Report Commissione Speciale per le riforme istituzionali: resoconto di martedì 2 dicembre pomeriggio
Nel corso della seduta pomeridiana della Commissione Speciale di martedì 2 dicembre 2025, prosegue il confronto a seguito dell’audizione mattutina del Dott. Michael Frendo, ex Vice-Presidente e membro della Commissione di Venezia per Malta, affiancato dal Dott. Domenico Vallario, funzionario legale della Commissione di Venezia.
Manuel Ciavatta (PDCS) chiede se, in un sistema come quello sammarinese, sia più adatta una “regia” a tre Segreterie (Finanze, Interni, Esteri) invece del premierato. Domanda inoltre quale valore abbia la presenza dei Capitani Reggenti negli organismi — che lui considera garante e non invadente — e se la semiprofessionalità dei consiglieri richieda un riequilibrio per garantire pari condizioni e un ruolo parlamentare più forte. Frendo afferma che non esiste uno standard europeo sul primo ministro e che una regia è compatibile con la tradizione sammarinese; ritiene che assistenza e risorse ai parlamentari debbano venire dal Parlamento, non dai partiti; sulla Reggenza cita l’esperienza inglese per mostrare come tradizione e modernità possano convivere, senza esprimere giudizi diretti sul modello sammarinese. Emanuele Santi (Rete) chiede come altri Paesi gestiscano i decreti delegati per evitare che l’esecutivo legiferi oltre i limiti della delega. Dal canto suo, Frendo spiega che la Commissione di Venezia sostiene deleghe sempre ristrette e limitate nel tempo, con la possibilità per il Parlamento di rivedere, modificare o respingere i decreti; ribadisce che il Parlamento deve restare il vero legislatore. Il Presidente della Commissione Filippo Tamagnini ricorda che la Reggenza è il cuore dell’istituzione e sottolinea come l’ultima riforma costituzionale abbia tolto ai Reggenti il diritto di voto per rafforzarne la terzietà, pur mantenendone la presidenza degli organi. Enrico Carattoni (RF) chiede se sia opportuno introdurre organi giudiziari collegiali al posto degli attuali organi monocratici. Secondo Frendo, non esiste uno standard europeo; la collegialità può rafforzare le decisioni ma la scelta spetta al legislatore nazionale. Il Presidente della Commissione Nicola Renzi chiede quali modelli siano più utilizzati per nomine, avanzamenti e disciplinari dei magistrati, e se il Parlamento possa essere coinvolto. Sul punto, Frendo ribadisce che l’unico principio condiviso è evitare nomine esclusivamente dell’esecutivo. Giuseppe Maria Morganti (Libera) chiede come rafforzare il ruolo del Parlamento rispetto all’esecutivo, specialmente nella funzione legislativa. Frendo afferma che è un problema comune a molte democrazie: i governi hanno più risorse dei parlamenti; suggerisce quindi di potenziare strutture, supporto tecnico e risorse dei parlamentari per renderli un vero contrappeso. Paolo Crescentini (PSD) domanda se il rapporto molto basso tra parlamentari e popolazione sia un vantaggio democratico o un limite operativo. Numeri più bassi, secondo Frendo, valorizzano il voto, ma troppi pochi parlamentari possono ridurre l’efficacia dell’istituzione; la Commissione in altre opinioni (Germania, Malta) privilegia un equilibrio tra rappresentanza ed efficienza, senza dare numeri standard.
Di seguito una sintesi dei lavori
Comma 2 – Audizione della delegazione della Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto, composta dal Dott. Michael Frendo, ex Vice-Presidente e membro della Commissione di Venezia per Malta e dal Dott. Domenico Vallario, funzionario legale della Commissione di Venezia.
