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Malattia di Alzheimer: verso la diagnosi precoce Università di San Marino e Istituto Sicurezza Sociale presentano i dati preliminari di una ricerca internazionale

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L’Università degli Studi della Repubblica di San Marino e l’Istituto Sicurezza Sociale hanno presentato questa mattina, nella conferenza tenuta nella sede dell’Ateneo in via Salita alla Rocca 44, i risultati preliminari di uno studio internazionale sull’Alzheimer, la malattia neurodegenerativa che colpisce milioni di persone nel mondo.

Alla conferenza dal titolo “Giornata di studio sui risultati del progetto AlzSM: verso un marcatore elettrofisiologico precoce di demenza” hanno preso parte anche il Segretario di Stato per l’Istruzione e la Cultura Andrea Belluzzi, Gabriele Raschi in rappresentanza del Segretario di Stato per la Sanità Mariella Mularoni, il Rettore dell’Università di San Marino Corrado Petrocelli, il Direttore delle Attività Sanitarie e Socio-Sanitarie dell’ISS Sergio Rabini.

Una data scelta non a caso, quella del 21 settembre, in cui si celebra in tutto il mondo Giornata mondiale dell’Alzheimer, istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Alzheimer’s disease international per diffondere iniziative dedicate alla conoscenza e alla diffusione delle informazioni sulla malattia. L’Alzheimer è infatti la più comune forma di demenza. Insorge più frequentemente dopo i 65 anni di età e colpisce più spesso le donne. Come tutte le forme di demenza comporta un progressivo decadimento delle funzioni cognitive, a cominciare dalla memoria.

Nel mondo, secondo i dati dell’OMS, oltre 55 milioni di persone convivono con la demenza, una delle principali cause di disabilità e non autosufficienza tra le persone anziane. Un dato importante, ancora più eclatante in quanto cresce su base giornaliera, con previsioni che raggiungono i 78 milioni entro il 2030. L’OMS stima che la Malattia di Alzheimer e le altre demenze rappresentano la settima causa di morte nel mondo.

In virtù di questi dati, diventa quindi importante elaborare sistemi per la diagnosi precoce della malattia, in modo da poter intervenire in maniera terapeutica quanto prima, migliorando la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie.

Lo studio sviluppato da Francesco Tamagnini, Direttore della ricerca neuroscientifica del Centro di Studi Biomedici dell’Ateneo sammarinese e parallelamente impegnato come docente e ricercatore all’University of Reading, ha coinvolto fra gli altri Susanna Guttmann, Responsabile del reparto di Neurologia dell’Ospedale di San Marino, il collega Edoardo Barvas e gli accademici britannici Marc Goodfellow (Exeter University), Luke Tait (Cardiff University) e Dominic Dunstan (Exeter University). Inoltre, la specializzanda Milena Cannuccia (Università Politecnica delle Marche) e la laureanda Amanda Mlawa (University of Reading School of Pharmacy), hanno condiviso la loro esperienza di studio nella preparazione delle loro tesi di laurea basate sull’analisi dei dati dello studio.

L’obiettivo della ricerca era proprio quello di individuare un marcatore precoce della malattia, attraverso studi che negli ultimi sette anni hanno coinvolto quaranta pazienti dell’Ospedale di Stato della Repubblica di San Marino.

I risultati di questo studio sono stati più che soddisfacenti e hanno portato i vari relatori della conferenza a presentare alcuni dati preliminari. “In particolare – afferma il dottor Francesco Tamagnini – è emerso che le persone con deficit cognitivo lieve che convertono in demenza, posseggono basse funzioni attentivo-esecutive e una attività elettrica cerebrale significativamente diversa rispetto a persone con deficit cognitivo lieve che non convertono a demenza entro due anni. Questi dati hanno permesso lo sviluppo di un metodo matematico capace di predire, con una sensibilità del 50% e una specificità del 90%, se ogni persona con deficit cognitivo lieve convertirà o meno a demenza”.

