In Commissione confronto serrato sul tema della denatalità: analizzate proposte e prospettive
Commissione Consiliare Permanente Affari Costituzionali ed Istituzionali; Pubblica Amministrazione; Affari Interni, Protezione Civile, Rapporti con le Giunte di Castello; Giustizia; Istruzione, Cultura, Beni Culturali, Università e Ricerca Scientifica e Commissione Consiliare Permanente Igiene e Sanità, Previdenza e Sicurezza Sociale, Politiche Sociali, Sport; Territorio, Ambiente e Agricoltura
Giovedì 27 marzo, mattina
La seduta congiunta – che riunisce le Commissioni Consiliari Permanenti I e IV – si apre con il comma comunicazioni. Non essendoci interventi, il dibattito entra nel vivo con il riferimento del Congresso di Stato sugli incentivi e le misure riconosciuti a sostegno della natalità, della genitorialità e della famiglia e sulle proposte di nuove misure in merito a seguito dell’approvazione di un Ordine del Giorno da parte della Commissione III nella seduta del 21 gennaio 2025. Alle 13.00 i lavori vengono sospesi. Verranno ripresi nel pomeriggio, alle 14.30, con la presentazione di un Ordine del giorno sul tema.
Di seguito una sintesi dei lavori
Comma 2 – Riferimento del Congresso di Stato sugli incentivi e le misure riconosciuti a sostegno della natalità, della genitorialità e della famiglia e sulle proposte di nuove misure in merito a seguito dell’approvazione di un Ordine del Giorno da parte della Commissione III nella seduta del 21 gennaio 2025
Segretario di Stato Stefano Canti: La relazione presentata nasce dall’ampio dibattito che ha portato la Commissione III ad approvare un ordine del giorno nella seduta del 21 gennaio scorso. La famiglia rappresenta il nucleo fondamentale della società, un pilastro imprescindibile per la crescita collettiva. Negli ultimi anni, anche a San Marino, la denatalità ha assunto dimensioni preoccupanti. Dai dati estrapolati dall’Ufficio di Statistica emerge una tendenza alla diminuzione delle nascite, all’aumento dei decessi e alla riduzione dei matrimoni. Nel 2022 sono nati 205 bambini, nel 2023 il numero è sceso a 191, mentre nel 2024 le nascite sono state soltanto 144 (149 se contiamo i nati a San Marino ma residenti all’estero). Va subito evidenziato come questo problema non sia solo di carattere numerico: il progressivo invecchiamento della popolazione comporta una minore forza lavoro, un aumento della spesa previdenziale e una riduzione della crescita economica, con effetti diretti sul bilancio dello Stato e sulla sostenibilità del sistema previdenziale. Questo calo rappresenta un segnale d’allarme per il futuro del Paese, con conseguenze che rischiano di intensificarsi. Si tratta di un trend che interessa anche altri Paesi. Non esistono soluzioni preconfezionate, poiché la dinamica è complessa e richiede un’analisi approfondita con il coinvolgimento di tutte le componenti della società. È essenziale comprendere che il fenomeno non è improvviso, ma il risultato di una serie di fattori, tra cui l’instabilità economica, le difficoltà nel conciliare vita privata e lavoro e la percezione di incertezza sul futuro. San Marino ha adottato misure concrete per supportare la genitorialità e incentivare la natalità attraverso politiche di welfare mirate. Durante la scorsa legislatura, le politiche familiari sono state implementate con investimenti, provvedimenti innovativi e aiuti economici diretti e concreti. Questi strumenti sono stati oggetto di una revisione per coordinare meglio il sistema dei sostegni, prevedendone un rafforzamento con la Legge n. 129/2022. Tale legge non solo raccoglie le tutele già esistenti, ma introduce anche alcune novità per la protezione della genitorialità, basandosi sul principio di pari dignità. Tra le principali innovazioni: il congedo di paternità di 10 giorni, il congedo retribuito da usufruire entro i primi 5 mesi di vita del bambino, l’incremento delle indennità per il congedo parentale, l’introduzione di 12 ore di permesso lavorativo per visite mediche prenatali, 5 ore di permesso per visite mediche dei figli e colloqui scolastici, il congedo per gravi motivi familiari e la presentazione di una relazione annuale da parte del Segretario di Stato per la Sanità. Un ulteriore intervento è stato realizzato con la Legge n. 158/2022, che prevede forme di sostegno per donne sole in stato di gravidanza e per nuclei familiari in condizioni di grave difficoltà. Questa normativa definisce un quadro di supporto alla donna che, per cause indipendenti dalla propria volontà, si trovi ad affrontare una gravidanza in situazioni di disagio. La relazione è strutturata in tre parti. La prima riguarda l’analisi delle misure a sostegno della genitorialità e della famiglia. La seconda parte approfondisce nuove proposte e interventi, mentre la terza contiene grafici riepilogativi. Il dato che emerge in maniera particolarmente negativa è quello relativo al tasso di fecondità, che nel 2024 ha raggiunto lo 0,84, un valore tra i più bassi d’Europa. Per quanto riguarda l’andamento demografico, sono stati inseriti confronti con altri Stati, dai quali emerge come la denatalità sia un problema diffuso. Sul fronte delle nuove proposte, sono state sintetizzate quelle avanzate dai sindacati, dalle forze politiche di opposizione e dalla Segreteria di Stato. Il tema della natalità è stato inoltre approfondito nel corso di un convegno organizzato dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Sono convinto che i provvedimenti siano necessari, soprattutto se riusciamo ad affiancarli ad un grande cambiamento culturale. Fare figli non è una scelta come un’altra, ma una decisione da valorizzare e incentivare. Non si tratta solo di un aspetto economico: è fondamentale promuovere un ambiente accogliente in cui i genitori si sentano supportati e garantire un sistema più semplice ed equo per chi decide di avere figli. Un semplice incentivo economico può aiutare, ma da solo non è sufficiente a spingere i giovani a formare una famiglia. Le istituzioni hanno un ruolo chiave, ma è indispensabile anche il coinvolgimento attivo delle imprese e della società civile. È necessaria un’indagine sociologica approfondita sulla nostra società. Ritengo condivisibile l’idea che il fenomeno della denatalità non sia il risultato di una singola causa, ma il frutto di molteplici fattori che hanno determinato un cambiamento culturale. Vorrei proporre di lavorare in sinergia con la Commissione speciale sull’andamento demografico per sviluppare nuovi approfondimenti. Siamo aperti al contributo di tutte le forze politiche e prevediamo incontri coinvolgendo tutte le realtà che operano nei servizi alla famiglia. Invito tutti a riflettere su questi temi: solo attraverso una strategia condivisa possiamo garantire un futuro prospero.
