Esenzione dell’imposta sui beni immobili per banche e finanziarie
Nell’ultima seduta del Consiglio Grande e Generale è stato ratificato, fra gli altri, il Decreto Delegato che ha previsto l’imposta sui beni immobili detenuti dalle attività economiche che non siano sede dell’attività di impresa.
Tra gli emendamenti portati dal Governo a questo testo ce n’è uno, che aggiunge un comma 4bis all’articolo 4, che esenta dall’imposizione le banche e le finanziarie, limitatamente ai beni disponibili derivanti da recupero crediti nonché sui beni in attesa di locazione finanziaria derivanti dalla risoluzione di contratti di leasing per inadempimento del conduttore.
Tradotto: non si tassano i beni delle banche e finanziarie che siano frutto di operazioni di recupero crediti o di contratti di leasing non “onorati” dal conduttore. Principio in astratto comprensibile, dato che le banche hanno già avuto un danno dai comportamenti dei propri debitori, che non hanno onorato i propri debiti.
Vanno però sottolineate due cose.
La prima: la ratio del Decreto era quella di tassare gli immobili che non fossero sede dell’attività economica. Faceva fede, quindi, il tipo di bene, non il motivo del possesso dello stesso.
La seconda: abbiamo chiesto quante risorse sarebbero venute meno con questo emendamento, visto che sono contabilizzati a bilancio. Il Segretario di Stato, comprensibilmente, non è stato in grado di risponderci dato il poco tempo a disposizione ma ha liquidato l’osservazione come fosse una cosa poco importante.
La terza, più importante: per banche e finanziarie l’imposta sugli immobili poteva essere pagata mediante utilizzo in compensazione del credito di imposta, che oramai quasi tutte le banche hanno in pancia. Era anche un modo importante, quindi, per andare a ridurre, compensandolo con l’imposta dovuta, questa enorme mole di credito di imposta, che porterà lo Stato a non incassare risorse dalle banche per decenni, senza quindi andare a penalizzare dal punto di vista della liquidità le banche stesse. Ed inoltre, pur evitando esborsi effettivi per le banche e finanziarie, avrebbe stimolato le stesse ad immettere sul mercato immobili a prezzi più bassi, aiutando anche chi deve comprare una casa.
Tutto questo viene meno con questo emendamento, che impedisce quindi sia di ridurre la mole del credito di imposta concesso agli istituti finanziari sia di aiutare la messa sul mercato di immobili a prezzi più bassi.
Molto curioso che sia proprio Rete ad accettare questo tipo di emendamenti, dopo tutte le battaglie fatte contro il credito di imposta concesso alle banche, spesso anche al di là del merito dei problemi.
È la stessa Rete che, assieme a Mdsi, nel suo programma di Governo nel 2016 proponeva di “stabilire un equo canone per locali industriali, commerciali, e artigianali o ad uso abitativo, introducendo una tassazione progressiva sugli immobili sfitti che escluda le prime due case e gli immobili adibiti a sede lavorativa dell’intestatario.” e che oggi ha completamente dimenticato questo obiettivo alla prima occasione.
Un altro dietrofront del duo Rete-Mdsi, uno dei tanti da quando è iniziata la legislatura.
cs Repubblica Futura