Manuel Ciavatta (PDCS): Volevo fare una domanda, anzi più di una domanda, per capire quelli che sono i criteri che la commissione si dà sul modo di valutare gli organismi e quanto questi elementi possano incidere, per esempio, in un sistema come il nostro, che è un maggioritario ma in realtà è più un proporzionale che un maggioritario dopo l’ultima riforma. L’idea del premierato, che per quanto ci riguarda non è un’idea congrua con il nostro sistema, potrebbe invece essere sostituita recuperando una forma che c’era un po’ prima o similare. Da noi prima esistevano i due Segretari di Stato che di fatto erano Affari Esteri e Affari Interni, e i Deputati che erano altri ministeri che però facevano capo a queste due realtà che erano prioritarie. Io personalmente penso a un sistema che possa essere oggi magari a tre: Finanze, Interni ed Esteri, creando una sorta di regia che non sarebbe un premierato unico, ma che forse in un contesto proporzionale, potrebbe condividere la responsabilità politica dei partiti che formano la maggioranza in questi termini. Questo era un aspetto. L’altro aspetto su cui la riflessione si sta orientando è quello della presenza o meno dei Capitani Reggenti all’interno degli organismi. La cosa che riscontro in un ordinamento come il nostro, avendo anche vissuto questa esperienza, è che la presenza dei Capitani Reggenti non è una presenza invasiva, nel senso che non c’è un vero potere decisionale della Reggenza all’interno degli organismi, quanto piuttosto un ruolo di coordinamento e di supervisione. A tutti gli effetti diventa un ruolo di garanzia molto forte e di capacità di visione dei tre massimi organismi istituzionali in maniera coordinata. È un punto di vista che ha solo la Reggenza e che si basa anche sul fatto che qualunque tipo di scelta della stessa Reggenza deve fare i conti con il potere di veto reciproco dei due Capitani Reggenti, per cui ancora una volta non c’è una figura che ha in mano il potere in maniera solitaria e discrezionale. Questa era l’altra questione, e quindi capire se questa presenza è considerata invadente oppure se, all’interno di una valutazione, un ruolo di questo genere possa essere ancora attuale e considerato di valore in un contesto come il nostro. La terza domanda si allaccia alla questione che aveva sollevato prima anche il commissario Righi rispetto alla semiprofessionalità del membro del Consiglio Grande e Generale. Più che altro perché alcuni partiti hanno i funzionari, altri no, ma questo dipende purtroppo da come in passato le forze politiche hanno scelto di suddividere il contributo elettorale, che oggi è per un 25% suddiviso sul numero delle forze politiche, quindi indipendentemente dalla dimensione, e per un 75% dal numero dei consiglieri di ogni singola forza politica. Questo tiene conto dei due aspetti: il numero delle forze politiche e la consistenza. Mi sembra un criterio ragionevole. Il tema della semiprofessionalità da noi forse riguarda più la struttura dei lavori e il fatto di poter permettere a tutti di partecipare. Accade che spesso i liberi professionisti, i dipendenti privati e i dipendenti pubblici siano un po’ più avvantaggiati, perché formalmente hanno un distacco politico e quindi, se non sono sul lavoro, sono qui e il tempo non viene loro contato. I dipendenti privati o i liberi professionisti, invece, se non sono in azienda hanno un distacco ma formalmente non prendono neanche lo stipendio, quindi diventa più complicato. Capire se una forma di professionalità come questa, che mi pare anche il GRECO indicasse nelle valutazioni che ha fatto in precedenza, considerando che sia il potere giudiziario, con i giudici a tempo indeterminato, sia il Congresso di Stato, in cui i congressisti, pur essendo a tempo determinato, svolgono a tutti gli effetti un lavoro, consentirebbe al Consiglio di avere un peso più equilibrato rispetto agli altri organismi istituzionali.
