Sanità e Medicina

Ass. Pro Bimbi esprime preoccupazione per il Decreto n.85

Giochi del Titano

L’Associazione Pro Bimbi esprime perplessità e preoccupazione per l’ultimo decreto emesso in materia di misure anti-Covid, in particolare per la parte che riguarda la scuola.

Pur essendo assolutamente d’accordo sulla decisione di eliminare la mascherina al banco, nutre forti dubbi sulla modalità con cui si è deciso di applicare le restanti norme all’interno e all’esterno degli edifici scolastici.

Esse infatti prevedono che gli studenti non vaccinati o non vaccinabili della Scuola Superiore, del CFP e dell’Istituto Musicale debbano indossare la mascherina ogni qualvolta non siano seduti al banco mentre i vaccinati no.

La comunità scolastica a nostro avviso deve sempre essere una sola, non può diventare quella dei vaccinati e non vaccinati. Abbiamo portato avanti per anni la bandiera dell’inclusione come principio cardine della scuola e ora dividiamo gli alunni in un momento così delicato per la nostra comunità? E dopo tutto quello che hanno già passato e che li ha finora tenuti “lontani”? Per cosa poi? Qualche momento durante il cambio classe? Il tempo di andare a buttare le cartacce al bidone? I pochi minuti della ricreazione? Questo è un modo sicuro ed inequivocabile per creare contrasti e mettere gli uni contro gli altri, a maggior ragione se consideriamo la linea fortemente discriminatoria che ne scaturisce per delle cene di classe o per il veglione degli studenti dove inevitabilmente una parte di loro potrà essere esclusa, rifiutata o “emarginata” in tavoli separati. Se la misura fosse strettamente sanitaria questa distinzione sarebbe applicata in ogni ambito ed invece gli stessi studenti vaccinati devono comunque indossare la mascherina in altri luoghi chiusi.

Sono anni che nelle scuole si lavora per evitare il manifestarsi di episodi di bullismo, violenza, discriminazione ed ostilità tra ragazzi. Allo stesso modo da tempo si lavora per l’inclusione, riferita alla globalità delle sfere educativa e sociale, attraverso l’utilizzo di procedure condivise, e non “esclusive” o “disuguali”. Un ambiente inclusivo tende a rimuovere gli ostacoli che impediscono alla persona la piena partecipazione alla vita sociale, didattica ed educativa della scuola. Includere significa dare (ed avere) le stesse opportunità. Questi provvedimenti invece vanno in direzione diametralmente opposta e rischiano di alimentare un fuoco di rabbia e avversione difficili da sopire da un lato e dall’altro di annullare i passi fatti per dare a tutti sempre uguali opportunità. La politica in questo senso, specie quando si parla di minori, dovrebbe avere il compito di evitare o eliminare discriminazioni, fratture e distanze anziché alimentarle; perché il messaggio che lancia questo decreto va valutato in entrambe le sue accezioni e non solo in quella “buonista” di un allentamento delle misure.

Riteniamo che la formazione di una coscienza collettiva e di una cittadinanza attiva non possa avvenire attraverso una discriminazione legittimata, soprattutto se promossa fra dei minori.

L’associazione pertanto non si trova d’accordo, perché sarebbe inevitabile la creazione di una società scolastica (ed extrascolastica) discriminatoria, basata sulla classificazione in studenti di serie A e di serie B, con una emarginazione indiretta a danno di chi non si è, o non può esser immunizzato. Queste misure appaiono sanzionatorie e ritorsive verso i minori, a maggior ragione in virtù della loro età e per decisioni magari prese dai genitori.

La carta dei diritti dell’UE all’art. 24 stabilisce che in tutti gli atti relativi ai bambini l’interesse superiore del bambino debba essere considerato preminente; in questa circostanza, visti i numeri e il fatto che i ragazzi sono la fascia assolutamente meno a rischio, ci sembra che, ancora una volta, non se ne sia tenuto conto, anche per quello che concerne l’aspetto psicologico e pedagogico.

Il direttivo ritiene che in alcune circostanze e quando si parla di minori, occorra considerare anche altre importanti variabili, che permettano deroghe e accomodamenti rispetto a determinati regolamenti. Se dovessimo tener conto solo delle indicazioni scientifiche o della massima sicurezza possibile, dovremmo quindi – considerando un altro ambito sanitario inerente i minori – accogliere la norma secondo cui tenere aperti reparti con meno di 500 parti mette a rischio la salute di mamma e bambini e di conseguenza chiudere il nostro reparto? A volte il meglio è nemico del bene.

Ci auguriamo che tutte le norme che consideriamo discriminatorie vengano eliminate quanto prima e, in questa direzione, chiediamo altresì di adoperarsi per prevedere in tutti i plessi un efficiente sistema di ricambio e/o purificazione dell’aria, che almeno nelle aule sarebbe possibile ottenere anche con piccoli interventi a basso costo.