“Siamo molto contenti – ha dichiarato il Segretario di Stato per l’Istruzione e la Cultura Andrea Belluzzi in apertura di conferenza – di poter essere qui oggi a commentare i primi risultati di questo prestigioso studio, che onora la Repubblica di San Marino, mettendola in relazione con importanti Atenei britannici e che soprattutto, punta a fornire un provvidenziale contributo scientifico per salvare tante vite umane. Non posso che ringraziare tutti gli intervenuti e ribadire, a nome del Governo che qui rappresento, il pieno supporto alla ricerca”.
“Credo che questo progetto possa mostrarci una volta di più l’importanza del dialogo e della collaborazione tra discipline diverse, siano accademiche, scientifiche e sanitarie – conferma il Segretario di Stato per la Sanità e Sicurezza Sociale Mariella Mularoni -. La Repubblica di San Marino è un luogo ideale per fare ricerca, potendo contare su campioni di popolazione molto piccoli, ma facilmente analizzabili e confrontabili e nello stesso tempo permettere di far interagire varie realtà come l’assistenza ospedaliera per la diagnosi e la cura, la ricerca scientifica in sinergia con altre istituzioni come oggi in questo consesso viene dimostrato e poter contare sulle associazioni presenti in territorio e che operano in sussidiarietà con i servizi pubblici. Applaudiamo ai risultati, sicuri che questi duri anni di lavoro, permettano di fare grossi passi verso la cura della malattia di Alzheimer e passare dalla patologia alla persona e alle relazioni”.

“Dopo lunghi anni di ricerca e studio – spiega ancora Tamagnini – pensiamo di aver individuato la presenza di segnali elettrici nel cervello che possano indicare e potenzialmente prevedere il peggioramento del deficit cognitivo lieve in malattia di Alzheimer. I dati della nostra ricerca sono stati finalizzati e quasi completamente analizzati. Siamo caldamente ottimisti. Questo metodo, se validato, ci permetterebbe di individuare i segnali precoci della malattia, con un semplice esame non invasivo, a basso costo e basato su infrastrutture già presenti nella maggior parte delle strutture sanitarie”.
“I risultati ottenuti – spiega la dottoressa Guttmann, responsabile della UOC Neurologia dell’ISS – rappresentano una grossa speranza nell’assistenza ai pazienti affetti da demenza e nel supporto alle loro famiglie, ma anche all’impatto sulle routine terapeutiche degli ospedali e in generale dell’intera società. Riuscire a identificare prima i sintomi che portano all’Alzheimer, con un esame non troppo complesso, era qualcosa di impensabile fino a qualche anno fa. Se uniamo a questo il fatto che stanno emergendo, sempre in fase di ricerca, nuovi farmaci in grado di rallentare il declino cognitivo, ci rendiamo conto che in un futuro non troppo lontano potremmo essere in grado di curare efficacemente questa malattia”.
“Abbiamo creduto molto in questo progetto e abbiamo fatto bene – ribadisce il Rettore Corrado Petrocelli – dimostrando come possiamo lavorare per il territorio di San Marino, la salute, il bene della sua gente”.
“La malattia di Alzheimer è una patologia che colpisce non solo chi ne soffre, ma anche i familiari, i caregiver e il sistema sanitario e sociale -sostiene il Direttore delle Attività Sanitarie e Socio-Sanitarie Sergio Rabini -. Se pensiamo che solo pochi anni fa la malattia sembrava uno scoglio insormontabile, mente oggi assistiamo alle fasi di valutazione dei primi farmaci che sembrano poter rallentare il degrado cognitivo, ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale la ricerca scientifica in ambito medico. Possiamo inoltre comprendere a pieno il senso più alto della nostra professione: dare una speranza a chi prima non l’aveva. Rendere curabile quello che prima sembrava senza speranza”.
“Ricerca e prevenzione sono le due principali linee di indirizzo che la sanità deve intraprendere oggi – spiega il Direttore Generale dell’ISS Francesco Bevere -. Un concetto che ho espresso più volte in questi anni è quello di curare prima e curare meglio. Instillare comportamenti virtuosi nei cittadini e unire a questo i risultati innovativi che la ricerca scientifica può fornire su tante malattie che, fino a pochi anni fa, erano considerate incurabili, è il miglior investimento per il futuro. Ringrazio tutto il team che ha lavorato a questa ricerca per le capacità tecnico-scientifiche espresse dall’Ospedale di Stato e il valore della sinergia attuale tra clinici e ricercatori universitari”.

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