esperienza professionale. Sarebbe utile approfondire proprio queste situazioni e capire come colmare le lacune o correggere le distorsioni che derivano dalla normativa attuale. Questo discorso si inserisce nel quadro più ampio che abbiamo già richiamato più volte: la lotta all’evasione fiscale. È uno dei motivi per cui consideriamo questa riforma IGR non accettabile. Non siamo i soli a sostenerlo: anche associazioni di categoria, sindacati e piazza condividono questa critica. Gli strumenti che avete introdotto per contrastare l’evasione sono deboli, se non addirittura distorsivi. Penso al meccanismo dell’autoverifica che scatta dopo tre anni consecutivi di dichiarazioni dei redditi inferiori a 15.000 euro. È una misura che rischia di penalizzare persone serie che si trovano in difficoltà economiche reali, soprattutto all’avvio di nuove attività, mentre non colpirà chi evade consapevolmente. Chi vuole evadere, infatti, si limiterà a dichiarare un po’ di più per non rientrare nella soglia. Il risultato è paradossale: i grandi evasori continuano a non essere toccati, anzi in certi casi vengono addirittura protetti, mentre si chiede più tasse a lavoratori onesti e in difficoltà. Questa è una distorsione grave, che continueremo a denunciare perché non è il modello di società che vogliamo: una società in cui i furbetti sono tutelati e i cittadini onesti pagano per tutti.

Emanuele Santi (Rete): Ormai è diventato un monologo dell’opposizione. È strano che la maggioranza non abbia nulla da dire su questi temi. Evidentemente l’ordine è quello di stare zitti e votare a testa bassa, succeda quel che succeda, senza preoccuparsi delle conseguenze. Il punto centrale è uno: quando le società vanno in liquidazione, bisogna innanzitutto capire quanto è diffuso questo fenomeno, quali sono le sue dimensioni. Il consigliere Troina lo ha spiegato molto chiaramente: il problema non riguarda tanto le liquidazioni ordinarie, ma quelle società truffaldine che si infilano nelle maglie dei termini, o meglio delle assenze di termini e di sanzioni, per dilatare i tempi ed evitare che si arrivi mai a una conclusione. Ci sono professionisti seri che rispettano tutte le incombenze nelle liquidazioni d’ufficio, ma ci sono anche società facilmente individuabili che invece non rispettano i termini e allungano i tempi all’infinito. Ricordo che ci sono state società “abbandonate” per anni, se non addirittura per decenni, senza una chiusura. E credo che sia lì che ci si dovrebbe interrogare, capire come intervenire per mettere fine a questo fenomeno. Ma voi non volete farlo. Avete avuto un’occasione importante con la riforma IGR per introdurre modifiche utili, ma vi siete lasciati guidare dal segretario Gatti, accettando la sua impostazione senza metterci del vostro. Questa riforma ha una linea chiara, e su tutto il resto vi siete ritrovati a giocare in un campo che non è il vostro. Ora vi trovate su un terreno minato, senza aver avuto né la forza né il coraggio di inserire articoli seri per contrastare evasione ed elusione fiscale. Questa riforma la state portando avanti, ma sarà un vostro peso. Anche se restate in silenzio, sarete chiamati a votarla e a prendervi la responsabilità. E la vera prova arriverà in Consiglio, quando serviranno 39 voti: sarà un voto di fiducia a tutti gli effetti, e la vostra maggioranza dovrà sottoscrivere per intero questo articolato.

L’emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni è messo in votazione e respinto con 3 voti favorevoli e 11 voti contrari

L’articolo è messo in votazione e approvato con 11 voti favorevoli e 3 contrari

Art. 25 – Modifiche all’articolo 93 della Legge n.166/2013

Segretario di Stato Marco Gatti: Con questo articolo si è sostanzialmente resa sistemica la data di presentazione del 31 luglio di ciascun anno. Oggi la scadenza è al 30 giugno, ma negli ultimi anni l’abbiamo sempre prorogata. Quindi, piuttosto che continuare con proroghe annuali, abbiamo deciso di stabilizzare la data al 31 luglio, vista l’oggettiva difficoltà degli operatori nel rispettare la scadenza precedente.

