Il Pdcs sulle fusioni bancarie: non si vede ancora il progetto
San Marino. Le difficoltà del nostro sistema bancario partono senza dubbio da lontano: sono la sommatoria di criticità di diversa natura, a volte frutto di eventi puramente esterni. Tuttavia, se la sostanza dei problemi non è cambiata nel corso degli ultimi 18 mesi, ciò che rispetto al passato si è senza dubbio evidenziato in questo periodo è un accrescimento dell’incertezza rispetto alle prospettive di rilancio del Paese oltre che rispetto alle possibili soluzioni per uscire dalla crisi.
La complessità dei problemi unita alle limitate risorse a disposizione di San Marino richiederebbe un progetto paese condiviso, che pur nelle diversità di vedute dei vari portatori d’interessi (Governo, partiti, lavoratori, pensionati, imprenditori, associazioni di categoria, eccetera) sappia coniugare la difesa dei pilastri del nostro sistema socio-economico con la necessità di riforme e interventi utili a traghettare la Repubblica verso un nuovo ciclo di crescita.
Di questo progetto non vi è traccia, di concreti tentativi per arrivare a delinearne uno abbiamo solo timide testimonianze, mentre da quasi due anni, assistiamo, ormai basiti, ad un susseguirsi di annunci da parte del Governo e della Maggioranza di soluzioni roboanti per risollevare il sistema, ed il sistema economico in generale, rispetto alle quali risulta ormai difficoltoso anche solo tenere traccia delle incoerenze più apparenti. Sul sottofondo del leit motiv predefinito: “tutto questo è necessario per colpa di chi ha governato prima” assistiamo ad un alternarsi di levarsi di grida di allarme (come dimenticare le dichiarazioni di Morganti sugli NPL e Celli sulla liquidità di non meno di un anno fa) e di soluzioni shock per la risoluzione dei problemi che, per l’esperienza già verificata in altri contesti, non possono che determinare senza dubbio conseguenze devastanti per la nostra economia.
E così, dopo 2 o forse 3 AQR fatte con l’assistenza di altrettanti diversi advisor esterni, dopo le annunciate strategie di ristrutturazione della Cassa di Risparmio che andavano dalla scissione tra bad bank e good bank alla creazione del “pivot” di sistema, dopo il “non venderemo mai i crediti delta”, le defenestrazioni illustri ed i diversi rinnovi forzati del CDA di Cassa, siamo arrivati al dunque: la vendita dei crediti delta e la fusione fra Cassa di Risparmio e Banca di San Marino, il grande Jackpot per i “compagni” di maggioranza che rincorrono da sempre il sogno di un sistema finanziario sammarinese caratterizzato da una grande banca statale e pochi altri minori competitor.
L’incontro della scorsa settimana fra Governo e vertici di BCSM e opposizioni ha dimostrato per l’ennesima volta l’inattendibilità di chi dovrebbe rappresentare il paese e, con intenzioni trasparenti, ricercare soluzioni per il bene comune. Senza un progetto generale, senza l’illustrazione degli obiettivi a cui tendere, senza una parola sui vantaggi di una possibile fusione e sull’entità e la sostenibilità degli effetti collaterali che questa potrebbe generare, ancora una volta ci vediamo proporre una medicina senza conoscere tutto sulla malattia che abbiamo e sulla cura che stiamo facendo.
Abbandonando subito la metafora sanitaria (purtroppo sullo stato della nostra sanità non c’è da ridere) e ben ricordando le dichiarazioni di questa maggioranza a sostegno del team Grais – Savorelli, “loro si che hanno i rapporti internazionali, non parlano mica con le seconde file”, non ci siamo stupiti più di tanto quando abbiamo appreso che i rapporti con la Banca d’Italia sono interrotti dalla seconda metà del 2016 (guarda caso, da quando in pratica al Governo non ci siamo più noi) mentre trova conferma la nostra sfiducia in ciò che ci viene detto da Governo e Maggioranza, in particolare in merito all’adozione di scelte in sinergia e con “l’avvallo” nei nostri referenti esterni.
Non è forse questo il momento giusto per esprimere un’opinione ponderata su questa ennesima proposta, tuttavia, non possiamo nascondere i dubbi e le forti preoccupazioni specie per i dipendenti dei due istituti e per la prospettiva di un sistema finanziario “oligarchico” che ci rimanda con la memoria, per gli effetti che può avere sull’esercizio della democrazia, ai tempi precedenti l’Arengo. Siamo convinti invece della necessità, oggi più che mai, che le opposizioni debbano trovare il modo di confrontarsi direttamente e apertamente con chi apparentemente ispira, o forse solo condivide, queste scelte. Come si può proporre, ci chiediamo, un’idea di aggregazione fra istituti senza che vi siano chiare prospettive riguardo, sia alla possibilità per le nostre banche di operare fuori territorio, sia alla possibilità di rafforzare il sistema finanziario con l’ingresso di operatori esterni che possano sviluppare nuovi prodotti o servizi?
Per questi motivi il Partito Democratico Cristiano si farà promotore di una serie di iniziative di confronto con l’ABS, il CDA di Cassa di Risparmio, il CDA e la proprietà di Banca di San Marino e con il Fondo Monetario Internazionale, al fine di ottenere quelle informazioni e quelle risposte che il Governo e la Maggioranza non vogliono o forse più semplicemente non sono in grado di fornirci. Invitiamo tutti i partiti di opposizione e le organizzazioni datoriali e sindacali ad unirsi a noi in queste iniziative tese a superare il velo di opacità che da troppo tempo ormai caratterizza l’operato dell’esecutivo e della maggioranza che lo sostiene.
Non intendiamo in questa sede annoiare i cittadini con l’ennesima replica alle giustificazioni di adesso.sm sul proprio operato, del resto tutti sanno bene quale ruolo e quali responsabilità di governo i partiti dell’attuale maggioranza hanno avuto nel corso degli ultimi 12 anni… tutti tranne i loro esponenti evidentemente.
PDCS