Politica

Lo sport diventi un elemento strategico anche della politica economica

Giochi del Titano

Mercoledì sera le lectio magistralis di Antonio Urso (Presidente della Federazione pesistica europea) e Alberto Miglietta (Amministratore Delegato di Coni servizi spa) hanno posto l’accento sulla necessità di una programmazione documentata nello sport.

Da anni lo sport viene considerata una sotto-categoria costosa relegata al volontarismo. Spesso la politica si limita a fare qualche convegno di cortesia; ancor più spesso si considera lo sport, per i bambini, come una specie di babysitteraggio.
Lo sport deve invece diventare un elemento strategico (anche) della politica economica.

Dati alla mano, una popolazione che fa sport riduce le spese per la sanità, per i farmaci, per l’ospedalizzazione di cifre importantissime.
Se tramite la prevenzione e lo sport si riuscisse a ridurre del 20% alcune patologie dettate dall’inattività, per lo Stato ci sarebbero risparmi nell’ordine di diversi milioni di euro che potrebbero essere reinvestiti in ulteriore prevenzione.

La scaletta degli interventi da operare sullo sport per renderlo dapprima più redditizio, per poi procedere ad investimenti mirati, non va improvvisata: da anni andiamo dicendo che il massimo problema del nostro paese risiede nell’improvvisazione e nello scarsissimo coordinamento tra segreterie di Stato.

Nello sport come in ogni altro settore, gli interventi non devono essere “spot” ma conseguenza di uno studio dei dati e una pianificazione degli obiettivi a breve e medio termine che ne focalizzino criticità e potenzialità. Ogni spesa effettuata per un “tiramento” del Segretario di Stato di turno (pensiamo ai 300.000 euro spesi per il giro d’Italia, con l’indotto ricaduto sul circondario dove i seguaci del giro hanno pernottato), diventa un inutile spreco se non ricompresa all’interno di un piano strategico di interventi integrato –nel caso dello sport- con le Segreteria della sanità, dell’istruzione e cultura, del lavoro, del turismo ecc.
A San Marino da troppi anni l’assenza di politiche integrate e lungimiranti ha ridotto ogni segreteria ad agire fregandosene di cosa facciano le altre, spesso in contraddizione tra loro; ogni segretario organizza qualcosa per mettersi in vista, così buttiamo via soldi e non creiamo niente di duraturo.

Questo atteggiamento miope deriva anche da chi si improvvisa politico, perché magari come scrive candidamente sui giornali si è candidato perché “glielo ha chiesto un amico”. Pensando che la politica sia un agone in cui si porta la propria competenza su un singolo settore e, siccome la politica si deve occupare di ogni settore, per il resto si vota come dice “l’amico”.

In RETE si è candidato solo chi da anni ne segue le attività, da anni si interessa del sociale, convinti di poter dare un contributo sul metodo. Non serve chi vota come viene indicato: serve gente autonoma, integerrima, che studia, che si informa, che ha spirito critico innanzitutto verso i propri colleghi di partito.
Gente che non si fa mettere i piedi in testa ma agisce #atestaalta.
Perché, come si vede, nello sport come in ogni altro settore è una questione di metodo di governo, che per RETE è la parte più importante di un’agenda politica.
Si deve cambiare modo di agire: il governo non potrà più essere la somma delle singole ambizioni di persone prive di senso dello Stato e della comunità.
Lo studio dei dati, la realizzazione di piani specifici e di obiettivi chiari da perseguire in maniera coordinata deve essere il principio di ogni azione di governo.

La trasparenza delle attività sarà necessaria solo se non è uno slogan vuoto, ma se poggia sull’intima consapevolezza che la segretezza è lo strumento usato dai deboli per mantenere il potere.

Di deboli gelosi dei propri segreti ne abbiamo avuti a sufficienza.

Movimento RETE

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