Troppo silenzio sui civili siriani: l’appello di Anthony Bazan
Gentile Anthony Bazan, abbiamo letto il suo appello sui social e condividiamo il dolore, l’angoscia, per la tragedia del popolo siriano, ma anche la sfiducia, la delusione su un possibile coinvolgimento mondiale per una soluzione del conflitto in tempi brevi.
Ci perdoni, ma non è vero che i giornali non ne parlano. Sui tg, sulle testate online e su quelle cartacee, ogni giorno leggiamo la crudele evoluzione della guerra. Certo, i titoli non sono sulle prime pagine e, forse, molti lettori girano semplicemente pagina, tutti presi da altre faccende, più vicine, più locali, più morbose.
Certo, la stampa può essere potente nel mobilitare le coscienze, e questo in effetti non succede, costringendo la solidarietà dei singoli nell’inutilità dell’impotenza. La dichiarazione delle Nazioni Unite del 2005 sulla responsabilità di proteggere dice: “Ogni stato ha la responsabilità di proteggere la sua popolazione da genocidio, pulizia etnica e crimini contro l’umanità. (…) La comunità internazionale deve essere pronta a incoraggiare e aiutare gli stati a esercitare questa responsabilità e attraverso le Nazioni Unite ha anche la responsabilità di prendere un’azione collettiva destinata a proteggere queste popolazioni, in conformità con la carta delle Nazioni Unite”. Abbiamo già dimenticato Sebrenica e non facciamo nulla per la Cecenia. Intanto, le stragi in Siria segnano la fine dei diritti umani. L’assedio di Aleppo è finito in un bagno di sangue solo un anno fa, nel dicembre del 2016. Oggi assistiamo nella Ghuta orientale al lancio delle stesse bombe per mano dal regime e del suo alleato, la Russia. Si tratta delle barrel bombs, che vengono lanciate dagli aerei sulle città causando danni inimmaginabili. È una “guerra di sterminio contro la popolazione civile” preparata a tavolino prima di passare all’assalto terrestre.
Davanti ai nostri occhi il regime di Bashar al Assad sta svuotando la Siria della sua popolazione. Sui 17 milioni di siriani: 13,5 milioni hanno bisogno di assistenza umanitaria, sei milioni sono sfollati internamente, cinque milioni hanno lasciato il paese. Con i massacri ripetuti ad Aleppo, Hama e ora la Ghuta orientale, continuerà inesorabilmente l’esodo. In Europa, che si può raggiungere in barca, gli sfollati di Assad sono ormai parte dei dibattiti politici nazionali. In Italia ci si accapiglia per “l’accoglienza dei migranti”. L’Europa, colpevolmente, tace. La comunità internazionale, identificata come “occidente”, è largamente screditata dalle operazioni statunitensi in Afghanistan, in Iraq e anche in Libia.
Questo rende la responsabilità di proteggere molto problematica. E, così, quelli che sono sul campo non hanno più speranza. Il giornalista siriano Rami Jarrah dice: “Noi siriani non vediamo più oggi alcuna soluzione per mettere fine a questa guerra”. Però non si può spegnere la speranza. Per quanto piccoli, per quanto impotenti di fronte alla stupidità umana della guerra, ciascuno di noi è chiamato a dare un contributo, ad accendere una candela, a mettere una parola per dare forza e potenza alla richiesta di pace.
Gentile Anthony, noi ci siamo. E speriamo che con noi si aggiungano tante altre persone.
Il Direttore e la Redazione di Tribunapoliticaweb.sm