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D’Ambrosio: ricordiamo il 22 luglio per combattere l’odio

Il 22 luglio 2011 la Norvegia è stata lacerata dagli attacchi di Oslo e Utøya. La tranquillità è stata interrotta da una furia fatta di odio e fanatismo che ha ucciso 77 persone, di cui 66 ragazzi impegnati in un campus politico. Quegli attentati hanno voluto spezzare la speranza e l’idealismo di cui i giovani sono portatori.
Nel 2013 gli attivisti del NO HATE del Consiglio d’Europa hanno lanciato una petizione per istituire la Giornata Europea per le vittime dell’Hate Speech, il 22 luglio, giorno degli attentati in Norvegia. L’obiettivo era quello di stabilire e riconoscere il problema dei reati di odio in Europa, dare voce alle vittime e riaffermare l’impegno a monitorare, far rispettare la legge, educare e sensibilizzare affinché i crimini d’odio siano condannati e prevenuti.
La Presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Liliane Maury Pasquier, ha esortato gli Stati alla “tolleranza zero” verso l’incitamento all’odio e la stigmatizzazione di individui o gruppi.
Dal 2011 ad oggi la situazione non è migliorata, al contrario sempre più persone sono vittime di intolleranza, xenofobia, razzismo, bullismo. I crimini si sono moltiplicati e sempre più spesso ci troviamo ad affrontare il fenomeno dei crimini online. Nessuno è immune: che si tratti di minoranze etniche, migranti, rifugiati, persone LGBTI, donne, disabili, persone con opinioni, tutti siamo possibili bersagli.
La Presidente Pasquier ha affermato: “Il 22 luglio di ogni anno, mentre commemoriamo coloro che hanno perso la vita ed esprimiamo solidarietà a tutte le vittime dei reati di odio, dovremmo rinnovare il nostro impegno a combattere le cause profonde di tale violenza. In questa occasione invito tutti i personaggi pubblici, e in particolare i colleghi politici, a mostrare tolleranza zero per qualsiasi forma di stigmatizzazione di individui o gruppi. I discorsi di odio da parte dei leader politici possono contribuire a creare un clima di impunità e potrebbero infine costituire un incitamento alla violenza”.
Raccolgo le affermazioni della Pasquier per enfatizzare i dati: 1 persona su 10 è vittima di una qualche forma di violenza, riconducibile all’insieme dell’Hate Speech. Se parliamo di violenza e cyberviolenza nei confronti di donne e ragazze arriviamo ad un 77% che ha subito almeno una forma di cyberviolenza. Nel 2017, lo voglio ricordare, ci sono stati due casi di stupri in diretta sui social. Se vogliamo analizzare il bullismo e il cyberbullismo le percentuali sono ancora più alte e coinvolgono sempre più giovani, adolescenti e pre adolescenti.
Abbiamo il dovere di fare i conti con questi numeri, con le persone dietro quelle percentuali e alle loro storie. Abbiamo il dovere di farci carico, come persone impegnate in politica, nel sociale, come CITTADINI, di questa realtà, di contrastarla con normative chiare e ferme, sensibilizzando e rafforzando la rete sociale, parlandone e mobilitandosi. Dobbiamo creare un contesto sociale per cui le vittime si sentano sicure a denunciare, si sentano protette e tutelate.
È bene chiarire che i CRIMINI D’ODIO influiscono sui diritti umani a tre livelli: individuo, “gruppo” e società. A livello individuale, il crimine di odio discrimina gli individui e li spoglia della loro dignità. A livello di gruppo, i crimini di odio hanno il potenziale di riverberare tra i seguaci del perpetratore, provocare discriminazioni e diffondere paura e intimidazione. A livello di società, IL CRIMINE DI ODIO METTE A REPENTAGLIO I DIRITTI UMANI DI TUTTI.
Come politica dobbiamo essere un esempio: le persone ci hanno dato fiducia, ci hanno dato un mandato, si fidano di noi e le nostre parole hanno un peso maggiore. Abbiamo più responsabilità. Le parole che pronunciamo, scegliamo, in Consiglio e fuori, hanno una valenza, quindi dobbiamo essere i primi a contestualizzare i nostri interventi e a decidere di non impostare i nostri discorsi con toni violenti, di odio.
L’impegno contro i discorsi di odio -e in generale per contrastare i fenomeni legati all’hate speech- deve essere quotidiano e portato avanti da ognuno di noi: tutti abbiamo questa responsabilità.
Vanessa D’Ambrosio

 

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