Presidente della Commissione Filippo Tamagnini: Anche lei ha ben presente che parlare di Reggenza a San Marino significa toccare il cuore pulsante delle istituzioni, anche nella coscienza dei cittadini. Faceva riferimento questa mattina, sempre in termini di separazione dei poteri, quando ha toccato la parte della Reggenza, alla possibilità di presiedere il Consiglio Grande e Generale in relazione alla promulgazione delle leggi e al rimandarle al Consiglio qualora fossero ravvisati dubbi di natura costituzionale. In realtà un passaggio, che credo opportuno e rispettoso delle prerogative della Reggenza e della tradizione secolare che ci accompagna, è stato fatto nell’ultima riforma costituzionale, quando alla Reggenza è stato tolto il voto. Perché prima di quella riforma costituzionale i Reggenti, pur non essendo consiglieri, avevano diritto di voto, con le implicazioni del caso. Immagini la votazione della fiducia al neoeletto Congresso all’indomani delle elezioni. In ogni caso, con il voto si prende in qualche modo parte a una decisione di natura politica. L’ultima riforma costituzionale ha tolto il diritto di voto ai Reggenti proprio per renderli ancora più terzi rispetto a qualsiasi potere, pur confermando la presidenza dell’organo.
Dott. Michael Frendo: Comincio con l’idea di avere una regia. Mi sembra che questa idea, se ho capito bene, sia di sostituire la figura del primo ministro, quindi avere una regia di tre ministri importanti dentro il governo. Devo dire che, nella mia esperienza, la persona più potente dopo il primo ministro è sempre il ministro delle Finanze, non il ministro degli Affari Esteri, che forse ha molto prestigio, né il ministro degli Interni. Ma quello che tiene i soldi è molto importante, anche perché molte cose hanno bisogno del consenso delle Finanze per essere eseguite. È un’idea interessante. Come ho detto, non c’è uno standard europeo che stabilisca se ci debba essere un primo ministro oppure no. È una decisione politica che dovete prendere. La cosa che potete sempre considerare è la necessità di avere un governo che abbia la possibilità di decidere con rapidità, perché ci sono molti momenti nella vita politica in cui c’è bisogno di qualcuno che decida rapidamente. Quest’idea di una regia è molto sanmarinese, perché San Marino ha sempre la paura che il potere si accumuli in una sola persona. Non ho quindi un commento da fare se non dire che non c’è uno standard europeo o internazionale sull’avere o meno un primo ministro. In molti Paesi esiste un primo ministro, alcuni con molti poteri, altri con meno poteri. Se trovate un altro metodo, come avere una regia e magari una presidenza che si alterna tra questa regia, queste possono essere idee che potete considerare. Guardate ciò che accade in altri Paesi, ma alla fine c’è sempre la vostra tradizione e la decisione è vostra. La seconda cosa che voglio considerare è quella dei semiprofessionisti, dei parlamentari che devono avere la possibilità di avere più tempo e più assistenza. Il finanziamento dei partiti è una cosa, l’assistenza ai parlamentari è un’altra. Secondo me, molte volte il finanziamento ai partiti non riguarda l’assistenza ai deputati o ai parlamentari. L’assistenza ai deputati deve venire dal Parlamento. Quindi è necessario che i finanziamenti che vengono dal Parlamento vadano direttamente ai parlamentari, invece che tramite i partiti. Questo è molto importante. È molto importante avere un’infrastruttura di supporto per il membro parlamentare, così il parlamentare può essere più indipendente. Parlo di indipendenza perché non so la vostra esperienza, ma la mia esperienza è che il partito è molto forte, e per un parlamentare essere più indipendente, anche dentro il partito, è difficile. Quindi l’assistenza a un parlamentare, che sì, è eletto in una lista di partito, ma rappresenta tutta la popolazione, è fondamentale. Più si assiste il parlamentare, particolarmente se è part-time, più efficace sarà il suo lavoro, a mio avviso. Dulcis in fundo, la questione dei Reggenti, i Capitani Reggenti.Non posso dare un’opinione della Commissione di Venezia, perché è un’opinione collegiale e si esprime solo attraverso un processo molto preciso. Però racconto un po’ l’esperienza inglese, perché quando vedo quello che fate a San Marino mi viene in mente l’esperienza inglese. Gli inglesi hanno tradizioni parlamentari e di diritto comune che non sono scritte ma si rispettano. Esisteva la figura del Lord Chancellor, un personaggio che faceva parte del governo, del Parlamento e del potere giudiziario per tantissimi secoli, una