Marco Gatti apre il congresso Dc
Sale sul palco Romano Belluzzi, uno degli storici fondatori del Pdcs. Incarna la tradizione, le “radici” richiamate nel titolo del Congresso. Suo il saluto iniziale. Poi, affidato ad un video, quello del Presidente del Partito Popolare Europeo. È il momento di Marco Gatti. Nelle sue parole non solo l’orgoglio di appartenenza ad un partito da 69 anni protagonista della vita sociale e politica, ma anche la preoccupazione per un futuro incerto, in uno scenario “segnato da populismo e demagogia, fatto di vecchie volpi riciclate in nuovi pollai, di progetti nati solo per la sopravvivenza politica di qualcuno, dove dietro alla parola “cambiamento” si nascondono la mediocrità dell’incompetenza, dell’inesperienza e dell’incoscienza, l’astrattezza dell’ideologia.” Gatti non fa sconti alla maggioranza, “che sta dimostrando difficoltà nel creare aggregazione sulle cose da fare, più concentrata sulla contrapposizione fine a se stessa piuttosto che sul confronto per trovare migliori soluzioni per il paese. “Le scelte – fa notare – sono già state prese da pochi”. Non può mancare l’analisi della sconfitta. Prima, però, una riflessione su quanto fatto, a partire “dagli ultimi otto anni di tempesta, affrontati grazie allo sforzo di quei partiti, Dc in testa, che hanno abbandonato la logica del consenso in nome di scelte necessarie”. C’è voluto coraggio, ma “se oggi il nostro sistema economico è ancora vivo e San Marino una nazione sovrana – rimarca con forza – lo dobbiamo al coraggio di chi, come la dc, ha saputo assumersi il peso di scelte impopolari e difficili da comprendere. Chi ha vinto le elezioni, oggi può contare su prospettive di crescita economica sulle solide fondamenta da noi gettate”. Tutto questo ha però avuto un prezzo. Perché oggi la Dc è all’opposizione? Le ragioni della sconfitta, dice, sono molteplici. Tira in ballo Ap e parte del Psd, che trascurando gli impegni di maggioranza, hanno avviato un progetto politico da dietro le quinte rendendo inefficace l’azione del Governo. Non mancano anche critiche a membri del suo partito. Guarda indietro, alle elezioni, e si toglie qualche sassolino svelando le difficoltà nel trovare candidati, spesso ostacolati da chi temeva di perdere consenso personale. “Quanti tra coloro che si riempiono la bocca di rinnovamento e cambiamento – chiede – si sono adoperati per accrescere numero e qualità dei candidati? Racconta di essersi trovato solo con pochi amici a tentare di rafforzare la lista. “Non ci sono riuscito – ammette – perché troppi di coloro che avrebbero potuto aiutarmi erano già lanciati nella propria campagna elettorale”. Non è tutto. Riferisce di colpi bassi e rivela che alla vigilia del ballottaggio in tanti, dando per scontata la vittoria, erano più concentrati sul ruolo da ricoprire nelle Segreterie. Lo sguardo si sposta poi sulle sfide future e sul ruolo del partito. Che opposizione vorrà essere? “La Dc – afferma – non dovrà solo vigilare ma anche fare proposte a Governo e maggioranza. Se saranno sordi le faremo al paese”. Infine, la politica delle alleanze. Si parte dalla Coalizione. Il Pdcs dovrà continuare il confronto serrato con il Partito Socialista “l’alleato più naturale”; proseguire il dialogo con il Psd “perché le emergenze che hanno portato alla collaborazione nell’ultima legislatura non sono finite”; non disperdere il valore di Noi Sammarinesi. Ci sarà confronto anche con maggioranza e Democrazia in Movimento. “Un partito con cultura di Governo – dice – non può sottrarsi”. Infine, rispondendo alle sfide racchiuse nel titolo “le radici del nuovo”, l’invito a non derogare a principi e valori. “Non sono convinto – spiega – che per ottenere un risultato politico, seppure fosse buono, si possa scendere a beceri compromessi o creare aspettative non mantenute”. La serata prosegue con i saluti delle forze politiche e organizzazioni sindacali.
Fonte (San Marino RTV)