Politica

Consiglio: è scontro totale sulla Commissione Affari di Giustizia

San Marino. Ci sarebbe aspettati un altro comma comunicazioni sulle banche, sul miliardo di buco su Capuano, che ha già lasciato San Marino, mentre il governo presenta un esposto sulla perquisizione. Invece scoppia la grana della Commissione Affari di Giustizia, convocata per la mattinata odierna. All’interno della quale, forse, tutti questi argomenti non sono estranei.  Non tutte le ragioni possono essere divulgate, ma Ciavatta, che è il primo ad affrontare la questione, espone quelle “pubbliche”. Gli stessi errori denunciati da Rete sull’iter seguito sulle banche li vede riproporsi all’interno di istituzioni dello Stato, “come se una commissione giustizia dovesse diventare una commissione d’inchiesta”. Dichiara di non aver più la serenità per proseguire “anche alla luce del rischio imminente di autonomia della stessa magistratura. “Ho più volte detto che c’è il rischio fondato che alcune lobby stiano spingendo per garantirsi l’impunità. Quindi, c’è il rischio di un attacco nei confronti della magistratura”. Ringrazia il magistrato dirigente di cui riconosce l’imparzialità, le manifesta piena fiducia. “Non posso partecipare a consessi in cui si mette in discussione questo”. E proprio su elementi di pressione della politica sulla magistratura annuncia che si recherà dalla gendarmeria affinché siano gli organi dello Stato a verificare quanto sta accadendo. Non esclude neppure la possibilità di presentare dimissioni dal Consiglio. Per Massimo Ugolini, che interviene subito dopo, la motivazione è più legata al suo incarico di presidente: “La Commissione ha sempre assunto decisioni all’unanimità- spiega- nel momento in cui iniziano ad esserci distinguo e visioni diverse, ritengo opportuno mettere in discussione il mio ruolo”. Anche lui si dimette
Denise Bronzetti non nasconde l’amarezza: “In passato – spiega – ci sono stati altri momenti difficili in relazione ai temi della giustizia affrontati non serenamente. Nel momento in cui quest’Aula ha trattato del conto Mazzini, sono state scosse le coscienze di tutti, indipendentemente dall’appartenenza politica. I fatti di allora e le punte di astio vissute in Consiglio sono le stesse che ritrovo oggi”. Conclude affermando di non voler rendersi protagonista di una lotta fra organi dello Stato.
La maggioranza rispedisce le accuse al mittente e protesta con forza. Durissima Mimma Zavoli, anche lei membro della Commissione. Rispetto all’annuncio di Ciavatta di volere rivolgersi alla Gendarmeria “potrebbe non rispettare il vincolo di segretezza”. Chiede questa sua precisazione rimanga a verbale. Soprattutto attacca un metodo che definisce non rispettoso dell’attività della Commissione, del ruolo dei suoi membri, e della sottotraccia arrivata fuori dall’Aula dagli interventi. “Avete ritenuto necessario sottolineare che qualcuno ce l’ha con magistratura, lasciando intendere che siete coloro che la proteggono e tutti gli altri no. Dovete vergognarvi. Il rispetto della magistratura è prerogativa di tutti, consiglieri e commissari.” Si dice sicura che questo genererà quel conflitto che qualcuno ha detto di non voler creare.

“Maggioranza e Governo – assicura Roberto Giorgetti – vogliono salvaguardare la magistratura laddove deve fare chiarezza su situazioni di violazioni di legge”. Non nasconde le sue preoccupazioni, ma che nascono dalle gravi situazioni illustrate in commissione e riconosciute da tutti i commissari. “Le diversità di vedute riguardano quali decisioni adottare. Dobbiamo fare chiarezza – dice – e a questo punto è inevitabile parlarne. La soluzione non è tenere le cose in qualche cassetto chiuso.” Rigetta le accuse di una maggioranza e un governo che delegittimano la magistratura. “Quando la politica diviene strumento e le situazioni usate non per perseguire la verità o l’accertamento di eventuali reati, allora ci si porta in un terreno distruttivo. L’intero sistema ne esce indebolito”.

“In commissione nessuno vuole frenare inchieste – ribadisce Giuseppe Morganti – né bloccare processi o ingerire. Ero in commissione e con certezza assoluta dico che i consiglieri intervenuti hanno espresso il desiderio che la magistratura, nel pieno della propria autorevolezza possa svolgere le indagini per chiarire tutti i dubbi. Su questo la condivisione c’è stata. Mi stupisce che si dimettano, come a far credere che gli altri siano complici di complotti. C’è l’assoluta intenzione di fare piena e totale chiarezza su tutto quanto evidenziato. Lo abbiamo detto tutti. Non vedo motivi di diversità così macroscopici per una decisione così drastica e triste”.
Pedini Amati torna sulla lobby affaristico-politica che condiziona l’operato non solo della politica ma anche delle istituzioni. “Vi stiamo chiedendo tutti insieme di verificare alcuni legami o meccanismi che alimentano i nostri dubbi”. Ritiene poi che le dimissioni di Capuano abbiano interrotto i rapporti con vicina l’Italia e teme possano incrinarsi.

Dalibor Riccardi si dice basito e deluso. Si appella ai consiglieri: “Terminate questo scempio e smettete di parlare di un organo dello stato in questa maniera. Qui dentro abbiamo l’obbligo di lavorare per fare qualcosa di positivo per il paese. I problemi sono tanti. Se poniamo dubbi anche sulla magistratura, cosa ci rimane?” Ricorda poi di essere stato l’unico favorevole ad una seduta segreta per le dimissioni di Capuano.

Marco Gatti ricorda situazioni spinose come Fincapital e Mazzini. In quel caso la commissione era andata avanti all’unanimità. “Oggi – dice – c’è qualcosa che non funziona più. Il problema grosso sul tavolo è interno a Bcsm e sono i 40 milioni che hanno fregato ai cittadini. E qui ci dividiamo? Occorre che la commissione riesca a mediare posizioni interne rispetto ai compiti che la legge le assegna. Nessuno può tirarsi indietro.” Riguardo ai conflitti di potere li vede nell’esposto “per l’acquisizione documentale in una cassaforte” presentato dal governo.
“Si fa l’esposto con procedimento aperto. Perché – chiede Iro Belluzzi – non è stato fatto nei confronti di quei 40 milioni?”

“Quello che non funziona – aggiunge Alessandro Mancini – è proprio quell’esposto annunciato alla tv di Stato.” Ricorda anche il mandato del Congresso ad opporsi all’ordinanza sul commissariamento di Asset. “E’ stato quello – dice – il primo segnale che qualcosa non stava funzionando fra politica e magistratura”.

Per Celli l’opposizione strumentalizza. “Non è un esposto contro la magistratura – precisa – ma per fare chiarezza su una vicenda molto inquietante che ha visto come vittima un autorevole rappresentante delle nostre istituzioni, che proviene da ambienti politici istituzionali importanti come il ministero dell’economia. La minoranza dipinge un panorama desolante, un paese sull’orlo del baratro. La nostra partita – dice il segretario alle Finanze – è provare di salvare il paese, non massacrarlo come qualcuno sta facendo in Aula. Un paese che sta reagendo, sta cercando di ripartire. Se su questo terreno vorrete confrontarvi bene altrimenti continueremo ad andare avanti sulla nostra strada”.

Per Luca Santolini, le dimissioni sono un “atto vile e irresponsabile” dato che il segreto d’ufficio non permette di approfondire i temi discussi. “Non posso difendermi – dice – dalle accuse fatte”.

 

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