tradizione quasi caratteristica della costituzione inglese. A un certo punto si è ritenuto più opportuno che non facesse più parte del sistema giudiziario. Oggi il Lord Chancellor può essere il Ministro della Giustizia, quindi parte del governo e parte della House of Lords, e quindi del Parlamento, ma non più della terza funzione. Questo può essere un’esperienza interessante per voi. Un Paese con tantissime tradizioni, che le rispetta, dove il governo è ancora formalmente “il governo di Sua Maestà”, anche se Sua Maestà non ha alcun potere sul governo, dove le strade principali del Paese sono le strade di Sua Maestà, anche se amministrate dal Ministero dei Trasporti: un misto di modernità e tradizione. Anche voi potete forse trovare un equilibrio tra modernità e tradizione. È un esempio utile. Non è un’opinione della Commissione di Venezia, perché quella può essere espressa solo tramite il processo formale di adozione di un’opinione, ma è l’esempio di un Paese in cui c’è l’esigenza della modernità e, allo stesso tempo, la volontà di rispettare le tradizioni. E questo mi sembra essere anche il caso di San Marino.
Emanuele Santi (Rete): Anche io ringrazio sentitamente gli esponenti della Commissione di Venezia per l’approfondimento che ci hanno lasciato questa mattina e soprattutto per il livello sia dell’analisi che delle valutazioni che hanno fatto su tutti gli argomenti che la Commissione avrebbe intenzione di trattare durante questi lavori. Il mio auspicio è che questa collaborazione diventi permanente e che, in un lasso di tempo periodico che si deciderà, si possano avere ulteriori valutazioni sul percorso che faremo e sui lavori che svolgeremo. Passo direttamente a un argomento che non è stato toccato dai colleghi. Noi abbiamo, come tutti i parlamenti europei o mondiali, una cattiva abitudine, che è quella di dare ai governi di turno la possibilità di fare le leggi al nostro posto, ovvero di fare dei decreti delegati. A volte succede che la delega non ha un perimetro ben circoscritto, magari con elementi vari, poi magari c’è un’estensione e si va anche oltre la delega. Vorrei chiedere: altri parlamenti, se hanno avuto la stessa necessità nostra, come gestiscono la questione dei decreti delegati e delle deleghe: se sono ben circoscritte, se sono ben definite e non troppo ampie? La questione dei decreti delegati qui a San Marino, in special modo, è stata molto dibattuta: di fatto, questa legislatura è partita con i decreti delegati della scorsa legislatura. Abbiamo avuto una sorta di blackout istituzionale, perché per un anno abbiamo dovuto trattare decreti che erano già attuativi. Se possiamo avere un approfondimento, per capire questa dinamica e come viene gestita negli altri Paesi, sarebbe molto utile.
Dott. Michael Frendo: Non credo che ci sia un’opinione specifica su questa questione della Commissione di Venezia. Saremmo sicuramente preparati a dare quest’opinione se ce la chiedete, perché è un punto molto importante. La Commissione di Venezia ha commentato in casi in cui ci sono poteri costituzionali dell’esecutivo di esercitare funzioni legislative, come in Francia. Ma quello che lei ci chiede è diverso, perché riguarda la delega che il Parlamento fa all’esecutivo. Quindi è il Parlamento stesso che decide di fare questa delega. Nella mia esperienza, almeno come parlamentare, è molto importante che questa delega sia ristretta e che ritorni al Parlamento il potere di rivedere quel decreto, di discuterlo e di accettarlo o respingerlo. La Commissione di Venezia ha sempre insistito su un principio fondamentale: il Parlamento deve essere il legislatore e non l’esecutivo. L’esecutivo deve agire secondo la legislazione che passa tramite il Parlamento. Questo è fondamentale. Mi riferisco a un rapporto del 2019, nel quale la Commissione di Venezia ha detto che il Parlamento può decidere di delegare alcune funzioni legislative al governo su base ad hoc e questa pratica può essere spiegata dalla complessità delle procedure legislative. Ma in questo caso la legge che conferisce la delega deve limitare lo scopo sostantivo della legislazione, indicando le parti in cui il governo può o non può legislare, e deve limitarla nel tempo e in altri aspetti. E, forse la cosa più importante, il Parlamento può revocare la delega e può revocare o emendare decreti specifici. Quindi ciò che dicevo io come parlamentare è riflesso da ciò che ha detto la Commissione di Venezia nel 2019 in un rapporto che si chiama Parametri sulla relazione tra il Parlamento, la maggioranza parlamentare e l’opposizione in una democrazia.