Andrea Ugolini (PDCS): Non entro nel merito di quelli che sono gli scenari della denatalità, li abbiamo sviscerati in Consiglio. Questa relazione ci dà uno specchio del nostro stato sociale e familiare. Mi soffermo su un dato in particolare. Quello del tasso di fecondità, sceso della metà in 15 anni. Cosa significa? Quindici anni fa, una famiglia aveva due figli, e una famiglia aveva un figlio. Oggi su due famiglie, una ha figlia, e una famiglia non ha figli. Perché questo? C’è sfiducia verso il futuro. C’è paura di investire nel futuro. Per partire servono tre condizioni: casa, sicurezza economica, un buon lavoro. Le politiche del nostro Paese dovranno intervenire su questi tre macrosettori. Le giovani coppie hanno uno squilibrio generazionale: non hanno più in età feconda genitori in età pensionabile che possono supportare la famiglia nel momento in cui arriva il figlio. Non è più attuale mettere a confronto le generazioni. C’è un dato inquietante. Rapportare il 2025 con il 1980 è come raffrontare il 1980 con il 1935. Il contesto è totalmente differente. L’esperienza del primo figlio a volte scoraggia perché ci si rende conto di non avere quei servizi di qualità che possono supportare la famiglia nella ripresa del lavoro. Tutti quei servizi che in questo momento possono essere integrati e migliorati, vanno istituti. La legge 129 del 2022 ha portato interventi notevoli di sostegno alla famiglia. Sono stati stanziati 8 milioni di euro di incentivi in due anni e poco più. Evidentemente però non sono stati sufficienti, perché non è solo economico il sostegno di cui una famiglia ha bisogno. Altro dato riguarda i 24 milioni di euro di assegni familiari elargiti, con una diminuzione di un milione e mezzo di euro. Questo milione e mezzo di euro può essere reinvestito nelle politiche familiari. Non ci dobbiamo meravigliare se il Consiglio respinge istanze per avere detrazioni che non vanno in questo momento verso queste politiche. Vista l’apertura ad una indagine sociale, ritengo utile aggiungere il dato sul tasso di infertilità, perché è sempre più tardivo il fatto di avvicinarsi al parto. Potrebbe essere utile aggiungere anche i dati sulle separazioni e quello sugli aborti. E potrebbe essere utile una campagna di sensibilizzazione sulla genitorialità.
Guerrino Zanotti (Libera): Nella relazione emerge il quadro di utilizzo degli strumenti che le normative vigenti mettono a disposizione dei genitori lavoratori. Il dato che manca è quello dei dipendenti pubblici e del settore privato. E’ un elemento che ci serve per formulare davvero delle proposte concrete e porre argine al fenomeno. Lo dico perché se andiamo a vedere i dati del settore privato – circa 18.500 lavoratori – e quelli del settore pubblico – quasi 4mila – quei dati la dicono lunga sull’utilizzo degli strumenti messi a disposizione. Molti dei diritti che sulla carta sono per tutti, nella realtà non è così. Nel privato molti degli istituti non vengono utilizzati o vengono utilizzati molto di più con oneri importanti. Nel pubblico un’articolazione diversa dell’orario di lavoro mette a disposizione un tempo più ampio per gestire la genitorialità. Questa è la prima riflessione che dobbiamo fare. Gli strumenti non sono fruiti effettivamente perché a volte nel settore privato c’è un’impossibilità di utilizzo. Una maggiore conciliazione credo che sia il primo degli elementi che dobbiamo mettere in campo. Un altro elemento è quello della precarietà del lavoro che forse riguarda molto di più il privato che il pubblico. La prima cosa veramente da fare, seriamente da fare, è un ragionamento concreto, fattivo sul lavoro precario, discriminato, la diversità e il divario di retribuzione tra uomo e donna, che è tangibile e non permetterà quella suddivisione del compito di educare i figli. Perché poi diventa anche un fatto economico. Ci sarebbe poi una riflessione sugli stili di vita che media e social media diffondono e vanno verso un individualismo sfrenato. Quali possono essere gli interventi? Sappiamo che non c’è una ricetta buona per tutti. Dovremo agire su un mix di interventi. Al primo posto metterei l’aspetto del lavoro, e la precarietà del lavoro che va combattuta, la parità vera tra generi. Se alcuni permessi sono facoltativi, sarà il caso di porre sullo stesso piano uomo e donna. Poi vanno potenziati istituti come gli assegni familiari. Contributo che viene dato a pioggia e oggi non è efficace. Sull’assegno familiare integrativo, si spende meno della metà di quando c’era una natalità più alta. Necessario pensare ad un intervento più consistente da parte del bilancio dello Stato. Si potrebbe pensare ad un Fondo finanziato dallo Stato che può essere costituito per ogni nuovo nato con un versamento annuale. Si potrebbe pensare ad aprire le residenze ai frontalieri che hanno una famiglia in età scolastica, ulteriori interventi sui beni per la prima infanzia, si potrebbe pensare un servizio di baby sitting pubblico, gestito dalle Giunte di Castello.
