Abbattiamo i Muri di pietra e i muri dell’ignoranza
Per 28 anni il Muro di Berlino è stato il paradigma del mondo. La rappresentazione di un pianeta diviso in due blocchi contrapposti.
Il Muro di Berlino era stato costruito per impedire ai tedeschi dell’Est la fuga all’Ovest, verso un’economia più ricca, verso una moneta comune che dall’altra parte valeva cinque volte di più.
Ma la costruzione di un muro è sempre l’inizio di un’epoca buia.
Il Muro, lo sbarramento invalicabile che dal 13 agosto 1961 al 9 novembre 1989 ha separato famiglie e amici e diviso patrie e destini, aveva tracciato concretamente la frontiera fra le due ideologie politiche ed economiche, rimaste a dominare il mondo dopo la fine della seconda guerra mondiale, incarnando il chiodo fisso del mondo diviso in due: di qua noi e di là gli altri.
Il Muro che ricordava a tutti la guerra fredda fra due blocchi contrapposti, una guerra silenziosa che ha evidenziato le differenze, portando povertà e sofferenze.
Con la caduta del Muro quel 9 novembre del 1989 il mondo aveva sperato che le grandi potenze finalmente potessero lavorare insieme per risolvere i problemi del mondo, ma a distanza di 30 anni oggi vediamo quotidianamente che purtroppo non è così.
Oggi i muri sono dappertutto. Tra le persone, i paesi e i popoli. I più vergognosi separano i ricchi dai poveri, dietro i grandi muri abita quell’1% dell’umanità che si è impossessata del 99% della ricchezza del pianeta.
Alla fine della seconda guerra mondiale i muri erano 7. Trent’anni fa, nel 1989 erano diventati 16. Nei primi 10 anni dopo la fine della guerra fredda ne sono stati costruiti 14. Oggi gli studiosi dei muri ne contano 77.
L’ultimo muro segnalato dalla cronaca è quello che la Turchia sta costruendo lungo il confine con la Siria. Un muro di guerra che deve essere continuamente difeso con le armi e gli eserciti. Poi c’è il muro tra gli Stati Uniti e il Messico, tra l’Ungheria e la Serbia, tra l’India e il Pakistan, tra l’India e il Bangladesh, tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, tra la Georgia e l’Ossezia del sud, tra la Spagna e il Marocco, tra la Turchia e l’Iran, tra il Marocco e il Sahara Occidentale, tra l’Iraq e il Kuwait, tra l’Arabia Saudita e lo Yemen, tra l’Ucraina e la Federazione Russa, tra le due metà di Cipro, tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, infine il muro più odiato al mondo, un “muro prigione” di centinaia di chilometri che attraversa e circonda Gerusalemme, Betlemme e tante altre città palestinesi, dividendo inesorabilmente famiglie e comunità, chiudendo l’orizzonte e il futuro di un intero popolo.
A due passi da casa nostra, nel Mediterraneo, esiste uno dei muri più micidiali del mondo. E’ un muro d’acqua, fatto di indifferenza, cinismo, ostilità, respingimenti, politiche violente. Contro questo muro, negli ultimi sei anni si sono infranti i sogni e le vite di almeno ventimila donne, uomini e bambini.
I pilastri di tutti questi muri sono un crescente senso di insicurezza e di incertezza, la paura degli altri e dello sconosciuto. I costruttori di muri sono “imprenditori della paura”: persone spregiudicate che usano le paure della gente per accrescere il proprio potere e i propri soldi. Prima diffondono paure e insicurezze, poi innalzano muri.
Prima dei muri però arrivano le parole, parole giudicanti, ostili, imperative, violente. Sono i muri mediatici, quelli che nascondono e oscurano tanta parte positiva della realtà del nostro tempo, molto diffusi nella società dell’informazione e della comunicazione deviata, che alimentano paure, conflitti, ignoranza, individualismo e incomprensioni.
Il muro del pensiero unico.
I muri ci stanno impedendo di risolvere i problemi che più ci assillano e ci minacciano. Dall’impoverimento al cambiamento climatico, al dramma della disoccupazione e alle migrazioni.
La ricerca delle soluzioni esige la cooperazione di tutti e a tutti i livelli. Tra i governi, le istituzioni, i cittadini.
I muri ci stanno togliendo la libertà, il pieno rispetto dei diritti umani fondamentali di ogni persona.
L’impegno più importante in questo trentesimo anniversario è quello di lavorare tutti insieme per abbattere i muri, visibili e invisibili, contrastare l’individualismo, la solitudine, le disuguaglianze, le ingiustizie, le violenze, la corsa al riarmo e tutte le guerre.
Libera