Enrico Carattoni (RF): Integro, visto che ero stato il primo questa mattina, con una domanda velocissima, spostando per un attimo l’attenzione sul potere giudiziario. Questa Commissione si è interrogata anche sull’opportunità o meno di valutare se creare alcune cariche del potere giudiziario come cariche collegiali piuttosto che monocratiche. Oggi nella Repubblica di San Marino tutti gli organi della giurisdizione ordinaria sono sostanzialmente giudici monocratici, a prescindere dalle materie per valore oppure dalla complessità dei reati, nel caso in cui si tratti di materia penale. L’unico organo collegiale è il Collegio Garante, che è sostanzialmente la nostra Corte Costituzionale. Mi chiedevo quindi se ci fosse un orientamento da parte della Commissione di Venezia circa l’opportunità, in alcuni casi, di individuare organi del potere giudiziario come organi collegiali, piuttosto che lasciarli come organi monocratici.
Dott. Michael Frendo: Non credo che ci sia uno standard su questa cosa, perché è una decisione che fa il legislatore, che decide di creare una corte dove c’è collegialità. Nella mia esperienza può essere la Corte d’Appello: si può avere un solo giudice come Corte d’Appello, ma si possono avere anche tre giudici, per esempio. La collegialità è molto più diffusa nelle corti costituzionali, dove si possono far entrare altre persone oltre ai giudici. Ma nelle Corti d’Appello, in alcuni casi, esiste anche l’esperienza della collegialità. Dovete scegliere voi il modello che volete. Non credo ci sia un’esperienza unica europea o internazionale, uno standard internazionale. La collegialità dà sempre più forza alla decisione, però ci sono moltissimi esempi dove non c’è collegialità. È una decisione che dovete fare voi.
Presidente della Commissione Nicola Renzi: Approfitto anche io per un’altra domanda sempre sul potere giudiziario. Questa mattina avevamo discusso il riferimento a un Paese su una raccomandazione della Commissione di Venezia sulla nomina dei giudici. Si era detto che, tanto per la nomina, quanto per gli avanzamenti di carriera e per i procedimenti disciplinari, la raccomandazione era che tali funzioni non fossero dell’esecutivo. L’espressione, se non ricordo male, era “non esclusivamente dell’esecutivo”. Ce lo ha raccontato anche lei con un riferimento alla sua esperienza personale. La domanda è: vuol dire anche Parlamento? Immagino di no. Quali sono i modelli più utilizzati per questi aspetti, cioè per nomine, valutazioni, disciplinari, avanzamenti di carriera dei magistrati?