Matteo Casali (RF): Va riconosciuta la volontà di voler affrontare in maniera completa il tema della natalità. Questo in particolare per quanto riguarda la pubblica istruzione, contrariamente al passato, dove abbiamo assistito ad una legislatura di stasi, per poi trovarci oggi con una serie di problemi legati alla chiusura dei plessi. Un approccio sollecitato dalle opposizioni, di questo bisogna darne atto. Chi probabilmente otto nove anni fa aveva incominciato a intessere questi ragionamenti, tentando determinate soluzioni, l’ha pagata cara politicamente. Dopo anni arriviamo a discutere di questi temi. Non vedo corretto un incensamento della scorsa legislatura della legge 129/2022, perché il percorso dal punto di vista normativo ha un più ampio arco temporale. Il secondo merito della relazione è che per la prima volta ci si approccia con dati alla mano. Tuttavia nella forma in cui sono stati posti non sono molto utili. Impossibile interpretare gli stessi in termini di penetrazione dei provvedimenti. Ed è impossibile capire quanto congedo parentale paterno concesso dalla legge del 2022 sia stato adottato e quanto congedo parentale materno sia stato adottato. Dunque c’è un problema di sovrapposizione dei dati. In termini di soluzioni proposte. Mi sembra sia stato fatto cherry picking per le soluzioni proposte dalle opposizioni. Ok il caregiver, ok al riscontro e al pagamento dei giorni di malattia, ma tante cose proposte – come welfare aziendale ed estensione degli orari scolastici – sono cose in cui noi crediamo molto e che non sono state prese in considerazione. Siamo certi: occorre stringere i tempi di risposta della politica. Se questi sono fenomeni lenti nel tempo, siamo già in grave ritardo. Incidono due ordine di fattori. Un ordine valoriale e uno strutturale. Il primo riguarda la società e non so fino a che punto lo Stato possa fare qualcosa. La politica deve vedere al di là del contingente, proiettare la visione nel futuro. Ci devono essere tre direttrici: scuola, lavoro e casa. Scuola: non solo intesa come problema contingente della riduzione dei plessi, ma scuola intesa come percorso scolastico. In materia di lavoro, mettiamo a disposizione strumenti, non fruiti nei fatti. Qui bisogna monitorare. E soprattutto una reale equiparazione tra il livello di preparazione e il lavoro svolto. E poi provvedimenti che facilitano l’accesso alla casa da parte delle coppie giovani, purtroppo il provvedimento in discussione temo non raggiungerà gli obiettivi. Su almeno due fronti, San Marino può fare la sua, anche con ragionamenti controintuitivi di prospettica efficacia, anche per essere un punto dove fare famiglia è più facile in un Occidente che invecchia.
Giovanni Zonzini (Rete): La relazione ha il pregio di essere una quantificazione precisa delle spese sostenute dallo Stato. Fa una fotografia non innovativa, ma precisa della situazione, del tracollo demografico. Ma ci sono alcuni limiti. Dal punto di vista analitico, vorrei aggiungere gli aspetti tecnologici e culturali. Quello tecnologico ha a che fare con la contraccezione, quello culturale ha a che fare con il diverso ruolo delle donne nella società. Lo sviluppo di tecniche contraccettive ha prodotto una limitazione impensabile fino a qualche anno fa. Faccio queste riflessioni in termini puramente analitici. Fino a qualche decennio fa uomini e donne avevano ruoli definiti. Oggi questa situazione non è così. Ragazzi e ragazze hanno altre cose in testa, questo è un aspetto che va considerato: la volontà oltre che la possibilità di fare figli. Il vero elefante nella stanza è l’aspetto delle politiche migratorie. Io penso che per un Paese come il nostro, che affronta il declino demografico, fare ragionamenti con relazioni e un approccio politico che ignori deliberatamente qualunque tipo di politica migratoria, non può che portare al fallimento. Il bonus bebè è una misura tra il ridicolo e l’inutile. Iniziative che non porteranno a nulla. Più che pensare ad bonus bebè, dovremmo pensare che non è intelligente attirare sul territorio pensionati, ma incentivare persone in età giovane a venire nel Paese. Forse dovremmo ragionare che il criterio non deve essere avere centinaia di migliaia di euro in banca, ma essere giovani, avere voglia di lavorare, essere una giovane coppia. Se ci focalizziamo sul dare bonus, otterremo risultati modesti. Il collega Casali ha parlato di lavoro, faceva presente che la stabilità economica arriva anni e anni dopo rispetto al passato. E gli stipendi sono rimasti bassi, c’è stata una deflazione salariale. Esistono questioni materiali che hanno a che fare con politiche del lavoro, politiche industriali. Mi auguro che il Governo possa prendere in considerazione politiche migratorie ben gestite che possano contribuire ad affrontare la questione in modo realistico.