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni

Emanuele Santi (Rete): Anche questo è uno degli emendamenti abrogativi che abbiamo presentato, per coerenza con l’impostazione che abbiamo dato a questa legge, che a nostro avviso è completamente da ritirare. Questo articolo, di fatto, mette fine alla prassi delle proroghe. La legge prevedeva la scadenza al 30 giugno, ma ogni anno veniva prorogata: ora il termine del 31 luglio viene scritto direttamente nella legge. Sul merito non c’è nulla da eccepire: forse si poteva valutare di dare anche un mese in più ai professionisti, ma capisco che agosto è un mese feriale e quindi cambiava poco. La criticità principale, più volte segnalata, era la vicinanza con la scadenza del 31 maggio per i bilanci delle società. Portando la data al 31 luglio ci sono due mesi di margine, quindi il termine è ragionevole. Bene quindi che sia stato reso sistemico ciò che ormai era una proroga annuale. Resta però il fatto che state portando in votazione emendamenti senza conoscere, nei prossimi articoli, i reali impatti. Quindi, se questo articolo non è tra i più problematici, il vero nodo è che vi siete concentrati su una decina di articoli, su 53, con impatti pressoché nulli. Avete toccato solo quattro o cinque punti mirati, quelli che interessavano: colpire i redditi certi. Lo confermano anche le tabelle sugli impatti che avrà la riforma sui lavoratori autonomi. Io sono allibito: davanti a 10.000 persone in piazza avreste potuto almeno dare un segnale di equità, facendo sì che tutti contribuissero un po’ di più. Invece no: i lavoratori dipendenti e i frontalieri vengono colpiti, mentre per altri c’è una riduzione delle tasse. È una scelta evidente, che i cittadini vi contesteranno.

Nicola Renzi (RF): Diceva bene Santi: è un articolo di buon senso, e noi l’abbiamo chiesto più volte. Si era creata infatti una consuetudine: fissata la scadenza per legge, arrivava poi un decreto o un provvedimento che la prorogava. Bene dunque che ora ci sia una regola chiara e stabile. L’importante sarà abituare le persone a capire che questa è la vera scadenza e che non ci saranno ulteriori rinvii. Nell’articolo, però, sono previsti anche alcuni commi sulle sanzioni. Ad esempio, il comma 2 prevede che entro 30 giorni dalla scadenza del termine fissato per la presentazione, la dichiarazione è comunque valida ma si applica al contribuente la sanzione dell’articolo 139. Non so se questa parte sia stata modificata o meno rispetto alla formulazione precedente. Ma voglio sottolineare un punto: nei nostri incontri con le organizzazioni sindacali è emerso che alcune modifiche della riforma hanno comportato un aggravio consistente delle sanzioni, anche per semplici errori materiali. Su questo serve attenzione. È evidente la differenza tra chi cerca di evadere e chi invece compila da solo la dichiarazione, magari con l’aiuto di un parente, e commette un errore in buona fede. È importante preservare la possibilità per i cittadini di gestire da soli le proprie pratiche, ma senza rischiare penalizzazioni sproporzionate per un errore formale. Sarebbe utile prevedere un periodo congruo di rettifica. Non so se sia questo l’articolo che lo disciplina o se lo vedremo più avanti, ma il principio va tenuto presente. Concludo dicendo che, al di là del merito dell’articolo, non capisco la logica di questa prosecuzione dei lavori. Abbiamo interrotto la Commissione l’altra volta per trovare un punto di incontro, e oggi ancora non ci dite qual è la riforma fiscale che volete approvare in seconda lettura né quali siano i dati reali. Ci troviamo in una situazione paradossale, con tanti cittadini in piazza che vi stanno chiedendo di ripensarci, e voi invece andate avanti come se nulla fosse.

