Politica

Mirko Tomassoni: Il Governo intende garantire i diritti delle persone disabili?

L’articolo 11 del Decreto Delegato “Disabilità e Sanità” approvato l’anno scorso in Consiglio Grande e Generale, tratta le forme di sostegno economico da erogare sulla base dell’Indicatore che valuta la situazione economica della famiglia (ICEE). La recente scelta da parte del Governo di legare anche la concessione dei Congedi Parentali a tale strumento, mi ha lasciato alquanto perplesso, tanto da chiedermi chi e per quale ragione abbia preso tale decisione, dato che tale articolo non li contempla. Il timore è che si stia mettendo in atto un tentativo di corrosione delle già, in taluni casi precarie, tutele delle persone con disabilità. Pertanto, giunti a metà legislatura, ritengo quantomeno doveroso prendere posizione per quelle persone che, forse, indegnamente rappresento.

Per i lettori che non lo sapessero, l’ICEE è un utile Indicatore della condizione economica equivalente che considera, oltre al reddito e al patrimonio detenuto, le detrazioni e la composizione del nucleo famigliare. Un importante strumento che interviene stabilendo in modo flessibile ed univoco delle soglie, in base alle quali si può avere accesso ad una serie di provvidenze.

Quando c’è di mezzo però la disabilità, bisogna stare molto attenti e io non ho tutte le certezze di chi sostiene la bontà del principio “del non dare a chi non ha bisogno” perché, specie per le gravi disabilità, le non autosufficienze, le invalidità del 100%… occorre anche dimostrare di avere piena contezza della dimensione complessiva di quel determinato bisogno. L’Amministrazione prima di adottare certi provvedimenti sulla pelle delle persone con disabilità, come quello citato in premessa, deve tenere conto anche di dati oggettivi e scientifici che in buona parte si possono ottenere attraverso l’ICF, uno strumento di classificazione raccomandato dalla Convenzione che utilizza precisi criteri di indicizzazione dello svantaggio a tutela e garanzia delle stesse persone con disabilità. Dopo tante sollecitazioni, a che punto è il suo utilizzo a San Marino? Andrebbero considerate, inoltre, le spese che la persona o la famiglia ha sostenuto, sta sostenendo e dovrà sostenere per quella grave situazione di disabilità. Insomma, se non si valutano tutti questi aspetti, è del tutto evidente che la determinazione desunta solo dal reddito e dal patrimonio, rischia di essere parziale, superficiale ed impropria e può creare facilmente ulteriori difficoltà e discriminazioni. Per esempoio, nella vicina Italia tali prestazioni sociali per la disabilità non sono condizionate all’ISEE. Un motivo ci sarà.

E a proposito di tutelare e di garantire il rispetto dei diritti delle persone con disabilità, attraverso criteri di valutazione riconosciuti (ICF), nella Legge Quadro del 2015 è prevista l’emanazione del Decreto per la revisione della CASI (Commissione per gli Accertamenti Sanitari Individuali) che è regolamentata da una normativa di trenta anni fa. Confido che il Governo la voglia riformare nell’ottica del nuovo paradigma sociale introdotto dalla Convenzione.

Il Paese sta attraversando un momento particolarmente difficile, di questo siamo tutti pienamente coscienti, così come siamo perfettamente consapevoli che, temi quali la profonda recessione economica e finanziaria debbano essere prioritari rispetto ad altri. Malgrado ciò, non posso però non manifestare alcune perplessità sull’attenzione che viene riposta verso le problematiche delle persone con disabilità e delle loro famiglie, poiché, forse non ci si pensa abbastanza, anch’esse sono titolari di cittadinanza ed essendo particolarmente vulnerabili, pagano tra i primi gli effetti della crisi. Io non so se il progressivo volgere verso una condizione oramai insostenibile di precarietà di cittadini sammarinesi con disabilità, sia dovuto anche alla difficile situazione economica del Paese (motivazione buona per tutte le occasioni, in particolare quando c’è da dare delle risposte alle fasce più indifese), ma un motivo certo è la perdurante e colpevole inerzia delle Istituzioni, il cui impegno si è rivelato da tempo inversamente proporzionale all’urgenza e alla necessità di un loro intervento.

Ad ormai dodici anni dall’adesione di San Marino dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, considero urgente una riflessione politica per ripartire da quei diritti che le persone con disabilità e le loro famiglie, giustamente pretendono che lo Stato rispetti e ne dia piena attuazione. Un dibattito Consigliare, tra l’altro, si sarebbe dovuto tenere in ottemperanza ad un Ordine del Giorno finito nel dimenticatoio, ma ci sono anche delle Istanze approvate, Decreti Delegati ratificati che attendono per gran parte concreta attuazione, altre deleghe fondamentali (inclusione lavorativa), c’è una Legge Quadro del 2015 a cui occorre dar seguito nella sua completezza (ci sarebbe anche un Programma di Governo…) ma soprattutto, c’è la Convenzione ONU che dà una visione molto ma molto diversa della disabilità rispetto a quella degli anni che furono, e che riconosce alle persone con disabilità gli stessi Diritti delle altre persone su base di uguaglianza.