Luca Lazzari (PSD): Finalmente c’è la consapevolezza politica della portata del fenomeno. A San Marino ogni nuova generazione è la metà della precedente. Un dato che racconta un declino strutturale, una curva che riguarda ogni aspetto: non è un rallentamento, è una estinzione per esaurimento della nostra comunità. Questo processo non è reversibile da solo. E’ un circolo vizioso. Nei piccoli Paesi come il nostro, il rischio è ancora più grave. Questo è un problema economico, politico, di giustizia. Il carico fiscale si concentra su pochi, il welfare perde le risorse, si spezza la solidarietà. E’ la premessa per una stagione di disuguaglianze e rancore. Non possiamo limitarci a prendere atto della situazione, dobbiamo costruire una risposta che non può essere fatta di bonus episodici, ma di misure strutturali e coraggiose. Alcune sono contenute nella relazione. Rafforzare la rete educativa, mettere ordine e trasparenza negli strumenti esistenti. Buone basi, ma serve anche altro. Il problema è ricostruire un tessuto lacerato. Abbiamo una generazione mancante nella fascia 0-10 anni. E’ una realtà che sta producendo effetti concreti. Dobbiamo aprirci all’esterno, creare le condizioni affinché nuove famiglie scelgano San Marino per vivere e lavorare. C’è residenza e residenza. Se abbiamo aperto a cittadini benestanti, dobbiamo essere capaci di aprire a chi può portare bambini e coesione sociale. E’ un salto che dobbiamo avere il coraggio di fare. Abbiamo una comunità solida, una qualità della vita che molti ci invidiano: se sapremo valorizzare ciò che siamo, aprirci con intelligenza, valorizzare le famiglie, torneremo ad essere un Paese che cresce, accoglie e può guardare avanti.
Massimo Andrea Ugolini (PDCS): Ricordo al commissario Casali che la legge 129 del 2022 fu approvata senza voto contrario dal Consiglio: eravamo molto consci che la legge faceva una ricognizione degli aspetti di intervento di sostegno alla famiglia, ma sapevamo che non avrebbe colmato il problema della denatalità. La relazione ci mette di fronte ad un aspetto: gli interventi economici non rappresentano la risoluzione di un problema che è anche di carattere culturale. La legge fra i principali elementi migliorativi ha dato la possibilità di una maggiore presenza del papà e della mamma rispetto ai figli, c’era la volontà di far sì che anche il papà potesse avere un ruolo più attivo, di permettere alla mamma e al papà di contemperare l’aspetto lavorativo e le aspettative di carriere con la cura del figlio. Si può migliorare. E’ prevista una delega aperta per aumentare i sussidi rispetto ad un work in progress. Dovremo essere molto attenti nel migliorare i servizi a supporto di famiglia e giovani coppie. Nel programma di Governo c’è l’aspetto di un Fondo per la natalità a vantaggio delle giovani coppie. Necessario investire su questi aspetti che possono dare certezza di occupazione lavorativa, aspetti di una giusta aspettativa di carattere abitativo, mettere in campo politiche abitative sui Castelli meno popolosi, per fare insediare nuovi giovani coppie, servizi a supporto delle famiglie, attività per i genitori che non impediscono la presenza al lavoro. Credo sia fondamentale individuare una struttura di supporto sociale e informativa di tutti gli strumenti a disposizione delle giovani coppie. Spesso ci sono strumenti che non vengono utilizzati perché le coppie non ne sono a conoscenza.
Marinella Loredana Chiaruzzi (PDCS): Lo studio statistico ha in pancia informazioni su come è cambiata la struttura della famiglia e della società. Penso che questa parte dei dati va veramente approfondita. Sul discorso della migrazione, capisco la preoccupazione di tanti. C’è un dato interessante che rimane sommerso. Abbiamo in territorio 291 coppie conviventi che non sono residenti ovviamente, il 90% sono ragazzi giovani, e abbiamo 86 soggiornanti per nascita figlio: coppie che provano ad avere una storia personale. Dati in aggiunta a quelli che vengono spesso citati in modo negativo. Non è vero che non c’è una migrazione, le coppie giovani hanno un approccio diverso alla relazione. Credo sia utile ragionare anche per step. E’ necessaria un’analisi approfondita per iniziative di stimolo a lungo raggio. Un altro aspetto utile da capire riguarda la differenza tra nuclei familiari con figlio unico e quelli con più figli. C’è una necessità di approfondire verso i giovani le resistenze alla stabilità di una relazione. Per capire quali servizi possono essere incentivati per fare in modo che il figlio unico non resti poi figlio unico. Mi fa piacere che si è cominciata ad approfondire una gestione dei centri estivi più estesa ragionando dei vuoti che in certi periodi impediscono di avere una copertura.
Miriam Farinelli (RF): Ci troviamo a quasi quattro anni di distanza dalla legge 2022 e ci troviamo a dire che non abbiamo fatto abbastanza. Oggi in quest’Aula siamo tutti cittadini sammarinesi che vogliono fare il meglio, non c’è maggioranza e non c’è opposizione. Vorrei uscire da qui con linee veloci per cercare di arginare il problema della natalità. E con linee a medio termine come quelle annunciate dal commissario Casali per guardare al futuro. Questo ci metterà in condizione di pensare al nostro Paese con una natalità che possa riprendere. C’è la tematica della fecondazione assistita. Con il problema dell’infertilità. Fecondazione assistita che non abbiamo mai toccato in nessuna legge. La maggior parte delle coppie si rivolgono a centri di fecondazione assistita, per lo più privati. L’ISS eroga un bonus solo alla donna per un massimo di due cicli con un rimborso di duemila euro per ogni ciclo. E dà i farmaci per due cicli, due piani terapeutici. All’uomo non diamo nulla. Il maschio non viene mai menzionato. Un ciclo di fecondazione assistita oscilla tra i 5 e i 6mila euro a ciclo e abbiamo una quantità di farmaci importanti e costosi. In realtà l’ISS dà qualcosa a queste coppie, ma nell’ambito di una stimolazione alla natalità, io penserei che un buon investimento si può fare per aiutare le nostre cittadine e i nostri cittadini. Questo lo potremmo prevedere. Converrebbe fare un centro in territorio? Non credo, perché siamo vicini all’Emilia-Romagna che è una eccellenza e abbiamo vicini centri di assoluta qualità. Aiutare però questi cittadini a rivolgersi ad un centro di fecondazione assistita penso potrebbe essere utile.
