CSdL: “Grandi debitori per monofase e contributi, la tendenza va assolutamente invertita”
Il tema dei grandi debitori è stato tra gli argomenti principali del 4° appuntamento di “CSdL informa”, trasmesso ieri in diretta sulla pagina Facebook “Cuore CSdL”. Ne ha parlato il Segretario Confederale Enzo Merlini, sollecitato dalle domande del Segretario Generale Giuliano Tamagnini. Sono intervenuti altresì il Segretario FUCS Alfredo Zonzini, la Funzionaria FUPI Cinzia Casali, il Funzionario FULI Davide Siliquini e il Segretario FUPS Elio Pozzi.
Enzo Merlini ha innanzi tutto ricordato come ci siano due categorie di grandi debitori; quella più corposa è relativa alle banche, che hanno prodotto un miliardo di NPL. “Noi già dalla legge di bilancio scaturita dal tavolo quadripartito dell’autunno 2019 abbiamo chiesto di avere il quadro degli NPL delle banche dove lo Stato aveva messo i soldi, ma abbiamo incontrato il silenzio più assoluto.”
Il Segretario Confederale CSdL ha ricordato la lettera che la CSdL ha inviato lo scorso febbraio a Governo e Banca Centrale a seguito della pubblicazione anagrafica dei debitori verso lo stato per monofase, contributi, bollette e altro, lettera che non ha ricevuto nessuna risposta. Il numero dei soggetti morosi è passato da 548 nel 2018 a 584 nel 2019 e a 612 nel 2020, mentre l’importo totale è passato da 211 del 2018 a 229,5 milioni del 2020.
È vero che per gran parte dei quei debitori le cifre stanno tra i 50 e i 200mila euro, che comunque sono somme rilevanti, ma ce ne sono 35 che ammontano da uno a tre milioni, 9 da tre a 10 milioni e uno che addirittura ha un debito verso lo Stato di 21 milioni. “In questa lettera noi abbiamo chiesto di avere qualche informazione in più sui debitori rispetto a come sono distribuiti, ovvero quali sono le categorie di imprese nelle quali sono più concentrate queste masse debitorie.”
Il 30% di queste situazioni sono fallimenti, buona parte dei quali sono stati chiesti dal sindacato perché anche i lavoratori devono avere le loro somme. Nell’80% dei casi i fallimenti si concludono con un nulla di fatto, cioè dalle procedure concorsuali il Tribunale non riesce a ricavare neanche un centesimo, perché o sono situazioni vecchie, dalle quali non si recupera più niente, o sono aziende che non avevano beni da aggredire.
“I tempi di riscossione sono determinanti”, ha sottolineato Enzo Merlini. “Se rispetto ad un’azienda che ha un debito verso lo Stato si aspetta troppo a riscuoterlo, quando si arriva è tardi, e non c’è più niente da raccogliere. Tra l’altro non si sa quanto siano vecchi i crediti vantati in caso di fallimenti e liquidazioni d’ufficio, e non sappiamo se sono state fatte per tempo le azioni possibili per recuperare i debiti maturati.
Quando vediamo dei debiti così rilevanti verso lo Stato, la prima domanda che scaturisce è come sia possibile che a tante aziende sia consentito accumulare debiti da 1 fino a 20 milioni di euro senza essere fermate prima! Molte aziende tra queste sono in difficoltà, ma non si può dire che siano destinate al fallimento, per cui vale la pena vedere fino in fondo se si possono salvare, pagando fino per intero i debiti che hanno maturato. Se l’azienda è capitalizzata, è proprietaria dell’immobile, ha macchinari e beni che si possono aggredire per garantire i creditori, ad iniziare dagli stessi lavoratori, è giusto avere pazienza, poiché le difficoltà possono capitare a chiunque. Ma se un’azienda non ha nessuna possibilità di sopravvivere e non ha capitali da mettere a garanzia, come si fa a consentirle di accumulare debiti su debiti che non verranno mai pagati?”
Ha aggiunto Merlini: “Noi sappiamo che i curatori fallimentari in alcune circostanze hanno fatto denuncie all’autorità giudiziaria perché hanno rilevato operazioni non del tutto regolari (il curatore fallimentare ha il dovere di denunciare le situazioni di mala gestione). Non abbiamo nessuna notizia se, in questi casi, sono stati aperti fascicoli, se hanno prodotto risultati o sono stati archiviati per prescrizione del reato.”
Rispetto all’anagrafica dei debitori della monofase, contributi, ecc., la CSdL si è posta con atteggiamento costruttivo e non accusatorio, con l’obiettivo di consentire il recupero di più risorse possibili, superando le difficoltà e le inadempienze esistenti. La legge di bilancio concordata al tavolo quadripartito prevedeva un articolo specifico che dava questo imput, anche rispetto al miglioramento dell’azione di Banca Centrale, ma non si è nemmeno aperto il tavolo di confronto. Allora si vuole che le cose vadano avanti così, anche di fronte a numeri così impietosi.
“Se un’azienda – ha puntualizzato Merlini – ha un capitale minimo di 26.000 euro, come previsto per le Srl, finché ha un giro d’affari ridotto va anche bene, ma se diventa milionario, maturando una monofase di decine e centinaia di migliaia di euro all’anno, come si può consentire che tale impresa non abbia alle spalle garanzie per assicurare i creditori, in primis i dipendenti e lo Stato? Queste aziende dunque vanno fermate prima, e quando si riscontra che non c’è niente da fare, devono essere fatte fallire. Se l’amministratore e i soci sanno che se anche non pagano il dovuto la loro azienda non viene fatta fallire, la domanda allora è: ma le persone e le imprese oneste devono pagare i debiti delle altre?”
La CSdL rinnova il proprio pressante appello al Governo a fornire risposte ai quesiti posti e ad aprire rapidamente un confronto sui grandi debitori nell’interesse generale del paese, peraltro alle prese con un indebitamento pubblico che non ha precedenti nella storia del nostro Stato.