Attualità

“Calo delle nascite: la perdita del potere d’acquisto non è solo una coincidenza”

Il calo delle nascite è al centro dell’attenzione, visti i dati impietosi che hanno registrato un vero e proprio crollo negli ultimi anni: solo 144 nuovi nati nel 2024. Pochi di più ne sono previsti per quest’anno. Sono circa il 50% in meno rispetto alle medie di un decennio fa.

La contestuale picchiata dei redditi da lavoro dipendente in rapporto all’inflazione non può essere una coincidenza. Certamente influirà anche una componente di carattere culturale, ma sottovalutare il fattore economico è del tutto sbagliato. Non a caso nei Paesi che hanno investito ingenti risorse per sostenere i redditi ed i servizi in favore delle famiglie la flessione è molto meno accentuata.

Chiediamo di aprire al più presto il confronto sul tema, traendo spunto dalla relazione recentemente presentata dalla Segreteria di Stato per la Famiglia. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, nella Cassa di Compensazione i soldi ci sono.

Ma bisogna altresì rinnovare i contratti su basi diverse da quelle ottenute negli ultimi anni, fatta eccezione per i settori industriale ed artigianale, che pure non hanno retto totalmente il passo dell’inflazione. La tabella allegata mostra infatti come negli ultimi 10 anni i redditi da lavoro dipendente siano letteralmente stati falcidiati.

Se nei settori prima citati la perdita del potere d’acquisto è stata tutto sommato contenuta (-8,25%), tenendo conto che ne verrà recuperata una parte per tutti i lavoratori, oltre ad un altro 2,5% circa per coloro che vantano un’anzianità di servizio di 11 anni presso la medesima impresa, altrettanto non può dirsi per i dipendenti degli altri settori.

Fanalino di coda è il contratto dell’edilizia, che ha perso ben il 18,9% del potere d’acquisto lordo, ma la gran parte degli altri contratti è poco distante. Se consideriamo che, nel medesimo periodo, sono stati incrementati i contributi a carico dei dipendenti nella misura del 3,4% (1,9% primo pilastro + 1,5% FONDISS) e sono aumentate le imposte dirette, siamo di fronte ad una vera e propria emergenza redditi.

Se volgiamo lo sguardo ancora più all’indietro, la dinamica è ancora peggiore, ma è doveroso riconoscere che fino allo scoppio della crisi finanziaria mondiale del 2008, ovvero ai tempi della “San Marino da bere” fondata sull’anonimato societario e sul segreto bancario, gli stipendi crescevano più dell’inflazione.

Dopo aver tenuto conto (o scontato, a seconda dei punti di vista) degli effetti di questa crisi prima e del Covid poi, ora non ci sono più ragioni per tirare il freno ed occorre recuperare almeno il terreno perduto negli ultimi anni. Gran parte della perdita del potere d’acquisto evidenziata nella tabella è infatti relativa al triennio 2021 – 2023.

Abbinando la questione redditi alla scelta scellerata di attirare pensionati, sportivi e artisti esteri, attraverso le spregiudicate residenze atipiche a fiscalità privilegiata, che hanno fatto schizzare verso l’alto il costo degli affitti, è di tutta evidenza che per le giovani coppie la scelta di avere figli o meno non è affatto libera, salvo che non si abbiano alle spalle famiglie benestanti che possano dare una mano.

CSdL