Gaetano Troina (D-ML): Va bene il discorso della presentazione della dichiarazione dei redditi, che viene spostata al 31 luglio. Questa era un’istanza che i professionisti avanzavano da tempo: così non devono più stare ogni anno a verificare se ci sarà o meno una proroga. Ora è diventato sistemico e cristallizzato che la scadenza è il 31 luglio. Non mi è invece chiaro qual è l’intento dei commi 2 e 3 di questo articolo, che parlano di tutt’altro e riguardano invece le sanzioni. Sul tema delle sanzioni anticipo una riflessione che riprenderò quando arriveremo alle modifiche specifiche. I professionisti, e anche i nostri tecnici, hanno segnalato una questione che credo sia doveroso riportare in Commissione. È giusto sanzionare chi non deposita la dichiarazione entro i termini previsti dalla legge, così come è giusto sanzionare chi non la deposita affatto. Ma mi viene segnalato che in alcune situazioni, soprattutto quando il contribuente è assistito da un non professionista, può capitare un errore di compilazione o una svista minima. In questi casi, l’impatto sanzionatorio risulta molto rilevante e sproporzionato rispetto alla mancanza commessa. Vorrei quindi capire, dal punto di vista di questo articolo, cosa si va effettivamente a modificare in merito all’apparato sanzionatorio. In generale, ci tenevo a riportare questa riflessione: è giusto e necessario prevedere sanzioni, ma sarebbe altrettanto opportuno introdurle per casistiche come quelle che ho richiamato in precedenza sul tema delle liquidazioni, dove oggi non esistono. È inutile applicare sanzioni macroscopiche e sproporzionate per piccole dimenticanze del contribuente, che non derivano da dolo, ma piuttosto dalla complicatezza della normativa. È importante che vengano dati chiarimenti soprattutto sull’impianto sanzionatorio, per capire bene quali saranno le reali modifiche.

Sara Conti (RF): Questo articolo in sostanza recepisce ciò che già di fatto accade, perché era ormai diventata una consuetudine avere sempre una proroga o un rinvio per il deposito della dichiarazione dei redditi. Di conseguenza, questa norma va semplicemente a stabilizzare una prassi che si protrae da tempo. Perciò non possiamo certo dire che ci crei problemi o che siamo contrari a fissare come nuova scadenza quella del 31 luglio. Quello che invece merita maggiore attenzione, come è già stato sottolineato, è l’aspetto sanzionatorio. È chiaro che servono disposizioni adeguate per distinguere tra diverse tipologie di errore o di ritardo nel deposito, così come per altre situazioni legate alla compilazione della dichiarazione. Tuttavia, occorre anche prestare attenzione a chi prova a fare la dichiarazione da solo, utilizzando ad esempio il sito della PA, e incappa in qualche errore innocuo e non intenzionale. Diverso è il caso di chi invece omette volontariamente parti della dichiarazione. Stabilire questa distinzione non è semplice, lo sappiamo, anche perché servirebbero criteri e indicatori ben definiti, così da evitare decisioni arbitrarie o non motivate. Il rischio, altrimenti, è che in casi simili vengano prese decisioni differenti. Certo, è complicato individuare con precisione quali comportamenti vadano sanzionati e quali invece si possano considerare semplici errori materiali, dovuti alla disattenzione di chi non si affida a un commercialista. Tuttavia, un po’ più di attenzione a questo aspetto sarebbe senza dubbio un modo corretto per completare la disposizione.

L’emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni è messo in votazione e respinto con 2 voti favorevoli e 11 voti contrari

L’articolo è messo in votazione e approvato con 11 voti favorevoli e 4 contrari

Art. 26 – Modifica dell’articolo 93-bis della Legge n.166/2013

Segretario di Stato Marco Gatti: L’articolo modifica la lettera del comma 1 dell’articolo 93-bis della legge n. 166/2013. Con la nuova formulazione si stabilisce che possono essere corrette, senza l’applicazione della sanzione prevista dall’articolo 139, comma 1, lettera B, le dichiarazioni dei redditi dei sostituti d’imposta, quando gli errori o le omissioni commessi risultino a favore dell’amministrazione finanziaria. In questo caso è possibile presentare una dichiarazione successiva entro il termine stabilito dall’articolo 115, comma 3, lettera G. La modifica interviene quindi sulle dichiarazioni integrative che risultano favorevoli all’amministrazione finanziaria: il soggetto passivo che si accorge di un errore e interviene spontaneamente presentando una dichiarazione integrativa non subisce la sanzione per dichiarazione infedele. La logica è che, trattandosi di un comportamento proattivo, non conseguente a una segnalazione dell’amministrazione ma spontaneo e tempestivo, l’errore non debba essere punito con una sanzione, perché dimostra buona fede.

