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L’Olanda scarica la comandante Carola, piena solidarietà all’Italia per l’emergenza migranti

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L’Olanda, il Paese di cui batte bandiera la Sea Watch 3, ha criticato la decisione della comandante Carola Rackete di dirigersi verso Lampedusa, osservando che sarebbe “potuta andare in Libia o in Tunisia”. È quanto emerge da una lettera della segretaria di Stato olandese all’immigrazione, Ankie Broekers-Knol, in risposta al ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini.

Nella missiva pubblicata dal Corriere della Sera si sottolinea che la Rackete si sarebbe anche potuta dirigere verso il porto olandese di competenza, ma “contrariamente a quanto Lei (Salvini, ndr) dichiara nella sua lettera, non ha mai chiesto di sbarcare in Olanda”. Nella lettera dai toni cortesi ma fermi, si risponde alle accuse di “menefreghismo” che il titolare del Viminale aveva lanciato all’Olanda. In particolare, si esprime comprensione per le difficoltà del’Italia e per la necessità di non alimentare il traffico di esseri umani nel Mediterraneo, anche attraverso “una procedura obbligatoria europea di espulsione ai confini esterni”.

La premessa è che il fatto che una nave batta la bandiera di un certo Stato, “non implica un obbligo per quello Stato di accogliere persone soccorse”, come aveva chiesto Salvini. Poi si ricorda che l’Olanda ha deciso, “in assenza di una prospettiva di cooperazione verso una soluzione concreta e strutturale come quella indicata nelle conclusioni del Consiglio Europeo del giugno 2018, che non parteciperà più oltre agli schemi di sbarco ‘ad hoc'”.

Terzo: il governo olandese “ha esplicitamente dichiarato che in principio non prenderà più migranti dalle operazioni Sar (Soccorso in Mare) in un’area ampiamente colpita dalle attività dei trafficanti di esseri umani”. L’Aja, prosegue la lettera della Segretaria di Stato, “è pienamente impegnata a rispettare l’obbligo di salvataggio delle gente in mare imposto dalla legge internazionale. Tuttavia, come lei (Salvini, ndr) giustamente dice, le operazioni della Sea Watch 3 non dovrebbero contribuire alle attività criminali dei trafficanti”.

I Paesi Bassi chiedono all’Italia di “lavorare insieme per riformare il sistema europeo di asilo e immigrazione, basato sui principi della solidarietà e responsabilità”. E come parte di questa riforma, bisognerà studiare “una procedura obbligatoria europea di espulsione ai confini esterni”. “Vorrei anche aggiungere scrive la segretaria di Stato che in caso di quei migranti che non hanno diritto alla protezione internazionale, il ricollocamento è uno spreco di sforzi e risorse finanziarie dei contribuenti, che dovrebbe essere evitato”.

La segretaria di Stato all’immigrazione ha anche annunciato anche si recherà a Roma per “colloqui bilaterali” con Salvini. In un’intervista al Corriere, la segretaria di Stato olandese ha sottolineato che “i Paesi Bassi sono acutamente consapevoli della pressione migratoria sull’Italia negli ultimi anni e hanno sempre riconosciuto l’impegno e la leadership italiana”. Tuttavia l’Olanda lamenta il “continuo, alto numero di richiedenti asilo” che arrivano nei Paesi Bassi, “molti dei quali provenienti dall’Italia”.

Fonte AGI.it immagine Wikipedia

“Potevamo rimanere schiacciati”. Il racconto dei finanzieri speronati dalla Sea Watch

I cinque a bordo della motovedetta hanno raccontato al Corriere della Sera quei momenti in cui hanno rischiato di morire e come sono riusciti a evitare il peggio

“Abbiamo solo intimato l’alt” dicono provando a ricostruire quei brevi momenti. “È il comandante che, deliberatamente, non ha fermato la nave e ci è venuto addosso”. Tutto senza pensare alle possibili conseguenze e al rischio fatto correre agli uomini in divisa.

Una morte scampata anche grazie alla rapidità di riflessi: “Se non fossimo riusciti a compiere una manovra veloce probabilmente saremmo morti. I parabordi hanno causato una sorta di movimento elastico e hanno per un attimo allontanato la nave. Con una mossa rapidissima siamo riusciti a sfruttare quell’istante e a sfuggire via prima che il rimbalzo tornasse indietro, perché a quel punto la Sea Watch avrebbe distrutto la motovedetta e noi saremo rimasti tutti schiacciati”.

“Abbiamo passato tre giorni a bordo senza dormire un attimo per contrastare i tentativi di avvicinamento. E abbiamo agito nel profondo rispetto di tutte le norme. Senza preoccuparci di mettere a repentaglio la nostra vita”.

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