Francesco Chiari – Neo mecenatismo di quartiere ai tempi del Covid
L’effetto benefico dell’arte diffusa e fruibile da parte di tutti è un vaccino comune che ci aiuta a convivere coi nuovi spettri della società virus centrica.
Gaio Cilnio Mecenate fu consigliere ed alleato dell’imperatore Augusto.
Nato ad Arezzo nel 68 A.C., divenne celebre per il suo sostegno ai giovani poeti, tanto che il suo nome è divenuto nel tempo sostantivo per identificare coloro che proteggono e sostengono gli artisti in generale.
In passato, il mecenatismo venne usato come forma di sostegno economico e materiale da parte di sovrani e aristocratici nei confronti di artisti (letterati, pittori, scultori, musicisti) i quali, dato che all’epoca erano artigiani e quindi lavoratori, a fronte della relativa libertà di produrre le proprie opere, usavano contraccambiare tale sostegno, in un’ottica di “do ut des”, ponendo la propria arte al servizio del potere rappresentato dai loro benefattori, dando così prestigio alle loro corti.
Il fenomeno del mecenatismo fu anche ampiamente utilizzato dalla Chiesa e dai tanti papi del passato che furono più politici e uomini di potere che non uomini di fede. O meglio, a quei tempi era più che lecito legare fede e politica in modo esplicito, pratica ad oggi più edulcorata ma non meno praticata.
Dunque i mecenate del passato ebbero come primo scopo il rafforzamento del proprio potere nell’opinione pubblica e nei confronti degli avversari come in un continuo proclama del leitmotive “state con me perché è conveniente”, “affidatevi a me e sarete al sicuro”.
Insomma un’opera di convincimento corroborativo o di proselitismo, come forma arcaica di pubblicità bell’e buona.
Il termine Politica deriva invece dal greco antico politikḗ e significa “che attiene alla pόlis”, la città-stato, con sottinteso téchnē (“arte” o “tecnica”); per estensione: “arte che attiene alla città-stato”, talvolta parafrasato in “tecnica di governo (della società)”.
Dalla stessa radice derivano anche il sostantivo “cittadino” e “politico”
Ma il termine politica largamente inteso al giorno d’oggi, anche se spesso non ce ne accorgiamo perché troppo presi ad inflazionare tale termine come sinonimo di putredine, è quello di governare qualunque azione necessaria allo svolgimento della vita di una società.
Così si va dalla politica economica a quella della comunicazione, sia essa riferita ad un paese, ad un virus, oppure ad una piccola attività commerciale, come ad esempio un ristorante.
Ecco allora che il gesto di un moderno mecenate, oggi probabilmente interpretato da un imprenditore, dato che di sovrani o aristocratici non è che ne pascolino più tanti, può diventare un modo virtuoso di fare pubblicità alla propria idea, alla propria filosofia di vita, alla propria azienda.
Non so se sia una delle conseguenze del Covid e delle restrizioni che accompagnano la pandemia, ma ultimamente mi sta capitando di cogliere, di osservare, di vivere una crescente tendenza a quello che io considero una forma di neo mecenatismo, ovvero la possibilità di fruire pubblicamente di opere d’arte, di installazioni, di luoghi speciali sempre collegati direttamente o indirettamente ad un’attività commerciale o ad un’azienda.
Dal mio punto di vista questo è un gesto troppo grande e dal ritorno economico troppo incerto per non essere estremamente apprezzato.
Da imprenditore infatti so quanto ci si identifichi col proprio lavoro, dunque avesse pure un intento pubblicitario non me ne avrei a male. Anzi, molto meglio un simile gesto di un triste cartellone pubblicitario o di un annuncio sulla radio locale.
Inoltre da cittadino e da appassionato di ogni forma d’arte trovo incredibilmente positivo il senso di unione e la gratitudine sociale che scaturiscono da queste iniziative.
Infine ne giova il paesaggio, l’arredo urbano ed il benessere collettivo.
Per tanto mi vien da dire grazie a questi neo Mecenate ad a quel grande elisir di lunga vita, o per meglio dire di questi tempi, quel vaccino sociale che è la Bellezza.
Francesco Chiari