Michela Pelliccioni (D-ML): Sostenere la natalità significa ridurre gli squilibri tra generazioni. Gli impatti sono devastanti. Rilevo che, nonostante San Marino sia intervenuto con incentivi, il bilanciamento tra questi incentivi e il tasso di natalità, ci dice che quegli incentivi non stanno intervenendo nella maniera giusta. Continuando così la natalità arriverà a zero. Un elemento super critico. I dati forniti forse non ci permettono di capire quali incentivi abbiano prodotto risultati più concreti rispetto ad altri. Nella relazione si evidenziano provvedimenti che hanno avuto riscontro nullo. Parlo ad esempio del reddito minimo garantito: dobbiamo intervenire aumentando i parametri, perché i soggetti che ne possono usufruire sono pressoché zero. Un solo soggetto ha usufruito dell’inserimento lavorativo. Assegnazione a titolo gratuito degli alloggi: quello dell’edilizia sociale è un problema di urgenza massima. Dalle ragazze madri non ci sono richieste. I dati sono incongruenti. Sull’esenzione delle rette, abbiamo alcune richieste in più: è un primo dato su cui dovremmo interrogarci. Su quanto il Paese dovrebbe investire a livello di rette di asilo nido e refezione scolastica. Fino ad oggi il Paese ha giocato in difesa. Io credo si debba fare una scelta politica in attacco. Possiamo veramente diventare un modello. Possiamo fare scelte più coraggiose in funzione dei limiti di territorio. Io credo che il bonus bebè possa essere una soluzione a patto che non rimanga isolata. Se non interveniamo in maniera organica, gli interventi spot possono non bastare. Il bonus bebè andrebbe strutturato diversamente. Abbiamo visto Paesi che hanno coinvolto realtà aziendali. Occorre intervenire in quattro direzioni. Famiglie, asili, servizi e tempi. L’accesso al nido dev’essere garantito con costo sostenibile. Il Covid ci ha dimostrato quanto i servizi di cura e assistenza siano elementi di resilienza. Sui tempi: qualcuno parlava di flessibilità lavorativa. C’è una domanda insoddisfatta di lavoro a tempo parziale. Vanno ricalibrati questi tempi: anche a San Marino il tempo parziale è piuttosto rigido. Dobbiamo aprire ad un concetto di lavoro sostenibile non entrato ancora nel ragionamento politico. Le campagne di sensibilizzazione sono un elemento importante. E poi c’è l’elemento della Governance: va istituita una Commissione per il mutamento demografico che valuti costantemente questi aspetti. Occorre lavorare su un testo unico per facilitare l’accesso a strumenti spesso distribuiti in maniera disorganica. C’è un’urgenza per la quale la politica non può più frenare.
Ilaria Baciocchi (PSD): Quando parliamo di natalità parliamo soprattutto di donne, delle loro scelte, desideri, delle loro paure. Non è vero che oggi i figli non si desiderano più. Si ha paura di perdere il lavoro, di non avere i soldi, di non essere all’altezza. Si rimanda quel desiderio finché non diventa una rinuncia. Questo è il risultato di un contesto che chiede troppo alle donne e restituisce troppo poco. Dunque dobbiamo parlare di come ridare fiducia alle donne. Non bastano le buone intenzioni, ma misure concrete e un cambiamento culturale. Una misura potrebbero essere i congedi di paternità obbligatori e non trasferibili. Questa deve essere la norma, non l’eccezione, per favorire l’equilibrio nella coppia. Serve una revisione delle rette dei nidi: oggi è una spesa troppo pesante. Servono servizi educativi che coprano davvero tutta la pausa scolastica. E ci sono i sostegni per la fecondazione assistita. Di cui oggi si parla troppo poco. Sono davvero molto importanti. E dobbiamo pensare al lavoro. Serve un incentivo reale per le aziende che assumono donne con figli e non penalizzano la maternità nei percorsi di carriera. Dunque una fiscalità che tenga conto della composizione della famiglia. Un indice che renda più giusto l’accesso ai bonus. La maternità va premiata, non solo perché fa bene ma perchè oggi è una scelta coraggiosa e consapevole. Serve un riconoscimento previdenziale, più protezione se si interrompe il lavoro. Credo che serva una campagna profonda che racconti la maternità senza edulcorarla, che dica alle ragazze che un figlio non ti cancella ma ti completa. Non credo che le donne abbiano rinunciato alla maternità, ma sono in attesa che la società non le metta nella condizione di dover scegliere, ad esempio tra la carriera e un figlio. Se saremo capaci di costruire queste condizioni, allora vedremo il cambiamento, mettendo al centro la libertà di scegliere o non scegliere da sole.
