Libera: 22 aprile “EARTH DAY”
22 aprile. Esattamente a un mese e due giorni di distanza dall’Equinozio di Primavera ogni anno, dal 1970, l’ONU celebra in tutto il mondo la GIORNATA DELLA TERRA.
La Giornata della Terra ha dato una spinta determinante alle iniziative ambientali in tutto il mondo, a partire dal Vertice delle Nazioni Unite del 1992 a Rio de Janeiro, fino ad arrivare alla “Green Generation” e ai 17 Goals dello Sviluppo Sostenibile che compongono l’Agenda 2030. Lo ha fatto guardando ad un futuro libero dall’energia da combustibili fossili in favore di fonti rinnovabili, alla responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile, allo sviluppo di una green economy e a un sistema educativo ispirato alle tematiche ambientali.
A distanza di 50 anni dalla prima Giornata della Terra, quest’anno ci troviamo in una situazione nuova e difficilissima, alle prese con una pandemia che, nonostante le previsioni degli scienziati, ha colto tutti gli Stati sostanzialmente impreparati.
In una recente intervista sul riscaldamento globale ai tempi del coronavirus, l’ex presidente uruguaiano Pepe Mujica ha risposto: “Non è un problema ecologico ma politico. Mai l’uomo ha avuto così tante risorse, capacità o capitale per fermarlo. Stiamo andando a un “olocausto ecologico” e stanno preparando una padella gigantesca per friggerci”. Lo stesso Mujica ha poi lanciato un appello, affermando che dobbiamo combattere l’egoismo che ci portiamo dentro per superare il coronavirus, dobbiamo diventare socialmente uniti gli uni agli altri. Continuare ad accumulare ricchezza non darà l’eternità a nessuno.
L’epidemia che stiamo vivendo non è frutto del caso, è figlia di una serie di fattori che l’umanità più consapevole e preparata denuncia da tempo. La distruzione degli ecosistemi naturali, l’estinzione di massa di decine di migliaia di specie, la crescita esponenziale e incontrollata della popolazione, il sovraffollamento nelle megalopoli, la deforestazione per far spazio alle monocolture. Alleviamo decine di miliardi di bovini, suini, ovini, polli, riempiendoli di antibiotici e cibo spazzatura, per portarli in tempo record ai mattatoi e nei nostri piatti.
Tutto questo avviene perché una parte della specie umana possa continuare ad accumulare profitti e potere. Questo sistema permette che il 10% della popolazione mondiale consumi da solo il 90% dei beni prodotti dal mercato, determinando la gravissima crisi ambientale che già oggi uccide otto milioni di persone all’anno e spinge milioni di persone, che nel giro di pochi anni diventeranno decine e poi centinaia di milioni, ad emigrare per sopravvivere.
Nonostante i segnali che il pianeta ci mandava in modo forte e chiaro, anche attraverso i cambiamenti climatici, siamo andati avanti con una indifferenza globalizzata, “pensando – come ha detto Papa Francesco – di rimanere sani in un mondo malato.”
Questo virus che ci ha rinchiuso nelle nostre case per settimane, che sta uccidendo i nonni, la parte più fragile e preziosa della nostra collettività, che sta mietendo vittime fra i medici e il personale sanitario, in trincea spesso senza elmetto, sta cambiando il nostro modo di stare insieme e ci costringe, nostro malgrado, a riflettere seriamente sui nostri stili di vita. Ripeterci che #andratuttobene può essere importante per rassicurarci e non farci andare nel panico, ma per far sì che davvero vada tutto bene non basta, dobbiamo cambiare!
I giovani del movimento “Friday for future” cantano una canzone per il clima “Do it now” sulle note di “Bella ciao”:
“Dobbiamo svegliarci, dobbiamo aprire gli occhi, dobbiamo farlo ora. Dobbiamo costruire un futuro migliore, e dobbiamo iniziare ora”.
Noi crediamo che San Marino, un Paese piccolo che aveva bisogno di impostare le basi di un nuovo sviluppo, di nuovi paradigmi, da ben prima dell’arrivo del Covid-19, possa e debba farsi interprete e portavoce di queste istanze di cambiamento, sia in patria che nelle sedi internazionali in cui partecipa.
Possiamo farlo, e dobbiamo farlo insieme.