Mese dantesco: Gobbi sui numeri e la teologia del Paradiso
San Marino. Si è tenuta ieri sera, nella raccolta e suggestiva location di Palazzo Graziani, il quarto e ultimo appuntamento del ciclo di eventi danteschi promossi annualmente, da ben dodici anni, dalla Dante Alighieri. Maurizio Gobbi, già docente di storia e filosofia del nostro liceo nonchè consumato conferenziere e insostitubile “mattatore” del Mese Dantesco, a presentare la sua “lectura” di tema paradisiaco. In una brillante ed esaustiva “lezione-accessus”, condotta con il consueto stile divulgativo e amichevole, il professore ha illustrato ai numerosi convenuti i nuclei fondanti della terza cantica, affrontando gli elementi portanti che ne reggono la mirabile architettura poetica e filosofica.
Dopo un’introduzione sulla numerologia dantesca, che innerva con i suoi rimandi simbolici – l’1 dell’assoluto divino, il 3 della Trinità con i suoi multipli (tra cui il 9 del movimento), il 7 della perfezione umana, il 100 della perfetta totalità del cosmo creato – tutta la “Commedia”, Gobbi ha messo a fuoco i pensatori a cui il Sommo attinse per edificare il sacro poema, mostrando come nella sua cosmologia convivano, in una sintesi resa possibile solo da un’immaginazione geniale, l’aristotelismo del domenicano San Tommaso e il (neo)platonismo dell’agostiniano San Bonaventura. Quindi, per dimostrare come accanto all’astrazione metafisica si affianchi in Paradiso la sanguigna concretezza della denuncia civile, il professore ha chiosato e recitato la prima parte del XXVII canto, in cui la luminosa anima di San Pietro, rosseggiando di rabbia come tutti i beati che insieme “trascolorano”, inveisce contro il papato dell’epoca, corrotto dal secolo e dal potere temporale: il cimitero del vicario di Cristo è infatiti diventata una fogna a cielo aperto, fetida per il marciume della curia e il sangue delle guerre combattute da Bonifacio VIII; il caro prezzo pagato dei martiri non acquista altro che denaro, tramite indulgenze e simonia; coloro che furono mandati fra le genti come pastori si sono mutati in lupi famelici.
A chiudere la serata è stata una formidabile riflessione poetico-scientifica con cui Gobbi, partendo dal saggio «Gli occhi di Beatrice» di Horia-Roman Patapievici (rinomato fisico e dantista romeno), ha dimostrato come Dante – nel tentativo di sovrapporre il Dio aristotelico motore dell’universo al Dio platonico che irradia la sua luce nell’opaco mondo sensibile nel Dio cristiano – abbia anticipato, grazie all’altissima fantasia, i concetti, altrimenti irrappresentabili, della teoria della relatività generale di Albert Einstein: il cosmo dantesco non va quindi immaginato, come sempre si è fatto in modo erroneo, quasi fosse una matrioska di sfere concentriche, bensì come lo spazio-tempo incurvato dalla massa del pianeta. Solo così l’Empireo può – come dice l’Alighieri – circondare l’Universo e contemporaneamente esserne circondato. Insomma: Dio, in cui si confla “ciò che per l’universo si squaderna“, altro non è che la singolarità – teoricamente raggiungibile viaggiando a velocità superluminale in qualunque direzione verso lo spazio esterno – in cui 13,7 miliardi di anni fa tutto il cosmo era compresso prima del Big Bang.
Al termine della lezione, una delle migliori di sempre del professore, il Presidente Franco Capicchioni ha conferito a Gobbi una targa volta a celebrare il suo indefesso e generoso impegno per la Dante Alighieri e la vita culturale del paese: “L’ASSOCIAZIONE DANTE ALIGHIERI DI SAN MARINO con amicizia, profonda stima e sincera gratitudine conferisce questo simbolico riconoscimento al PROF. MAURIZIO GOBBI, campione di divulgazione come già Brunetto Latini nella Firenze duecentesca, a testimonianza del suo appassionato impegno decennale in favore del nostro MESE DANTESCO. Si vuole attestare l’eccellente competenza e la costante dedizione nel trasmettere ai giovani ed alla comunità sammarinese la bellezza e la profondità poetica, linguistica e filosofica della “Commedia” nonché il suo inestimabile valore intellettuale e civico. In questi anni le sue rigorose ed esaustive “lecturae” hanno dato vita a momenti di alto rilievo culturale, grazie a una straordinaria sintesi di studio, esegesi e recitazione di innumerevoli canti del poema sacro. La targa si conclude con la citazione della terzina 61-63 del IX canto dell’Inferno: “O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, / mirate la dottrina che s’asconde / sotto ‘l velame de li versi strani”.