Politica

Tu chiamale, se vuoi, esenzioni…

Giochi del Titano

San Marino. Pochi giorni fa è stato emesso il Decreto Delegato 44/2018 che regola l’imposta straordinaria sui patrimoni immobiliari e mobiliari, per gli amici “la patrimoniale”. Le risorse finanziarie sono limitate e lo Stato, a corto di liquidità, chiede ora praticamente a tutti di versare un obolo basato sul possesso di case, terreni, strumenti finanziari ovunque detenuti, polizze assicurative sulla vita e di capitalizzazione, metalli preziosi, depositi in conto corrente e a risparmio, patrimoni societari netti. Insomma, una sorta di fuoco ad alzo zero per essere sicuri di colpire quasi tutti con una richiesta di contribuzione nel nome di un’equità e di un soccorso al Paese.

Capita però di imbattersi in contraddizioni storiche che stonano in questo frangente: ad esempio, con la variazione al bilancio di agosto 2017, è stato introdotto l’art. 93-bis della Legge 166/2013, che indica che le dichiarazioni rettificative o integrative non sono gravate da sanzioni, a condizione che non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo. Questo comporta la sola applicazione degli interessi quando il pagamento del debito derivante dalla dichiarazione avviene in ritardo rispetto al termine di presentazione, ma anche e soprattutto che tali debiti non siano sanzionati applicando il 10% sull’imposta prevista dalla legge IGR del 2013. Ma se le sanzioni sono previste per legge, perché toglierle o non farle valere?

In sostanza quindi se prima non avevi dichiarato capitali detenuti all’estero ora per effetto dello scudo fiscale sammarinese sei tenuto a regolarizzarli o rimpatriarli pagando una sanzione. Ma in conseguenza di leggi emanate in precedenza è ora possibile modificare dichiarazioni dei redditi passate in modo da non incorrere nelle sanzioni previste dallo scudo. Questo provvedimento riguarda tutti i soggetti passivi, persone fisiche e giuridiche, perciò si applica praticamente a tutti coloro che per Legge sono tenuti alla presentazione di dichiarazione dei redditi. Non è facile quantificare il mancato introito derivante da tale disposizione, anomala rispetto alle normali prassi di incasso delle sanzioni dovute, ma non si spiega il perché della rinuncia al 10% di tali somme derivanti da un’inadempienza, più o meno colposa, dei contribuenti.

Quindi, a titolo di esempio, se un contribuente dichiara nella versione originale un debito di 500 euro e lo paga in ritardo, viene sanzionato per 50 euro a cui vanno sommati gli interessi calcolati applicando un 4% sull’imposta per i giorni di ritardo dalla scadenza; se poi successivamente la dichiarazione viene rettificata e da essa risulta un debito di 1200 euro (ovvero un maggior debito per cui si devono pagare altri 700 euro), su tale cifra versata in ritardo il contribuente paga solo gli interessi, risparmiando 70 euro che lo Stato non incassa.
Non si può non rilevare la schizofrenia che guida questa compagine governativa, che da un lato chiede sacrifici e nuove tasse alla cittadinanza (come la patrimoniale, il taglio degli stipendi pubblici, l’introduzione dell’IVA, ecc.) in nome del pareggio di bilancio, mentre dall’altro rinuncia ad incamerare somme che dovrebbero essere dovute premiando chi, grazie a trucchi ed artifici contabili, continua ad eludere imposte e tasse.
E non è finita in ogni caso modificando le passate dichiarazioni dei redditi, il contribuente si ritroverà a doverci pagare sopra la patrimoniale. Quindi per il cittadino contribuente tutto si risolve in un mero calcolo economico; cosa mi conviene fare per pagare meno?
Anche il governo ha fatto i suoi calcoli su quanta liquidità riuscirà a racimolare, ma li avrà fatti nel modo giusto?

Movimento RETE

 

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