Dopo 18 anni di militanza lascio la Csdl
Riceviamo e pubblichiamo da CSDL:
Dopo 12 anni vissuti da Segretario della Federazione Pubblico Impiego e 18 anni di militanza sindacale lascio la CSdL e non parteciperò ai lavori dell’imminente Congresso Generale.
È un addio, il mio, colmo di amarezza per lo strisciante e crescente ostracismo che ho dovuto sopportare da oltre un anno. Ostracismo che mi ha impedito di comunicare e confrontarmi con gli iscritti e quindi di giocare ad armi pari la partita congressuale.
Purtroppo la CSdL è da tempo diventata un sindacato a trazione unica, dal momento che a livello confederale tutti i posti chiave sono occupati da funzionari provenienti dalla sola Federazione Industria.
A causa di ciò la Federazione Pubblico Impiego, qualche tempo fa ha redatto un documento che aveva come tema proprio il concetto di confederalità, evidenziando l’importanza della democrazia all’interno di una organizzazione sindacale.
Una sacrosanta battaglia per consentire a tutte le Federazioni di essere degnamente rappresentate al vertice della CSdL. Iniziativa che mi è costata attacchi di ogni tipo, anche bassezze e ingiurie a livello personale.
Un sindacato ha l’obbligo, in particolare alla vigilia di un Congresso, di essere trasparente e stimolare il dibattito attraverso la creazione e la condivisione di proposte e contenuti con i propri aderenti. Non deve avere una visione settoriale, magari limitata ad una specifica categoria, ma una visione generale della società. Era dovere della CSdL, mettere a conoscenza i propri iscritti del dibattito interno scaturito proprio sul tema organizzativo, informandoli adeguatamente rispetto al documento elaborato dalla Federazione Pubblico Impiego.
Per questo ho personalmente e ripetutamente chiesto la possibilità di comunicare con tutti gli iscritti, ma da parte dei Segretari Confederali c’è stato un silenzio assordante.
Gli iscritti che hanno eletto i delegati al Congresso sono stati insomma tenuti all’oscuro di tutto, mentre le assemblee pre-congressuali, che avrebbero dovuto sviluppare un dibattito sull’assetto democratico e organizzativo della CSdL, hanno ignorato completamente questo importante tema. Democrazia non è solo voto, il voto rappresenta la punta dell’iceberg della democrazia: la chiamata al voto senza l’adeguata informazione, senza la presa di coscienza, è plebiscito.
Così la CSdL rischia di diventare un sindacato che si autolegittima, che si autocelebra. Un luogo dove si vota, anche spesso magari, ma senza sapere cosa si vota e chi si vota, senza dare una reale possibilità di consapevole partecipazione.
Ripeto: tenere all’oscuro gli iscritti di quanto accade all’interno della Confederazione non è un buon viatico, non rappresenta i principi e le idee che hanno animato chi la Confederazione l’ha fatta nascere.
Dobbiamo ricordarci sempre che la CSdL appartiene unicamente ai lavoratori, non è certamente proprietà di chi ha l’onore e l’onere di rappresentarla. Una regola essenziale, forse dimenticata dagli attuali dirigenti confederali.
Personalmente ho la consapevolezza di avere fatto di tutto per invertire questa preoccupante e crescente deriva oligarchica. Ho tentato in tutti i modi di fermare chi sceglie i massimi dirigenti confederali senza tenere in considerazione quanto espresso dalle federazioni, senza considerare in alcun modo criteri quali anzianità, curriculum professionale, importanza dei ruoli svolti, quantità di trattative e accordi firmati.
Ho quindi, con grande rammarico, da poco rassegnato le mie dimissioni.
Una decisione che mi amareggia, ma che ho preso anche per salvaguardare la mia salute in un periodo – durato ormai ben più di un anno – costellato di continui e crescenti attacchi personali.