Dott. Michael Frendo: Non credo ci sia un modello unico in questa cosa. L’unica cosa che è unica è che la Commissione di Venezia ha detto in modo costante che è contraria alla nomina esclusivamente dal potere esecutivo. Questo credo sia una base da cui partire: non dall’esecutivo. Può essere il Parlamento. Per esempio, come Commissione di Venezia abbiamo accettato che in un Paese come l’Armenia la nomina del Presidente della Corte fosse fatta da una maggioranza qualificata del Parlamento, e questa è anche l’esperienza maltese: la nomina del Chief Justice, cioè il primo giudice del sistema giudiziario, è una decisione del Parlamento con almeno i due terzi. Questo dà molta fiducia nel sistema, perché significa che c’è un certo consenso sulla persona. Più c’è consenso sulla persona, più c’è tranquillità nella società quando si trova la persona giusta per fare il giudice. È diverso quando parliamo dei giudici particolari. L’unica regola che la Commissione di Venezia ha sempre detto è che anche i giudici particolari non devono essere nominati esclusivamente dall’esecutivo. Si può avere un Consiglio Giudiziario dove è presente una rappresentanza dell’esecutivo. Ciò che la Commissione di Venezia ha detto nelle opinioni è che è importante avere almeno la metà, ma anche meglio più della metà, dei membri di questo tipo di Consiglio formata da giudici in servizio, che decidono, ma non da soli, perché c’è anche la paura del corporativismo quando non c’è un input che viene da fuori. Non è detto che il Parlamento non abbia un contributo da dare qui. Particolarmente nella scelta del primo giudice.
Giuseppe Maria Morganti (Libera): Io vorrei chiedere: sono stato colpito da una frase che lei ha detto questa mattina in relazione alla valorizzazione e al potenziamento dei lavori delle assemblee parlamentari. Noi siamo particolarmente impegnati su questo specifico aspetto, perché a volte, come assemblea parlamentare, ci sentiamo scavalcati dai governi o sicuramente dagli altri poteri, o in ogni caso vorremmo assumere una maggiore determinazione nel nostro ruolo, non solo di controllo dell’esecutivo, ma anche di azione positiva nei confronti dell’esecutivo. Quindi, che poi dopo si sintetizza molto spesso nella funzione legislativa. Ecco, può darci qualche consiglio su questo terreno? Tra l’altro si associa un po’ alla domanda che è stata fatta prima legata alla decretazione, che toglie molto spesso alcuni poteri all’assemblea parlamentare, quando questa non consente di intervenire a fondo sulle problematiche. Quindi questo è un tema molto importante che dobbiamo affrontare. Tra l’altro è stato uno dei temi che ha forse causato l’iniziativa di proporre i lavori di questa Commissione. Capisco che è una domanda aperta, non specifica, però se ha qualche idea in merito sicuramente ci sarà molto utile.
Dott. Michael Frendo: Le opinioni della Commissione di Venezia sono sempre opinioni che si danno in un certo contesto. Quindi, per dare un’opinione su quello che può essere l’equilibrio tra il Parlamento e l’esecutivo a San Marino, dovrebbe essere un’opinione della Commissione di Venezia che prende tutto in un contesto particolare, un contesto costituzionale e anche di pratica, e questo non lo faccio io qui. Però posso dire che è una preoccupazione costante nelle opinioni della Commissione di Venezia, perché è una realtà non solo a San Marino, ma ovunque, che i governi hanno più risorse del Parlamento; l’esecutivo ha un’infrastruttura più sviluppata di quella dei parlamenti. E questo è un problema delle democrazie, non soltanto nuove ma anche antiche, perché i parlamenti sono diventati più deboli come organizzazione e hanno bisogno di più risorse per affrontare la complessità delle situazioni odierne. Quindi posso dire che c’è bisogno di più risorse per il Parlamento. C’è bisogno che il Parlamento rimanga davvero un contrappeso al governo, che il Parlamento rimanga davvero un’istituzione che può monitorare quello che fa il governo, che il Parlamento possa essere il luogo dove la legislazione si può raffinare, si può cambiare, si possono fare emendamenti, si può migliorare ciò che è proposto. Per fare questo servono risorse per il Parlamento e per i deputati del Parlamento. Se ci sono risorse necessarie per i deputati del Parlamento, quei deputati possono essere molto più efficaci ne
Paolo Crescentini (PSD): Anch’io innanzitutto volevo ringraziare, a nome mio e del mio partito, il PSD, per la qualità della relazione e dei tanti elementi che la Commissione di Venezia ci ha dato in questa audizione. Veramente grazie, perché è stata sicuramente una giornata molto propizia dal punto di vista lavorativo, e le indicazioni che ci sono state date saranno sicuramente molto utili. Io vorrei fare una domanda che è una curiosità legata a una slide che questa mattina abbiamo visto. Era legata al numero dei parlamentari in proporzione al numero degli abitanti e, se non ricordo male, mi sembra che il numero più vicino tra numero degli abitanti e parlamentari sia proprio San Marino. Naturalmente siamo 35.000-37.000 circa, contro altri microstati che sono più ampi di noi, ma che hanno un numero di parlamentari inferiore rispetto a San Marino. Io le volevo chiedere se secondo lei questo rapporto così basso è un fattore importante di democrazia oppure se la forbice dovrebbe essere più ampia.
