Intervista a Daniele Chiari: il giro del mondo in barca a vela
L’ex imprenditore sammarinese Daniele Chiari, oggi in pensione, si appresta a salpare per il giro del mondo in barca a vela.
Può raccontarci brevemente quale sarà il tuo itinerario e che rotta seguirete?
Si parte da Papeete, ma quello vero, non quello di Milano Marittima, verso le isole Fiji passando da Bora Bora e attraverso il Mar dei Coralli, costeggiando la Papua Nuova Guinea, si giunge a Darwin, in Australia. Da lì si apre l’oceano Indiano, Giacarta, Singapore, Phuket da dove faremo rotta verso l’Africa passando dalle Seychelles e le Mauritius, costeggiando il Madagascar. Così arriveremo a Città del Capo doppiando il Capo di Buona Speranza. Ed eccolo lì, maestoso ed eterno, l’Oceano Atlantico a metà del quale c’è l’isola di Sant’Elena dove ci poseremo brevemente come un albatros, prima di puntare verso il Brasile, contando di arrivare verso Ottobre. Da qui, in base alla stagione che troveremo decideremo quando rientrare in Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra e infine giungeremo sulla costa tirrenica, a casa.
Sarà da solo in questa avventura o ci saranno altre persone con lei?
Sono appassionato, non totalmente impazzito ancora. È raro affrontare una simile esperienza in solitario, quindi saremo in cinque in equipaggio, con me ci saranno tre italiani, tra cui l’armatore, e un Inglese. Pensiamo di impiegare circa otto mesi per portare a termine l’impresa.
Come le è venuta questa idea? Ha già avuto esperienze simili in passato?
Credo che ogni vero marinaio covi questa idea in cuor suo e così è stato per me fin da quando da ragazzino “rubavo” in spiaggia le derive dei più grandi. Poi quando sono cresciuto è cominciata la dolce condanna del possessore di barca a vela, la prima 42 anni fa è stata un EC26 (8 metri) con la quale solevamo perderci con mia moglie e i miei figli di 3 e 6 anni anche per tre settimane nel sole e nel vento d’estate per le isole Incoronate, che sembravano sospese tra cielo e terra in quella che allora si chiamava Jugoslavia.
Ricordi bellissimi che oggi probabilmente costerebbero ai genitori una denuncia al telefono azzurro, eppure ce l’abbiamo fatta.
Poi i figli sono cresciuti e sono cominciate le regate di campionato e d’altura, prima fra tutte la Rimini-Corfù-Rimini, con barche sempre più grandi e performanti da MyGal, a Grimilde, fino ad arrivare a Robopac-Vitesse, le quali mi hanno portato a navigare per tutto l’Adriatico fino all’Egeo e poi in Tirreno, con anche una bellissima esperienza fatta ad Antigua coi compagni d’equipaggio di una vita, Gianni Sorci, Angelo Morri e il compianto Pino Colombini. Fu con loro che nei primi anni ’90 fondammo lo Yachting Club San Marino.
È così un paio di mesi fa, leggendo una rivista di nautica ho trovato l’annuncio dell’armatore italiano Pino Lasalandra che voleva riportare il suo catamarano a vela da Papeete a casa.
Ho pensato fosse la volta buona.
Cosa porterà con te al tuo rientro a San Marino?
Quando si parte per un’avventura simile, senza limiti di tempo e senza condizioni, si entra in un’ altra dimensione. Non decidi tu, decidono il mare e il vento i quali esigono rispetto. Bisogna dosare le energie in un buon equilibrio psicofisico che ti permetta di convivere 8 mesi con altre 4 persone su una barca che per quanto grande ti costringe a rivedere il tuo concetto di privacy.
Dunque credo che al mio ritorno a San Marino paradossalmente riporterò i ricordi di una vita, scrutando l’orizzonte, cercando me stesso nelle profondità degli oceani ed infine approdando alla mia Itaca, forse con qualche piccolo rimorso ma certamente senza alcun rimpianto.