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni

Gaetano Troina (D-ML): Su questo articolo, e magari lo valuteremo anche con i colleghi per capire che linea tenere, chiedo conferma di aver compreso correttamente: si elimina la sanzione nel caso in cui il dichiarante corregga la propria dichiarazione dei redditi con un’istanza integrativa, ma soltanto quando questa risulti a favore dell’amministrazione finanziaria. Capisco la finalità e, per questo caso, mi può stare bene che, se la dichiarazione integrativa porta un vantaggio allo Stato, non si applichi la sanzione. Riprendo però quanto dicevo in precedenza: i nostri tecnici ci segnalano che, in altri casi, per errori o sviste anche di piccola entità, le sanzioni restano molto alte e sproporzionate. Su questo articolo in particolare, che riguarda una forma di ravvedimento operoso, può essere comprensibile togliere la sanzione. L’importante, però, è che non diventi un espediente per chi ha presentato una dichiarazione sfavorevole all’amministrazione: se poi arriva voce che l’errore potrebbe essere stato notato, il rischio è che si corra a fare la dichiarazione integrativa per correggere a posteriori, vanificando lo spirito della norma. In tal caso l’intervento perderebbe la sua bontà.

Emanuele Santi (Rete): Questa legge ormai ha 12 anni e, erroneamente, io stesso come forse molti altri pensavo non fosse mai stata toccata. In realtà, ne sono ben consapevole, è stata modificata più volte, ad uso e consumo, in diversi assestamenti e manovre finanziarie nel corso degli anni. Se andate a vedere il testo coordinato vi accorgerete che ci sono tantissimi articoli modificati, molti più di quanto si possa immaginare. Sono davvero tanti. Il 93-bis, come altri articoli, è stato integrato negli anni. E proprio queste continue modifiche hanno fatto sì che oggi non ci sia più una logica chiara, soprattutto sul piano sanzionatorio. Alcune sanzioni risultano sproporzionate, altre troppo lievi. Quello che voglio sottolineare è che, in una riforma fiscale, a mio avviso sarebbe stato necessario un intervento organico, una volta per tutte, in maniera coordinata, con una linea logica precisa, per uniformare le varie sanzioni. Negli anni, infatti, sono state introdotte modifiche in ogni legge finanziaria, toccando di volta in volta singoli articoli, e il risultato è che il quadro complessivo è disomogeneo e incoerente. Ecco perché arrivo all’articolo 26, che modifica il 93-bis. Secondo me questo lavoro, in termini generali, è stato fatto in maniera approssimativa. È vero che, nei casi di vere sviste o di errori materiali, commessi senza intenzione di frodare, non è giusto punire eccessivamente. Ma quello che manca in questo progetto di legge è un intervento organico e coordinato per uniformare l’impianto sanzionatorio, perché negli anni questa legge è cambiata in molti aspetti e oggi contiene articoli che non seguono più una logica chiara: alcuni sono sproporzionati, altri no.

Nicola Renzi (RF): Mi permetto prima una comunicazione di servizio: i rappresentanti e i funzionari dei sindacati, terminati gli interventi in piazza, si stanno recando a Palazzo per accettare il nostro invito a un incontro. Per questo, presidente, chiediamo di interrompere i lavori dopo l’analisi di questo articolo, come ci aveva promesso, così da garantire la possibilità di incontrare le forze sindacali. Finora avete giustamente, forse, monopolizzato il dialogo con le parti sociali. Riteniamo doveroso che anche noi possiamo avere questo confronto. Quanto all’emendamento, ci sembra effettivamente migliorativo, ma resta un problema di fondo. Quando si porta avanti una riforma fiscale, serve un quadro complessivo, serve l’analisi generale della situazione del Paese, dell’equità, degli effettivi controlli. Sono punti su cui noi abbiamo insistito molto, ma che non trovano risposte, al di là della propaganda. E, francamente, mi sembra che la risposta arrivata oggi sia molto chiara: quello che dite non viene più ascoltato. Dopo lo sciopero della volta scorsa, alcune forze politiche della maggioranza — una in particolare — hanno dichiarato che non si poteva far finta di niente rispetto a ciò che era successo. È cronaca. Non si può far finta di niente di fronte a questo messaggio che arriva forte e chiaro dai cittadini, dai lavoratori e anche da tanti pensionati presenti. Noi ve l’abbiamo già detto: questo non è il modo per portare a casa una riforma. Pensate a quello che accadde nel 2013: pur tra difficoltà, si trovò un punto di caduta condiviso. Oggi invece siamo al secondo sciopero clamoroso, senza nessun punto di caduta, e anzi con una incomunicabilità totale. Questo è un problema molto serio, perché quando si acuisce lo scontro tra categorie di lavoratori e fasce di reddito, il rischio è che non succeda nulla di buono.

L’emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni è messo in votazione e respinto con 4 voti favorevoli e 11 voti contrari

L’articolo è messo in votazione e approvato con 11 voti favorevoli e 4 contrari