Dott. Michael Frendo: Avevo commentato nella mia presentazione che più basso è il numero, più vale il voto. Però avevo commentato anche che questo può incidere sull’efficacia dell’istituzione e quindi c’è bisogno di trovare un bilanciamento tra un’istituzione che è efficace, dove c’è un numero che permette alle persone di decidere in modo più effettivo, e invece avere molte persone in quella situazione. Non c’è uno standard europeo, perché non c’è. Ma nell’opinione che la Commissione di Venezia ha dato sulla Germania, la Commissione ha commentato che deve essere effettivo il Parlamento e che se ci sono troppe persone diventa meno effettivo. Questa è l’osservazione. Se volete cambiare i numeri lo potete fare voi; se volete ridurli lo potete fare anche per essere più effettivi. Ma in un’altra opinione, quella su Malta, la Commissione ha detto che ci sono troppo poche persone che fanno la funzione parlamentare, ma i commenti su Malta erano condizionati dal fatto che i parlamentari della parte di governo avevano incarichi anche nell’esecutivo. Nelle opinioni si favorisce chiaramente un Parlamento effettivo, quindi con un bilancio tra rappresentanza ed efficacia dell’istituzione, ma non così pochi da non avere la possibilità di fare il proprio monitoraggio e il proprio lavoro come parlamentari. Fino a qui posso dire. Non posso dire altro perché potrebbe essere un’opinione della Commissione di Venezia su San Marino, che dovrebbe prendere tutto il contesto e fare considerazioni più specifiche. Sicuramente la Commissione non darà una direttiva, perché deve essere una decisione del Paese, ma darà forse fondazioni e orientamenti più puntuali in vista della realtà di San Marino. Adesso lo ha fatto in vista della realtà della Germania e di Malta, perché erano opinioni specifiche su quei due Paesi.
Presidente della Commissione Filippo Tamagnini (PDCS): Questa mattina, quando parlava proprio a proposito della domanda che ha appena fatto il commissario Crescentini sul rapporto fra parlamentari e popolazione, ha fatto un accenno anche alla presenza dei ministri comunque in seno al Parlamento maltese: i ministri fanno comunque parte del Parlamento. Ecco, è stato un problema risolto attraverso un compromesso, a mio parere, anche nel nostro ordinamento anni fa, quando fu previsto che i Segretari di Stato, allorché nominati, vengono sospesi dal ruolo di consiglieri e sostituiti dai primi non eletti nella medesima lista. Dico che è un compromesso perché probabilmente, visto dal punto di vista costituzionale, questa rappresentanza a intermittenza forse qualche problema ce l’ha, ma comunque questa è la nostra soluzione. Il principio di questa modifica è per l’appunto separare il potere che il neonominato Segretario di Stato, ministro, potrebbe avere come influenza, partecipazione diretta, innanzitutto influenza in una certa sfera di parlamentari. La domanda è questa: perché invece Malta non ha sentito questa esigenza e per Malta continua a essere un’opzione accettabile?