Giulia Muratori (Libera): Gli strumenti messi in campo sono stati sicuramente importanti. Penso ai congedi di maternità e paternità, ai giorni riconosciuti al padre dopo la nascita, etc. Strumenti importanti che forse non hanno sortito l’effetto sperato. Probabilmente non sono sufficienti, c’è da lavorare di più. Questi strumenti non hanno invertito la rotta, dobbiamo interrogarci su un problema culturale. Si parla di precarietà lavorativa, carenza di servizi, difficoltà abitative e della scarsa fiducia nel futuro. Finalmente parliamo di proposte concrete. Il problema della denatalità deriva dalla difficoltà nel conciliare i tempi di lavoro e quelli della famiglia. Siamo una generazione sempre di corsa. Chiediamo più tempo per poter lavorare e gestire i figli. Una proposta può essere implementare sempre di più i servizi per la prima infanzia. In Commissione ieri abbiamo approvato un Odg che fa delle proposte in tal senso. Dovremo ragionare anche sul costo dei servizi per la prima infanzia. Centri estivi e calendario scolastico sono due aspetti di rilievo che procedono parallelamente. Il centro estivo statale per un solo figlio, per 11 settimane di chiusura della scuola, richiede 962 euro. Non è una cifra accessibile. Il privato è sui 1.400 euro. Perché non ragionare, almeno per il pubblico, quantomeno sul poter calmierare la retta dei centri estivi in base al reddito familiare? Altre proposte riguardano la necessità di gestire il tempo. Nel pubblico c’è un orario più conciliante con la vita familiare. Lo smart working consente a famiglie e genitori di gestire quelle situazioni se non si hanno nonni a disposizione. Proposte che oggi stiamo discutendo e che spero si possano trasformare in azioni vere e concrete. Rimettere al centro il valore della solidarietà tra generazioni.
Paolo Crescentini (PSD): E’ arrivato il momento di prendere decisioni importanti per combattere il problema della denatalità. Vorrei capire dagli under 35 cosa li spaventa, perché non mettono più al mondo dei figli. Capire se è una questione legata soltanto alle paure o anche una questione, tra virgolette, di comodo. E’ vero che sono cambiati i tempi rispetto al passato. Una volta nelle famiglie bastava uno stipendio. Oggi si cerca di avere sempre qualcosa di più e questo comporta delle spese. A fine mese bisogna sempre far quadrare i conti. Dobbiamo capire dai giovani quali sono le loro necessità e paure. Sicuramente il bonus bebè può essere importante e può essere uno stimolo per mettere al mondo i figli. Oggi è cambiata la modalità di vita, le donne giustamente hanno bisogno di maggiore sicurezza dal punto di vista economica, legittimamente puntano a fare carriera, aumenta l’età della donna e diminuiscono le possibilità di fare figli. Nello stesso tempo c’è il fatto che oggi ci sono molti meno matrimoni, meno unioni, meno nascite. Abbiamo anche un numero di separazioni in aumento. Sono situazioni che comportano dei problemi, delle difficoltà nel mettere al mondo i figli. I centri estivi sono un valore aggiunto all’offerta scolastica sammarinese, bene potenziarli. Mi chiedo anche, con un potenziamento dei centri estivi, quando stanno i bambini con le famiglie. Ritengo importante cominciare ad aprirsi all’esterno, accogliere nel nostro Paese famiglie con figli, concedere residenze a chi viene nel nostro Paese per creare indotto. Quindi oggi abbiamo questo ruolo importante: mettere le prime basi per le soluzioni affinché si possa cominciare a porre rimedio al problema. Ma è un fenomeno da tenere costantemente monitorato.
Giuseppe Morganti (Libera): E’ un problema gigantesco, su cui lo Stato dovrebbe investire risorse molto importanti. Non si può affrontare solo con interventi come implementazione degli assegni, bonus e politiche dei congedi, se queste non vengono calibrate rispetto alle negatività che possono derivare dal congedo stesso. Da un lato occorre intervenire sul congedo, e dall’altro lato anche sulle imprese aiutandole a gestire queste attività. Ci sono molti interventi da fare. La prima cosa riguarda la famiglia. Va modificata la tendenza a non avere figli. Sarebbe opportuno ricalibrare i sussidi sulla base dell’ICEE. Quando avremo questo strumento avremo più risorse da dedicare a questi interventi. La cosa fondamentale sono i servizi. In una società più ricca rispetto ad altre realtà, un sussidio economico incentiva meno rispetto al fatto di avere i servizi. Oggi le famiglie si difendono con i nonni. Chi non ha i nonni, oggi oggettivamente non ce la fa. E gli orari dei servizi non coincidono con quelli delle famiglie. C’è un gap che dev’essere sempre colmato. Dobbiamo mettere a disposizione un modello sociale per consentire una conciliazione. Di fronte ad una crisi della famiglia, dobbiamo rigenerare speranze, dare i servizi necessari per colmare il vuoto generato dall’assenza di una struttura familiare. Se non facciamo questo passaggio, possiamo dimenticarci di vincere la battaglia contro l’inverno demografico. Pensiamo ad un lavoratore autonomo, che ha impegni e preoccupazioni significative, che non collidono con il fatto di dare una presenza significativa a favore del figlio. Se noi abbiamo un progetto che lavora in sincrono su queste questioni, allora forse riusciamo a sconfiggere il problema. Se non lavoriamo in sincrono, con un semplice assegnino o un allungamento del congedo, non riusciremo a risolvere la problematica. Alcuni Paesi sono riusciti ad invertire un pochino la tendenza. Alcuni Paesi hanno adottato il sistema dei voucher di servizi. Una proposta interessante, che potrebbe essere adottata. C’è bisogno di un piano organico non di interventi spot.
