Riforma legge elettorale: RF soddisfatta per l’inammissibilità del referendum
San Marino. Repubblica Futura esprime soddisfazione per la decisione del Collegio Garante che ha dichiarato inammissibile il referendum sulla legge elettorale.
Il quesito proposto, tendente a rivoluzionare una materia delicata come la legge elettorale, avrebbe chiamato il corpo elettorale a esprimersi su un quesito lungo e contorto che sarebbe andato a complicare l’attuale legge elettorale, semplice e lineare.
Non solo: avrebbe determinato la formazione di governi non in base al voto dei cittadini, ma da accordi avvenuti dopo il voto nelle stanze delle segreterie dei partiti.
Oltre a ciò, il tanto criticato premio di stabilità di 35 consiglieri, nella proposta referendaria non era per nulla assente, ma deciso dai partiti dopo il voto, e non dai cittadini elettori al ballottaggio.
Lo ha sottolineato il Collegio Garante nelle motivazioni: «sono le forze politiche, mediante il proprio accordo, a determinare il completamento della composizione dell’organo, operando così una sorta di “cooptazione” di alcuni componenti […]. È dunque l’accordo che seleziona i componenti che ricopriranno i seggi eventualmente necessari per raggiungere quota 35».
Concetto espresso con ancora più forza dal Collegio Garante quando, nelle motivazioni, parla di “violazione” della Dichiarazione dei Diritti secondo cui “I Consiglieri sono eletti a suffragio universale e diretto” (art. 3).
Ribadiamo la bontà dell’attuale sistema elettorale, in quanto sia con un turno di voto che con l’eventuale ballottaggio, lascia al corpo elettorale la completa determinazione su chi dovrà rappresentare in consiglio i cittadini. E assicura nel contempo la necessaria stabilità alle maggioranze per realizzare il programma che i cittadini hanno votato, e non un programma frutto di compromessi post-elettorali.
É più che legittimo che RETE e PDCS formino un’alleanza strategica per governare assieme. Lo facciano però alla luce del sole, rispettando i cittadini con un’alleanza trasparente e un programma condiviso.
Rispetto dei cittadini che si esprime, nei fatti, con una proposta che deve essere giudicata dagli elettori, e non frutto di accordi e ballottini nelle segrete stanze dei partiti.