Dott. Michael Frendo: La risposta semplice è: perché la facciamo da 100 anni, perché si è fatta. Questa è una soluzione che viene dall’esperienza inglese. La prima costituzione reale era nel 1921, dove il Parlamento era bicamerale in quel periodo e dove questo sistema è stato adottato. È un sistema di Westminster, è un sistema molto diffuso nel Commonwealth, ma non nell’esperienza continentale. L’esperienza continentale utilizza molto il concetto di Montesquieu, il concetto di separazione dei poteri. Gli inglesi non parlano di separazione dei poteri, parlano del bilancio dei poteri. Quindi, se c’è bilancio dei poteri, vuol dire che c’è democrazia. La separazione dei poteri è più chiara, a mio avviso: qui c’è l’esecutivo, qui c’è il legislativo, qui c’è il giudiziario. Nel bilancio dei poteri c’è sempre il giudiziario, che è separato e protetto molto fortemente. Ma poi Parlamento e governo sono un po’ insieme, perché il governo partecipa come parlamentare dentro il Parlamento. L’idea è che uno è scelto dalla popolazione come parlamentare e poi scelto dal primo ministro come ministro, e quindi la scelta che ha fatto il popolo non può essere sostituita dalla scelta che ha fatto il primo ministro. Questa è l’idea: il parlamentare rimane sempre lì. Perché ha funzionato? Ha funzionato perché per molti anni anche i membri che non erano ministri ma dello stesso partito e appartenenti alla parte del governo facevano davvero la parte dei parlamentari. Quando hanno deciso di dare dei mandati esecutivi, ad esempio in un’agenzia del governo, a membri parlamentari, hanno un po’ indebolito l’autonomia del Parlamento. Ma altrimenti i ministri rispondono al Parlamento, quindi ogni seduta c’è sempre il question time. Non so se voi avete questo. Rimangono in Parlamento, presentano la loro legislazione e poi votano come tutti gli altri. È un modello che esiste in tutto il Commonwealth, e noi siamo ancora parte del Commonwealth. Questo è un esempio che mostra come il contesto di ogni Paese deve essere preso in considerazione. Anche il contesto di un Paese come San Marino deve essere sempre preso in considerazione. Voi avete trovato un’altra soluzione: è una soluzione vostra e, se funziona, funziona. Secondo me non c’è uno standard mondiale o europeo su questa cosa. Noi lo facciamo da 100 anni: questa è la risposta giusta. La posizione che ho detto io sulla Commissione di Venezia — che accettiamo che il Ministro della Giustizia possa fare parte di un collegio del giudiziario — è stata una posizione che è stata superata. Era una posizione reale. Abbiamo avuto una situazione in cui abbiamo accettato che il ministro fosse da solo in questo collegio, ma nelle ultime opinioni, anche perché ci sono state dichiarazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la Commissione è andata oltre e non accetta che ci siano persone dell’esecutivo dentro un Consiglio giudiziario. Non vuol dire che il Consiglio giudiziario deve essere composto soltanto dai giudici, ma non da persone dell’esecutivo.
Presidente della Commissione Nicola Renzi: Io ci tengo a ringraziare — credo a nome di tutti — per questa giornata che abbiamo trascorso insieme. Io credo che sarà importante da parte nostra e da parte vostra cercare di riflettere su come questo non rimanga un semplice evento episodico, una tantum, ma come invece potremo, nel corso dei nostri lavori mantenere vivo questo rapporto, nel totale rispetto delle vostre regole, dei vostri funzionamenti, delle cautele che dovremo avere e, ovviamente, delle nostre. Come cercare di mantenere vivo questo rapporto per fare in modo che il dialogo prosegua. Credo che queste due mezze giornate siano state l’esempio di come un dialogo virtuoso può essere sviluppato e può essere guidato dai pareri che oggi ci avete dato. Quindi grazie davvero. Sarà nostra premura, come Presidenza, mettere anche questo punto all’ordine del giorno: come mantenere vivo questo rapporto e come cercare di portarlo avanti.