Segretario di Stato Teodoro Lonfernini: Sono d’accordo con quello che ha sostenuto il commissario Morganti sul fatto che le istituzioni, a partire dal Governo, non possono limitarsi a interventi per compartimenti stagni. Non sempre il nostro Paese ha avuto la capacità di lavorare di sistema. Se non lo facciamo in questo caso, di fronte non soltanto a quello che definiamo inverno demografico, rischiamo di trovarci come comunità in una circostanza irreversibile, una preoccupazione per l’intero futuro della nostra Repubblica. Qualcuno potrebbe dire che esagero. In questo caso c’è un aspetto ulteriore. Il fatto umano deriva da un aspetto di carattere culturale. Se non lo analizziamo come sistema Paese, non riusciamo a trovare la soluzione. Se di base non riusciamo a fare un’analisi culturale sul perché siamo arrivati a questo punto, allora sbagliamo. Credo che per formare una famiglia ci vogliono tanti elementi. Ma dobbiamo considerare che i tempi di oggi ci impongono una riflessione culturale, una sensibilizzazione sul fatto che tutti dobbiamo compartecipare alla nostra comunità, che dobbiamo smettere di servire solo ed esclusivamente una vita comoda e agiata come è stato per lungo tempo nella San Marino da bere. Abbiamo generato una mentalità sulla quale, in profondo ritardo, abbiamo analizzato i dati. A memoria mia, a livello di istituzioni la cosa che stiamo facendo oggi e ieri non l’avevamo mai fatta. I sistemi più virtuosi e avveduti, ce ne sono. Possiamo prenderli da esempio. Pensiamo alle politiche adottate dai Paesi scandinavi. Pensiamo ai Paesi che prima di essere virtuosi hanno dovuto vedere su di sé un sacco di drammi. Vogliamo prendere da esempio i Paesi balcanici? Cerchiamo di adottare non un copia incolla improponibile, ma qualcosa che possa essere compatibile con il nostro Stato sociale. Non ci mancano tutti gli elementi. Il nostro Paese è già in grado di offrire tanti benefici. Dobbiamo ricalibrarli in funzione di un lavoro analitico e fiscale sui dati: è bene che lo svolgiamo. Di errori ne abbiamo fatti, ma possiamo partire da una base di valore. Se non ragioniamo per la prima volta nella storia del nostro Paese per compartimenti stagni, ma per sistema, allora credo che possiamo avere una visione più ottimistica da offrire alle nuove generazioni.
Aida Maria Adele Selva (PDCS): Qualche riflessione vorrei farla. Dobbiamo dare speranza. Se non diamo speranza alle future generazioni e a noi stessi, ovviamente le azioni che verranno messe in campo non avranno l’effetto positivo sperato. E ritengo che bisogna fin da subito mettere in campo azioni a favore della vita. Dite tutti che è un aspetto culturale. Cosa ci dicono i dati? Che il calo delle nascite è avvenuto specialmente nei Paesi ricchi. Dunque il problema non è solo economico. Purtroppo anche nei Paesi dove i servizi sono al top, il crollo c’è. Senza nessuna polemica, un ulteriore elemento da tenere presente per far sì che si possa promuovere una cultura della vita, sono i dati sconfortanti sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Perché non si vogliono figli? E’ una domanda veramente inquietante. Ritengo fondamentale che il mondo del lavoro debba essere strutturato di più sulla maternità. Se si riesce a conciliare questo aspetto, oltre ai tanti aspetti che avete fatto presente, sicuramente si potranno ricreare le condizioni per affrontare questo grosso problema e ridare fiducia ai giovani.
Gemma Cesarini (Libera): Vorrei sottolineare l’ultimo aspetto affrontato dal Segretario Lonfernini. Anche io ritengo debba essere affrontato il tema con un approccio integrato e organico. Però è anche vero che alcuni strumenti già esistono e non vengono sfruttati nello stesso modo tra pubblico e privato: mi riferisco a smart working, congedi parentali. Ci sono enormi differenze tra pubblico e privato. Io penso che in tutti questi interventi di cui abbiamo parlato, c’è un tema predominante: il fattore culturale. C’è una enorme difficoltà ad affrontare questo aspetto. Vedo una responsabilità molto importante da parte della politica. Come far sentire questa responsabilità nel nostro Paese? Esistono due modalità. O premiare, oppure portare avanti dei meccanismi sanzionatori. Io prediligo i sistemi che premiano. Credo sia molto importante valorizzare le realtà territoriali che accentuano e mettono in pratica sistemi che consentono di perseguire una parità di genere. Penso che questo aspetto di sensibilizzazione debba concretizzarsi da parte della politica premiando le misure virtuose.
Maria Katia Savoretti (RF): E’ stato un dibattito interessante, sono venute fuori proposte di cui dobbiamo fare tesoro. I tempi sono cambiati, non possiamo paragonare gli anni di adesso con il 1980 o 1990. Anche all’epoca diventare genitori comportava responsabilità e sacrifici. Sicuramente è cambiata la società. Certamente alcuni giovani decideranno di non fare figli, ma ci sono coppie che invece i figli li vorrebbero fare, ma la società in cui vivono comporta dei sacrifici che sono maggiori. Ci sono tanti interventi che vanno migliorati, non si devono fare interventi a spot come fatto fino ad oggi. Quegli interventi non hanno portato i risultati che ci aspettavamo. Molte persone non sanno neppure dell’esistenza di certi interventi, dobbiamo essere bravi a divulgare quanto viene proposto. Le donne hanno diritto di avere lo stesso trattamento dell’uomo. Non devono rinunciare alla natalità per poter avere un futuro nel lavoro. Le cose vanno portate avanti parallelamente. Il centro estivo non dev’essere un parcheggio. L’età in cui si fanno i figli aumenta, aumenta l’età pensionabile, ci sono situazioni che impediscono un aiuto alle giovani coppie. Ciascuno di noi ha cercato di portare un contributo. E’ un momento che deve aiutarci a riflettere. Siamo in ritardo, è stato fatto veramente poco, perciò dobbiamo rimboccarci le maniche, non lavorando a spot, a singoli comparti, ma a 360 gradi. In questo modo con una responsabilità che dobbiamo avere come politici, lavorando uniti e non come maggioranza e opposizione, qualcosa di positivo potrà arrivare.