E’ giunto il momento che le Istituzioni si attivino una volta per tutte, affinché l’attuale sistema di gestione della disabilità basato sul Modello medicalizzante della disabilità che non ha, e non da, un futuro pienamente inclusivo per le persone con disabilità (dopo l’età scolare c’è un vuoto di tutele spaventoso), possa essere ridisegnato e messo nelle condizioni di dare risposte nuove ed efficaci, partendo dalla logica del Modello sociale della disabilità che la stessa Convenzione individua: dati e statistiche, elementi fondamentali per intraprendere le prassi e le politiche più adeguate. Sarebbe molto interessante, inoltre, sapere quanto spende lo Stato per la disabilità, come spende tali risorse e la dimensione dell’aggravio, invece, in capo al soggetto o alla famiglia.

Il tema del lavoro è cruciale: cosa attendiamo a portare il Decreto sull’inclusione lavorativa per andare ad innovare la Legge sugli inserimenti lavorativi risalente al 1971, peraltro, mai rispettata? Vorrei fare notare che siamo uno dei pochi Stati tra quelli economicamente e socialmente evoluti che, ponendo il tetto del reddito minimo salariale come limite oltre il quale viene a meno l’erogazione dell’indennità d’accompagnamento, in qualche modo ha da sempre sostenuto la visione per cui, le persone disabili è preferibile che stiano, o che vadano, in pensione. Succede, infatti, che nel momento in cui una persona con grave disabilità si rende autonoma nel proprio domicilio, guida, fa sport…e magari trova un lavoro o riesce a mantenere quello che aveva, le viene tolta l’indennità di accompagnamento. Come se per magia, oltre quella cifra la disabilità non esistesse più (altroché incentivi alla inclusione lavorativa o alla partecipazione alla vita pubblica!).

Tralascio tutta la parte riferita all’eccesso di burocrazia e all’abbattimento delle barriere per consentire l’accesso nei pubblici edifici, ai pubblici servizi, ai prodotti e agli strumenti di comunicazione, perché sarebbe un altro capitolo impietoso, ma io credo che dovremmo iniziare ad agire concretamente su come poter garantire il diritto alla Vita Indipendente alle persone con disabilità, il loro Diritto cioè all’autodeterminazione adeguando imprescindibilmente le attuali politiche secondo le indicazioni date dalla Convenzione, a partire dall’Istituzione della figura dell’Assistente Personale, se vogliamo evitare la rassegnazione, l’isolamento e la segregazione di persone non autosufficienti. Credo si debba discutere, altresì, su cosa si stia facendo per garantire l’autonomia delle persone con disabilità, che è altra cosa. Mi risulta, spero non sia vero, che ci sia gente che aspetta la sostituzione della carrozzina da anni…il Prontuario Nomenclatore per l’erogazione degli ausili e lo Spazio Sanità che doveva servire come riferimento, dato il disorientamento generale in cui vivono le famiglie quotidianamente, previsto entrambi all’interno del Decreto Disabilità e Sanità, a che punto sono?

Di tanto in tanto, come nel caso dell’inserimento dei Congedi Parentali tra i benefit ICEE, sento affermare che tali misure vanno nell’ottica del contrasto agli abusi e alle prevaricazioni. Bene, ma perché non potenziamo i controlli piuttosto che penalizzare tutti per eventuale colpe di qualcuno? Se si vuole essere onesti e coerenti è necessario che le Istituzioni diano finalmente dimostrazione concreta, non aleatoria, di voler garantire i Diritti delle persone con disabilità, altrimenti anche la perenne inadempienza dello Stato inizia ad assomigliare ad un abuso o ad una prevaricazione

Non è mia intenzione partecipare chissà quale ravvedimento della mia posizione politica rispetto alla maggioranza che sostiene questo Governo, rimango in attesa delle risposte sperando di aver rappresentato la necessità di un celere cambio di passo da parte di chi, per competenze diverse, ha il dovere di attivarsi, in quanto la preoccupazione per i ritardi delle risposte che veramente servono, e che non arrivano, è sempre più forte.

La decisione presa unilateralmente senza il coinvolgimento dei diretti interessati (in barba allo slogan che accompagna la Convenzione “Nulla su di noi senza di noi”), di inaugurare “l’era ICEE sammarinese” inserendo tra i benefit le prestazioni sociali legate alla disabilità, nella fattispecie i Congedi Parentali, mi fa venire alla mente un detto degli indiani pellerossa «prima di giudicare la vita di una persona, cammina per tre lune nei suoi mocassini!».

Ecco, per conoscere la vita di una persona con grave disabilità occorrerebbe che chi di dovere, prima di intervenire sulla loro pelle, facesse proprio questo.

Mirko Tomassoni (comunicato stampa)