Politica

UDS: “2021, l’anno del referendum sull’aborto”

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato di UDS:

Il 7 gennaio scorso l’Assemblea di Unione Donne Sammarinesi ha deliberato, con voto unanime degli iscritti presenti, in favore di un Referendum per la depenalizzazione e legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza.
Per chi non lo sapesse, l’aborto a San Marino è reato penale e prevede la prigionia per la donna che vi ricorra per qualsiasi motivo.
Mentre la stragrande maggioranza dei Paesi occidentali, moderni e progrediti e una buona parte dei Paesi del Terzo Mondo ha legalizzato l’interruzione volontaria della gravidanza nel corso del XX secolo, la legge che criminalizza l’aborto a San Marino risale al 1865 ed è arrivata a noi dopo 150 anni più o meno invariata.
In Italia l’aborto è regolamentato dalla legge n. 194 del 1978. Sono passati 43 anni da quella conquista (che ha superato indenne anche un Referendum abrogativo nel 1981) e le donne sammarinesi, solo grazie a quella legge, possono interrompere la gravidanza in sicurezza, oltre confine, nella clandestinità e nell’indifferenza più totale del loro Stato.
Ad oggi, nella Repubblica di San Marino, l’aborto non è consentito in alcun caso, nemmeno per salvare la gestante in grave ed immediato pericolo di vita, nemmeno se la gravidanza è conseguenza di incesto o stupro, nemmeno se le condizioni del feto sono incompatibili con la vita.
Crediamo che, dopo diciotto anni di dinieghi e rimandi da parte della politica, dopo incalcolabili Istanze d’Arengo e ben due progetti di legge di iniziativa popolare rimasti nel cassetto e mai portati avanti anche in aperto contrasto con norme e regolamenti, sia arrivato il momento che i cittadini, donne e uomini, scelgano finalmente per il diritto alla genitorialità consapevole, per il diritto alla libertà di scelta delle donne, fermando lo scempio della criminalizzazione e della clandestinità.
Nessuna legge anti-aborto ha mai impedito alle donne di decidere. Le donne sammarinesi hanno abortito, abortiscono e abortiranno nonostante la minaccia della galera, esattamente come tutte le donne nel mondo, in ogni epoca ed in ogni luogo. Ma qui il principio è un altro: a San Marino vogliamo cominciare a considerare la donna una “persona” o vogliamo continuare a considerarla solo un “corpo”?
In qualsiasi Stato laico, ed il nostro lo è almeno sulla carta, l’aborto rientra nel diritto alla salute e obbligare alla maternità, a prescindere dalle circostanze del concepimento, a prescindere dall’età e dallo stato di salute della donna, va semplicemente contro al principio di dignità alla base di tutti i diritti umani.
Nel contesto europeo nel quale San Marino sta da diversi anni cercando di inserirsi, il nostro Paese viene a trovarsi tra quelle poche piccole nazioni che non consentono alle proprie cittadine di poter decidere autonomamente su un aspetto così importante della loro vita, come la procreazione.
Un Codice Penale che criminalizza le donne non corrisponde certo all’evoluzione in senso paritario della società e della legislazione sammarinese ed è anche d’ostacolo alla conoscenza dell’entità effettiva del fenomeno, relegandolo all’omertà e rendendo più ardua una sua efficace prevenzione.

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