Europa sì, Europa no – di Francesco Chiari
“Se è vero, com’è vero, che da ogni crisi può nascere un’opportunità questa è l’ultima chiamata per San Marino affinché si lanci una concreta campagna di autonomia energetica.”
di Francesco Chiari
Il pensiero oggi va al geniale brano degli Elio e le storie tese che, eseguito insieme al compianto maestro Raul Casadei, sbaraglió gli avversari al Festival di Sanremo del 1996, consacrando il gruppo al grande pubblico, con una sequenza di paradossi e luoghi comuni che da sempre identificano il popolo italico agli occhi dello straniero. Così mi sorge spontanea una domanda: ma allora tutto il mondo è paese?
Pare proprio di sì osservando le evidenti contraddizioni che mostrano impietosamente tutta la debolezza dell’Unione Europea in queste ore concitate dove uno pseudo Consiglio deve districarsi tra Erdogan, passato improvvisamente da dittatore curdicida a depositario della pace mondiale ed Orban lontano anni luce dalla filosofia europea il quale prende da sempre ciò che dell’Europa gli fa comodo e scarta ciò che non gli va, in barba a tutto e tutti.
Chi fosse già inciampato accidentalmente nel mio pensiero ricorrente sa che esso si basa sulla dicotomia tra Europa dei Popoli ed Europa dei bilanci, consumatasi con il Trattato di Maastricht tra il 1990 e il 1999 giungendo all’entrata in vigore della moneta unica e che sancì nei fatti la vittoria schiacciante e necessaria dei bilanci a discapito dei Popoli.
Ma perché necessaria?
Il punto è che prima ci hanno fatto credere che gli abitanti d’Europa potessero essere antropologicamente connessi e dunque più forti e più sicuri insieme, con un esercito comune (possibilmente da non usare mai), con una moneta comune e senza più confini doganali per agevolare la libera circolazione delle merci e delle persone, con norme comuni che tendessero ad una libertà comune.
Solo una cosa non venne all’epoca resa comune; non ci fu mai infatti la volontà concreta di creare un governo comune con un bilancio comune e quindi, essendo questa nostra epoca basata sul capitalismo, eccola là l’Europa dei bilanci le cui nazioni membre bisticciano per questioni normalmente di vil denaro e da un po’ di mesi anche di virus, di sanzioni, di gas, di politica.
Soldi e terra, confini e mascherine, gas e politica.
Ed ecco una Europa che nel suo complesso rivive i paradossi interni di ogni nazione singolarmente presa, si chiami essa Italia, Francia o Germania, tanto per citare i parenti serpenti che spergiurando lo spirito di corpo tirano l’acqua al proprio mulino, quando addirittura non cercano di ostacolare il flusso d’acqua del mulino altrui.
Ma allora l’Europa dov’è?
Figurarsi poi per un cittadino sammarinese, che dai confini della sua piccola enclave prima di tutto si deve chiedere dove siano gli accordi, la fratellanza, la continuità tra il nostro territorio e quello italiano, tra i nostri spiriti, tra i nostri governi. Tutti concetti che puntualmente vanno in crisi alla prima questione di soldi o di salute, che poi oggi son la stessa cosa.
Se è vero, com’è vero, che da ogni crisi può nascere un’opportunità questa è l’ultima chiamata per San Marino affinché si lanci una concreta campagna di autonomia energetica.
E allora avanti con una rete di bacini imbriferi, dove i calanchi argillosi sembrano fatti appositamente; avanti col solare sopra tutti i tetti dei capannoni industriali che abbiamo eretto in quantità industriale, appunto, in pochi anni; avanti con un termovalorizzatore di ultima generazione, che sia perfettamente integrato nel paesaggio e che per una volta raccolga i rifiuti non solo dei sammarinesi ma, ad esempio, anche quelli dei riminesi e rivenda l’energia anche oltre confine, magari scambiandola, che so io, con del gas?
Quando avremo conquistato questa indipendenza avremo anche (ri)conquistato l’attenzione e il rispetto dell’Italia delle contraddizioni e dell’Europa dei bilanci.
Francesco Chiari