Segretario di Stato Stefano Canti, replica: Il lavoro fatto con la relazione non termina qui, ma dovrà proseguire tenendo conto dei contributi emersi nel corso del dibattito e che tradurremo in una seconda relazione che verrà presentata magari sempre con la modalità delle Commissioni congiunte. Lunedì abbiamo incontrato le parti sociali e sindacali, anche loro hanno riconosciuto il valore dei numeri nella relazione e hanno suggerito proposte per andare incontro a modifiche normative. I confronti dovranno andare avanti con tutte le associazioni che trattano la materia della famiglia per avere un’idea a 360 gradi del migliore intervento per il futuro. Mi auguro che dal dibattito possa scaturire un Odg approvato all’unanimità. Do la mia disponibilità a tradurre i contributi emersi in un documento da presentare successivamente. E poi magari confrontarci nell’Aula consigliare.
Matteo Casali (RF), replica: Sulla questione delle migrazioni, bisognerebbe fare un ragionamento sulla nostra situazione in rapporto con altri micro-Stati. Dagli spunti emersi, si potrebbe passare dalle residenze fiscali non domiciliate alle residenze fiscali domiciliate. Contemperando una serie di situazioni legate al fatto che non bisogna disincentivare le persone già sul territorio. Da questa Commissione esce un segnale per il quale incominciamo a capire che il capitale non è solo economico ma soprattutto umano. Visto che si è accennato alle nuove forme di lavoro, ricordo una cosa. Cosa ci ha insegnato la pandemia? Non lo smart working, cioè il lavoro da casa, molto poco utilizzato. Ma ci ha insegnato la possibilità di delocalizzare il lavoro, riorganizzando le sedi degli uffici non per comparti tematici ma per front desk.
Giovanni Zonzini (Rete), replica: Il dibattito l’ho trovato una ripetizione di dibattiti visti per anni. Prendo atto che quest’aula continua a parlare. Faremo altre Commissioni per fare delle chiacchiere sul calo demografico. Poi sembra che ci sia l’incapacità di mettere in campo una linea politica chiara, che ne escluda altre. Voi proponete delle linee talmente vaghe e generiche, che possono indicare qualunque cose. A volte tacere è meglio che parlare a vanvera. Si continua ad ignorare l’elefante nella stanza. Si vanno a contare gli aborti: è irrilevante, perché prima venivano abortiti in Italia. Ma si continua ad ignorare il fatto culturale: lo esecriamo invece di reagire. E si continua ad ignorare il tema delle politiche migratorie.
Guerrino Zanotti (Libera): Da questi momenti devono scaturire assolutamente delle proposte concrete. Ragioniamo fuori dagli schemi. Se percorriamo le strade tradizionali, il rischio di fallire è davanti a noi. Se non pensiamo che per una malattia così grave ci vuole una cura da cavallo, non arriveremo a capo della situazione. L’invito che faccio è quello di rimuovere le remore e le preoccupazioni su una politica migratoria mirata. Un intervento finanziario massiccio da parte del bilancio dello Stato è necessario, dobbiamo metterlo in conto. I tempi di lavoro sono fondamentali per il successo di politiche a favore della natalità. Un occhio di riguardo sulla precarizzazione del lavoro. Dev’essere uno dei primi focus sui quali indirizzare le nostre azioni. E credo sarebbe utile una ricerca che vada a verificare il tasso di fertilità prendendo come riferimento la fascia di popolazione che svolge attività nel pubblico e quella che svolge attività nel privato. Sono certo che avemmo un risultato differenziato.
Marinella Loredana Chiaruzzi (PDCS), replica: Mi sembra che questa legislatura nei primi mesi di lavoro, superata la fase iniziale, si è posta in quest’ottica, sia per quanto riguarda l’emergenza casa, sia per quanto riguarda il problema scuola. Oggi c’è stata una prima giornata di confronto su quello che potrebbe essere il futuro. Condivido la necessità di non lesinare sugli investimenti. Se non investiamo nella nostra società, nel nostro territorio, abbiamo perso. Siamo tutti disponibili a lavorare insieme non in modo unilaterale, ma guardandoci intorno. E dobbiamo tenere conto delle peculiarità del nostro Paese.
Michela Pelliccioni (D-ML), replica: Credo di potermi allineare ad alcune considerazioni effettuate da chi mi ha preceduto. Questo dibattito è assolutamente interessante, ha messo sul tavolo alcune proposte che meritano una linea di indirizzo più chiara. L’urgenza della materia ci impone di dover affrontare l’argomento in maniera costruttiva con termini sicuramente più decisi. Altrimenti rischiamo un effetto matrioska senza trovare soluzioni effettive. E’ un tema da trattare a livello circolare e non può lasciare scoperta nessuna fase della vita. Il primo passo è quello di andare ad intervenire sulle rigidità lavorative di cui parlavo prima. Non solo legate al potenziamento dello smart working, ma anche quelle legate al part time.